Due libri di Mauro Marcialis e Marilù Oliva
Cari lettori,
per la nostra rubrica “Letture… a tema”, dopo qualche mese, torniamo ad immergerci nel mondo della letteratura e della storia classica!
Mi sono resa conto che a fine novembre, in occasione della Giornata contro la violenza sulle donne, vi avevo proposto qualcosa di molto simile, con lo stesso tema e addirittura i medesimi autori: Colosseum – Il silenzio degli dèi, il secondo volume della tetralogia scritta da Mauro Marcialis insieme a Valerio Massimo Manfredi, e L’Iliade cantata dalle dee, uno dei retelling mitologici di Marilù Oliva. Lo trovate qui.
Il post odierno è, in un certo senso, una puntata successiva… o, se preferite, precedente: sono riuscita a trovare in biblioteca Colosseum – La promessa, che è il primo volume in assoluto della tetralogia Marcialis -Manfredi, e un piccolo saggio sempre della serie classica di Marilù Oliva, dal titolo I divini dell’Olimpo.
Oggi ve li racconto!
Colosseum – La promessa, di Mauro Marcialis e V.M. Manfredi
La storia ha inizio nel 61 d.C., alla fine della dinastia giulio – claudia ed in pieno principato neroniano.
Lo scontento del popolo, e soprattutto la disperazione della schiavitù, sono grandi. Il prefetto, figura di primissimo piano a Roma, una notte viene ucciso nel suo letto, e non può essere stato nessun altro se non uno schiavo: la sua domus era chiusa e sorvegliata, e nessun altro ladro si è introdotto.
La legge, in questi casi, è più che crudele: tutti gli schiavi del prefetto sono condannati ad una morte orribile, con un lungo massacro che durerà ore.
Il vero colpevole, uno schiavo del prefetto che era stato ingannato da lui con una falsa promessa di diventare liberto, è schiacciato dal senso di colpa. Vedendosi condannato insieme agli altri schiavi, chiede ad una vecchia conoscenza, il centurione Livio, di salvare almeno quei tre bambini che si sono nascosti nelle cantine e che nessuno ha ancora scovato.
Si tratta di Derek e Brynja, i suoi figli, e di Arild, orfano che si considera come il terzo fratello. Livio riesce a mettere in salvo i bambini, anche se in modo un po’ rocambolesco, ma il problema è un altro: egli è un soldato, sempre in viaggio e senza famiglia, e non può occuparsi di loro.
I tre bambini vengono dunque divisi, forse per sempre.
Passano gli anni, Nerone va incontro ad un’infelice fine dopo aver quasi distrutto il suo stesso impero, Vespasiano sale al potere e promette un principato molto più sereno (cosa che, per gli standard della Roma antica, effettivamente avverrà).
Arild è cresciuto con un lanista, ovvero un incaricato di gestire i giochi dei gladiatori e di scegliere chi combatterà, e, come tanti altri che vivono la sua condizione di schiavitù, da un lato ha una grande paura di ritrovarsi nell’arena a sua volta, dall’altro lo desidera, perché è l’unico mezzo che ha a disposizione per vivere un po’ meno peggio ed essere trattato come una celebrità. Il suo padrone, però, lo ritiene ancora giovane e fisicamente impreparato, così lo manda a fare il manovale presso i tanti cantieri che fervono a Roma da quando il nuovo imperatore ha voluto un rinnovamento.
Derek è insieme ad un mercante, un padrone sicuramente meno crudele di altri, ma con un figlio sadico e folle che è fonte di grande preoccupazione per lui. Crescendo, il ragazzo inizia a vedere Derek come un rivale, perché suo padre è sinceramente affezionato a lui. Nel tentativo di proteggere sia lo schiavo dai soprusi che il figlio da se stesso, il mercante isola sempre di più Derek, facendo sì che altri schiavi lo aiutino a coltivare il suo talento per il disegno e la scultura. Ogni giorno che passa, egli si sente sempre più artista, ma non dimentica di essere anche un uomo d’azione.
Brynja, infine, è a casa dell’amante di Livio, la matrona Flaminia. La donna scrive regolarmente al centurione ed ha mantenuto la promessa di crescere la ragazza come una figlia. Purtroppo, però, ella è sposata ad un senatore ambizioso e crudele, ed ha un figlio con le stesse inclinazioni. Le due donne, anche quella che in teoria sarebbe libera e ricca, sono prigioniere nella ricca domus, entrambe lontane da chi amano davvero.
Nessuno dei tre “ex bambini” ha dimenticato gli altri due: presto, però, il destino li farà incontrare dopo tanti anni.
Essendo partita – più per curiosità che per altro – con il secondo volume, Colosseum – La promessa ha avuto su di me l’effetto di una sorta di prequel.
Conoscevo già i personaggi principali e le loro situazioni, ma questo romanzo mi ha permesso di risalire alle origini (terribili) del loro dramma. Ribadisco quello che avevo già detto in novembre: questa non è una serie per stomaci delicati, o per chi ama perdersi nelle storie d’epoca a scopo di evasione. Questa serie racconta le brutture che la storia romana ha tentato di nascondere, dalle guerre alle violenze, dalle ingiustizie alle quotidiane prepotenze.
Ricordo ancora che lo dicevano anche le mie insegnanti al liceo: la società greca e quella romana hanno fondato la loro grandezza sullo schiavismo. Per essere celebrati e ricordati, per far sì che le grandi imprese di pochi (da quelle politiche a quelle culturali passando per l’economia e l’ingegneria) venissero studiate ed imitate nei secoli a venire, è stato necessario il sacrificio di migliaia e migliaia di persone che erano trattate peggio degli animali e spesso schiacciate senza pietà al primo tentativo di libertà ed indipendenza.
Forse per questo la scena più bella è quella in cui Derek, in piena notte, ultimando una statua di Spartaco, che è stata scolpita con orrende fattezze su richiesta dei ricchi committenti, scrive sulla sua schiena “Tornerò e sarò milioni”.
Alla crudezza della storia si unisce un desiderio di libertà e di giustizia che è sicuramente uno dei punti forti della serie. A me continua a piacere molto e, appena ne avrò l’opportunità, leggerò anche gli altri due volumi, che dovrebbero essere usciti entrambi alla fine del 2024.
E poi, ovviamente, vi racconterò cosa ne penso!
I divini dell’Olimpo, di Marilù Oliva
Marilù Oliva, professoressa e scrittrice, ha scritto romanzi di vario genere (dai thriller ai paranormali), ma personalmente apprezzo molto il suo filone “classico”.
I suoi tre retelling al femminile su Iliade, Odissea e Eneide mi sono molto piaciuti, come vi ho raccontato nelle recensioni.
I divini dell’Olimpo è un piccolo volume di saggistica, che ci permette di conoscere da vicino quattro figure mitologiche di primissimo piano.
Il primo è Zeus (per i Romani Giove), padre di tutti gli dèi. L’autrice parte dalle origini della figura mitologica e dal perché egli si sia trovato ad essere a capo dell’Olimpo: rievoca Urano e Gea, la ribellione a Crono/Saturno, le guerre contro i Titani e quelle contro i Giganti. È innegabile, però, che il motivo per cui Zeus è diventato il più famoso e “chiacchierato” tra gli dèi è il suo matrimonio con Era, guastato da moltissimi tradimenti. Avventure più o meno importanti dalle quali sono nati eroi, altri dèi, personaggi di grande rilievo per la mitologia.
Seconda è Afrodite (per i Romani Venere), dea dell’amore e della bellezza. Una dea anomala fin dalla sua nascita, avvenuta tramite “la spuma del mare”. Una figura ritenuta da tutti frivola e leggera, e forse per questo la più sottovalutata dell’Olimpo. Già, perché per gli dèi era forse più facile farsi beffe dei sentimenti, ma gli umani (specie i letterati e gli artisti, come per esempio la poetessa Saffo) conoscevano bene il potere distruttivo dell’amore.
Terzo è Ade/Plutone, il dio della morte, che, per ovvi motivi, a tutti è sempre stato piuttosto antipatico. Eppure l’autrice riesce a spiegare perché, almeno paragonato ad altre figure dell’Olimpo, egli è, tutto sommato, meno peggio di tanti altri. In definitiva, il suo compito è quello di un instancabile lavoratore, che deve gestire un regno immenso ed in continua espansione. Un ruolo difficile da sopportare ogni singolo giorno, sotto le viscere della terra, mentre i “colleghi”, sull’Olimpo, stanno insieme e si dedicano ad ogni genere di divertimento.
Ultima è Atena/Minerva, dea della guerra (intesa come strategia, perché l’impeto guerresco appartiene ad Ares/Marte) e dell’intelligenza. Una dea protettrice di tantissimi uomini d’ingegno, primo tra tutti Odisseo/Ulisse, e persino disponibile a scendere sul campo insieme agli umani (sia nei poemi epici che nelle tragedie greche), ma anche implacabile con chi osa sfidarla, soprattutto con le fanciulle che pensano di essere brave, scaltre o intelligenti quanto lei.
I divini dell’Olimpo è un libro agile e scorrevole, eppure è super istruttivo (e ve lo dice una che è sempre stata molto studiosa di questo argomento). Personalmente, la parte che non conoscevo è quella artistica. Nel raccontare le storie degli dèi, l’autrice cita moltissime opere, sia di pittura che di scultura, dall’epoca classica a quella contemporanea, e devo dire che ne ho scoperte tante di cui non conoscevo l’esistenza.
Sono stata anche molto contenta di vedere che, nel raccontare la diffusione di queste quattro figure nella cultura di massa, Marilù Oliva abbia citato tutte e quattro le volte la saga fantasy/mitologica di Percy Jackson, della quale sapete che sono una grande fan.
Nella serie, Giove è il padre romano di Jason Grace, un semidio cresciuto per essere un romano in tutto e per tutto ma che, tra un romanzo e l’altro della serie Gli eroi dell’Olimpo, impara a conoscere anche la sua parte greca.
Afrodite è la madre greca di Piper, fidanzata di Jason, un personaggio… che secondo me si sottovaluta, esattamente come la madre è sottovalutata dagli altri dèi: ella pensa di essere semplicemente carina e simpatica e si sente da meno rispetto a quei semidei che ingaggiano pericolose battaglie, ma con il tempo riesce a rendersi conto delle sue qualità umane e del suo dono della “lingua ammaliatrice” (con il quale fa fare agli altri letteralmente quel che vuole lei).
Ade/Plutone è il padre greco di Nico e padre romano di Hazel, due personaggi tragici e complessi. Al primo ha trasmesso il lato greco dedicato alla mortalità, alla seconda il lato romano dedicato alla ricchezza… con conseguenze pesanti, ma anche, in un certo senso, preziose.
Atena, infine, è la madre greca di Annabeth, grande amore del protagonista Percy. Una dea che interferisce meno di altri nelle vicende dei figli, e che sembra aver trasmesso loro solo qualità positive… ma nel romanzo Il marchio di Atena si scoprirà un terribile rovescio della medaglia.
Divagazione fantasy a parte, credo che la grande diffusione di queste figure mitologiche, che permangono ancora adesso nella cultura di massa, ci insegni qual è realmente il significato della parola “classico”. Il mondo letterario dei greci e dei romani, in barba a quello che potrebbero dire i soliti detrattori, non è mai morto davvero.
Purtroppo ci tocca riemergere dal mondo classico e tornare al XXI secolo… ma possiamo sempre raccontarcela tra noi!
Che ne dite? Conoscete questi libri o gli autori?
Avete letto queste due storie? Che ne pensate?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)