Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
siamo all’ultimissimo giorno di settembre, un mese che è veramente scivolato tra le dita. Ogni anno è così: gli ultimi giorni di agosto, appena tornata dalla trasferta marittima, sembrano lunghissimi e ti fanno pure sentire un po’ spaesata. Poi all’improvviso, in pochi giorni, ritorni ad abituarti alla tua routine casalinga… ed ecco che settembre vola via in un attimo.
Vi ho già parlato in abbondanza settimana scorsa di che cosa mi piace e non mi piace di questo periodo dell’anno. Oggi, come al solito, ci concentriamo sui “Preferiti del mese”, ovvero su tutto quello che mi è piaciuto nelle ultime quattro settimane.
Vediamolo insieme!
Il libro del mese
La protagonista di questa storia è Linda, una donna nata a Verona sul finire degli anni ‘70, che nel 1995 inizia il fatidico ultimo anno di liceo. Quando la sua storia ha inizio, ella è una ragazza come tante altre: figlia di un’insegnante e di un modesto impiegato, ha una casa dignitosa e la serenità di non avere preoccupazioni economiche, ma niente più di questo.
Quando arriva in classe Corinna, per Linda è difficile non sentirsi da meno. Corinna è figlia di un ricchissimo imprenditore (sempre in giro per affari), ha una madre bella e sempre impegnata ma piuttosto indifferente, vive in una reggia fuori Verona ed è costantemente affidata alle cure dell’autista e della governante. Linda pensa che una ragazza così diventerà subito amica delle più popolari, ma Corinna non è per niente snob, anzi, è in cerca di amicizie sincere e, come le altre ragazze della sua età, si diverte con quei semplici pomeriggi in cui si fanno un po’ di compiti ed un po’ di chiacchiere, proprio come Linda. Tra le due ragazze nasce subito un legame molto forte.
La loro amicizia, però, non è facile: la famiglia di Corinna non accoglie propriamente bene Linda, tra l’indifferenza dei genitori ed il comportamento manipolatorio del fratello mezzano, Bebo; i genitori di Linda sostengono che “quella gente non faccia bene a nessuno”; Linda stessa, in mezzo a feste da sogno e macchine sgargianti, si sente spesso fuori luogo.
Un giorno, però, torna a casa Leonardo, il fratello maggiore di Corinna, e per lui e Linda è amore a prima vista. Essi cercano di vivere la loro storia con semplicità, tra una passeggiata per Verona, le vacanze al mare post Maturità ed una mini fuga a Londra per vedere gli Oasis, ma il mondo che sta loro intorno è molto più cinico e cattivo di quello che essi immaginano. E poi, all’improvviso, un rovescio della vita li costringe a prendere strade diverse.
Linda rinuncia all’Università, fugge a Parigi dalla sorella del padre – quella zia Sofia che era stata cacciata dalla famiglia perché lesbica e rivoluzionaria – e crea pian piano una nuova vita, iniziando una carriera come giornalista. Con il tempo, ella incontra un altro uomo e mette su una famiglia tutta sua, ma una parte di lei ripensa continuamente a quello che ha lasciato a Verona, alla sua adolescenza che si è conclusa così bruscamente, a tutto quello che l’ha allontanata dal suo primo grande amore. La sua storia è ancora lunga e piena di colpi di scena…
Sono stata un po’ indecisa su quale romanzo inserire per il post dei preferiti di settembre. All’inizio del mese vi avevo accennato a qualche altra mia lettura estiva che avrebbe potuto essere una buona candidata (e di cui comunque arriveranno le recensioni durante l’autunno… come vi ho già detto, ho un po’ di arretrati). Alla fine, però, è arrivata Federica Bosco, che sarà sempre una delle mie autrici preferite, e la sua ultima storia mi ha davvero conquistato.
Il suo romanzo prima di questo, Non dimenticarlo mai (a questo link trovate la mia recensione), era stata una lettura molto intensa e dolorosa, una storia sul compimento dei cinquant’anni e sulle trappole che quest’età può riservare, tra un desiderio di maternità frustrato ed amori solo apparentemente maturi.
Volevamo prendere il cielo parte in modo apparentemente più leggero, ed in tanti momenti sembra proprio – come l’autrice stessa scrive nei ringraziamenti – un omaggio alla generazione dei tardi anni settanta, che è praticamente a metà strada tra la mia e quella dei miei genitori. È proprio questo “omaggio”, però, a rivelarsi tutt’altro che superficiale man mano che il romanzo procede.
Vero, sono tanti i ricordi positivi che Federica Bosco rievoca raccontando i personaggi di Linda, Corinna e Leonardo. L’intrattenimento “analogico” per noi giovani, con quei pomeriggi infiniti passati a ritagliare foto dalle riviste e incollarli sulle Smemoranda, insieme alla radio di sottofondo e vestiti da scegliere per uscire più tardi (io ho fatto in tempo a viverlo alle medie ed alle superiori, poi con i social tutto ha iniziato pian piano a cambiare). Il boom ed il benessere, che portavano i ricchi a sentirsi adagiati sugli allori ed i meno ricchi a credere che comunque sarebbe stato possibile “farsi da soli”. Tante modernità e libertà che anche solo i nati negli anni ‘60 potevano sognarsi.
Tutto questo fino circa alla fine degli studi, però. Perché poi sono subentrati Mani pulite, il mondo digitale che ha reso tutto apparentemente più facile ma in realtà molto più complicato, la progressiva stasi che si è trasformata in una crisi economica, il mondo del lavoro che è diventato praticamente impossibile dopo il crack del 2008, i figli più in difficoltà dei genitori per la prima volta nella storia, le cattive abitudini dettate dal benessere che si sono trasformate in problemi di salute cronici, persino la pandemia.
Per me questo romanzo è soprattutto la storia di persone buone ed ottimiste – il trio protagonista in particolare – che si sono trovate in quel tritacarne che purtroppo spesso e volentieri diventa la vita. Persone che “volevano prendere il cielo” e che invece hanno assistito al crollo di imperi economici che sembravano eterni, che hanno dovuto affrontare per prime un caos sentimentale che per la generazione precedente non era nemmeno immaginabile, che hanno dovuto imparare a chiamare “casa” il mondo intero. Tuttavia, si tratta anche di una storia di rinascita, di tenacia, di desiderio di non mollare, anche quando la vita diventa una lunga sequenza di giorni tristi e crudeli.
Non mi sento di dire di più, perché il libro è pieno di svolte narrative ed occorre davvero leggerlo per capire. Sono sicura che lo divorerete e vorrete saperne di più sul destino dei protagonisti.
Federica Bosco mi piaceva molto anche quindici anni fa, quando scriveva in modo molto più ironico ed ispirato ai “chick-lit” che andavano di moda al tempo, ma 8/9 anni fa, da quando ha iniziato a scrivere romanzi per la Garzanti, secondo me ha fatto una vera e propria svolta. Li ho letti tutti – credo – e sono storie davvero profonde e mature, senza rinunciare ad ironia e leggerezza. Davvero da non perdere.
Il film del mese
Siamo a Vigevano, negli anni ‘60. Walter Vismara è un ragioniere di trent’anni che lavora in una piccola azienda, gestita da un amico di famiglia. La sua vita è molto ordinaria, tra la giornata in ufficio e le sere e le domeniche passate a casa con i genitori, ma egli è una persona piuttosto timida e gli va bene così.
Da un giorno all’altro, però, il titolare va in pensione e l’azienda chiude. Per Walter l’ex capo ha pensato ad un nuovo lavoro a Milano, in una grande realtà capitanata dal cavalier Tosetto.
Walter fa i bagagli e va a vivere a casa della sorella, che si è sposata e lavora in città in un negozio di scarpe. L’impatto con la grande città è un po’ destabilizzante: ci sono fin troppe persone per il suo carattere introverso e non tutte sono proprio amichevoli. Il nuovo capo di Walter, poi, ha l’ossessione del calcio, uno sport che lui odia. Purtroppo non ci sono alternative: al nostro protagonista tocca la partitella ogni giovedì, nel ruolo non troppo gradito di portiere, e soprattutto una lunga preparazione in vista del match del 1 maggio, al quale il cavaliere tiene tantissimo.
Le prime partite sono un disastro: le palle arrivano tutte o in rete o in faccia e un ingegnere dell’azienda lo ha proprio preso di mira.
Su consiglio della sorella, Walter decide di prendere lezioni da qualcuno che ne sa di più, e riesce a contattare proprio uno dei migliori portieri di Milano, Giorgio Cavazzoni, un tempo leggenda del calcio, ora dimenticato da tutti a causa di uno scandalo.
L’inaspettata amicizia che nascerà tra i due spingerà Walter a riconsiderare sia il calcio che altri aspetti della sua vita.
Zamora è tratto da un romanzo di Roberto Perrone, scrittore e giornalista sportivo di cui ho letto solo un libro, Averti trovato ora, che vi avevo raccontato qui (e che comunque mi era proprio piaciuto). Rispetto alla mia lettura, però, questa storia considera l’argomento calcio non dal punto di vista dei professionisti, bensì da quello degli appassionati a cui questa stessa “passione” sfugge tra le mani trasformandosi in ossessione: il capo di Walter ne è un perfetto esempio. Purtroppo c’è anche chi subisce questa fissazione, come il nostro protagonista.
Si potrebbe dire che questa è una storia di formazione, come direbbe chi si occupa di letteratura, o un coming of age, come preferiscono affermare gli appassionati di cinema. Devo ammettere che personalmente mi sono sentita un po’ dalla parte di Walter, perché insomma, so come ci si sente quando si è timidi, studiosi, forse troppo abitudinari, e la gente intorno si prende la briga di dirti che ti devi “svegliare” (per fare cosa, poi, non si è ben capito… per diventare come quelli che ci bullizzano, come fa l’ingegner Gusperti con Walter, anche no).
Però Walter è un personaggio che ha bisogno di crescere, e non per quello che gli altri gli criticano, ma solo perché i suoi momenti di paura e di infelicità gli comunicano che è giunto il momento di fare un passo in più, di non avere timore nel mostrarsi come si è, di provare ogni tanto anche qualcosa di nuovo e di diverso. L’amicizia con una persona che ha avuto più anni ed esperienze, non tutte belle, ed i nuovi legami che egli stringe in città saranno le chiavi per scoprire un nuovo se stesso.
Al di là di queste mie considerazioni, comunque, devo ammettere che ho anche riso più del previsto. Consiglio per una serata leggera ma non troppo!
La musica del mese
Dopo una lunga estate si torna alla routine e quindi… anche a scuola di danza!
In realtà settembre è più un mese di “preparazione atletica” che di ripresa vera e propria. Abbiamo sempre ricominciato il 1 ottobre, ed in settembre io ho sempre cercato di prepararmi sia con le camminate che con qualche allenamento su YouTube. Quest’anno, però, abbiamo ripreso una settimana prima, e così ho già fatto le prime due lezioni.
Settembre a Milano significa, tra i tanti eventi, anche fashion week – io ci sono passata un giorno, ma la mia direzione era un’altra – e sicuramente la canzone più glamour tra quelle su cui abbiamo danzato è Vogue di Madonna (la potete ascoltare qui). È stata una doppia esibizione: nel giugno del 2017 l’abbiamo portata al nostro solito saggio, con un gruppo di ragazze più giovani; nel febbraio dello stesso anno, però, io ed altre due “veterane”, insieme alla mia insegnante, abbiamo pensato di proporre il pezzo – che era già più o meno pronto – al centro commerciale di San Giuliano, per un pomeriggio danzante. Guest star della giornata: Stefano De Martino!
(Sì, aveva assistito anche al nostro spettacolo vestite da hostess a Vimodrone, di cui vi ho parlato qui. Sì, per un po’ di anni ha presenziato a questo tipo di eventi e noi lo abbiamo praticamente seguito in giro per l’hinterland. Siamo fan, che ci volete fare!)
Settembre significa anche, come già detto, ritorno allo sport del cuore. Difficilmente gli altri sport entrano nel nostro mondo ballerino, ma nel 2010 li abbiamo celebrati interpretando la colonna sonora di Momenti di gloria (che potete trovare a questo link). Ci siamo vestite integralmente di nero ed abbiamo cucito delle fasce rotonde di tessuto bianco sintetico in cui potevamo persino entrare. Abbiamo spento tutte le luci ed acceso soltanto le lampade speciali che illuminano il bianco… un effetto davvero molto bello!
La poesia del mese
Per il mese di settembre ho scelto un breve componimento di Giorgio Caproni dal titolo Generalizzando, che descrive bene il sentimento di nostalgia che spesso pervade questo mese.
Tutti riceviamo un dono.
Poi, non ricordiamo più
né da chi né che sia.
Soltanto ne conserviamo
- pungente e senza condono -
la spina della nostalgia.
Le foto del mese
Penso di avervi già raccontato che una delle mie tradizioni post-ferie è tornare al parco cittadino in qualche mattinata che inizia ad essere un po’ meno calda. Durante l’estate difficilmente vado: prima le temperature si scaldano fino ad essere insopportabili, poi parto. Quest’anno però, già i primi del mese, mi sono ritrovata davanti ad uno spettacolo insolito. Di solito a settembre è ancora tutto tanto verde, e solo ad ottobre inoltrato – sempre più inoltrato, visto l’innalzamento delle temperature – si può assistere ad un vero e proprio paesaggio autunnale. Ma quest’estate è stata così rovente, pur nella sua brevità rispetto ad altri anni… che tante foglie sono bruciate. Così sembrava di essere già in pieno autunno il primo settembre. Purtroppo ci tocca aggiungere questo fenomeno a tutti quelli inquietanti che testimoniano il cambiamento climatico…
La prima metà del mese il tempo era ancora piacevolmente caldo, senza le esagerazioni che hanno fatto boccheggiare tutto il Nord Italia da metà luglio a metà agosto. Ho fatto tante camminate, soprattutto perché io ed i miei genitori abbiamo fatto dog sitting a Otto, il bassotto di famiglia, quando gli zii sono partiti. All’ora di cena, purtroppo, il tramonto scendeva sempre più presto… ma una sera è stato davvero spettacolare!
La domenica di metà mese ho fatto un giro a Carugate, un paese accanto al mio, per la festa del santo patrono. C’erano bancarelle, mostre fotografiche, negozi aperti, macchine agricole e d’epoca ed alcune decorazioni creative in giro per il centro storico, come per esempio queste ninfee di carta nella fontana della piazza principale.
Nella seconda metà del mese mi sono concessa una delle “giornate artistiche” a spasso per Milano che mi piacciono tanto. Sono stata a Palazzo Reale ed ho visto sia la mostra gratuita del contemporaneo Valerio Adami, che purtroppo è rimasta aperta solo per l’estate ed ha appena chiuso, che quella di Edvard Munch, che invece resterà in città fino a gennaio. Dovrei riuscire a parlarvi di entrambe in ottobre!
Last but not least… due giorni fa, il 28, ho spento 35 candeline! Ragazzi, che cifrone… la prima metà dei 30 se n’è andata, e vorrei dire “in un attimo”, ma la verità è che da quel 28 settembre del 2019 mi sembra di aver avuto una valanga di vite diverse e di essere cresciuta moltissimo. Forse per questo, nonostante qualche fatica che non manca mai e tutti gli alti e bassi, mi sento positiva. Dopo una serie di montagne russe (positive e negative) a cui già mi avevano sottoposto i 33 anni, lo scorso autunno mi sono illusa che i 34 sarebbero stato un capitolo più “tranquillo”, ma… no, decisamente no. Però le strettoie mi hanno anche mostrato quante persone mi vogliono bene e quante cose belle fanno parte della mia quotidianità. E così non mi resta che dire a me stessa… avanti tutta! E vediamo come la vita mi sorprenderà in questa seconda metà dei 30…
Ecco il mio settembre in breve!
Nel complesso ne sono soddisfatta: dopo una calda estate passata altrove, sono riuscita a godermi di più la mia città, ho ripreso a fare un po’ di cose che – per quanto il periodo di vacanza sia stato splendido – mi erano mancate, e poi c’è da dire che concludo sempre questo mese con una giornata dedicata a me stessa medesima, quindi non potrei chiedere di meglio.
Il vostro settembre, invece? Raccontatemi un po’, se vi va!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)