Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
ultimo lunedì di gennaio!
Sembra ieri che festeggiavamo Capodanno, o sbaglio? Invece… eccoci già arrivati a chiudere il primo mese dell’anno!
La prima settimana di gennaio per me è stata di vacanza, dopodiché c’è stata la ripresa. Di solito il ritorno al lavoro dopo le vacanze di Natale è piuttosto impegnativo, però devo essere onesta con me stessa e ammettere che, tra l’anno in cui c’era una nuova ondata di Covid, quello in cui ero in attesa di capire se avrei cambiato alcune mansioni in febbraio, quello in cui facevo una sostituzione per malattia rinnovata periodicamente ed altri ancora, ho avuto mesi di gennaio più tosti.
Questa volta ho semplicemente ripreso una routine che sto consolidando da inizio autunno, senza grossi scossoni.
Oggi vi racconto tutto quello che mi è piaciuto in questo mese, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!
Il libro del mese
Non potevamo che iniziare l’anno con Caminito, il più gradito ed atteso dei ritorni (almeno dal mio punto di vista): il commissario Ricciardi, cinque anni dopo.
Siamo nell’aprile del ‘38, e, come ci aveva già insegnato La condanna del sangue (di cui vi avevo parlato qui), la primavera è traditrice.
Il commissario Luigi Alfredo Ricciardi non ha ancora superato quel che è successo alla nascita della sua primogenita Marta. La morte della sua amatissima Enrica è un lutto che si porta dietro sempre, e che è aggravato dalla sua maledizione: quello di vedere i fantasmi di chi è morto, che ripetono la loro ultima frase.
La situazione politica difficile in cui sta versando l’Italia, unito al suo duplice tormento personale, lo spinge a cercare la tanto desiderata pace in quella sorta di panchina, poco più che un insieme di pietre accostate alla fine di una stradina, che era il rifugio segreto suo e di Enrica, quando ancora lui non sapeva se dichiararsi e lei fuggiva dalla sua invadente madre e da un corteggiatore che per lei era solo un amico.
La sua esistenza solitaria e tormentata, però, ormai da cinque anni è stata benedetta da Marta, la sua bambina di cinque anni, che assomiglia sia a lui che a Enrica, in una straordinaria combinazione del meglio di entrambi. L’educazione della bambina è stata affidata a due persone preziose, che per Ricciardi fanno parte della famiglia. La prima è Nelide, la nipote della defunta tata Rosa, che vive con padre e figlia e fa da governante ad entrambi. La seconda è una vecchia amica di Ricciardi, la contessa Bianca, che dopo anni difficili ha ritrovato la serenità: Marta passa le giornate in compagnia sua, dell’insegnante che è stata assunta per lei e del figlioletto di quest’ultima, Federico, che per lei è un grande amico.
Tornare a casa da Marta dà a Ricciardi la forza di continuare a lavorare ogni giorno, anche se i tempi sono difficilissimi: su molti delitti gli è impedito di indagare perché si tratta di ritorsioni fasciste ai danni di oppositori o di minoranze, la burocrazia del regime ostacola ogni sua azione ed anche quando gli è consentito lavorare egli ha la sensazione di camminare sulle uova.
In questo contesto così complesso avviene un delitto crudele, quanto può esserlo il mese di aprile: un maestro in pensione, molto anziano e molto povero, mentre tenta di rubacchiare della frutta da un cortile di un quartiere chiuso, trova due cadaveri di ragazzi. I due poveretti sono stati sorpresi da qualcuno mentre facevano l’amore e sono rimasti lì, soli ed abbandonati.
Lei è giovanissima, dalle vesti povere e sconosciuta a tutti, tra inquirenti ed abitanti della zona. Nel riconoscere il volto di lui, invece, il dottor Modo, medico legale ed amico di Ricciardi, si spaventa moltissimo. L’uomo, infatti, ufficialmente lavora su una nave commerciale che gira tra l’Italia ed altri paesi del Mediterraneo, ma si è assunto anche un altro compito: quello di recapitare ad amici e familiari la corrispondenza di chi è al confino.
Di tutto questo, però, il dottore non fa parola con l’amico Ricciardi e con il suo vice, il brigadiere Maione, perché le associazioni antifasciste di cui fa parte lo obbligano alla segretezza. Ricciardi, tuttavia, intuisce a grandi linee quello che l’amico gli sta nascondendo, ed inizia ad indagare cautamente, riprendendo i contatti con una persona che fa parte del suo passato.
Il brigadiere Raffaele Maione, invece, per quanto voglia dare il suo contributo all’indagine, è distratto da una delicata questione personale riguardante la figlia che lei e Lucia hanno adottato, Benedetta. Alcuni suoi parenti sono tornati dall’America e sono intenzionati a prenderla con loro, e lui, per quanto ami quella figlia come se fosse sua, non può fare a meno di chiedersi se non sarebbe meglio per Benedetta vivere con dei suoi consanguinei ricchi e potenti, invece che con lui, con la moglie e tutti gli altri loro figli in una casa popolare, concedendosi la carne solo la domenica.
Nel frattempo, in Argentina, una cantante di tango arrivata dall’Italia cerca di imparare una nuova canzone, Caminito, e ripensa a quel che ha lasciato a Napoli anni prima.
Non mi sembra passato più di un anno da quando, in questo post, vi ho raccontato Il pianto dell’alba, piangendo un po’ la triste fine della serie del commissario Ricciardi. Invece sono passati ben tre anni e mezzo, un lungo periodo di tempo che mi ha fatto pensare, in tutta onestà, che Maurizio De Giovanni avesse chiuso definitivamente la serie e che fosse passato ad altre storie. Però ogni tanto, sulla sua pagina Facebook, spuntavano dei mini racconti, dei momenti rubati di quotidianità del commissario, che mi facevano ben sperare. Devo dire che il suo ritorno è stato graditissimo.
Il Maurizio De Giovanni de I Bastardi di Pizzofalcone è una piacevole conferma ogni volta che esce un romanzo (a differenza della fiction che secondo me si è persa un po’), quello della serie di Sara è originale e super interessante, quello di Mina Settembre offre anche una certa leggerezza (ve ne ho parlato pochi giorni fa). Ma la sua serie migliore è Ricciardi, non ce n’è. Tornare in quel mondo per noi lettori è stato come riaprire le vecchie porte di una casa che non si vede da tanto. Una casa sul mare e sul Vesuvio, ovviamente :-)
Ho trovato in grande forma Maione ed il suo amico/informatore Bambinella; un po’ meno il dottor Modo, uno dei miei personaggi preferiti in assoluto, che purtroppo è diventato duro e diffidente (anche se capisco che ne ha tutte le ragioni; chissà, forse anche io mi infiammo troppo su certe questioni, e si sa che i nostri difetti visti negli altri ci fanno impazzire…). Quanto ai personaggi femminili, la piccola Marta è un uragano pieno di sorprese, Bianca potrebbe rivestire un ruolo più importante se Ricciardi continuerà a scrivere… e sono felice anche della ricomparsa di Livia, anche se so che noi che apprezziamo questo personaggio siamo decisamente in minoranza.
Una vera girandola di emozioni, e mi fermo qui, altrimenti ne scriverei ancora. Spero soltanto che questo non sia un semplice epilogo, ma l’inizio di una nuova fase della vita del commissario.
Il film del mese
Giovanni e Giacomo sono soci da tutta la vita: sono a capo di un’azienda nel milanese di mobili, soprattutto divani. Gli affari funzionano, ma loro non potrebbero essere più diversi. Giovanni, sposato con Valentina e papà di Caterina, è allegro, propositivo, generoso. Giacomo, sposato con Lietta e padre di Elio, è ipocondriaco, ansioso, piuttosto tirchio e ultimamente anche piuttosto insofferente nei confronti di Giovanni.
I due ragazzi, Caterina ed Elio, cresciuti insieme gattonando sul divano prodotto nel 1989, hanno finito per innamorarsi ed hanno deciso di sposarsi.
Per il matrimonio, Giovanni ha affittato una villa sul lago ed organizzato una tre giorni di festeggiamenti. Inutile dire che Giacomo avrebbe preferito qualcosa di molto più semplice e che considera il tutto una grande, inutile spesa.
Nonostante queste incomprensioni, tutto sembra procedere alla perfezione, almeno per gli sposi e per gli ospiti. L’imprevisto, però, è dietro l’angolo.
Giovanni, infatti, per quanto innamorato della moglie Valentina, non è mai riuscito a dimenticare del tutto Margherita, la sua prima moglie e la vera madre di Caterina. Quando la donna si presenta alla villa con Aldo, il suo nuovo compagno, un uomo del Sud entusiasta e pasticcione, inizieranno i guai. Le cene tra pochi intimi si trasformeranno in serate infinite, l’organizzazione perfetta subirà una serie di intoppi e tanti nodi verranno al pettine.
I primi film di Aldo, Giovanni e Giacomo sono quasi dei classici della commedia italiana, pellicole di cui molti di noi conoscono pure delle battute a memoria.
Qualche anno fa secondo me si erano un pochino persi, con film come Il cosmo sul comò o Fuga da Reuma Park che erano più che altro degli omaggi alla loro carriera, dei collage dei loro “corti”. Invece già Odio l’estate, il film uscito circa tre anni fa, mi era piaciuto.
Il grande giorno, per qualche verso, assomiglia a quest’ultimo: una commedia gradevole e divertente, in cui ogni componente del trio resta fedele alla parte che gli riesce meglio: Aldo è l’agitatore del gruppo, sia nel bene che nel male; Giovanni è l’imprenditore milanese pieno di idee, ma anche preciso all’esasperazione; Giacomo è tormentato dall’ansia per le spese e dalla paura delle malattie, al punto che sua moglie è praticamente la sua infermiera.
Una sorpresa, invece, i ragazzi che interpretano Elio e Caterina, due personaggi che si presentavano come poco più che comparse in mezzo ai drammi ed ai pasticci dei loro genitori e che invece hanno parecchio da dire.
Ho avuto l’impressione che Aldo, Giovanni e Giacomo volessero prendere un po’ in giro la loro generazione, che è un po’ quella dei miei genitori (anche io ho gattonato su un divano nell’89, dopotutto). Per i sessantenni di oggi il matrimonio dei figli è ancora una giornata importantissima, un rito di passaggio in cui tutto deve essere perfetto e se necessario non si bada a spese. I giovani, invece, che dovrebbero essere i protagonisti, finiscono per essere comprimari, perché tutto sommato per tanti trentenni di oggi il matrimonio è una scelta come un’altra: si può anche convivere, si può anche restare ognuno a casa sua, “noi non eravamo sicuri di farlo ma almeno mamma e papà sono contenti”…
Non si mettono in scena grandi drammi, ma i piccoli vizi e mancanze di due generazioni di italiani. Io, poi, ho riso moltissimo… quindi ve lo consiglio per un pomeriggio o una serata leggera!
La musica del mese
Sono stata un po’ indecisa a proposito di cosa fare per la sezione musicale dei preferiti di quest’anno. I primi anni mi occupavo di nuove uscite, ma poi mi sono resa conto che, crescendo, non ero più proprio “sul pezzo” come una volta (sto invecchiando, signori, che vogliamo farci). Per un paio di anni ho seguito la logica delle parole chiave e delle idee guida per ogni mese, e mi è molto piaciuto, ma non avrei voluto ripetermi.
Alla fine ho deciso di dedicare uno spazietto mensile alla mia cantante preferita, Taylor Swift, già più volte protagonista di queste pagine e protagonista di un progetto tutto suo (a questo link trovate il post che riepiloga gli altri).
Mi sono resa conto che a più riprese, in vari momenti della mia vita, continuo a fare delle riflessioni sui testi delle sue canzoni. Per tanti motivi, tanti dei suoi brani continuano a parlarmi, a rivelarmi nuovi significati, anche dopo mesi ed anni.
Ogni tanto, se mi seguite su Instagram, avrete notato che ho postato qualche riflessione estemporanea. Però ho pensato che è un peccato lasciarle lì per 24 ore e basta. Così ho deciso di scegliere una sua canzone per ogni mese, una che secondo me colga bene lo spirito del periodo, e di raccontarvi il mio perché.
Il mese di gennaio, per esempio, per me è il mese di Happiness, la mia canzone preferita del suo disco Evermore. Se seguite il mio blog da un po’, l’avrete già sentita: è la colonna sonora del mio racconto di gennaio 2021, La felicità, un omaggio al Barone rampante di Calvino (lo trovate a questo link).
Caro, mentre sono sopra gli alberi
vedo questa cosa per quel che è
ma ora sono quaggiù, e tutti gli anni che ho dato
sono solo roba che ci dividiamo
ti ho mostrato tutti i miei punti più nascosti
stavo danzando quando la musica si è fermata
e nell’incredulità, non riesco ad affrontare una reinvenzione
non ho ancora incontrato la nuova me stessa
Molti dicono che è la canzone più triste dell’album, ma secondo me… no. Insomma, non si chiama Happiness mica per caso.
Happiness mi ha aiutato a riflettere sul fatto che storie, percorsi, interi pezzi di vita semplicemente finiscono. Anche se ci trovavamo bene, anche se lungo la strada ci hanno accompagnato delle brave persone. Ad un certo punto il cambiamento ci trasforma in persone diverse, e non apparteniamo più a quello a cui tanto tenevamo. Resta un bel ricordo. E l’alba di nuove consapevolezze… da vivere giorno per giorno. Abbracciando il presente. Incontrando la nuova versione di noi stessi.
Ci sarà la felicità dopo di te
ma c’era anche la felicità a causa tua
Entrambe queste cose possono essere vere
C’è la felicità
Nella nostra storia, al di là della nostra grande separazione
c’è un’alba gloriosa,
impreziosita dalle scintille di luce
del vestito che ho indossato a mezzanotte
Lasciati tutto alle spalle
Oh, lasciati tutto alle spalle,
e c’è la felicità
Insomma, Happiness ci insegna che gennaio, con il nuovo anno, è un buon mese per ricominciare. E per pensare un po’ di più a noi stessi ed ai nostri bisogni.
Trovate Happiness a questo link.
La poesia del mese
Per il mese di gennaio, buio, freddo e talvolta un po’ malinconico, ho pensato ad una poesia di Fernando Pessoa, dal titolo Quel che mi duole non è.
Quel che mi duole non è
quello che c’è nel cuore
ma quelle cose belle
che mai esisteranno.
Sono le forme senza forma
che passano senza che il dolore
le possa conoscere,
o sognarle l’amore.
Come se la tristezza
fosse albero e, una ad una,
le sue foglie cadessero
tra il sentiero e la bruma.
Le foto del mese
Dal 29 dicembre al 3 gennaio sono stata a Varazze con la mia famiglia ed abbiamo festeggiato Capodanno lì, in modo molto semplice e tranquillo. Purtroppo in sei giorni non abbiamo visto un raggio di sole ma pazienza, la temperatura era gradevole ed abbiamo fatto tante passeggiate!
Le luminarie di Varazze riservano sempre qualche sorpresa! Questo orsetto è spettacolare, dai…
Per l’Epifania è uscito di nuovo il sole e lungo il Naviglio ho trovato questo presepe in un tronco cavo!
Giovedì 12 io e mia madre, dopo la mia mattinata al lavoro, ci siamo prese mezza giornata per girare un po’ a Milano, tra pranzo con pizza al trancio da Spontini, un pochino di shopping e la mostra di Bosch a Palazzo Reale, di cui vi parlerò prestissimo!
In gennaio ho fatto anche un po’ di “conigliette sitting”: come vedete, Dora e Panna sono molto in forma! Mangiano il radicchio come la loro zia umana, ci credo che stanno bene… :-)
Ecco il mio gennaio in breve!
Devo dire che sono contenta: è stato un mese senza grandi scossoni, che mi ha consentito di godermi le vacanze, di ripartire con calma e di dedicarmi ai miei hobby. Dicembre è uno dei miei mesi preferiti, ma le scadenze prenatalizie lo rendono sempre frenetico, ed in più quest’anno mi sono sentita debole per tanti giorni a causa dei vari mali di stagione. Sembra una sciocchezza, ma avere alle spalle una vacanza e stare bene in salute mi ha molto ricaricato. Speriamo che duri, perché so per esperienza che il passaggio tra inverno e primavera mi porta quasi sempre un altro momento di stanchezza. Raccontatemi un po’ come state voi, invece!
Grazie per la lettura, ci rileggiamo in febbraio :-)