domenica 31 maggio 2015

LE DODICI FATICHE DELLO STUDENTE DI LETTERE


Cari lettori,
l'idea per questo post è nata mentre, la settimana scorsa, stavo leggendo Le fatiche di Hercule. In questo spassoso volumetto, l'arcinoto protagonista riflette sul suo nome, Hercule, e, mentre svolge il suo lavoro di detective privato, si rende conto di aver affrontato, nel corso della sua vita, dodici fatiche, simili a quelle compiute dal suo eroico omonimo. Ovviamente le “fatiche” sono altrettanti racconti gialli, che, come sempre – stiamo parlando di Agatha Christie! -, sono semplicemente geniali.


Una volta terminata la lettura, mi è capitato di pensare, proprio come Hercule Poirot – con il quale ho in comune solo l'altezza, purtroppo -, al mitico Ercole ed a tutti gli eroi della classicità che ho studiato durante i miei anni di liceo e di Università. Come spesso mi succede, mi è venuta un po' di nostalgia del passato, e mi sono consolata pensando che, in fondo, anche io ed i miei compagni della Facoltà di Lettere siamo riusciti a sopravvivere a tante, inenarrabili fatiche.


Senza dubbio, alcune di esse sono condivisibili anche con studenti di altre Facoltà.

Tuttavia, chiedo al lettore di essere clemente, perché, si sa, a noi “letterati” tocca ogni giorno convivere con tanti invincibili eroi, che, per quanto fatti di carta, non per questo non esistono, e possono rivelarsi dei modelli con i quali è piuttosto arduo reggere il confronto. Non me ne voglia il lettore se cerco di far sentire un po' eroici i miei colleghi.

Quali sono, dunque, le orride fatiche che chi si iscrive a Lettere deve mettere in conto?





1)Uccidere l'invulnerabile leone di Nemea e portare la sua pelle come trofeo. 
Non appena si iscrive al primo anno, l'impavido studente ha già un'idea chiarissima di quale sarà il primo mostro da affrontare. Lo sa bene, perché tutti gliene parlano: il suo nome è ribadito dagli studenti veterani, ripetuto dai tutor, sussurrato con paura e venerazione dalle matricole. Non si può far finta di niente, perché è semplicemente impossibile ignorare il Re della Foresta Accademica. Dovunque lo studente vada, si troverà sempre faccia a faccia con l'invincibile esame di Letteratura Italiana I, reso invulnerabile dai mitici poteri del malvagio volume Contini. È con lui che lo studente deve ingaggiare una battaglia impari: il libro opporrà un'ardua resistenza, grazie alle sue cosiddette chiose che non spiegano un accidente, al linguaggio più che ermetico ed ai testi in latino candidamente riportati senza traduzione. Tuttavia, se si studia a dovere, il leone riconosce la sconfitta. Lo studente, sgominato il Contini, esce dall'aula con il suo trofeo: un fogliettino con un giudizio che ti ammette alla seconda parte dell'esame. Pensavate forse che fosse finita lì?



2) Uccidere l'immortale Idra di Lerna.
Se l'Università fosse un videogioco, sicuramente, a questo punto, si salirebbe di livello. Già, perché se Letteratura Italiana I è un indiscusso sovrano, Latino I è un insaziabile mostro. Si tratta di uno di quegli esami infiniti, a più teste: parziale di Lingua, parziale di Letteratura, seminario... Ognuna di queste teste ha come guardiano un'assistente, solitamente giovane, professoressa di liceo classico e parecchio esigente. Inutile dire che fanno più paura queste ultime delle teste del mostro, no? Lo studente non ha scelta: deve decapitare tutte le teste, se vuole uccidere l'Idra. Spesso gli sembrerà di perdere il controllo della materia e si sentirà disorientato dalla quantità di materiale da preparare per l'esame. La decapitazione di alcune teste particolarmente toste potrebbe farlo uscire dall'aula esausto e insanguinato come Harry Potter dopo aver affrontato il Basilisco (che poi è della stessa famiglia dell'Idra di Lerna). Nel mio caso, una volta ci sono volute 10 ore. Tuttavia, l'eroico studente, se dotato di perseveranza, riuscirà anche in questa fatica.




3) Catturare la cerva di Cerinea. 
Giunti al secondo anno, il piano di studi si fa più flessibile. Questo comporta l'inserimento di esami un po' più interessanti, sicuramente più piacevoli, ed anche la possibilità, se lo si vuole, di cambiare alcune regole del piano di studi. È allora che lo studente fa la conoscenza di una figura eterea ed inafferrabile: il coordinatore del piano di studi. Un personaggio simpatico e affabile, senza alcun dubbio. Anche disponibile, eh! Per cinque secondi, di sicuro. Sempre che lo si riesca a catturare e non fugga via con due balzi affermando di avere altri 25 colloqui oltre a quello con il malcapitato. Per l'intero mese di Ottobre la sua figura diventa mitica, e c'è persino chi, spinto all'esasperazione, lo insegue fino in mensa o alla toilette, con risultati piuttosto scarsi. In ogni caso, gli studenti che cercano di andare nel suo studio hanno l'occasione di compiere un'opera di bene: salveranno infatti la vita ai suoi tesisti, che hanno cercato più volte di appendersi al lampadario dello studio.


4) Catturare il cinghiale di Erimanto. Al terzo anno della Triennale, la preparazione andrebbe completata con un laboratorio universitario o, a scelta, con uno stage. Lo studente, il più delle volte, non avrà dubbi: lanciando per aria penne, appunti e libroni, dirà la fatidica frase: “Basta stare tutto il giorno in Università! Mi cerco uno stage!” Dopotutto, chi rifiuterebbe una volonterosa persona che vuole lavorare gratis? Parecchia gente, ecco chi. La maggior parte degli studenti inizierà già precocemente a considerare il mondo del lavoro come una sorta di cinghiale imbufalito: esso, infatti, ha paura di farsi mangiare anche solo un pelo, quindi ti carica senza pietà. Le scuole richiederanno una trafila burocratica tale da far svenire la segretaria di un notaio, le case editrici ribatteranno che ormai non c'è più lavoro nemmeno per i salariati, gli uffici del comune e le biblioteche risponderanno che si entra solo su concorso!, e quanto ai teatri, ai giornali ed altri enti culturali... beh, diciamo solo che mostreranno le zanne.Alcuni studenti più abili e fortunati riusciranno a portare a casa il tanto sospirato stage. Molti di più di accontenteranno di un laboratorio in Università, venendo meno a quello che avevano detto all'inizio.



5) Ripulire in un giorno le stalle di Augia.Avete presente com'è la camera di uno studente universitario (non solo di Lettere), ed in modo particolare le mensole dei libri, dopo una sessione d'esami? Il povero ragazzo, dopo aver concluso, vorrebbe soltanto mangiare e dormire per giorni; tuttavia, non gli è possibile. Fogli volanti per il ripasso e blocchi di appunti ingombrano il letto, altri libri hanno svolto per giorni la funzione di cuscino, dalla mensola si solleva una polvere che si attacca in gola e spesso si scopre con orrore uno schema riassuntivo di fianco alla tazza del bagno.Accettare di vivere in tali condizioni sarebbe un po' come decidere di andare a vivere in una stalla.È così che, dopo la sessione d'esame, ha inizio la sessione pulizie di primavera, che personalmente ho sempre chiamato “Operazione Cenerella”. Se non altro, per pulire e riordinare non c'è più bisogno di strizzarsi il cervello.


6)Disperdere gli uccelli del lago Stinfalo.Questi orrendi uccelli dal becco aguzzo sono pericolosissimi, in quanto affamati di carne umana. Purtroppo per lo studente, essi possono assumere moltissime forme diverse e celarsi dietro le persone più insospettabili. Le loro tecniche di attacco più tristemente note sono:Lettere? Cosa vuoi fare, insegnare? (faccia schifata)”Lettere? Ma esiste ancora?”Beh, tu fai Lettere, di cosa ti lamenti, basta studiare!” (riservato alle donne) “Se fai Lettere, cerca di trovare un marito ricco!”No no, lascia, faccio io, tu fai Lettere, non hai senso pratico per queste cose!”Lettere? Ma ti piace davvero?” Purtroppo, più che la dispersione, spesso si verifica la fuga dello studente. In fondo, è un vecchio problema: Litterae non dant panem. Lo dicevano già ai nostri colleghi nell'antica Roma. Consoliamoci.



7)Catturare il toro di Creta.Prima o poi, nel corso del terzo ed ultimo anno di Triennale, giunge il momento in cui lo studente si rende conto di dover chiudere il cerchio. In altre parole, è necessario trovare un relatore, scegliere un argomento e scrivere la Tesi Triennale. Lo studente spesso temporeggia, è indeciso e si trova in difficoltà. Di solito, considerata la Facoltà, è uno il pensiero che, alla fine, lo convince: ma sì, dai, tanto devo fare per forza la Specialistica, se sbaglio qualcosa farò di meglio la prossima volta. Semplice, ma efficace. È così che lo studente senza macchia e senza paura prende il toro per le corna e si porta a casa la tanto sudata Laurea Triennale. Non ha avuto bisogno di andare a Creta, ma si sente comunque soddisfatto, perché ha detto “fine” ad un pezzo del suo percorso, perché ha potuto finalmente prendere con sé un mattoncino del Palazzo Accademico nel quale si è perso per anni.



8)Rubare le cavalle di Diomede.Il nostro caro studente adesso è alla Specialistica. Capisce che non è più il tempo di scherzare (lo è mai stato?), e che fuori lo attende il mondo del lavoro e la vita adulta. In un tentativo quanto mai eroico di aiutarlo, l'Università organizza conferenze di tutti i tipi, sempre, naturalmente, dedicate agli studenti della Specialistica. Pomeriggi in cui si conoscono professionisti, si presentano master, si parla del mondo del lavoro. Per quanto riguarda, però, chi si è iscritto a Lettere, spiace dire che questi incontri rasentano il penoso. Per spiegare il perché, è necessario soffermarsi un attimo sulla figura di Diomede. Si tratta di un eroe particolare: è fortissimo, invincibile, presissimo da quello che fa, ma un po' troppo concentrato sulla sua carriera di eroe omerico, e, per questo, una volta, senza accorgersene, ferisce in battaglia Afrodite, la dea dell'amore. Ecco, i signori che tengono queste conferenze sono un po' dei Diomede: provocano ferite mortali ai grandi amori dei letterati. Sono spesso dei formatori di aziende, e non si rendono conto di parlare di strategie di marketing, di selezione del personale e di tecniche di problem solving a persone che hanno appena trascorso due ore a tentare di capire se Baudelaire si identificava di più in un albatro o in un cimitero di notte. Inutile dire che queste persone escono dalla conferenza con la sensazione di non essere decisamente pronti a far parte del mondo del lavoro. Che cosa c'entrano le cavalle, dite voi? Beh, non molto. Di solito, però, in questi casi allo studente viene una grandissima fame nervosa. Una bistecca equina potrebbe essere di dimensioni proporzionali al buco nello stomaco. Buon appetito!



9)Impossessarsi della cintura di Ippolita, regina delle Amazzoni.Per il nostro studente, la Laurea Triennale sembra appena conseguita. Per questo motivo, egli desidererebbe soltanto riposarsi sugli allori, ma non sempre è consigliabile. La scelta dell'argomento per la Tesi di Laurea Magistrale, infatti, incombe. Questa volta la Tesi non può essere considerata una “prova generale”, ma rappresenta il congedo definitivo dagli studi. Sarà la dimostrazione ultima delle tue competenze e delle tue abilità, una sorta di prezioso monile di cui fregiarti ogni volta che, nel tuo precario futuro, dovrai far capire quanto tu valga(“Sa, comunque ho svolto una Tesi su questo argomento, che ha richiesto, lei capisce, una certa mole di lavoro da sbrigare...”).
Per questo motivo, la scelta è spesso difficile, anche perché molte materie sono gettonate e molti professori richiestissimi. Per amore di verità, occorre aggiungere che tanti studenti tornano dallo stesso relatore della Triennale. Anche io l'ho fatto, dal momento che mi ero trovata molto bene. In ogni caso, anche se con fatica, perfino la cintura di Ippolita viene conquistata.


10)Rubare i buoi di Gerione. Lo studente è ormai arrivato agli esami dell'ultimo semestre. Deve scegliere quelle tre, quattro materie che darà per ultime. Solitamente, avendo ormai fatto fuori, in quasi cinque anni, tutti i corsi davvero importanti, egli inserisce tranquillamente materie complementari, corsi di approfondimento, discipline più leggere. Ringalluzzito ed esaltato dalla fine delle fatiche che si sta avvicinando, egli si dice: “Ho sconfitto il Leone Nemeo! Ho decapitato tutte le teste dell'Idra di Lerna! Che cosa sarà mai, portare al pascolo un po' di mucche?!?” Ed è qui che si sbaglia. Già, perché, anche tra i giovanissimi, il tempo passa. Il peggio è ormai alle spalle, si intravede la fine, e mettersi a studiare, anche per materie di poco conto, diventa di giorno in giorno più faticoso. È un momento quasi surreale per il letterato medio: si rende conto, infatti, che perfino lui non si appassiona più a studiare. La fine dell'ultima sessione viene festeggiata con un baccanale in piena regola.



11)Rubare i pomi d'oro del giardino delle Esperidi.
I pomi d'oro, com'è noto, sono custoditi da tre Esperidi. Nello specifico, la domanda di approvazione dell'argomento, la domanda di laurea ed il modulo di consegna della Tesi. Le Tre Esperidi se ne stanno ben acquattate nell'impenetrabile giardino della segreteria accademica. Esso è fatto di siepi umane di studenti scocciati, di sportelli a cui si accede con un numeretto (sì, come dal macellaio) e di alberi squartati in maniera inquietante e trasformati in un mucchio di carta inutile, anzi, dannosa, della quale non fregherà mai nulla a nessuno. Solo grazie al superamento delle tre Esperidi si potranno gustare i dolci frutti della laurea. Il nostro eroe è allo stremo, ma non ha intenzione di mollare, e, seppur strisciando, si trascina verso l'ultima fatica.


12)Portare vivo Cerbero, il cane a tre teste guardiano degli Inferi, a Micene.È il momento, tanto temuto e tanto atteso, della Laurea Magistrale. L'ultimo mostro, quello che, nei momenti peggiori, ha fatto intravedere le porte dell'Inferno, è finalmente sconfitto, e l'eroe può affermare di aver portato a termine tutte le sue fatiche.Ma come, direte voi... Cerbero va portato a Micene? La culla dell'antica civiltà greca? Il luogo dove tutto è iniziatoAhimé, sì. Quella che sembra una fine non è nient'altro che un inizio. Al di là delle spalle dell'ormai ex-studente si celano altri cinghiali, altri leoni, altre idre di Lerna ed altri mostri sconosciuti, non tutti così ben ordinati e disponibili a ingaggiare la lotta come i loro predecessori.
Se non altro, questa volta saremo pronti ad affrontarli da eroi.





Grazie di cuore a tutti quelli che sono arrivati in fondo a questa lettura. Non sapete quanto mi renda felice sapere che questo spazio è visitato da qualcuno ogni giorno e vedere che le visualizzazioni continuano a salire. Nel caso qualcuno volesse lasciare anche un piccolo commento, ne sarei felicissima. A presto :-)

lunedì 18 maggio 2015

SALONE DEL LIBRO DI TORINO 2015

Tutto quello che ho apprezzato

 



Cari lettori,
sabato scorso sono stata con delle amiche al Salone del Libro di Torino. Potete non credermi – ed io stessa un po' me ne vergogno – ma in 25 anni, due lauree in Lettere e infinite letture non ero mai riuscita a visitarlo. Maggio è sempre stato un mese un po' complicato per me, quindi sono felice di aver potuto finalmente passare una giornata intera dedicandomi a questo grande evento.

Quella che segue è una lista dettagliata di tutto quello che mi è piaciuto, che mi ha colpito o incuriosito. Spero che la mia testimonianza contribuirà ad interessare sempre più persone a questa manifestazione, anche se essa, come vedrete, è già di ampia risonanza.

Ecco quello che ho apprezzato del Salone del Libro 2015:




- Il fatto che i biglietti si possano facilmente prenotare su Internet. 

Niente fa passare la voglia di andare ad una mostra o ad un evento come la prospettiva di ore di coda sotto il sole di maggio, specie per quelle persone che hanno tempo libero solo il sabato o la domenica. Con un velocissimo acquisto via Internet, si può stampare un foglio che consente di entrare subito. Consiglio a tutti questa operazione!



- Il prezzo

Certo, ci piacerebbe che la cultura fosse sempre e comunque gratis, per motivi sia ideologici che più prosaici (è tipico del lettore accanito, specie di quello giovane, non avere mai abbastanza denaro per comprare le novità dei suoi autori preferiti). Tuttavia, 10 euro per rimanere quanto si vuole, andare dove ci piace, incontrare gli scrittori, presenziare a conferenze interessanti e conoscere le novità della stragrande maggioranza delle case editrici… non sono poi un prezzo orribile, no?



- Lo spazio tra gli stand. 

Non appena sono entrata al Salone, ho avuto paura di ritrovarmi in una situazione del tipo “fiera di paese”: poco spazio tra gli stand, persone che si accalcano per raggiungere le bancarelle, ambiente un po' claustrofobico. Ho trovato invece piacevole la camminata tra gli stand, ed agevole il passaggio. Non così fortunate le aree di ristoro, purtroppo, che avrebbero necessitato di qualche sedia in più e di un'organizzazione un po' più pronta durante l'ora di punta.



- La presenza di piccolissime case editrici, che nemmeno tre “addette ai lavori” come me e le mie due amiche avevano mai sentito nominare. 

È bello che le case indipendenti abbiano un loro spazio. Molte di esse, tra l'altro, propongono delle edizioni di classici in forma tascabile ed a prezzi davvero accessibili a tutti!



- I firmacopie! 

Non c'è niente che attiri di più gli accaniti lettori dell'idea di vedere “dal vivo” i loro scrittori preferiti, e gli organizzatori del Salone ne sono ben consapevoli. Sabato io ho incontrato Roberto Saviano, Camilla Lackberg e Marco Malvaldi, e, al di là di quanto sia stato divertente fare “vip watching” con le mie amiche, devo dire che è davvero un'emozione conoscere le persone che hanno dato vita a romanzi che hai letto e riletto.



- La coda mostruosa davanti alla Sala Gialla durante l'evento di sabato pomeriggio, che vedeva la presenza di Roberto Saviano come moderatore. 

Ho già affermato e confermo che, come tutti, odio restare in coda; tuttavia, vedere così tante persone desiderose di ascoltare lui mi ha fatto piacere. Senza scendere in dettagli di attualità e politica, ho spesso paura che Saviano ed altri personaggi che hanno una storia simile possano venire facilmente isolati ed esclusi in Italia. Vedere che questo non è accaduto al Salone del Libro mi ha reso felice.



- L'atmosfera di “culto del libro” che si respira: oltre agli stand delle case editrici, infatti, sono presenti anche alcune bancarelle di hobbisti. 

Si trovano segnalibri di carta crespa, block notes decorati con fiori e conchiglie, borse di tela porta-libri con le frasi più curiose. Quello che però mi ha veramente sorpreso è stato un grande banco con stampini di legno ed inchiostri colorati: davvero una cosa “d'altri tempi”!



- L'attenzione dedicata a chi è prof, maestra o dà anche solo ripetizioni: 

un buon numero di stand presentava cartelli come “aiuto per lo studio”, “consigli per la scuola primaria” o “supporti per docenti”. Ho trovato queste sezioni ben organizzate ed intelligenti.



- La parte di stand dedicata a bambini e ragazzi: 

la sezione dedicata alla “Libreria dei ragazzi”, nel Padiglione 5, è stata divertente e piacevole da visitare anche per noi tre. Saggia, inoltre, l'idea di metterla in posizione isolata, in modo da lasciare che bambini e ragazzi si esprimano e si godano la loro visita senza che gli adulti meno abituati alla loro presenza se ne possano lamentare.



- Il grande numero di visitatori della manifestazione. 

So di essere di parte, perché sto parlando di un evento dedicato ad una delle mie più grandi passioni, ma è davvero importante, a mio parere, che ci siano ancora così tante persone interessate a trovare nuovi libri da leggere, ad accompagnare i figli a conoscere meglio il mondo della lettura, ad incontrare gli scrittori. Sono uscita dal Salone con un senso di speranza.






Ora tocca a voi! Chi ha visitato il Salone? Quali scrittori avete incontrato? Che cosa vi è piaciuto? Avete qualche critica da fare?

Un grazie di cuore a tutti coloro che mi leggono, mettono “mi piace” su Facebook e mi retwittano su Twitter.
Al prossimo post :-)

lunedì 11 maggio 2015

CHI HA PAURA DI VIRGINIA WOOLF?

Verità e menzogne sono "di scena" al Teatro Menotti



Cari lettori,
devo fare una premessa a questo post: amo moltissimo le serate teatrali a Milano. Mi piace arrivare dalla provincia quando le luci delle città iniziano ad accendersi, prendere posto in sala con altri spettatori curiosi e chiedermi come sarà lo spettacolo.


La mia eccitazione raddoppia nel momento in cui mi trovo, per la prima volta, ad assistere ad una rappresentazione in una struttura a me nuova. Per questo motivo, lo scorso venerdì, ho scoperto con gioia il Teatro Menotti, sorto in via Ciro Menotti, dove, in tempi precedenti, c'era la vecchia sede del Teatro dell'Elfo.

Quello che colpisce subito è la conformazione del teatro, la quale tende a dare un'impressione di intimità, quasi di informalità: lo spettatore scende in un seminterrato, viene condotto in una sala piuttosto raccolta e fatto entrare da un unico ingresso laterale. Le luci sono soffuse e lo spettacolo ha inizio con il minor margine possibile di ritardo.

Personalmente, mi sento in dovere di consigliare il Teatro Menotti a tutti i più accaniti fan del teatro, in particolare a quelli che desiderano ritrovare l'essenzialità originaria della drammaturgia.

 

Lo spettacolo a cui ho assistito, Chi ha paura di Virginia Woolf?, è in perfetta linea con quella che sembra essere la filosofia di questo teatro.

La scenografia non va al di là di qualche divano, un quadro ed un mobile bar (che domina la scena, per motivi che presto spiegherò). La cornice di questo dramma, infatti, è un semplice salotto di casa, un luogo che, nell'immaginario comune, dovrebbe essere accogliente. Si tratta del cuore della casa di Martha e George, una coppia di mezza età che non ha più (quasi) niente da dirsi. Sono entrambi molto annoiati dalla reciproca compagnia (lei in modo particolare), e, nel cuore della notte, invitano a casa loro una coppia di giovani sposi appena conosciuti, Honey e Nick.

Chi conosce un po' il dramma novecentesco forse sa già cosa aspettarsi, ma, in questo caso, devo ammettere che lo sviluppo degli eventi ha sorpreso anche un'appassionata come me. I quattro protagonisti, infatti, con la complicità dell'alcool, danno inizio ad un confronto senza esclusione di colpi, dai quali nessuno (nemmeno il personaggio che sembra più irreprensibile) viene risparmiato.

L'autorevole professore George finisce per ammettere la sua incapacità, le sue speranze deluse, il suo ruolo marginale all'interno dell'Università.

La ricca signora Martha si rivela profondamente insoddisfatta e più dipendente dal marito di quanto lei stessa vorrebbe ammettere.

L'impeccabile Nick, nel suo tentativo di essere discreto e di allontanare da sé le difficoltà dell'altra coppia, finirà per trovarsi in mezzo tra i due coniugi, nella maniera più spiacevole.

La fragile Honey, invece, abbandonerà la sua maschera di giovane moglie borghese per isolarsi in un mondo tutto suo.


 
Le debolezze, le dipendenze, i rimpianti sono il cuore di questo dramma.

Quello che però più colpisce è la ricerca della verità operata dai personaggi, che si rivela infinita e spesso vana. Nel momento in cui lo spettatore crede che la realtà dei fatti stia finalmente venendo alla luce, ecco che essa si rivela un'ennesima menzogna, lasciando il posto ad ulteriori dubbi.

Si tratta, in definitiva, di un'indagine, volta non tanto a trovare, quanto a rifuggire la propria Virginia Woolf interiore, ovvero quella parte irrazionale, folle e tesa all'autodistruzione che c'è in ognuno di noi. Più la paura di essere Virginia Woolf cresce, più i personaggi arricchiscono il loro mondo immaginario, nel quale hanno creato, con la fantasia, tutto quello che non sono riusciti ad avere o hanno avuto troppa paura di affrontare.

Chi ha paura di Virginia Woolf? è uno spettacolo amaro ed impietoso; moltissime volte lo spettatore è spinto a ridere del sarcasmo dei personaggi per evitare di compiangere la loro disperazione.

Tuttavia, la recitazione impeccabile, la fedeltà a quelli che erano gli intenti dell'autore e la suspense che caratterizza la narrazione hanno finito per conquistarmi.





Mi piacerebbe molto sapere se tra le persone che stanno leggendo il mio blog ci siano altri appassionati di teatro. In tal caso, avete visto lo spettacolo? Che ne pensate? Personalmente, ho sentito i pareri più diversi!

Come sempre, grazie a chi mi legge, e sentitevi liberi di commentare!
Al prossimo post :-)

lunedì 4 maggio 2015

COME RICONOSCERE "L'IMPULSO"

Leggi anche: piccole manie di chi è o è stato insegnante


 
Cari lettori,
il mio insegnante di ballo latino americano definisce “l'impulso” una sorta di spinta da effettuare con i piedi, che ti aiuta a girare rapidamente quando balli in coppia ed hai poco tempo.

Ogni volta che lui lo nomina, a me vien da ridere, perché a me la parola “impulso” ricorda qualcos'altro.


In particolare, io credo che chiunque sia o sia stato insegnante, in qualunque forma e contesto, abbia degli speciali “impulsi” da controllare. Si tratta di piccole manie, quasi delle sciocchezze, che però spesso diventano quasi automatiche per molti di noi. Il problema, ahimé, è che più si lavora nel mondo dell'istruzione e più queste fissazioni aumentano e diventano parte di te.


In questo post cercherò di individuarne qualcuna, partendo, ovviamente, da quelle che affliggono me. Alcune sono tipiche della prof di lettere (per ovvi motivi), altre sono dedicate più che altro ai docenti della scuola primaria (ho lavorato anche lì), ma credo che la quasi totalità di esse sia venuta in mente alla maggior parte degli insegnanti, di qualunque tipo essi siano.





Veniamo a noi. Caro/a collega, ti puoi considerare afflitto/a da “impulso” se:

  • Quando in metro ti si siede vicino un adolescente con un libro, cerchi di sbirciare il titolo e ti fai domande tipo: “Ma lo sta leggendo per suo piacere o per la scuola? Perché non lo conosco? Potrebbe essere una buona opzione per il prossimo mese?”
  • Quando vedi gruppetti di ragazzini che fanno gli stupidi, avresti già pronto un bel discorsetto (del tipo: “Non mi sembra una grande idea spingersi in quel modo!”).
  • Ogni volta che qualcuno si dondola sulla sedia, vorresti urlargli: “Basta fare così con la sedia! Cadi a terra! È pericoloso!” Anche se il tizio in questione ha l'età di tuo padre.
  • Se senti parolacce, ti volti all'istante con un principio di sguardo omicida, pronto/a a sfoderare il tuo classico: “Non voglio sentire parolacce qua dentro! Che non si ripeta!” E ti ritrovi a fissare uno sconosciuto che probabilmente si sta chiedendo che diavolo tu voglia.
  • Quando, durante la bella stagione, prendi un po' di sole in giardino o al parco, hai dei momenti in cui ti risvegli dall'abbiocco e quasi salti dalla sedia, pensando: “dove sono? Che faccio? E devo per caso controllare dei bambini/ragazzi?” Poi ti ricordi che è sabato pomeriggio e che sei solo/a. Quindi ti riaddormenti più tranquillo/a e rilassato/a.
  • Andando a fare shopping, ti capita di sbirciare in determinati negozi perché hai sentito i tuoi studenti/esse che all'intervallo parlavano di una promozione o dei saldi.
  • Sempre mentre sei a spasso per negozi, l'occhio ti cade sulle magliette di Violetta, degli One Direction, di Frozen, e ti dici: “Ah, ecco dove l'ha comprata Tizia/Caio!”
  • Se a volte ti sembra di non avere molta fame, ti basta pensare: “Potrebbe andare peggio. Potrei fare il turno mensa in una primaria.” E magicamente avrai voglia di sederti a tavola con calma, di mangiare tutto quello che ti capita sotto il naso e di guardare il tg senza altri rumori di sottofondo.
  • Ogni volta che un insetto si intrufola in casa tua ti sorprendi di non sentire il familiare: “Aaaah! Proooooof! Una ciiimiceeee/aaapeeee!”
  • Se sei a casa per via dell'inevitabile precariato ed il telefono ti suona la mattina presto, vieni colto/a da attacchi di tachicardia e pensi: “In che parte dell'hinterland verrò schiaffato/a stavolta? Hanno bisogno di me già oggi? Devo cominciare a connettermi a Google Maps?”. A volte è così davvero. Molte altre volte però è qualche call center.
  • Vorresti correggere la forma dei messaggi che ti inviano su Whatsapp.
  • Ti è capitato di trovarti con una matita o una penna rossa in mano e poi accorgerti che stavi solo leggendo la lettera di un amico o un lungo biglietto per una ricorrenza.
  • Se non hai proprio niente da fare, entri sui social network e guardi profili di adolescenti a caso, quelli con l'icona di Justin Bieber, per intenderci. Giusto per capire la loro testa, ecco. Speri di imbatterti in frasi tipo: “Oggi il prof di italiano ci ha spiegato Il barone rampante di Calvino dondolandosi su un albero, è stato illuminante!”. Purtroppo per te, non sempre succede.
  • Sempre girando su Twitter, se trovi frasi tipo “Se mi dessero un tema su questo/quello, sono sicura che prenderei 10!” te lo annoti subito. (Mi è successo, davvero.)
  • Inizi a pensare che certi libri, certe canzoni e certi film per minorenni non siano poi male, dopotutto. (E comunque, Colpa delle Stelle mi ha commosso. Sul serio!)
  • Se hai nelle vicinanze un bambino, inizi a sbirciare con la coda dell'occhio che cosa combina e se potrebbe farsi male. Pure in presenza della madre.
  • Inizi a far scorta di caramelle per la gola. Sono diventate un bene primario!

    Cari lettori, queste sono le mie piccole e grandi fissazioni.
    Ora... tocca a voi! 
    Se siete insegnanti ve ne vengono in mente altre, sentitevi liberi di scriverle nello spazio sottostante.
    Se non lo siete... spero almeno di avervi strappato un sorriso! E comunque, sentitevi liberi di scrivere quello che vi pare nello spazio sottostante.
    Grazie di cuore a tutti coloro che mi stanno leggendo. Al prossimo post :-)