giovedì 30 maggio 2019

I PREFERITI DI MAGGIO 2019

Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,
siamo agli ultimissimi giorni del mese di maggio! 
Come sempre in questo periodo, l’appuntamento odierno è con i “Preferiti del mese”, ovvero con tutto quello che mi è piaciuto in questo periodo, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!



Il libro del mese



Il libro che ho scelto per il mese di maggio è Mazzo e rubamazzo, quarto capitolo della serie gialla “Squadra speciale Minestrina in brodo”. 
Ho già parlato dei primi tre romanzi in questo post, sottolineando l’accuratezza delle indagini e la simpatia dei personaggi.


Per i tre poliziotti in pensione Ferruccio Pammattone, Eugenio Mignogna e Luc Santoro questa volta si tratta di una vera e propria disavventura. Dopo aver indagato nell’ambito della vendita ambulante, delle auto di lusso e delle truffe agli anziani, i tre imparano a conoscere da molto vicino il lavoro in nero… e non per loro scelta. 
A causa di un tragico errore burocratico, infatti, i tre si trovano ad essere senza pensione, e non sanno se e quando la riavranno. La questione è particolarmente grave, perché nessuno di loro ha messo da parte grandi risparmi, e Santoro deve anche provvedere agli alimenti per le sue figlie e per le donne dalle quali le ha avute.

Trovandosi, dunque, in condizione di aver davvero bisogno di arrotondare, i tre malcapitati trovano delle soluzioni provvisorie: Ferruccio fa il custode notturno di un magazzino, Eugenio aiuta la compagna Anghela (antiquaria) e Luc si reinventa come aiuto calzolaio.


Essi si ritrovano così a frequentare tante persone in gravi difficoltà economiche e vengono a conoscenza di una situazione decisamente sospetta. 
Un’impresa edile da tempo in odore di mafia, infatti, sta convincendo dei quasi nullatenenti a sgomberare dei palazzi popolari. Le case si liberano in fretta perché una banca d’accordo con l’impresa offre ai proprietari delle obbligazioni, che però si stanno rivelando carta straccia. 
Inoltre, in accordo con la Chiesa, i palazzi dovrebbero essere convertiti in strutture d’accoglienza per migranti, ma quelli già sgomberati si sono trasformati in centri commerciali o altri lucrosi affari.

Più Ferruccio, Eugenio e Luc si addentrano nella questione, più comprendono che si tratta di un accordo tra poteri forti (mafia, edilizia, banche, Chiesa) contro il quale le forze dell’ordine, trattenute dalla burocrazia e da mille altri impedimenti, possono fare poco o niente. Quando però un prete muore in modo poco chiaro, la Squadra Speciale Minestrina in brodo rientra in azione, e lo fa con un vero “colpo di teatro”.


Sono due gli aspetti che ho trovato particolarmente interessanti in questa nuova indagine della “Squadra speciale”.

Il primo è il fatto che in esso venga raccontato il mondo del lavoro in nero e/o sottopagato, accompagnato da episodi di sfruttamento di ogni genere. L’autore, che è anche ispettore di polizia, conosce queste problematiche e racconta episodi (tratti sicuramente dalla sua esperienza) che io non avrei potuto credere reali, ma che purtroppo lo sono.

Il secondo è l’idealistica lotta dei tre poliziotti in pensione, che questa volta si confrontano davvero con qualcosa di più grande di loro. La trovata per riuscire ad incriminare certe autorità è davvero geniale… ma non svelo altro!



Il film del mese



Bentornato presidente, sequel di Benvenuto presidente, racconta la nuova avventura di Giuseppe/Peppino Garibaldi (Claudio Bisio), alle prese con le elezioni politiche del 4 marzo 2018.

È ormai passato qualche anno da quando per Peppino è finita l’avventura come Presidente della Repubblica, ed il bibliotecario/pescatore è felice nel suo paesino con Janis e con la loro bambina, la piccola Guevara.

Una mattina, però, è proprio la moglie di Peppino a ricevere, nei boschi, la visita inaspettata di alcuni personaggi di spicco, compreso un suo vecchio amico dei servizi, che le chiedono a gran voce di tornare al lavoro, perché il nuovo Presidente della Repubblica, con le elezioni politiche in vista, ha più bisogno che mai di un sostegno come il suo. 


Il clima politico italiano, infatti, è quanto mai caldo: dallo scontro alle urne sono risultati vincitori due improbabili soggetti. 
Il primo è un ragazzetto dalla faccia pulita, che sembra avere idee chiare sull’ideale dell’onestà (forse) ma super confuse su tutto il resto, e controlla un incredibile sistema di social network basato sulle fake news. 
Il secondo è un tipo un po’ “orso”, che vive in felpa, fa sempre la parte di quello arrabbiato (anche quando non lo è) e tuona costantemente contro i deboli e le minoranze. 
Mentre la cosiddetta opposizione si è messa nei guai con le sue stesse mani, anche per via del leader piuttosto presuntuoso e tendente a dare tutte le colpe del mondo ai suoi elettori, ed i suoi esponenti sono letteralmente spariti in un sotterraneo per poter continuare a litigare tra di loro, i due leader vincenti non riescono a trovare un accordo.
(...Io non ho fatto nomi, ma capite tutti a chi questo film sta facendo il verso, vero?)


Janis prova a convincere Peppino a tornare a Roma, ma lui si mostra del tutto disinteressato, anzi, dichiara di non essere neppure andato a votare. Al culmine di un litigio, la donna lascia il marito, affermando di non essere più felice in mezzo alle montagne, di avere nostalgia del suo vecchio lavoro e di non riconoscere più l’uomo che ha sposato.

Janis arriva a Roma soltanto per scoprire che i due litiganti hanno trovato un accordo: essi, infatti, hanno deciso di eleggere, come “Presidente del Consiglio di facciata”, proprio Peppino, che era stato tanto amato come rappresentante della Repubblica.

I due, insieme ai loro rispettivi team, credono di poter controllare Peppino a loro piacimento, ma non hanno fatto i conti con la sua ben nota testardaggine, con il suo desiderio di giustizia e, ovviamente, con il suo desiderio di riconquistare Janis a tutti i costi.


Non sempre i sequel di alcune applauditissime commedie fanno ridere come i capitoli precedenti, ma devo dire che, in questo caso, l’impresa è riuscita. Certo, le risate sono molto amare, perché le problematiche italiane, dalla politica all’economia, dalla società a tanti atteggiamenti quotidiani, sono descritte con grande precisione.

La classe politica italiana è, come Peppino stesso sottolinea, ancora peggiore di quella con cui ha avuto a che fare quando era Presidente della Repubblica, ma forse nemmeno il più sfrontato degli istrioni con manie di potere può ostacolare il desiderio di molti italiani di restare umani e di rompere, finalmente, alcuni viziosi meccanismi.

Ancora una volta, Claudio Bisio ed il resto del cast interpretano una pellicola satirica ben confezionata, che diverte e riflette.



La musica del mese


Ormai mi conoscete, quindi, con ogni probabilità, avrete intuito di chi vi parlerò oggi! 

Venerdì 10 maggio, infatti, è uscito l’EP di Filippo Neviani, in arte Nek, intitolato Il mio gioco preferito-Prima parte. Egli, infatti, ha deciso di pubblicare due EP invece che un unico disco (e la seconda parte uscirà in autunno).


Questa “prima parte” contiene il singolo sanremese Mi farò trovare pronto e due versioni del successo di queste settimane La storia del mondo, una delle quali contiene un inedito monologo di Neri Marcoré.

Come immaginate, Filippo non mi delude mai, quindi mi sono piaciuti molto i suoi nuovi brani. Ho apprezzato le riflessioni contenute in Cosa ci ha fatto l’amore, la gioia e la spontaneità de Il mio gioco preferito, la melodia ritmata di Musica sotto le bombe.


Più di tutto, però, ho amato le molteplici dediche a noi fan che Filippo ha scritto per noi, sia in La storia del mondo che in un altro brano, dal titolo Alza la radio, del quale vi riporto un estratto:


E ti immagino all’alba che aspetti le sei
con le nuvole sopra la testa
mentre guardi il telefono e sai la risposta.
Pensi al mare, alle scale
che devi fare duecento due volte
alla sera, all’amore
ai tacchi alti compresi le storte,
pensi ai fiori da curare,
a un cuore solo che sembra uno stadio
ma adesso passano la tua canzone
...alza la radio!



La poesia del mese



Dal momento che il mese di maggio è dedicato a tutte le mamme, ho pensato di proporvi un componimento di Khalil Gibran, dal titolo I figli.


I tuoi figli non sono figli tuoi.
Sono i figli e le figlie della vita stessa.
Tu li metti al mondo ma non li crei.
Sono vicini a te, ma non sono cosa tua.
Puoi dar loro tutto il tuo amore,
ma non le tue idee.
Perché loro hanno le proprie idee.
Tu puoi dare dimora al loro corpo,
non alla loro anima.
Perché la loro anima abita nella casa dell’avvenire,
dove a te non è dato di entrare,
neppure col sogno.
Puoi cercare di somigliare a loro
ma non volere che essi somiglino a te.
Perché la vita non ritorna indietro,
e non si ferma a ieri.
Tu sei l’arco che lancia i figli verso il domani.



Le foto del mese


Durante il primo weekend di maggio mi sono ritrovata a fare la… coniglio-sitter (non so se si dice!). 

Loro sono Dora e Panna, due esemplari della varietà ariete nano, un blu di Vienna ed un fulvo chiaro. Panna, in origine, si chiamava Hugo… ma il veterinario ha detto che non è un maschietto!



Dopo le vacanze di Pasqua piuttosto lunghe, non era previsto che tornassi a Varazze a maggio, mese solitamente piuttosto pieno di impegni. 

Tuttavia, il weekend dell’11 e del 12 era troppo ricco di eventi interessanti per non fare una scappata last minute. 

Sabato c’era il Cundigiùn, un festival del cibo tradizionale ligure. Per le vie e le piazze del centro storico, infatti, erano state piazzate tante bancarelle, che vendevano ottime specialità: ravioli di borragine al ragù, pasta al pesto, pesce, panissa fritta (una sorta di crema di ceci a listarelle), dolci… 
Il tema di quest’anno erano i cartoni animati, perciò le focaccette sono state fatte dai Minions!



Domenica, invece, sono andata con il treno regionale a Pietra Ligure per la manifestazione “Pietra ligure in fiore”, a cui hanno preso parte varie delegazioni di infioratori italiani ed anche europee. Questo e gli altri tappeti floreali, sparsi per il centro storico, erano realizzati con petali di fiori, foglie, terra e sabbia colorata. 

I temi principali di questa edizione sono stati l’arte e la religione, ma non sono mancati gli omaggi alla musica leggera ed alle tradizioni regionali. 
Davvero spettacolare!




E voi… che mi raccontate?
Com’è stato il vostro maggio? So che per tanti è stato un mese piovoso e freddo… speriamo che il caldo non irrompa in modo troppo violento ora che si avvicina l’estate!
Avete libri, film, canzoni da segnalarmi? Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, ci sentiamo in giugno :-)

lunedì 27 maggio 2019

ALLA RICERCA DEL VARCO

Le più belle poesie di Eugenio Montale




Cari lettori,
come in un vecchio post dedicato a Ungaretti, per il nostro “Angolo della poesia” odierno continuiamo a conoscere meglio i poeti italiani del XX secolo e ci dedichiamo ad un autore da me amatissimo, Eugenio Montale.

Come sempre, visto che stiamo parlando di un poeta straordinario, non è possibile fare una selezione oggettiva dei suoi componimenti.

Oggi, come al solito, vi presento i miei preferiti!



TI LIBERO LA FRONTE DAI GHIACCIOLI


[…]
Mezzodì: allunga nel riquadro il nespolo
l’ombra nera, s’ostina in cielo un sole
freddoloso; e l’altre ombre che scantonano
nel vicolo non sanno che sei qui.”


Scrivendo questa poesia, l’autore immagina che la donna amata, considerata da lui alla pari di un angelo, gli venga incontro in una sorta di visita salvifica. I “ghiaccioli” a cui egli si riferisce sono sulla fronte della donna, dopo che ella ha attraversato i cieli per raggiungerlo.

Fuor di metafora, l’intento di questo componimento è, chiaramente, l’esaltazione della figura femminile che il poeta ha scelto come sua musa. È interessante, secondo me, notare come l’autore ponga l’accento sul fatto che tutte le altre persone al di fuori del luogo in cui la donna si è “manifestata” abbiano fretta, provino freddo e cerchino di allontanarsi molto rapidamente.

Egli, invece, non sente più nulla, né fame, né freddo, né il desiderio di proseguire con una qualsivoglia routine: l’apparizione della sua musa è per lui da custodire come un tesoro prezioso.



CASA SUL MARE


[...]Tu chiedi se così tutto vanisce
in questa poca nebbia di memorie;
se nell’ora che torpe o nel sospiro
del frangente si compie ogni destino.
Vorrei dirti che no, che ti si appressa
l’ora che passerai di là dal tempo;
forse solo chi vuole s’infinita,
e questo tu potrai, chissà, non io.
Penso che per i più non sia salvezza,
ma taluno sovverta ogni disegno,
passi il varco, qual volle si ritrovi.
Vorrei prima di cedere segnarti
codesta via di fuga
labile come nei sommossi campi
del mare spuma o ruga.
Ti dono anche l’avara mia speranza.
A’ nuovi giorni, stanco, non so crescerla:
l’offro in pegno al tuo fato, che ti scampi.
Il cammino finisce a queste prode
che rode la marea con moto alterno.
Il tuo cuore vicino che non m’ode
salpa già forse per l’eterno.


Questa poesia è da sempre la mia preferita tra quelle di Montale. 

A mio parere, essa descrive benissimo la nostra Liguria, sua terra natale e mia “seconda casa”. Le spiagge liguri, secondo me, sono proprio come quelle descritte nel componimento: piccole, erose dalla marea, labili. 

Nell’immaginario del poeta, esse rappresentano il confine perfetto tra il mondo razionale (la terra) e quello ideale (il mare), a cui si aspira costantemente. 

La voce narrante appartiene qui, con ogni probabilità, a una persona ormai abbastanza avanti con gli anni, che desidera lasciare in eredità ad un/a giovane (magari un/a nipote) la speranza di trovare un varco, di arrivare finalmente a quel mondo ideale che egli ha cercato tutta la vita. 

Dove finisce il cammino terreno, inizia una nuova esistenza: d’altra parte, quando ci si trova in riva al mare, non si avverte il desiderio di scorgere qualcosa al di là dell’orizzonte?



RIPENSO IL TUO SORRISO


Ripenso il tuo sorriso, ed è per me un’acqua limpida
scorta per avventura tra le petraie d’un greto,
esiguo specchio in cui guardi un’ellera i suoi corimbi;
e su tutto l’abbraccio d’un bianco cielo quieto. […]


La poesia del mio tema di Maturità (ormai nel lontano 2008) non si riferisce al sorriso di una figura femminile, come si potrebbe pensare, bensì ad un ballerino russo che l’autore aveva conosciuto. 

Mi piace pensare che, in questa persona, l’autore abbia visto la gioia quieta di chi è riuscito a trasformare in mestiere la passione di una vita. Il suo sorriso, dunque, ha la forza di un torrente selvatico tra le pietre: non si può domare, così come l’amore per la danza non si può controllare razionalmente.

Allo stesso tempo, però, Montale utilizza anche l’immagine della pianta che guarda perfino i suoi rami più piccoli in uno specchio d’acqua: è un modo per ricordare a tutti noi che sì, la passione e la gioia sono fondamentali per danzare, ma ci vuole anche tanta costanza, disponibilità a migliorarsi costantemente, attenzione a tanti particolari in apparenza insignificanti.

Da “ballerina dilettante”, devo dire che questo è un ottimo insegnamento!



CIGOLA LA CARRUCOLA DEL POZZO


[…
Si deforma il passato, si fa vecchio, appartiene ad un altro...
[...]”


Ho riportato quello che, secondo me, è il verso chiave di questo componimento, perché credo che sia molto significativo. 

Il protagonista della poesia, infatti, sta attingendo acqua da un vecchio pozzo, ed ogni volta gli sembra di vedere riflessi dentro il secchio persone o scene del suo passato.
Il pozzo diventa, ovviamente, un simbolo della sua memoria, che recupera con fatica ciò che è ormai perduto, ogni volta restituendo un’immagine deformata di ciò che è realmente accaduto. 

Anche la persona che era il poeta a quel tempo appartiene, a sua volta, al fondo del pozzo. È veramente difficile recuperare con esattezza ed autenticità quello che abbiamo fatto, visto o detto, ma è praticamente impossibile custodire nel cuore al 100% il ricordo di come eravamo.



I LIMONI


[…] Quando un giorno da un mal chiuso portone
tra gli alberi di una corte
ci si mostrano i gialli dei limoni;
e il gelo del nostro cuore si sfa,
e in petto ci scrosciano
le loro canzoni
le trombe d’oro della solarità.”


Questa poesia, a mio parere, fornisce un’ottima filosofia di vita. 

L’esistenza stessa, secondo l’autore, è proprio come il frutto celebrato nel componimento: ha un aspetto gradevole, solare, allegro, ma il suo succo è aspro e da consumare “a piccole dosi”. Come il limone, generalmente, non si mangia da solo, ed è un ingrediente da trattare e da inserire in piatti prelibati, così è necessario che noi accettiamo ciò che la vita ci ha dato e che creiamo la nostra personale “ricetta” della felicità.

Per raggiungere questo obiettivo al meglio, il poeta ci ricorda di non farci coinvolgere dalle vuote parole dei “poeti laureati”, che riempiono la loro esistenza e spesso anche quella altrui con tanta vana retorica. 

Il nostro cuore deve restare quello di un bambino, che gioisce perché può scoprire le meraviglie che si celano dietro al portone di una proprietà privata che non è stato chiuso, anche se il tesoro da scoprire è un semplice albero che ha messo fiori e/o frutti.



HO SCESO DANDOTI IL BRACCIO


[…]
Ho sceso, dandoti il braccio, almeno un milione di scale,
non già perché con quattr’occhi si veda di più.
Con te le ho scese perché sapevo che di noi due le uniche vere pupille,
sebbene tanto offuscate, erano le tue.”


Questo componimento, come Ti libero la fronte dai ghiaccioli, è dedicato ad una donna, ma i toni sono completamente diversi.

La protagonista non è più una figura femminile ideale e vagheggiata, considerata dal poeta a metà tra un angelo ed una musa.
Montale ha scritto questa poesia per ricordare la donna più semplice, concreta e razionale che le è stata a fianco in vita: la moglie, detta Mosca per un suo forte difetto di vista.

L’autore rievoca la vita trascorsa insieme con la semplice immagine di lui e della moglie che fanno le scale. Così come lui ha aiutato Mosca a scenderle in senso letterale, per via delle sue pupille offuscate, così lei ha metaforicamente sostenuto lui in tutte le scale che egli ha dovuto affrontare in vita.
La sua attenzione per tutto ciò che era concreto, terreno e quotidiano ha aiutato il poeta, sempre teso alla ricerca del mondo ideale sopracitato, a restare con i piedi per terra ed a non scivolare.




Come spesso faccio in post di questo tipo, ho selezionato una “top 6” del tutto personale, in modo da potervi mostrare con chiarezza (almeno spero!) le tematiche fondamentali di questo autore, come la ricerca del cosiddetto “varco” tra mondo reale ed ideale, il ricordo di un passato più o meno lieto, la diversità delle figure femminili che egli celebra, l’attaccamento alla Liguria e la sua tendenza a raccontarla ed a trasfigurarla in poesia.
Che ne pensate di Montale? E quali sono i vostri componimenti preferiti?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura e al prossimo post 😊

giovedì 23 maggio 2019

NOVITA' SELLERIO

Romanzi gialli letti nell'ultimo periodo



Cari lettori,
per la nostra rubrica “Letture...a tema”, oggi vi presento una serie di romanzi recentemente edita da Sellerio che ha come minimo comun denominatore il giallo.

Ho già parlato su questo blog degli autori che oggi sono protagonisti, e mi fa piacere potervi presentare le uscite relativamente più recenti, perché immagino che qualcuno di voi abbia già letto questi romanzi e mi piacerebbe poterne discutere insieme.


Ecco dunque i gialli della Sellerio che ho ultimato recentemente!



Fate il vostro gioco, di Antonio Manzini


Rocco Schiavone, dopo le tante disavventure capitategli in Pulvis et umbra, il capitolo precedente (qui la recensione), si ritrova sempre più solo, abbandonato dagli amici e tradito da una delle persone di cui si fidava di più.


Nel corso di un autunno che ad Aosta si fa sempre più gelido, egli inizia ad indagare sull’omicidio di Romano Favre, un ex-ispettore di gioco del casinò di Saint-Vincent.

Mentre cerca di comprendere chi possa aver aggredito a casa sua una persona ormai in pensione e benvoluta nel quartiere, fa due importanti scoperte.
La prima sono i loschi traffici che che girano intorno al mondo del Saint-Vincent: il gioco d’azzardo nasconde quasi sempre degli affari illeciti e molto pericolosi, e questo casinò sembra non fare eccezione.
La seconda è la conoscenza della madre di Gabriele, il suo vicino adolescente che, suo malgrado, lo ha “adottato”. Si tratta di una donna piuttosto difficile e fragile, con un grave problema personale.

Nel frattempo, a Roma, Enzo Baiocchi, il fratello di Luigi, assassino della moglie di Rocco, inizia a collaborare con la giustizia. Il vicequestore è terrorizzato all’idea che il suo passato venga fuori e tenta in ogni modo di mettersi in contatto con Sebastiano, il suo vecchio amico, che però è ai domiciliari e si fa negare…


La storia, anzi, le storie (quella romana e quella valdostana) di Rocco Schiavone proseguono. 
Per ogni aspetto che sembra migliorare nella vita del vicequestore (il suo tentativo di far pace col passato, il suo impegno nell’essere una “figura paterna”, il suo atteggiamento più clemente con i sottoposti), c’è sempre qualcosa che lo rimette inevitabilmente in difficoltà.

Fate il vostro gioco è solo la prima parte di una coppia di romanzi dedicata al mondo del gioco d’azzardo.



Rien ne va plus, di Antonio Manzini


La storia lasciata in sospeso in Fate il vostro gioco prosegue in questo romanzo.

L’assassino di Romano Favre è stato catturato, ma Rocco non si sente soddisfatto, perché è convinto di aver trovato soltanto una persona, ma non un movente.

Mentre sta ancora meditando sul caso appena chiuso, egli si ritrova costretto ad un’altra delle sue “amatissime” spedizioni in alta quota, nel bel mezzo di un inverno che è nuovamente piombato addosso ad Aosta, tra neve e vento gelido. 
Proprio da una di queste strade imbiancate, infatti, è sparito dal nulla un furgone portavalori, carico di milioni di euro che, caso curioso, provenivano proprio dal casinò di Saint-Vincent. Rocco inizia a pensare che l’assassino dell’ex ispettore sia solo un esecutore materiale e non il mandante, e che l’omicidio sia collegato con la sparizione dei soldi, che sicuramente non sono puliti.


Anche a Roma la situazione è molto delicata: l’amico Sebastiano, con cui Rocco ha litigato, è fuggito dagli arresti domiciliari, ed il vicequestore ha sempre più paura che la sua vendetta di anni fa nei confronti di Luigi Baiocchi venga alla luce. 

Un’altra sua preoccupazione riguarda la scomparsa di una donna che lo ha deluso e tradito, rivelandosi alle dipendenze dei servizi: il sospetto che ella lo controlli da lontano e poi riferisca ai suoi superiori è troppo forte per essere ignorato.


La caratteristica più interessante di Rien ne va plus, a mio parere, è che in questo romanzo Rocco Schiavone, lentamente e suo malgrado, inizia a rivalutare il luogo in cui è stato costretto a vivere e le persone che ha intorno. 

Alla fine di Pulvis et umbra sembrava che al vicequestore non fosse rimasto più nulla per cui essere felice, ma sia questo romanzo che il precedente mostrano al lettore un “nuovo” Rocco, che, nonostante tutte le difficoltà, si impegna davvero per voltare pagina. Egli divide la sua casa con la cucciola Lupa, con Gabriele e con sua madre, che si trova in difficoltà; aiuta il suo amico e sottoposto Italo, che cede sempre più spesso ad una brutta tentazione; recupera i rapporti con i suoi amici romani, che sono cresciuti con lui e non sopportano più l’idea di tenerlo lontano, anche se è una “guardia”. 
Certo, non è un idillio, ma da Rocco Schiavone non ce lo aspettiamo, giusto?


Resta una sola preoccupazione: Antonio Manzini ha dichiarato che nel prossimo capitolo “crollerà il castello di Rocco, inizieranno a succedere cose brutte” (come se fino ad ora fosse stato tutto un Carnevale, tra l’altro). Ci toccherà aspettare qualche mese per conoscere appieno il significato di queste parole...



A bocce ferme, di Marco Malvaldi



Nuovo capitolo per i vecchietti del BarLume di Pineta, sempre dediti alla lettura del giornale, alla discussione di fronte ad un caffè e soprattutto all’indagine non autorizzata. 

Questa volta, però, a fornir loro materiale non ci pensa la recente cronaca, bensì un vecchio caso mai risolto.

Un giorno, infatti, tra i necrologi, essi trovano quello di Alberto Corradi, proprietario della Farmesis, una nota e ricca azienda farmaceutica del litorale toscano. 
L’eredità, in linea teorica, spetterebbe al figlio Matteo, ma Alice Martelli, vicequestore e fidanzata di Massimo Viviani, viene convocata dal notaio perché Alberto Corradi, insieme al testamento, ha lasciato uno scritto che sembra una vera e propria bomba ad orologeria. Egli, infatti, confessa di essere stato lui ad uccidere il padre putativo, Camillo Luraschi, fondatore della Farmesis, che era stato trovato nel ‘68 nella sua macchina, colpito da un proiettile al volto.

Pochi giorni dopo, un ex dipendente della Farmesis viene trovato ucciso in casa sua. Alice giunge sul luogo del delitto e, consultando l’agenda della vittima, scopre che l’uomo aveva dato appuntamento ad alcuni giornalisti, promettendo di rivelare un importante segreto.


Come i fan della serie già immagineranno, il cold case tornato improvvisamente ad essere attuale risveglia nei vecchietti moltissimi ricordi. Il romanzo è ricco di discussioni sul ‘68 e sul clima politico dei tempi, anche perché, ovviamente, ognuno dei quattro vecchietti ha un’opinione tutta sua e non può fare a meno di litigare con gli altri tre. 
Una domanda su tutte interessa anche Massimo: che cosa ha combinato nonno Ampelio in quegli anni? Perché si è ritrovato coinvolto in una rissa con un professore universitario, lui che era ferroviere e non certo studente? Egli dice di non andarne orgoglioso, ma forse non tutto è come sembra!


Per chi già conosce i casi del BarLume, questo romanzo è sicuramente una piacevole conferma. Credo però che la forza di questo libro, rispetto ai capitoli precedenti, sia la capacità di fare luce sui sentimenti più intimi dei personaggi, che troppo spesso si nascondono dietro l’ironia: il malumore di Massimo, il desiderio di maternità di Alice, alcuni rimpianti dei vecchietti. 
Marco Malvaldi, in definitiva, ci spinge a riflettere con la sua consueta leggerezza.



Il delitto di Kolymbetra, di Gaetano Savatteri


Questo romanzo è il secondo, dopo La fabbrica delle stelle ed una serie di racconti, che ha per protagonista Saverio Lamanna, in passato giornalista e portavoce di un politico a Roma, ora disoccupato che ha scelto di tornare nella casa dei suoi in Sicilia e che arrotonda con qualche articolo per i giornali locali.

Proprio una di queste riviste lo contatta per seguire da vicino alcuni scavi archeologici che si stanno svolgendo ad Agrigento, nella Valle dei Templi. L’obiettivo degli archeologi è tanto chiaro quanto ambizioso: portare alla luce un antico teatro sepolto, della cui esistenza sono comunque certi.

Lamanna, dopo qualche incertezza, si decide a spostarsi da Màkari ad Agrigento, accompagnato dal suo inseparabile compare Peppe Piccionello, vecchio amico di suo padre e suo mentore per tutto ciò che riguarda lo stile di vita siciliano.


Appena arrivati, i due si ritrovano a cena con il professore universitario Demetrio Alù e con la sua “corte”, composta da colleghi ambiziosi ed assistenti perennemente relegati in una posizione subalterna.
Il giorno dopo, inaspettatamente, Alù viene trovato morto a Kolymbetra, uno dei luoghi archeologici più affascinanti di Agrigento. Per Lamanna e Piccionello, che già in altre occasioni sono stati detective per caso, è di nuovo il momento di indagare.


Saverio, però, per la prima volta dopo tanto tempo non riesce ad essere sempre ironico e dissacrante, come suo solito. Egli, infatti, è stato raggiunto dalla fidanzata Suleima, che però è lì per lavoro insieme al titolare del suo studio, un architetto dall’aria affascinante per le donne e vagamente minacciosa per gli uomini. 
Anche la gelosia è un nemico da cui guardarsi…


Sono veramente felice che, dopo un primo esperimento con i racconti, Savatteri abbia deciso di dedicare (per ora) due romanzi a Saverio Lamanna ed al suo mondo. 
Il protagonista è un letterato un po’ ozioso e molto ironico che non può non piacermi; Peppe Piccionello, più che un personaggio, è uno stile di vita; i luoghi in cui è ambientata la storia sono davvero splendidi; ci sono tanti, tantissimi riferimenti al “mio mondo” delle Lettere. 
Personalmente non vedo l’ora di un nuovo capitolo!




Avete letto questi romanzi? Vi sono piaciuti?
Quale di questi autori è il vostro preferito?
Quale “ritorno” in libreria attendete con più impazienza?
Aspetto una vostra opinione!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)