Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
eccoci quasi alla fine di luglio!
Lo ammetto: questo mese è davvero volato. Dopo un lungo periodo di doveri ed impegni resi più difficoltosi dalle restrizioni che sappiamo, in giugno mi sono adattata ben volentieri ad un altro ritmo, ed anche luglio è scivolato dalle dita.
Oggi cerco di fermarlo su carta, raccontandovi, con i nostri soliti “Preferiti del mese”, tutto quello che mi è piaciuto, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!
Il libro del mese
Torino, giugno 1935. La tabaccheria della famiglia Bo sta per chiudere al termine di una lunga giornata di lavoro, e se i proprietari, marito e moglie, non vedono l’ora di salire in casa a riposarsi, la figlia Anita è impaziente di fare una passeggiata con l’amica di sempre Clara: sa che in serata incontrerà Corrado, il ragazzo che da tempo la sta corteggiando.
La serata va proprio come Anita aveva sperato: ella riesce a restare da sola con Corrado e, come da lei sperato e temuto, egli le chiede di sposarlo. Anita sogna da tanto questo momento, ma quando si ritrova ad ascoltare i sogni ad occhi aperti di Corrado, che già la vede come moglie devota, casalinga a tempo pieno e madre di ben sei figli, all’improvviso ha una crisi di panico e si ritrova a pronunciare una frase che non si sarebbe mai aspettata di dire: “Ti sposo, ma prima voglio lavorare”.
Con grande sconcerto dei suoi genitori, ella si mette a cercare lavoro come dattilografa e quasi subito viene assunta dalla Casa Editrice che pubblica la rivista di racconti gialli Saturnalia. Si tratta di una piccola realtà, costituita da due persone: un proprietario e finanziatore e l’uomo che è la vera anima creativa della rivista, lo scrittore Sebastiano Satta Ascona. Egli è il creatore dell’unico personaggio tutto italiano dei racconti, il commissario Bonomo, letto con grande entusiasmo dagli estimatori del regime perché la sua figura ricalca molto quella di Mussolini. Anita non riesce a trovare interessanti simili storie, ma sa di essere una “bella ma stupida” (o meglio, tutti l’hanno sempre considerata così) e continua a digitare imperterrita quel che Sebastiano Satta Ascona le detta. Gli altri racconti di Saturnalia, che sono traduzioni dai gialli, dai noir e dagli hard-boiled americani degli anni ‘20 e ‘30, la intrigano invece molto, al punto che ne parla spessissimo con l’amica Clara, a sua volta dattilografa, e con Candida, ex professoressa di entrambe ed ora cara “sorella maggiore” di riferimento.
La sua tranquilla routine lavorativa, che inizia a piacerle, viene però sconvolta da un insolito avvenimento verificatosi durante un sabato fascista: mentre, nell’auditorium della scuola del suo fratellino, si commemora un eroe della Prima Guerra Mondiale, un’anziana donna si mette ad inveire contro gli oratori, dicendo che l’uomo in questione non ha proprio nulla di eroico, anzi, è l’assassino di sua figlia. Ella, poi, paga cara questa sua insubordinazione, e viene portata via dalle camicie nere.
Anita prova a confessare il suo turbamento a Corrado, ma ottiene solo una risata bonaria e la velata accusa, da parte del fidanzato, di non comprendere fino in fondo i doveri di chi rappresenta il regime.
Stanca e stufa di essere sminuita, ella cerca di saperne più di questa triste vicenda e decide di vederci chiaro da sola… o quasi: la aiuterà Sebastiano, che è in una posizione molto più difficile della sua e nasconde svariati segreti, ma che non può fare a meno di farsi travolgere dal suo brillante entusiasmo e dalla sua ricerca della verità.
Come qualcuno di voi saprà, sono a metà della serie di Alice Basso che ha per protagonista la ghostwriter Vani Sarca: ho letto i primi tre romanzi e mi mancano il quarto e il quinto. Sto adorando questi romanzi e non pensavo che un altro personaggio di Alice Basso mi avrebbe conquistato così presto, ma la storia di Anita è davvero incredibile: ironica, graffiante, a tratti divertente e poi all’improvviso profonda, talvolta persino lacerante.
L’autrice descrive con spietata lucidità tutte le limitazioni che il regime fascista imponeva negli anni ‘30, mettendo in luce soprattutto le difficoltà che dovevano affrontare le donne: l’impossibilità di conseguire la carriera che esse desideravano, l’obbligo di fatto di essere mogli e madri, l’ideale di “brava donna” che erano obbligate a perseguire. Il lettore si immerge in questo mondo che sembra così lontano, ma, pagina dopo pagina, non può scacciare l’impressione che queste spinose questioni siano ancora, almeno in parte, nel cuore di tante donne, nonostante i decenni passati ed i progressi fatti.
Il motore della storia, a mio parere, è la crescita intellettiva e spirituale di Anita, una ragazza che, come moltissime (e non solo negli anni ‘30, purtroppo) è stata educata a credere che la bellezza fosse la più importante delle virtù, e che non le sarebbe servito nient’altro per vivere serena. È dura affrancarsi da una serie di condizioni antiche e di stampo patriarcale che vorrebbero noi donne chiuse in una teca: anche adesso che viaggiamo da sole, lavoriamo e sulla carta abbiamo pari diritti, è frustrante ritrovarsi ancora, come capita ad Anita, ad essere giudicate solo per il proprio aspetto fisico, a vedere sminuiti i propri ragionamenti in modo paternalistico, a dover lottare per affermare la sicurezza delle proprie convinzioni e la bontà delle proprie idee.
Ovviamente Alice Basso continua ad essere, oltre che scrittrice, anche una “addetta ai lavori” del mondo dell’editoria, quindi anche questa serie promette di regalarci molte informazioni sul mondo del libro, questa volta “d’epoca”… e molto affascinanti.
Ho visto che è già uscito il sequel, Il grido della rosa. Sicuramente lo leggerò al più presto!
Il film del mese
In una di queste calde serate ho rivisto Il grande Gatsby, nella versione del 2013 con Leonardo di Caprio, ed ho pensato che in effetti non avevo mai condiviso con voi le mie riflessioni su questa pellicola.
Il film è tratto dall’omonimo romanzo di Francis Scott Fitzgerald ed il protagonista, nonché voce narrante, Nick Carraway è un giovane ambizioso che nell’estate del 1922 arriva a New York dalla provincia. Ben presto egli trova un impiego in ambito economico in città e decide di stabilirsi nel Long Island, nella parte Ovest, quella dei cosiddetti “nuovi ricchi”, per riposarsi nei weekend e studiare. I suoi lodevoli propositi, però, vengono messi a dura prova dai divertimenti che egli sente regolarmente provenire dalla villa accanto: ogni sera ci sono incredibili feste, ma il proprietario non si fa mai vedere ed il suo personaggio è avvolto da un alone di mistero.
Nel frattempo, Nick riprende a frequentare una sua cugina, Daisy, che sta attraversando un periodo difficile: ella vive nella parte Est di Long Island, quella dedicata ai ricchi da generazioni, è sposata da tempo ad ex campione di polo, è consapevole di essere stata ripetutamente tradita ed è molto infelice.
Qualche tempo dopo, egli conosce finalmente il suo misterioso vicino, Jay Gatsby, e ne è, allo stesso tempo, affascinato ed intimorito: si tratta di un uomo molto socievole, amante delle chiacchiere e della bella vita, che considera gli altri con gentilezza e rispetto, ma egli ha la netta impressione che al di sotto della maschera di cordialità ci siano un passato sofferto ed un obiettivo nascosto.
Gatsby, in realtà, è da sempre innamorato di Daisy, che non ha mai dimenticato, nonostante ella si sia sposata ed abbia evitato di incontrarlo per anni. Con l’aiuto di Tom, i due ex amanti si rivedono e riprendono la loro storia… ma il sogno di Gatsby ha ben poco a che fare con la cinica realtà dei ricchi newyorkesi.
Il regista di questo film è Baz Luhrmann, lo stesso del celeberrimo Moulin Rouge, ed il suo tocco è particolarmente evidente per quanto riguarda le musiche, i colori ed i costumi. Anche una certa velocità delle scene d’azione, che contrasta volutamente con la forzata lentezza di alcune scene clou del film, è presente in entrambe le pellicole.
La tematica principale della storia è la critica alla società americana degli anni ‘20, che stava vivendo, senza rendersene conto, anni di agio e di boom economico che li avrebbero portati al rovinoso crollo del ‘29. La colpa della classe dominante, secondo Nick, è quella di essersi comportata come se il momento di prosperità fosse eterno, ed aver così pensato solo al proprio orticello, badando ad arricchirsi nel lato ovest di Long Island ed a mantenere il proprio status quo nel lato est.
Nella cornice di feste e divertimenti che dovrebbero sembrare sfarzosi ma finiscono col risultare decadenti come il canto di un cigno, l’occhio prima meravigliato e poi impietoso di Nick cattura tutto ciò che non funziona: la rapidità della massa nel dichiararsi “amica” della celebrità di turno e di salire sul carrozzone del vincitore, salvo poi battere in ritirata quando le sorti cambiano; l’abuso di alcool, reso ancor più sfrenato dal proibizionismo; la troppa facilità nel possedere e maneggiare armi; l’incapacità di staccarsi da un matrimonio infelice e di trovare il coraggio per inseguire un sogno tanto romantico quanto incerto.
Per questo motivo, nel libro come nel film, Nick dice a Gatsby che tutto il resto della società di Long Island è marcia, e che lui vale più di tutti loro messi insieme (una frase che mi commuove ancora adesso, per essere sincera). Egli incarna il vero e proprio sogno americano, simboleggiato dalla luce verde che si intravede alla fine del pontile del lato ovest di Long Island; un sogno che si infrangerà di fronte al destino avverso ed alla crudele indifferenza, come definito nel film, della donna che dice di amarlo.
Ultima curiosità: molti fan di Taylor Swift pensano che la sua canzone Happiness (che trovate a questo link) sia ispirata a Il grande Gatsby e contenga dei riferimenti a questo film. Il mio parere da fan è che sì, i riferimenti ci sono, dalla luce verde al vestito fatto di luci fino ad arrivare alla citazione “spero che lei sarà una bellissima sciocca” (frase pronunciata da Daisy parlando della figlia)… però emotivamente no, non mi pare giusto attribuire una voce narrante così appassionata ad una donna definita “indifferente” sia nel libro che nel film. Quindi per me Happiness sarà sempre e solo la canzone che ri-racconta la storia di Cosimo Piovasco di Rondò e Viola ne Il barone rampante. Per ulteriori delucidazioni, potete leggere qui il mio racconto di gennaio per la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles”.
La musica del mese
Due sono i simboli dell’estate per me: i girasoli, che mio papà e mio fratello fanno crescere nei loro giardini durante i mesi più caldi, ed il mio amato mare.
Così ho deciso che per il nostro spazio dedicato alla musica del mese parlerò prima degli uni e poi dell’altro!
Per quanto riguarda girasoli e musica classica, ho trovato una splendida esibizione di due violiniste sullo sfondo di un campo fiorito. La potete vedere a questo link.
Un classico della musica leggera degli ultimi anni è Girasole di Giorgia (che trovate qui), un brano romantico ed allegro allo stesso tempo:
E come un girasole giro intorno a te
che sei il mio sole anche di notte
e come un girasole giro intorno a te
che sei il mio sole anche di notte...
Tu non ti stanchi mai, tu non ti fermi mai,
con gli occhi neri e quelle labbra disegnate
e come un girasole giro intorno a te
che sei il mio sole anche di notte…
Tu non mi basti mai, prendimi l’anima
e non mi basti mai, muoviti amore sopra di me
e come un girasole io ti seguirò
e mille volte ancora ti sorprenderò
e come un girasole guardo solo te
quando sorridi tu mi lasci senza fiato...
Dando un’occhiata su YouTube ho trovato a questo link anche una canzone dal titolo I girasoli che mi è piaciuta molto. È scritta e interpretata da Emanuele Aloia, un cantautore che ammetto di non conoscere ma che qualcuno di voi – sicuramente più “sul pezzo” di me – avrà forse già sentito nominare;
Nei tuoi occhi ho visto i girasoli di Van Gogh
e ti ho sentita più vicina per un attimo
ho dato tutto ciò che avevo fino a perderlo
il nostro amore come arte in ogni secolo
Passano i giorni e sogno un colore per ogni stagione
questa tristezza è solo l’essenza
di arte incompiuta che chiamano amore
riflesso di luce come un girasole
eco di vita, parole lontane
vedo lontano mille sfumature
che rendono l’attimo quasi immortale
Nei tuoi occhi ho visto i girasoli di Van Gogh
e ti ho sentita più vicina per un attimo
ho dato tutto ciò che avevo fino a perderlo
il nostro amore come arte in ogni secolo
e le tue labbra come fiori di Monet
il tuo profumo è il mistero di Stonehenge
La poesia del mese
Per il mese di luglio, pieno di luce e di colori, ho scelto una poesia di Herman Hesse dal titolo Improvvisamente fu piena estate, che mi sembra descriva appieno lo spirito della stagione che stiamo vivendo.
Improvvisamente fu piena estate.
I campi verdi di grano, cresciuti e
riempiti nelle lunghe settimane di piogge,
cominciavano a imbiancarsi,
in ogni campo il papavero lampeggiava
col suo rosso smagliante.
La bianca e polverosa strada maestra era arroventata,
dai boschi diventati più scuri risuonava più spossato,
più greve e penetrante il richiamo del cuculo,
nei prati delle alture, sui loro flessibili steli,
si cullavano le margherite e le lupinelle,
la sabbia e le scabbiose, già tutte in pieno rigoglio
e nel febbrile, folle anelito della dissipazione
nell’approssimarsi della morte
perché a sera si sentiva qua e là nei villaggi il chiaro,
inesorabile avvertimento delle falci in azione.
Le foto del mese
La prima metà di luglio sono rimasta a casa, a Cernusco, per via di alcuni impegni, ma anche di vari anniversari e compleanni. Domenica 4 luglio è stato il 34esimo anniversario dei miei genitori e lo abbiamo festeggiato con una parmigiana fatta quasi interamente con i prodotti dell’orto di papà (melanzane, pomodori, basilico). Dopo qualche giorno ho provato a replicarla da sola, per la prima volta, e devo dire che il risultato mi ha lasciato davvero soddisfatta! Ecco la teglia prima di entrare nel forno…
In quel periodo sono anche “tornate a trovarci” Dora e Panna, le conigliette di mio fratello. I primi due o tre giorni erano un po’ spaesate, ma poi si sono ricordate di aver già visto la tavernetta!
La seconda metà del mese ho deciso di tornare sulle rive del mio amato Mar Ligure, in attesa del tradizionale agosto in famiglia che quest’anno, ancor più del precedente, in tanti momenti ho sognato come un miraggio. Avevo i miei dubbi sul trascorrere qui dei giorni in solitudine, anche se ormai lo faccio da anni, perché da quando è iniziata la vicenda della pandemia ci sono stati tanti, tanti momenti in cui, vivendo da sola, mi sono sentita isolata, e per me è stata una strana esperienza, perché ho sempre adorato la mia casetta. Una volta giunta qui, però, mi sono resa conto di quanto, in piena estate, mi faccia bene la routine “marittima” rispetto a quella di città, da tanti punti di vista, ed i giorni sono volati. L’unica pecca è che il tempo non è stato sempre ideale, ahimè: ci sono state molte mareggiate, insolite per luglio (come quella in foto), e mentre vi scrivo fuori ci sono cielo grigio e tuoni. È stato un mese molto instabile: speriamo nei prossimi giorni, visto che sarò anche in compagnia!
Dal 19 al 23, però, c’è stata un’eccezionale ondata di caldo, e ci sono stati cielo e mare stupendi, soprattutto all’ora di cena, che, se si ha fortuna, è una delle più belle.
Ecco il mio luglio in breve!
E voi, cosa mi raccontate? Vi state godendo la bella stagione?
Siete riusciti a partire, o anche solo a rilassarvi un po’? Avete piani per agosto?
Questo è (quasi) l’ultimo post prima della pausa estiva.
Ci riaggiorniamo lunedì per augurarci ufficialmente buone vacanze! :-)