Spazio scrittura creativa: ottobre 2022
Cari lettori,
il post di oggi è tra quelli a cui tengo particolarmente.
Se mi seguite da un po’, sapete che oltre al blogging di libri e cultura mi piace anche la scrittura creativa, e immagino che molti di voi abbiano letto i miei racconti che ho scritto in collaborazione con la rubrica a più mani “Storytelling Chronicles”. Li trovate tutti a questo link.
Dopo due anni e mezzo di collaborazione, l’autunno è una buona stagione per ricominciare! Scrivere con un tema prestabilito e seguendo le regole del gruppo è stata una buona palestra e, mese dopo mese, mi sono sentita sempre più soddisfatta di quello che scrivevo, così ho pensato di “mettermi in proprio”.
Da oggi nasce la rubrica “Spazio Scrittura Creativa”, dedicata a tutto ciò che mi piace scrivere quando seguo la mia fantasia: racconti, fanfiction ed omaggi, composizioni poetiche (una volta ne scrivevo tante, chissà che non riesca a ritornarci su). Mi piacerebbe mantenere la cadenza mensile come ormai voi lettori siete abituati: ovviamente può dipendere dagli impegni, ma cercherò di essere il più possibile costante. Quanto al tema, visto che sono indipendente, non ce ne sarà uno prestabilito ogni mese, ma il mio intento è quello di variare il più possibile tra generi e tipologie di storie raccontate. Vi ringrazio fin da subito se deciderete di assecondare questo mio piccolo “salto nel buio” e di leggere il primo racconto di questa nuova rubrica!
Iniziamo con un sottogenere che avete già visto qualche volta su questi schermi: la song-fic, ovvero il racconto ispirato ad una canzone come traccia. L’idea di questo racconto mi è venuta mentre ascoltavo When we were young di Adele. Ho visto il dipinto di settembre del mio calendario (quello fotografato qui sopra) e non ho più avuto dubbi. Buon viaggio nell’autunno con “Quando eravamo giovani”!
QUANDO ERAVAMO GIOVANI
Tutti amano le cose che fai
dal modo in cui parli
dal modo in cui ti muovi
tutti qui ti guardano
perché tu dai una sensazione di “casa”
sei come un sogno diventato realtà
Vignoble della famiglia Bertrand, 1 ottobre 2022
La giornata prometteva bene.
Anche se ormai il sole di inizio autunno sorgeva tardi, fin da prima delle 7 una lama di luce più chiara aveva rischiarato il blu profondo sopra le Alpilles. A poco a poco si era trasformata in una striscia sempre più ampia, in un trionfo di rosa e giallo pallido, ed infine la splendida mattinata si era mostrata in tutta la sua chiarezza.
Lisette ed i suoi collaboratori erano già al lavoro da un’ora nella vigna. Insieme a lei c’erano Auguste, il suo fido braccio destro, ed una coppia di giovani lavoratori stagionali, arrivati lì per conoscere fino in fondo il mestiere prima di entrare come soci in un’azienda vinicola in Borgogna. Quattro persone non erano molte, ma erano sufficienti per il compito da svolgere, che richiedeva affidabilità e delicatezza.
Era uno dei momenti dell’anno preferiti di Lisette: la vendemmia tardiva per la creazione de La Jeunesse, uno dei suoi due prodotti. Da anni ella si era specializzata sulla produzione di vini bianchi, nonostante la Provenza restasse soprattutto terra di rosati. In agosto lei ed Auguste avevano raccolto le uve di tre quarti dei suoi filari, dando il via alla produzione di Chardonnay. La vendemmia quell’anno era stata ancora più precoce del solito, per via delle altissime temperature e della rischiosa siccità, ma fortunatamente i danni erano stati contenuti ed il processo per la produzione del vino si era avviato come al solito. Il suo Chardonnay era un prodotto molto gradito da diversi abitanti della regione delle Alpilles e non solo: aveva un prezzo contenuto, era molto versatile sulla tavola, apparteneva alla tradizione provenzale e rappresentava gran parte dei suoi guadagni.
Ma era per La Jeunesse che Lisette lasciava ogni anno un pezzo di cuore. Quel quarto dei suoi filari, dalle piante così esili e dai chicchi d’uva così delicati, produceva un vino bianco imparentato con lo Chardonnay, ma dal colore più intenso e dal sentore più deciso. Nonostante il nome suggerisse giovinezza ed impazienza, La Jeunesse era un prodotto dell’attesa e della vendemmia tardiva. Non più un prodotto del cuore dell’estate, ma un bianco robusto che già presentava note di bosco e di autunno. Qualcosa di cui ogni anno si sentiva più orgogliosa e che stava iniziando a farsi conoscere tra gli enologi.
“Lisette? Mi hai sentito?”
La voce di Auguste sembrò arrivarle da molto lontano. Ogni volta che ella lavorava nella sua vigna, perdeva la cognizione del tempo e dello spazio. Era facile credere che la civiltà e le città con tutto il loro caos fossero lontane, quando ci si concentrava sul tagliare in modo preciso un rametto e sul depositare delicatamente un grappolo sopra ad un altro.
“No, Auguste, non ti ho proprio sentito!”
“Lo immaginavo, altrimenti non avresti questa faccia così beata ed ignara!”
“Cosa intendi?”
“Da quand’è che non vai su a Les Baux?”
Les Baux de Provence era il centro abitato più vicino alla sua azienda vinicola. Uno spettacolare sito turistico provenzale con negozi e ristoranti incastonati tra pareti di roccia, spazi verdi ed antiche abitazioni. Lisette era da sempre innamorata di quel luogo, ma la stagione turistica ed il caos, uniti al super lavoro d’agosto, la portavano a rinchiudersi in azienda nel corso dei mesi estivi.
“Da tutta la settimana, perché?”
“Perché allora non hai sentito quello di cui tutti parlano.”
“Uff, capirai! E la siccità, e gli aumenti dei costi, e ‘speriamo che questo autunno sia migliore degli altri due’, e ‘se non fanno ripartire i tour delle cantine protesteremo con il Comune’, e ‘noi viviamo di turismo, possibile che questo non si capisca’? È questo che mi sono persa?”
“No. Cioè, anche” fu la risposta di Auguste alla vista dell’espressione scettica di Lisette. “Ma non è quello il punto. Io non volevo crederci, all’inizio. È tornato Pierre.”
“Il figliol prodigo? Dopo trent’anni in California? Non ci credo nemmeno io.”
“Eppure, guarda là in fondo. Le imposte dell’azienda dei Morel sono di nuovo aperte.”
Lisette si incamminò verso la fine dei filari e si alzò sulle punte, cercando di scorgere qualcosa oltre il muretto di pietra. Era così: al di là della sua proprietà, nel cuore di quella che una volta erano le vigne dei Morel, il casotto un tempo adibito ad alloggio familiare sembrava di nuovo abitato. Le imposte azzurre erano spalancate e c’era la tradizionale lavanda di fronte alle finestre. Il camioncino di una ditta di traslochi sostava sul vialetto che collegava il casotto all’ingresso della proprietà, in attesa.
“Non credo che Pierre sia qui, dicono che la mattina si fa vedere in paese”.
Auguste l’aveva raggiunta.
“Che c’è, ero un po’ pietrificata qui?”
“Eh, un po’”.
Il silenzio che era seguito diceva fin troppo.
“Senti, Lisette...”
“No, per favore. Lascia perdere.”
“Volevo solo dirti che ti capirei se avessi voglia di rivederlo. O anche se non volessi rivederlo affatto.”
Lisette si strinse nelle spalle.
“Ma che altro sai? Lui come sta?”
“Oh, sai com’è. Tutti stanno subendo il fascino dello zio d’America. C’era anche chi aveva previsto un suo ritorno dopo la fuga di gioventù. Ma sono tutte chiacchiere. Tu lo conoscevi veramente.”
* * *
Ma se per caso tu fossi qui da solo
posso avere un momento, prima di andarmene?
Perché me ne sono stata sola con me stessa tutta la sera
sperando che tu fossi qualcuno che un tempo conoscevo
Pierre era stato il grande “E se?” della sua vita.
Lisette se lo era ripetuta tutto il giorno, mentre procedeva con la sua vendemmia tardiva, quando supervisionava la produzione dello Chardonnay, facendo il suo solito giro di controllo tra le cantine.
Lei e Pierre erano cresciuti quasi gomito a gomito. I loro genitori erano amici e colleghi ed avevano deciso di non farsi la guerra, anzi, di collaborare venendo incontro alle esigenze di turisti ed intenditori: uve bianche per la famiglia Bertrand, nere per la famiglia Morel, che produceva una varietà simile al Syrah, tipico della Provenza ma anche del Sud Italia. Amici e compagni di scuola fino alla Maturità, Lisette e Pierre si erano iscritti insieme all’Università di Lione, specializzandosi in scienze agrarie, studio del territorio ed enologia. Entrambi erano figli unici e avevano intenzione di portare avanti l’attività dei loro genitori. Finché un giorno il destino non aveva mescolato le carte.
Vignoble della famiglia Morel, luglio 1992
“I grappoli sono così verdi” constatò Lisette da sotto in su, appoggiandosi ai gomiti per guardare meglio la notte stellata.
“Che cosa ti aspetti a luglio?” fece di rimando Pierre, il cappello ancora appoggiato sugli occhi, le braccia dietro la testa, rilassato.
“Niente di diverso. Però è incredibile pensare che da qui a poche settimane diventeranno viola, quasi neri.”
“Sempre se i batteri non mangiano i chicchi più succosi. O se un temporale non fulmina qualche tralcio.”
“Sempre ottimista, eh?”
Pierre non rispose. C’era qualcosa che non andava, Lisette ne era convinta. Il ragazzo era stato strano fin dall’inizio di quella serata: di solito non c’era niente che gli piacesse di più che osservare una stellata d’estate in mezzo ai campi, ed invece quella sera si era dichiarato stanco e si era subito nascosto sotto un cappellaccio di paglia che qualcuno dei contadini aveva dimenticato lì. Come se non volesse farsi guardare negli occhi.
“Che cosa c’è, Pierre? Sei preoccupato per la cerimonia di laurea? O forse perché manca solo una settimana e non hai ancora trovato un vestito che ti faccia diventare elegante per una volta?” provò delicatamente a scherzare Lisette nel tentativo di scuoterlo.
In risposta ebbe solo un sospiro desolato, come se Pierre si stesse apprestando a sollevare la volta celeste a mani nude. Poi, con calma eccessiva, il ragazzo si tolse il cappello dagli occhi e si alzò a sedere, fissando le stelle ed evitando ancora una volta il suo sguardo.
“Sono preoccupato, Lisette. Perché non penso che vedrò questa vendemmia. O forse riuscirò a vederne l’inizio, ma di certo il Syrah Morel quest’anno non verrà prodotto da me.”
“Di che cosa parli, Pierre? Non ti capisco. Vuoi aiutare noi con lo Chardonnay? È vero che Maxime è andato in pensione, ma Auguste anche se è giovane sa il fatto suo e...”
“No, Lisette” la interruppe dolcemente Pierre. “Non so come dirtelo. Sei la mia più cara amica, devi essere la prima a saperlo.”
Ahia. Lisette aveva visto abbastanza amiche con il cuore infranto per sapere che, quando il ragazzo di cui sei segretamente innamorata ti dice sei la mia più cara amica, sta per succedere qualcosa di poco gradevole.
“Sapere cosa?” non le restò che chiedere con un filo di voce.
“Sono stato preso per un progetto di lavoro. Un anno in California, come apprendista. Lo so, Lisette, avrei dovuto dirtelo! Ho fatto domanda a gennaio tramite l’Università, ed il professor Laurent mi ha detto che non c’erano molti posti per i neolaureati europei, anche per quelli con i buoni voti. Pensavo che fosse un tentativo così, giusto per dire a me stesso ho considerato anche l’opzione estero. Ed ora… ho avuto questa notizia. E non so davvero se sto facendo la scelta giusta.” Pierre la guardava negli occhi, ora. Mentre le dava una delle più brutte notizie che Lisette avrebbe mai potuto ricevere.
“Ma è solo per un anno, no?” domandò cauta Lisette. “Studi un po’, impari il mestiere lì e poi torni qui, giusto?”
Ancora una volta, Pierre scosse la testa e sospirò, un’ombra nera negli occhi chiari e tristi.
“Il progetto sarebbe questo, certo. Mio padre già mi dice che tornerò qui con moltissime conoscenze in più e che lui mi lascerà subito il comando dell’azienda. È molto fiero di me. Io però so che lì c’è moltissimo lavoro. Ci sono aziende grandi il triplo di questa, territori sconfinati, un business nascente. Se poi dopo un anno di rodaggio si aprissero per me nuove possibilità? Che farò? È questo che mi dà il tormento, Lisette. Ci ho pensato tanto, in questi mesi, mentre ti vedevo china sulle botti insieme a tuo padre o passeggiare tra le vigne con Auguste. Tu appartieni a questo posto, l’hai già scelto come tuo Universo. Sarai un’ottima amministratrice di quest’azienda. Io invece ho sempre avuto il desiderio di vedere anche altri mondi, altri modi di produrre il vino. Sono impaziente di partire per questa avventura, ma mi mancherà tanto tutto questo. In sere come questa ancora di più.”
Quindi era questo il grande segreto di Pierre. Mentre Lisette già sognava, progettando una grande azienda vinicola (a gestione familiare…) che producesse sia bianchi che rossi, lui sognava il nuovo Eldorado del vino. Mentre lei gli parlava di dedicarsi alle vigne a tempo pieno dopo la laurea, di creare qualche varietà più raffinata con le uve che già avevano, di subentrare ai loro genitori al momento del pensionamento, lui pensava a come allontanarsi da lei senza darle una grande delusione. Delusione da dare ad un’amica, perché se l’avesse amata sarebbe rimasto.
Non sapeva come avrebbe fatto senza Pierre. Purtroppo, però, sapeva qual era la risposta giusta da dargli.
“Devi provare ad andare, Pierre. Inizia a pensare a quest’anno, a questo soltanto. Poi vedrai.”
Pierre sollevò nuovamente gli occhi. Sembrava sul punto di piangere, e anche Lisette sentiva le lacrime che pizzicavano.
“Lisette, io lo sapevo che avresti compreso. Mi hai sempre capito più di tutti.”
Sì, certo, come un’amica. Pierre era felice perché ora, con la sua benedizione, poteva partire. Ora sì che avrebbe fatto fatica a non piangere.
Non le restò che aggiungere: “Promettimi solo che mi scriverai.”
“Sì, certo, Lisette. Te lo prometto.”
* * *
Avevo così paura di affrontare le mie paure...
Nessuno mi ha detto
che tu saresti stato qui
e avrei giurato che tu avresti attraversato l’oceano,
è quello che mi hai detto, quando mi hai lasciato
Vignoble della famiglia Bertrand, 2 ottobre 2022
Incurante della domenica, del giorno di riposo di Auguste e degli altri dipendenti e del cielo piuttosto coperto, Lisette era uscita all’alba, dopo una notte di pensieri, ed aveva completato da sola la vendemmia delle uve destinate a La Jeunesse.
La mattinata era scivolata via rapidamente, ma Lisette non se n’era nemmeno accorta. Aveva la sensazione che la sua mente avesse corso per ore, ripercorrendo tutta la storia di Pierre, e la sua.
Almeno all’inizio, egli aveva mantenuto la sua promessa. I due si erano scritti molto in quel primo anno da apprendista di Pierre, ma, più lui magnificava l’inaspettata brezza delle vallate a pochi passi da San Francisco, le nuove varietà di vino e il foliage spettacolare delle vigne, più lei aveva la sensazione che la sua predizione si sarebbe avverata.
Era passato un anno, poi due, poi tre. Alla conclusione dell’apprendistato, Pierre era stato assunto nell’azienda vinicola californiana dove stava lavorando e non aveva più avuto bisogno della borsa di studio universitaria. Le lettere si erano fatte più rade, ogni volta un po’ più intrise di lavoro e povere di tutte quelle confidenze che essi si erano sempre fatti. Erano tempi analogici, non c’erano WhatsApp o Skype a rinverdire il rapporto con una persona che si sente sempre più lontana. Più di una volta Lisette aveva maturato il proposito di saltare su un aereo e fare un’improvvisata, ma si trattava di un viaggio così lontano, c’era così tanto da fare occupandosi dell’azienda a tempo pieno, e soprattutto ella aveva la sensazione che in California Pierre avesse trovato qualcos’altro oltre il lavoro, e non voleva saperlo.
Non si era nemmeno resa conto di quando fosse successo, ma a poco a poco non si erano sentiti più. I genitori di Pierre erano andati in pensione e si erano trasferiti a Nizza, per respirare un po’ di aria di mare dopo tanti anni di lavoro in mezzo ai colli, alla terra ed al caldo. Il vignoble Morel era andato in gestione a due famiglie, una dopo l’altra: la prima, anche se non aveva il tocco magico del padre di Pierre, era riuscita a produrre un Syrah più che discreto; la seconda aveva lasciato andare la tenuta, che da un paio d’anni era nel più completo abbandono. Lisette sapeva che Pierre era tornato più volte a Nizza per Natale o per trovare i suoi, ma prima aveva sempre avuto la scusa perfetta per non andare, poi non ci aveva pensato più.
A differenza dei genitori di Pierre, i suoi erano rimasti alla tenuta anche dopo il pensionamento, non mancando di darle un’occhiata premurosa o di consultarsi con Auguste come facevano una volta. Erano stati molto scettici sulla creazione di un prodotto di nicchia che affiancasse il loro Chardonnay, ma alla fine La Jeunesse (unita alla determinazione di Lisette) li aveva conquistati. Erano rimasti molto amici dei genitori di Pierre, al punto che tutti gli anni trascorrevano settembre ed ottobre in un albergo vicino a loro. “Non farebbe male nemmeno a te prendere un po’ d’aria di mare”, aveva provato a dirle ogni tanto la madre, ottenendo sempre un’unica risposta: “Devo lavorare.”
Per molti anni si era dimenticata di Pierre. L’aveva relegato in un angolo dorato di ricordi della sua gioventù, insieme all’Università. Quasi per caso aveva conosciuto Luis: era l’avvocato che seguiva lei ed altri viticoltori per una questione che aveva richiesto una tutela legale. In breve tempo si erano innamorati e sposati, ed il loro matrimonio era stato felice, fino all’incidente di cinque anni prima.
Come ogni volta che le tornava in mente Luis, la sua timidezza, la sua gentilezza, i suoi libri di diritto sparsi per il soggiorno, Lisette sentì una fitta al cuore. Decise che per quella mattina aveva lavorato abbastanza, e sollevò l’ultima cesta d’uva. E si rese conto che qualcuno la stava osservando.
Al di là del muretto, in atteggiamento un po’ sfaccendato, c’era un bell’uomo magro e brizzolato che la guardava con un sorriso obliquo ed incredulo. Gli occhi chiari ed i lineamenti del viso non lasciavano alcun dubbio: era Pierre.
“Sapevo che ti avrei trovata qui. Anche di domenica.”
Quel saluto casuale, come se non fossero stati dalle parti opposte del mondo per trent’anni, la lasciò perplessa.
“Pierre? Sei proprio tu?” domandò, sentendosi un po’ sciocca.
“Hai ragione, hai tutto il diritto di chiedermelo. Sono passati trent’anni. Ma sì, sono io. Tu invece non sei cambiata affatto.”
“Beh… neanche tu...” cominciò Lisette, non sapendo come gestire quella situazione così insolita.
All’improvviso qualcosa la interruppe. Un forte brontolio allo stomaco, segno che il suo corpo di stava vendicando per la minima colazione all’alba. Lisette si guardò la pancia, poi guardò Pierre, ed entrambi scoppiarono a ridere, cancellando con un solo gesto il mare di imbarazzo che li stava sommergendo.
“Senti, Lisette, io sto andando a pranzo su a Les Baux. Ti va di accompagnarmi? Non posso lasciarti così, a stomaco vuoto.”
* * *
È difficile riavermi indietro
Tutto mi riporta a quando tu eri là
Ed una parte di me continua a tenere duro
Nel caso che tutto questo non fosse scomparso
Immagino che mi importi ancora
A te importa ancora?
Les Baux de Provence, 2 ottobre 2022
Nemmeno Pierre era poi così cambiato. Durante il pranzo Lisette aveva riscoperto la sua ironia, la sua arguzia, la sua passione per il lavoro. Avevano trovato posto sotto una graziosa veranda che schermava la luce del tiepido sole autunnale che aveva fatto capolino e Lisette non provava più la voglia di scappare per il senso di disagio che aveva avvertito all’inizio.
“E quindi hai lasciato San Francisco proprio ora, in autunno?”
“Scherzi? La vendemmia è stata precoce anche da noi. L’inizio del lavoro di produzione per una volta può restare in mano ai miei dipendenti, ho un’ottima squadra. E poi è un buon banco di prova per mio figlio: ne ho approfittato per lasciargli le redini per un paio di mesi. No no, in questo periodo a noi amministratori non restano che le terribili degustazioni di promozione nelle tenute degli altri viticoltori. Dopo il divorzio riesco a scansarne qualcuna di più, ma mica tutte.”
“Perché terribili?” rispose Lisette stupita. “Hai sempre parlato benissimo dei vini della zona.”
“Ah, i vini sono eccellenti” replicò Pierre sul punto di scoppiare a ridere. “Il problema è tutto il resto. In ottobre gli Stati Uniti non hanno altro Dio oltre Halloween. Le mogli dei viticoltori mettono su degli allestimenti ‘per tutta la famiglia’ che hanno animato i miei incubi più volte. Prova a pensare di prendere il tuo tovagliolo ed accorgerti che come porta tovagliolo c’è un osso in plastica. Oppure di alzare gli occhi e vedere un corvo impagliato come centrotavola. Credi di aver bevuto troppo, invece è tutto vero.”
“Oh, Mon Dieu! Avevo sentito parlare di queste cose, ma pensavo che la maggior parte delle famiglie si limitasse ai cheese platters un po’ stravaganti.”
“Non me li nominare, quelli! Forme di brie sagomate a forma di bara e bocconcini di mozzarella con sopra il ketchup a mo’ di sangue! Un’offesa a qualunque francese abbia buon gusto. Per fortuna quando tornerò sarà nuovamente il momento del Ringraziamento e almeno potrò degustare insieme ad un banalissimo tacchino arrosto.”
Per un attimo il silenzio calò tra loro. Lisette avrebbe voluto saperne di più: Pierre era solo in vacanza? Ma se era così, perché non era al mare dai suoi genitori?
“Tornerai presto in America, dunque? Sei qui in vacanza?”
Pierre sorrise a Lisette, e in quel sorriso c’era tutto l’incerto entusiasmo di quel ragazzo steso tra i vigneti nel 1992.
“No, non esattamente. Sono qui a studiare.”
“Studiare cosa? Alla nostra età?”
“Certo, proprio alla nostra età! Studiare la possibilità di far ritornare il Syrah Morel agli antichi fasti. Qui.”
“Vuoi trasferirti di nuovo qui? Pensavo che la tua vita fosse in California.”
“Lo è stata per molto tempo. In parte lo è ancora. Ma l’azienda è avviata, mio figlio è grande ed ha voglia di mettersi alla prova, io non devo più rendere conto a nessuno e mi spiace vedere così la tenuta dei miei, senza contare che è un momento buono per investire in Europa. E poi mi manca tutto questo. Come sapevo che mi sarebbe mancato trent’anni fa. Ci ho messo un po’ di tempo a tornare all’ovile, ma voglio provare a farlo. Per un po’ mi dividerò tra Francia ed America, poi chissà.”
Lisette era senza parole. Pierre era tornato per rimettere una piccola radice sotto le loro aziende vinicole. Quella radice che aveva strappato trent’anni fa.
“E sei sicuro di imbarcarti in questa impresa?” finì per chiedergli.
“Sì, lo sono. Anche perché avrò come vicina e punto di riferimento la creatrice de La Jeunesse, uno dei bianchi provenzali più raffinati che io abbia mai assaggiato. Un vino che, guarda un po’, sono certo che adoreranno anche i californiani.”
“Cosa vuoi fare? Creare anche tu un rosso di nicchia? Aiutarmi a promuovere La Jeunesse all’estero?”
“E perché no? All’inizio pensavo di...”
Non si sarebbero più alzati da quei tavolini sotto la veranda. Era come se il tempo si fosse congelato. Il sole disegnava sul volto di Pierre lo stesso incosciente entusiasmo della loro gioventù. Presto avrebbero dovuto confrontarsi con la realtà, pensò Lisette. Sarebbe stato difficile ricostruire la loro amicizia. Mettere insieme le idee di due cinquantenni che avevano già visto ed affrontato molto, e provare di nuovo ad aiutarsi come facevano ai tempi dell’Università. Ma Lisette aveva capito subito che Pierre, in fondo al cuore, era rimasto sempre lo stesso. Si erano riconosciuti di nuovo, e questo le bastava.
Lascia che ti fotografi in questa luce
In caso che fosse l’ultima volta
Che noi siamo esattamente come eravamo
Prima di capire che eravamo tristi nel diventare vecchi
E che questo ci ha reso irrequieti
Oh, sono così arrabbiata, sto invecchiando
E questo mi rende irrequieta
Era proprio come un film
Era proprio come una canzone
...Quando eravamo giovani
FINE
...eccoci arrivati alla fine!
Mi sono ispirata, oltre che alla canzone (che ha dato il via a tutta la storia nella mia testa…), ad un viaggio in Provenza che ho fatto nel 2009, ad un po’ di giretti tra le vigne che ho fatto insieme ai miei amici piemontesi ed alle atmosfere del film Un’ottima annata (trovate la recensione in questo post).
Le foto sono tutte mie, qualcuna autunnale scattata qui di recente, altre in Provenza anni fa!
Se
vi piacciono le atmosfere autunnali, vi lascio a questo link il mio
racconto di ottobre dell’anno scorso.
Nel frattempo fatemi sapere che cosa ne pensate della storia di Pierre e Lisette!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Nessun commento :
Posta un commento