Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
ultimissimo giorno di giugno!
Questo mese è stato molto ricco per me, una vera girandola di emozioni… tra lavoro, scuola di danza ed altro ancora, ho raggiunto dei traguardi importanti ed attesi.
Ve ne parlo meglio alla fine del post… nel frattempo vi racconto tutto quello che mi è piaciuto di più in queste settimane, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!
Il libro del mese
In un post di qualche settimana fa mi ripromettevo di proseguire la serie di Roberto Centazzo ambientata a Cala Marina, ed eccomi qua a recensirvi Il rappresentante di cartoline!
A Cala Marina, immaginario paesino della Riviera Ligure (per il quale però l’autore ha dichiarato di essersi ispirato ad una località ben precisa), è arrivata l’estate. Siamo nel 1967 e sono gli anni delle lunghe ferie estive. I personaggi della stazione di Cala Marina, che ci hanno accompagnato anche negli scorsi episodi della serie (trovate le recensioni qua e qua) sono molto indaffarati. Il capostazione Dalmasso deve assicurarsi che nessun turista imprudente attraversi i binari e, ovviamente, controllare il traffico dei tanti treni regionali estivi; Bartolomeo il tassista, Ludovica la barista e Silvano l’edicolante hanno finalmente tanti clienti da accontentare; Adelmo, l’uomo delle pulizie, voce narrante, continua a comportarsi come se la stazione fosse la sua seconda casa. L’unico almeno in parte disoccupato è il professor Martinelli, che però sente la mancanza delle aule del liceo e passa i pomeriggi in spiaggia a proporre giochi matematici a bambini e ragazzi.
La mattina del 17 luglio un personaggio giovane, elegante e distinto scende dal treno proveniente da Milano e si presenta come Teo Zeno, fotografo e rappresentante di cartoline. Appena sceso dal regionale, egli ha l’infausta idea di attaccare bottone con Ludovica, incorrendo così subito nella gelosia del maresciallo Norberto, il rappresentante della Polfer che passa dalle parti di Cala Marina un po’ più del necessario. Il fervente servitore dello Stato, pronto a controllare chiunque transiti intorno a Ludovica (con la quale fa sempre il brillante pur essendo sposato) ed a coinvolgere il suo paziente sottoposto Zappa, cerca subito di sapere qualcosa di più sul sospetto Teo Zeno, in apparenza un fotografo come tanti altri.
Da una prima indagine egli non sembra fare nulla di illegale, ma Norberto non manca di notare alcuni atteggiamenti come minimo stravaganti. Innanzitutto, Teo Zeno si è stabilito in una modesta pensioncina – pur ostentando vestiti di sartoria e l’esistenza di un grande negozio a Milano – ed è entrato fin da subito in grande confidenza con Maria Sole, la proprietaria, una giovane donna che si sente bruttina e sola. Inoltre, egli passa la sua giornata a girare gli esercizi commerciali di Cala Marina, proponendo a tutti i negozianti la stessa idea: inserire, di volta in volta, il negozio del suo cliente in uno dei riquadri di una cartolina, insieme alla scritta “Benvenuti a Cala Marina” e ad una foto della spiaggia della riviera.
Non ci sarebbe niente di male, se non ci fossero due problemi. Il primo è che Teo Zeno, dopo le prime settimane, inizia a scomparire e ricomparire misteriosamente, accampando scuse con Maria Sole e lasciando i clienti in attesa delle tanto sospirate cartoline. Il secondo è che egli sembra prediligere come clienti soggetti in qualche modo fragili, come Modesto, il titolare di un negozio di ferramenta che soffre la mancanza di donne nella sua vita, o Emma, una giovane che ogni giorno vede allontanarsi sempre più il sogno di diventare modella. Che egli sia davvero un truffatore? Oppure è tutta una fantasia di Norberto?
Sono una lettrice di Centazzo fin dai primi episodi dell’altra sua serie, quella che ha per protagonisti i poliziotti in pensione della Squadra speciale Minestrina in brodo. Egli si è sempre definito un creatore di “commedie gialle”, definizione che trovo azzeccata, e devo dire che all’interno dei romanzi ambientati a Cala Marina la componente “commedia” è ancora più marcata.
In questo romanzo (e nei due precedenti) siamo condotti all’interno di un microcosmo, quello dei piccoli paesini turistici della riviera ligure, che io, da milanese che ha come seconda casa la Liguria, conosco molto bene. In particolare io credo che le piccole stazioni locali, cuore della narrazione, siano dei luoghi dove il tempo si è fermato: non credo che ci siano state grosse modifiche dagli anni ‘60 ad oggi, al di là delle ovvie ristrutturazioni e degli schermi con gli annunci dei treni. Le edicole, i bar, i tanti regionali, i pochi binari effettivamente funzionanti (insieme a quelli “morti” sempre incautamente attraversati…) ci sono ancora e l’ambiente sembra pervaso dal medesimo clima familiare che l’autore descrive.
I personaggi che frequentano la stazione abitualmente erano interessanti fin dall’inizio, ma hanno acquistato profondità, soprattutto Norberto, che continua ad essere un po’ spaccone ed a mettere a dura prova i nervi del povero Zappa, ma dimostra anche di saper fare il suo mestiere.
Quanto all’indagine raccontata, sembra che un tema ricorrente sia la solitudine delle donne: prima la misteriosa forestiera in Tutti i giorni è così; poi Barbara, moglie insoddisfatta e nuora oberata di lavoro, che in Bevande incluse desidera la fuga; ora Maria Sole, una donna adulta, indipendente e lavoratrice che dovrebbe essere più soddisfatta di se stessa ed invece non fa che rimpiangere la mancanza di un uomo nella sua vita.
Ho notato che ogni volta che recensisco un romanzo di questa serie non posso fare a meno di inserirlo tra i “Preferiti del mese”… quindi non mi resta che sperare che usciranno nuovi capitoli delle avventure di Cala Marina!
Il film del mese
Dopo tanti mesi in cui ho riscoperto il piacere di andare al cinema, devo ammettere che con l’arrivo della stagione estiva le proposte si sono fatte un pochino meno interessanti, almeno per me, e non sono più andata a vedere nulla di nuovo. Così ho pensato di parlarvi di un film di qualche anno fa, che avevo visto e che mi era piaciuto, ma di cui non vi ho ancora raccontato nulla.
Il diritto di contare è ambientato ad Hampton, in Virginia, nel 1961, nel pieno della segregazione razziale. Ogni mattina, a bordo di una macchina che ha decisamente bisogno di manutenzione, nonché di costante benzina, ci sono tre donne afroamericane: Katherine Johnson, matematica, Dorothy Vaughan, supervisore, e Mary Jackson, aspirante ingegnere. Il viaggio è lungo e difficoltoso, la partenza è alla mattina presto ed il ritorno con il buio, e le tre donne si lasciano alle spalle tutto il giorno le rispettive famiglie, ma tutte sono molto motivate dal loro incarico al Langley Research Center, uno storico centro della NASA, al tempo il più importante.
È un momento storico: dopo il primo volo spaziale di Gagarin, la NASA sente la necessità di intensificare le sue attività e di proseguire con altri lanci. Le tre protagoniste credono molto in questa causa e sono sicure delle loro competenze in merito, ma il loro lavoro è molto difficile ogni giorno.
Dorothy svolge, di fatto, mansioni da responsabile senza esserlo davvero, trovandosi così a dover sottostare ai capricci di donne bianche che solo teoricamente avrebbero grado inferiore. Mary è consapevole di essere solo “aspirante ingegnere” perché donna e di colore, e perché frenata nella sua carriera dalla vita familiare, e prova a conseguire il titolo di studio che le manca tramite la scuola serale.
Katherine, invece, è appena stata spostata allo Space Task Group, perché tutti riconoscono le sue attività di calcolo, ma è la prima persona nera a far parte di un gruppo così importante e per lei non c’è nemmeno una toilette.
Il lancio della capsula spaziale si avvicina e, con grande determinazione, le tre protagoniste riescono a superare gli ostacoli che si pongono sul loro cammino: Katherine ottiene la fiducia di Harrison, il responsabile dello Space Task Group; Dorothy trova il modo di scongiurare il licenziamento di alcune sue colleghe, che rischiano di essere sostituite dai calcolatori elettronici; Mary, con grande fatica, chiede ed ottiene il permesso di frequentare un liceo per soli uomini bianchi. Le difficoltà, però, le attendono fino all’ultima curva della strada.
Il diritto di contare non mi ha colpito quanto The Help, che forse resta la mia pellicola preferita sulla questione razziale americana negli anni ‘60, ma è comunque un film super interessante da vedere. Katherine, Dorothy e Mary, le tre protagoniste, pagano un triplice scotto: il colore della loro pelle, il fatto di essere donne e quello di essere scienziate.
La questione razziale è presentata in maniera decisamente diversa rispetto a The Help: se lì le donne afroamericane erano da tutte considerate inferiori, ed a chiare lettere, in quanto destinate ad essere unicamente le cameriere delle donne bianche, qui la questione è più sottile. In apparenza, al Langley Research Center, tutti hanno come unico obiettivo il lavoro e non si curano di chi hanno per collega, ma di fatto, spesso subdolamente, tanti sgarbi vengono commessi nei confronti del personale di colore. Anche chi davvero non ha pregiudizi non si rende conto dei privilegi che ha finché Katherine non gli parla chiaramente dei suoi problemi (salvo poi farsi perdonare distruggendo a martellate la scritta “Bagno per neri”).
Forse meno dibattuta tra libri e film è invece la questione “Donne nella scienza”, che invece non riguarda solo l’America degli anni ‘60, ma è di straordinaria attualità. Purtroppo, anche nella nostra Italia, ancora oggi ci sono tanti mestieri che vengono classificati come “da uomo” e “da donna”. I lavori che hanno a che fare con materie scientifiche, ingegneria e calcoli, o – peggio mi sento – quelli che prevedono un impegno totalizzante ed una certa ambizione per fare carriera, sono ancora visti come appannaggio maschile da parte di tanta gente che non vuole capire che i tempi sono proprio cambiati.
Di questo genere di considerazioni a volte mi sento vittima persino io che ho scelto un percorso che in quest’ottica sarebbe considerato “da donna”: studi umanistici (perché si sa, non si possono scegliere semplicemente perché si amano, così come altre mie amiche erano innamorate della matematica), lavoro principalmente come insegnante che a quanto pare lascia cosìììì tanto tempo – mah… - da devolvere ovviamente alla cura familiare, perché un giorno è scontato che avrò una famiglia, oh, come puoi non averla?!?
Ecco, a questo genere di sciocche considerazioni questo film risponde con i fatti, presentando tre donne che con coraggio e determinazione fanno della ricerca scientifica la priorità della loro esistenza. È tratto da una storia vera… e da molte che, secondo me, aspettano ancora di essere raccontate.
La musica del mese
La parola chiave di questo mese è danza. Dopo due anni in cui abbiamo dovuto rinunciare al nostro spettacolo di fine anno, qualche settimana fa siamo finalmente tornati sul palco, così oggi vi racconto con quali musiche sono tornata sotto le luci della ribalta!
Con il mio corso di moderno, che ho frequentato il lunedì ed il giovedì, ho preparato due pezzi molto diversi tra di loro: Jerusalema, che trovate a questo link, e Di sole e d’azzurro di Giorgia, il cui video è qui.
Tutte noi “grandi”, classico e moderno insieme, abbiamo preparato altri due pezzi. Il primo è una danza irlandese, Reel around the Sun, che è stata il nostro finale, e che trovate a questo link. Il secondo è un medley di varie musiche che sono state sigle del vecchio programma Studio Uno: Quelli belli come noi, Se telefonando e La notte è piccola per noi.
Si tratta di due brani che avevamo iniziato a preparare tra gennaio e febbraio del 2020… una soddisfazione immensa portarli sul palco. Abbiamo dovuto aspettare tanto… ma ne è valsa la pena!
Un po’ per caso sono finita dentro ad un pezzo del corso di classico, Lo spettro della rosa. Ho interpretato il ruolo di una principessa che torna a casa da un ballo con una rosa in mano e danza felice. Poi si addormenta e, sulle note di A million dreams, gli spiriti del sogno vengono a trovarla…
Il sesto ed ultimo pezzo che ho portato sulla scena è la mia variazione, sulle note di Take me to church. Salire sul palco da sola è sempre stato l’impegno più grosso per me, anche e soprattutto dal punto di vista emotivo… figuriamoci dopo un paio di anni così inusuali! Ma è andata più che bene...
La poesia del mese
Per questo mese ho scelto un componimento di Giosué Carducci, intitolato proprio Giugno.
È il mese dei prati erbosi e delle rose;
il mese dei giorni lunghi e delle notti chiare.
Le rose fioriscono nei giardini, si arrampicano
sui muri delle case. Nei campi, tra il grano,
fioriscono gli azzurri fiordalisi e i papaveri
fiammanti e la sera mille e mille lucciole
scintillano tra le spighe.
Il campo di grano ondeggia al passare
del vento: sembra un mare d’oro.
Il contadino guarda le messi e sorride. Ancora
pochi giorni e raccoglierà il frutto delle sue fatiche.
Le fotografie del mese
Della sera del 6 giugno e dello spettacolo vi ho già detto praticamente tutto, anche in questo post… metto solo una foto scattata subito dopo il finale irlandese, con tutte noi felici e soddisfatte dopo aver realizzato il nostro sogno di aver di nuovo calcato il palco dopo il momentaccio!
Questa in realtà è una foto dell’ultimo weekend di maggio, ma non ho avuto modo di postarla prima! Sono riuscita a fare una scappata a Varazze in occasione del grande ritorno del “Cundigiùn”, una sagra gastronomica che capita solo una volta all’anno e che per ovvi motivi non si faceva dal maggio 2019. Fortunatamente sabato il clima era molto bello e caldo e sono riuscita a fare il mio primissimo bagno (ghiacciato) della stagione!
Domenica 19 giugno io e la mia amica Mara ci siamo concesse un piccolo grande regalo di inizio estate: lo spettacolo Bolle and Friends al Teatro degli Arcimboldi! Ne parlo meglio in questo post.
Oggi è una giornata molto speciale! Come vi raccontavo meglio in questo post, per il secondo anno consecutivo ho lavorato in un Istituto Comprensivo del mio paese… ed oggi è il mio ultimo giorno! Sono sempre più grata di quest’esperienza che mi ha fatto crescere professionalmente e scoprire modalità d’insegnamento per me nuove, un po’ diverse da quelle che ho conosciuto con i miei studi e le mie prime supplenze, ma ugualmente stimolanti. Oggi lunghissima giornata… e poi mi attende l’estate!
E questo è tutto per il mio giugno!
Da domani ha inizio la mia estate, un tempo sicuramente “sospeso” per noi precari della scuola, ma anche di riposo e divertimento. Un periodo che in tanti giorni di questo fine anno ho invocato ed aspettato con ansia, ma che ora mi coglie quasi...impreparata? Con tutte le emozioni delle ultime settimane, mi sento come se stessi ancora correndo (letteralmente, tra bimbi e balletti...) e dovessi re-imparare a fermarmi. Ma è la cosa giusta da fare: oltre alla stanchezza mentale che inizia sempre a salire da inizio maggio in avanti, quest’anno anche il corpo chiede proprio relax e ripresa. Che dire, andare in vacanza è un duro mestiere, ma qualcuno dovrà pur farlo…!
Vi terrò compagnia con il blog ancora per il mese di luglio, poi in agosto farò la solita pausa. Nel frattempo attendo i vostri commenti per sapere com’è andato il vostro giugno!
Grazie per la lettura, ci risentiamo in luglio :-)