Quello che ho imparato dalla Facoltà di Lettere
Se avete seguito il mio blog fin dall'inizio, saprete che spesso mi ritrovo a sorridere delle mie peripezie e disavventure. Alcune volte, tuttavia, è necessario essere seri.
Ci sono periodi, soprattutto
durante l'immediato post-laurea, in cui ci sembra che la scelta
universitaria sia stata, a posteriori, uno sbaglio. Capita di pensare
che sarebbe stato meglio un corso di laurea più funzionale, meno
teorico, adeguato a quello che questi tempi di crisi ci richiedono.
Quando succede a me, finisco
col ripensare a quello che Lettere mi ha veramente insegnato.
Ecco quello di cui mi sono resa conto.
Dante mi ha insegnato che,
qualunque sia il cammino che percorriamo, abbiamo sempre bisogno di
una guida amica, perché come potremmo fare senza di lei? Chi ci
aiuterebbe, altrimenti, a scalare le montagne della vita? E,
tuttavia, dobbiamo anche accettare i suoi momenti di tristezza e di
pentimento, altrimenti non le saremmo veramente amici.
Montale mi ha mostrato che,
molte volte, ci capita di sorridere amaramente dei nostri limiti
davanti ad infinite possibilità, come se fossimo su una piccola
spiaggia davanti al mare aperto, ed allora la cosa migliore che
possiamo fare è spingere il nostro sguardo in là ed affidare la
nostra speranza a qualcun altro, sperando di sentire presto il suo
cuore che salpa per l'eterno.
Ungaretti mi ha confortato,
perché mai, mai nessuno saprà come ci illumina quell'ombra che ci
si pone a lato, timida, quando non speriamo più.
Calvino mi ha ricordato che ci
sono città che si fingono ricche, città dove ogni giorno si recita
una sorta di spettacolo, città dove si scambiano racconti come
monete e città dove puoi essere identificato con un congiunto ormai
morto; tuttavia, dobbiamo sforzarci di amare queste città e di
renderle felici, altrimenti l'inferno non sarebbe una proiezione
dell'aldilà, ma una condizione reale.
Pavese mi ha incoraggiato: la
paura di amare, non è in fondo già un po' amore?
Alfonso Gatto mi ha dato
speranza: un giorno, dopo anni di tristezza e di oppressione,
possiamo sentirci vivi in un istante, perché ci è spuntato il cuore
in mezzo al petto.
Ariosto mi ha rivelato che
tutte le corti più sfarzose del mondo non valgono la gioia di una
piccola casa di proprietà.
Tasso mi ha fatto sentire meno
incompresa: quando una ragazza non è ricambiata, è normale che
desideri stringere il suo innamorato, per strozzarlo, ma forse anche
per baciarlo, e può succedere che si perda nei boschi perché è
disperata, e anche che casualmente trovi il suo amore, che
(finalmente!) ha bisogno di lei.
Pascoli mi ha dato fiducia: un
vecchio poeta, durante la sua ricerca, può correre grandi pericoli,
ed anche trovare la morte, ma la sua arte non morirà, perché la sua
cetra continuerà ad oscillare al vento.
Pirandello ha suscitato in me
passione: a volte, a noi donne si presentano davanti due occhi che ci
fissano con insistenza; ed allora ci vuole prudenza, perché sarebbe
dolce cedere a quegli occhi, ma anche pericolosissimo.
Quasimodo mi ha dato un
esempio: tradurre i classici può essere la più bella avventura di
un letterato seduto alla scrivania.
Sofocle mi ha fatto stimare di
più me stessa: noi donne siamo una forza della natura, e si può
diventare eroi ogni giorno, se con il cuore si sceglie la strada
giusta; inoltre, se si vuole davvero una cosa, prima o poi la si
ottiene.
Aristofane mi ha fatto ridere:
un po' di sana autocritica rende anche gli eroi più credibili e più
amati.
Orazio mi ha invitato a
sorridere, perché spesso quello che cerchiamo è solo una persona
che parla dolcemente e dolcemente ride.
Catullo mi ha aiutato nel
corso di un amore infelice, perché un'offesa spinge ad amare di più,
ma a voler bene di meno.
Seneca mi ha avvertito: non è
vero che abbiamo poco tempo, la verità è che ne sprechiamo molto.
Platone mi ha consolato,
perché tutti, almeno una volta nella vita, siamo stati attratti da
quel cosino piccolo, brutto, povero, lacero e sporco chiamato amore.
Cimabue mi ha dato la voglia
di trasmettere qualcosa agli altri: se il tuo allievo diventa tanto
bravo da superarti, allora la tua vita e la tua opera sono state
spese bene.
Raffaello mi ha reso curiosa:
se il tuo lavoro è riuscito bene, puoi avere anche il coraggio di
buttarti in qualcosa di non tuo, come la poesia.
Shakespeare mi ha restituito
il senso della realtà: se ci si può perdere nella foresta
dell'amore, è vero anche che, mettendo il filtro giusto sugli occhi,
tutto si può sistemare.
Ibsen mi ha regalato una
importantissima lezione: noi donne possiamo sbagliare, fare matrimoni
di convenienza, rifugiarci tra le braccia di uomini ipocriti, ma
possiamo anche riscuoterci, capire che non siamo le bamboline di
nessuno, ed andare per la nostra strada.
O' Neill mi ha messo in
guardia: una famiglia in cui sincerità ed amore vengono dimenticati
diventa una scuola d'odio ed una trappola senza scampo.
Brecht mi ha fatto rivalutare
la quotidianità, perché, se non apprezziamo i doni che abbiamo
avuto in vita e continuiamo ad inseguire ciò che non abbiamo,
finiremo per piangere amaramente davanti al niente.
I trovatori provenzali mi
hanno divertito: l'approccio con l'altro sesso dev'essere molto cauto
e galante, altrimenti sono bastonate!
Baudelaire mi ha aiutato ad
ammettere che, a volte, il nostro più intimo desiderio è rivedere
una persona cara scomparsa, ancora lì dove l'abbiamo lasciata, al
focolare casalingo, che culla, con il suo occhio materno, quel bimbo
ormai cresciuto che un tempo eravamo noi.
Rimbaud mi ha fatto guardare
verso il cielo: se si piange troppo, ogni alba è straziante, ogni
luna è atroce ed ogni sole amaro, ma, per tirarci su, possiamo
tendere dei fili dorati da lampione a lampione, da campanile a
campanile, da stella a stella, e danzare.
Yeats mi ha donato una
riflessione: anche se la giovinezza è bella, ed ognuno di noi si
impegna per amare nell'antico e sublime modo di amare, e tutto può
sembrare così felice, potremmo comunque rischiare di ritrovarci, da
adulti, con un cuore misero come una vuota luna.
Keats mi ha ricordato che non
c'è niente di meglio di riposare sul petto del proprio amore e
sempre, sempre sentire il suo respiro attenuato.
Non devo, non posso e
soprattutto NON VOGLIO sostituire questo.
Ogni volta che questi
insegnamenti di letteratura, di arte e di vita mi tornano in mente,
capisco di avere fatto la scelta più giusta per me, e soprattutto di
avere avuto accesso a qualcosa di straordinario.
Ovviamente si accettano contributi a proposito di che cosa i classici ed i grandi autori abbiano insegnato a voi!
Come sempre, grazie per aver letto.
Come sempre, grazie per aver letto.