giovedì 28 febbraio 2019

I PREFERITI DI FEBBRAIO 2019

Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,
anche febbraio è giunto al termine! Forse perché è il più breve dell’anno, ma a me è sembrato un mese piuttosto veloce, complici anche i vari impegni.

Oggi vi propongo il consueto riepilogo mensile, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!



Il libro del mese



Ho già parlato di Maurizio De Giovanni in più occasioni su questo blog. Ho recensito sia i romanzi che hanno per protagonista il commissario Ricciardi (qui e qui), sia quelli dedicati alla squadra dei Bastardi di Pizzofalcone.

In un vecchio TAG ho segnalato anche la sua nuova serie, I Guardiani


Oggi, invece, vi presento il primo romanzo di quella che, con ogni probabilità, sarà una nuova serie dell’autore: Sara al tramonto.


La protagonista di questa storia è un’ex poliziotta di poco meno di sessant’anni, di recente andata in pensione, una donna che agli occhi di tutti si presenta piuttosto anonima: indossa ordinari tailleur e scarpe basse, porta i capelli già bianchi raccolti in una crocchia, ha un passo tranquillo ed un aspetto ordinario. 

Questa sua caratteristica è stata il segreto del suo successo in tanti anni di servizio: ella, infatti, riesce sempre a rendersi, di fatto, invisibile. Inoltre, osservando gesti ed atteggiamenti altrui e riuscendo a leggere il labiale anche da grandissima distanza, è in grado di conoscere anche nei dettagli il contenuto dei dialoghi altrui, senza alcun bisogno di ascoltare.


Ora che le sue capacità non servono più alla Polizia di Stato, tuttavia, Sara è una persona non solo dimenticata dalla società, ma anche molto sola. 
L’unico che le era veramente caro era infatti il compagno Massimiliano, molto più anziano di lei e recentemente morto per via di un male incurabile. Per lui, che era anche un collega, Sara aveva lasciato soli marito e figlio, non sopportando di continuare a vivere nella menzogna un’esistenza che non le apparteneva più. 
Ora, però, si trova a dover affrontare non solo il lutto dell’uomo che amava, ma anche quello del figlio, che aveva visto crescere da lontano e che ha perso la vita in un incidente.


Sara sembra essere destinata alla malinconica routine di tante vedove in pensione, ma due avvenimenti, all’improvviso, sconvolgono la sua esistenza. 

Innanzitutto, una ragazza si avvicina a lei mentre è al parco, intenta ad osservare i passanti per una vecchia abitudine mai persa: si tratta di Viola, la vedova di suo figlio. Ella è incinta e manifesta il suo desiderio di conoscerla e di far parte della sua vita.

Inoltre, ella viene contattata da una sua vecchia collega, una donna che ancora oggi lavora per i Servizi Segreti e che le chiede di collaborare con lei per fare luce su un caso che ufficialmente è stato già chiuso: la morte di un noto imprenditore.

Quest’ultimo è stato trovato assassinato in casa sua settimane prima e, a detta degli inquirenti, la morte è avvenuta per mano della figlia, una giovane donna con problemi di tossicodipendenza. La questione, però, sembra tutt’altro che conclusa: non solo ci sono dubbi sulla colpevolezza dell’assassina, ma la sua bambina, l’amata nipotina del defunto, sembra essere gravemente ammalata.


Sara accetta di indagare con l’aiuto di Davide, un poliziotto di mezza età un po’ disilluso e solitario, che trascorre le sue giornate con l’unica compagnia di un troppo affettuoso Bovaro del Bernese, e con la collaborazione di Viola, che è fotografa e non sopporta più di stare a riposo. 
La squadra sembra sgangherata, ma lo è solo in apparenza…


Sara al tramonto è solo l’inizio di quella che promette di essere un’altra bella ed appassionante serie di Maurizio De Giovanni. 
Due sono le caratteristiche che più amo di questo autore: l’originalità nel costruire i personaggi e la capacità di proporre riflessioni su tanti temi che vanno molto al di là del puro e semplice giallo. 
Anche questo romanzo conserva queste particolarità, e per questo e tanti altri motivi lo consiglio di cuore.



Il film del mese



Quasi nemici (l’importante è avere ragione) è un’esilarante commedia francese ambientata in una prestigiosa Università parigina, i cui professori hanno la sempre più scomoda fama di essere di estrema destra, nonostante tutti i tentativi del Preside di Facoltà di promuovere l’integrazione. 

Le lezioni, però, non sono frequentate solo da parigini benestanti, ma anche da tanti ragazzi di periferia, appartenenti a svariate minoranze etniche. Una di esse è Neilah, iscritta al primo anno di Giurisprudenza. 

Il suo debutto come matricola non è dei migliori: alla sua prima lezione di Retorica, infatti, si scontra duramente con il professore, Pierre Mazard, che approfitta di un piccolo ritardo della ragazza per umiliarla e fare anche dei commenti a sfondo razzista.

Purtroppo per lui, il suo intervento viene ripreso e messo su internet dagli studenti indignati, ed il Preside di Facoltà lo obbliga ad un’udienza disciplinare.

Pierre ha un solo modo per salvare la sua cattedra: egli dovrà contattare Neilah, scusarsi e prepararla a gareggiare per il concorso nazionale di Retorica, tentando, se possibile, di portarla alla vittoria. 

Dopo aver fatto qualche resistenza, la ragazza, che è molto determinata, decide sorprendentemente di accettare l’aiuto del suo professore e di iscriversi al concorso.
Tra i due, contro ogni previsione, inizia a nascere un rapporto di stima e fiducia reciproca, anche se Neilah ignora il vero motivo per cui Pierre l’ha trasformata nella sua pupilla. 

I due hanno molto da imparare l’una dall’altro: l’uomo si rende conto di star diventando sempre più una persona bisbetica e chiusa in se stessa, mentre la ragazza inizia a comprendere che gli stratagemmi retorici, anche quelli politicamente scorretti, sono, volendo o nolendo, il pane per diventare un buon avvocato. 
E poi… c’è un concorso da vincere!


Non conosco molto bene il cinema francese, ma devo riconoscere di aver assistito a tante simpatiche commedie negli ultimi anni. Questa, che pone al centro della storia le diversità culturali e le tante problematiche interne ad un Ateneo, è decisamente originale e molto divertente. 
Pierre è uno di quei personaggi che riesce a rendersi insopportabile ed a farsi apprezzare allo stesso tempo, ma anche Neilah si rivela essere una figura determinante all’interno della storia. 
Una pellicola un po’ impegnata ma non troppo.



La musica del mese



Quest’anno, a differenza di altri, non ero particolarmente interessata alle nomination dei Grammy. L’unica artista per cui facevo effettivamente il tifo, la mia amata Taylor Swift, era nominata per un’unica categoria, il Best pop vocal album; la vittoria è andata ad Ariana Grande, che, a mio parere, se da un lato l’ha meritato perché è oggettivamente una delle voci più belle della nuova generazione, dall’altro avrebbe potuto fare di meglio, dal momento che i suoi vecchi album contengono performance vocali molto migliori di quelle contenute in Sweetener.


Avendo letto qualche articolo sulle premiazioni, mi sono invece incuriosita venendo a sapere che il prestigioso premio di “Album dell’anno” era stato conferito ad un’artista pop-country chiamata Kacey Musgraves, che, a giudicare dai pareri dei critici, a tanti ricorda la Taylor dei primi anni.


Ho ascoltato il disco vincitore, Golden Hour, e devo ammettere che per me è stata una rivelazione. 
Credo che buona parte della musica country sia sottovalutata da noi europei, forse perché considerata lontana dalla nostra cultura. Questo disco ne è una dimostrazione: una bellissima voce, delle melodie incantevoli, arrangiamenti ben fatti. 

Certo, per quanto riguarda i testi non mancano i grandi classici della tradizione country, come le scampagnate nel weekend sui classici camioncini, un ragazzo che fa il cowboy, un omaggio ad Elvis ed un immancabile riferimento al Tennessee, ma ci sono anche tematiche da approfondire, come la meraviglia nei confronti della natura, la forza delle donne, l’affetto per le persone più care. 


Colpisce, in questo senso, il breve testo di una canzone di soltanto un minuto e mezzo, dal titolo Mother:

Mi sento quasi bruciare dall’empatia, sento tutto
Il peso del mondo sulle mie spalle
spero che le mie lacrime non ti faranno impazzire
semplicemente vengono fuori
è la musica in me, e tutti i colori

Vorrei che non vivessimo così lontane l’una dall’altra
Sto seduta qui pensando al tempo che scivola via
e mi manca mia madre, mia madre,
lei che probabilmente è seduta là
a pensare al tempo che scivola via
ed ha nostalgia di sua madre...



La poesia del mese



Per il mese di febbraio, l’ultimo pienamente invernale prima che la stagione inizi a cambiare, ho scelto Luna d’inverno di Maria Luisa Spaziani, un componimento incantevole e malinconico al tempo stesso; in esso l’autrice si confessa divisa tra la meraviglia nei confronti del paesaggio autunnale ed il dolore per aver perso alcune persone di cui ricorda a malapena il volto.


Luna d’inverno che dal melograno
per i vetri di casa filtri lenta
sui miei sonni veloci di ladro
sempre inseguito e sempre per partire.
Come un velo di lacrime t’appanna
e presto l’ora suonerà…
Lontano
oltre le nostre sponde, oltre le magre
stagioni che con moto di marea
mortalmente stancandoci ci esaltano
e ci umiliano, poi splenderai lieta
tu, insegna d’oro all’ultima locanda
lampada sopra il desco incorruttibile
al cui chiarore ad uno ad uno
i visi in cerchio rivedrò che un turbine
vuoto e crudele mi cancella.



Le foto del mese



Il sole inizia a fare capolino sempre più, ed Otto si gode ogni singolo raggio!



Il 17 febbraio è la Giornata Mondiale del Gatto, ed io l’ho festeggiata facendo un giro con un’amica al Crazy Cat Cafè, un bar per “gattofili” in zona stazione Centrale, a Milano. Si tratta di un locale in cui è possibile mangiare e bere in compagnia di 7/8 bei gattoni disponibili per giochi e coccole!

In occasione della “festa”, il pasticcere del locale ha creato una tortina speciale, la Cat love cake: Pan di Spagna, due creme (cioccolato e miele) e pezzetti di noci! 



Per concludere questa carrellata dedicata ai nostri amici animali, ecco uno degli ospiti del locale durante il suo riposino pomeridiano!




Come già detto in un post su Instagram, febbraio è un mese che mi piace abbastanza, perché le giornate iniziano ad allungarsi, il freddo (salvo qualche colpo di coda dell’inverno) non è più così pungente nelle ore centrali del giorno e spesso c’è un venticello che fa presagire la primavera, che è, forse, il periodo dell’anno che preferisco in assoluto. 

Mi sembra incredibile che domani sia già marzo… Natale mi sembra passato da sì e no venti giorni!
Com’è stato il vostro febbraio? Tranquillo o più movimentato?
Che cosa vi è piaciuto leggere, guardare, ascoltare?
Attendo i vostri pareri!
Grazie per la lettura, ci rileggiamo in marzo! :-)

lunedì 25 febbraio 2019

BEATA GIOVENTU'

Un confronto tra padre e figlia in scena al Teatro Leonardo




Cari lettori,
come già accaduto tra ottobre e novembre, anche questo periodo di fine inverno si sta rivelando particolarmente ricco di “Consigli teatrali”.
Per un motivo o per un altro, infatti, mi è capitato spesso di assistere a spettacoli tra i più diversi, ed anche oggi vi propongo una recensione teatrale.

Lo spettacolo di cui vi parlo è stato in scena il 9 e 10 febbraio al Teatro Leonardo e si intitola Beata gioventù

Si tratta di una delle tante rappresentazioni che, visto il tema trattato, questo teatro propone anche alle scuole. Non ho potuto fare a meno di notare l’abbondante presenza di ragazzi in età scolare ed universitaria in platea, e mi sento di consigliare la visione di questo spettacolo anche agli insegnanti. 
Vediamo insieme perché!



Un padre solo ed in difficoltà



La rappresentazione ha due soli attori protagonisti: un padre ed una figlia.

Il primo dei due è interpretato da Andrea Robbiano, già protagonista di un fortunato spettacolo del Teatro Leonardo, Fuori misura, che racconta con delicatezza ed ironia vita ed opere di Giacomo Leopardi.


Egli interpreta qui il ruolo di un padre purtroppo rimasto solo dopo un divorzio piuttosto infelice: è stata la moglie a decidere di lasciarlo e di andare a vivere lontano, lasciandogli l’affidamento della figlia Nicole.
Nel momento in cui la “sua bambina” cresce e diventa un’adolescente che rifiuta in ogni modo di omologarsi agli altri, egli si sente improvvisamente in crisi ed inadatto a svolgere il suo compito di genitore.

Agli occhi della figlia, infatti, egli appare inevitabilmente conforme alla massa, con il suo abito da ufficio, i suoi discorsi sul lavoro, le sue domande sulla scuola e i suoi libri con dedica che le regala regolarmente.


Egli invece continua a donare romanzi alla figlia perché spera che ella, leggendo la carta stampata, trovi quelle parole che lui non riesce a dirle. Come l’uomo tramutato in scarafaggio della Metamorfosi di Kafka, anche lui ricorda di essersi sentito goffo, troppo alto, mal vestito, addirittura il più brutto della scuola.

Tra lui e sua figlia, però, c’è una generazione intera di differenza, ed a volte, nel tentativo di avvicinarsi a lei, egli finisce per ripetere quelle frasi scontate, come il classico “questa casa non è un albergo”, che da figlio si era ripromesso di non dire mai e poi mai in età adulta.

Come riuscire, allora, a stabilire un contatto con Nicole?



Una figlia arrabbiata e molto schietta



Ciò che il personaggio di Andrea Robbiano invidia maggiormente alla figlia Nicole, interpretata dalla giovane attrice Claudia Veronesi, è la capacità di essere sempre sincera ed anche piuttosto diretta.

Nicole, infatti, utilizza, nel corso dello spettacolo, una piccola videocamera che proietta il suo volto su un grande schermo dietro di lei, e, invece che utilizzare il classico ma forse superato diario segreto, registra i suoi pensieri, sfogandosi a ruota libera contro tutte le persone che, a detta sua, limitano la sua sacra libertà.

Ella, in particolare, è arrabbiata con tutti coloro che tentano di spingerla a studiare e di darsi da fare per “trovare una posizione lavorativa”, “fare carriera” e “diventare qualcuno”. Più che delle vere e proprie motivazioni, infatti, le sembra soltanto di sentire delle frasi fatte, che non rispecchiano la realtà.


Con il padre ha un rapporto a volte più armonioso ed altre più conflittuale, a seconda degli argomenti di discussione e della sua capricciosa attitudine da adolescente. 
Di certo ella, nel suo cuore, riconosce di volergli molto bene, perché è il genitore che ha scelto di restare con lei, a differenza della madre. 
Una parte di lei, però, soffre ancora per il divorzio e per il fatto che la sua famiglia si sia spaccata, ed il fatto che il padre sembri aver dimenticato la separazione per proseguire con il suo usuale tran tran lavorativo finisce per irritarla.



La scenografia e la casa come luogo di confronto



Nicole e suo padre vivono insieme, e la camera della ragazza costituisce, di fatto, la scenografia dell’intero spettacolo. L’unico elemento particolarmente originale è quello, già citato, dello schermo sul quale vengono riprodotte le registrazioni che fa Nicole. Per il resto, ci sono sedie, tavoli, una sorta di grata che funge da armadio, dei comodini.


Due sono gli elementi di disordine che subito saltano all’occhio allo spettatore: i vestiti ovunque e le bottigliette d’acqua mezze aperte su ogni singolo comodino. 
Il disordine della ragazza è, com’è facile immaginare, un altro elemento di discussione familiare.


Un solo angolo a destra sembra essere riservato al padre, che tiene per sé solo una sedia, una singola luce puntata su di lui ed una serie di riflessioni che rivolge al pubblico quando la figlia è assente o gli chiude la porta in faccia.



L’importanza del confronto tra padre e figlia



Se su scuola e disordine i due protagonisti riescono a trovare un accordo, c’è un altro argomento, dai risvolti sia personali che sociali, sul quale i due finiscono per scontrarsi aspramente. 
Purtroppo, dopo la litigata, il destino sembra separare padre e figlia, i quali sono costretti a ripensare separatamente ai rispettivi sbagli.


Il tema centrale dello spettacolo resta comunque l’importanza del confronto tra genitori e figli. I primi imparano a non irrigidirsi sulle loro posizioni, ad accettare il cambiamento e la novità, a ritornare adolescenti anche loro ripensando ai loro “anni difficili”. I secondi comprendono che non vale la pena di essere sempre arrabbiati e che è giusto apprezzare i genitori per quello che sono e che possono dare, senza penalizzarli per ogni minima colpa e per ogni errore, spesso fatto in buona fede.

Uno spettacolo piuttosto breve ma intenso, davvero istruttivo per i ragazzi in età scolare, ma anche per i genitori, non solo per quelli che si sentono in difficoltà.




La rappresentazione, come già detto, è rimasta al Teatro Leonardo di Milano solo per un weekend, ma non è escluso che venga nuovamente messa in scena, sia nello stesso teatro tra qualche mese (come capita spesso con gli spettacoli pensati per le scuole), sia in altre città.
Conoscete gli spettacoli didattici del Teatro Leonardo?
Avete già visto recitare Andrea Robbiano in Fuori misura (che a Milano è ormai uno spettacolo piuttosto noto) o in altre occasioni?
Spero di avervi interessato ed incuriosito!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

mercoledì 20 febbraio 2019

MI AMAVI ANCORA

Lo spettacolo di Stefano Artissunch al Teatro Agorà




Cari lettori,
per la nostra rubrica “Consigli teatrali”, sono felice di parlarvi, come già successo in novembre e qualche settimana fa, di uno spettacolo che ho visto nel mio paese, Cernusco sul Naviglio, presso il Cinema Teatro Agorà.


La sera di venerdì 8 febbraio, infatti, è andato in scena “Mi amavi ancora”, uno spettacolo per la regia di Stefano Artissunch, basato su un testo di Florian Zeller. 
I protagonisti di questa intensa e drammatica storia sono stati interpretati da Ettore Bassi e Simona Cavallari.

Dopo due spettacoli dal tono comico, molto divertenti, con Mi amavi ancora l’atmosfera in teatro cambia radicalmente. 
Vediamo insieme perché!



Una storia d’amore, lutto e gelosia



Protagonisti di questa storia sono Anne (Simona Cavallari), un medico, e Pierre (Ettore Bassi), un drammaturgo e scrittore. Essi sono sposati da più di dieci anni e vivono a Parigi, conducendo un’esistenza piuttosto agiata, tra soddisfazioni lavorative e cene con amici benestanti.


La serenità della coppia viene sconvolta da una tragedia: Pierre, mentre sta raggiungendo Nizza per una serie di conferenze, ha un incidente automobilistico e muore.

Dopo le prime difficili settimane di vedovanza, Anne decide di reagire ed inizia a sistemare lo studio di Pierre, in modo da poterlo vendere al più presto. Tra le sue carte, però, ella trova la prima stesura di una nuova commedia, che sembra essere dedicata ad un’attrice di nome Laura, della quale trova anche una lettera. 
La scoperta rende la donna improvvisamente gelosa e sospettosa: ella, infatti, inizia a ripensare all’ultimo periodo della sua vita con Pierre ed a quanto egli, nelle ultime settimane prima dell’incidente, le sembrasse lontano, distratto, talvolta persino bugiardo.


Anne cerca di scoprire la verità da Daniel, il migliore amico di Pierre, il quale però non si esprime chiaramente: da un lato la rassicura, ripetendole che il marito amava solo lei, dall’altro fa intendere che qualche “avventura” c’è stata.


La donna, allora, decide di andare direttamente a casa di Laura e di affrontarla, ma non immagina che anche il confronto con lei, invece di essere chiarificatore, darà vita ad ulteriori dubbi…



I due piani temporali



La storia che viene messa in scena si svolge in due diversi momenti, prima e dopo la morte di Pierre. 

I due piani temporali si alternano: all’inizio lo spettatore vede Anne che è appena rimasta vedova, poi assiste al ricordo di una serata dei due coniugi ancora felici sul divano del salotto di casa, poi di nuovo vede Anne che sta cercando di sgombrare lo studio di Pierre, e così via.


Il continuo scambiarsi di questi due momenti della vita della donna, che prima era sposata e poi si è ritrovata vedova, consente allo spettatore di comprendere meglio i suoi dubbi e le sue preoccupazioni. 
A detta di Daniel e di tutti gli amici, infatti, Anne e Pierre sono stati una coppia molto unita ed il loro matrimonio non aveva alcuna ombra; la donna, tuttavia, non può fare a meno di pensare ad alcune frasi sibilline che il marito le ha detto durante le loro ultime serate insieme, le quali, con il senno di poi, le sembrano quasi la confessione di un tradimento.


Lo spettatore riesce ad orientarsi tra i due piani temporali semplicemente osservando l’attrice protagonista, la quale tiene i capelli sciolti quando è ancora una donna sposata e se li raccoglie quando è invece rimasta vedova.



La scenografia, i costumi, le musiche



Questo spettacolo è ambientato nella Parigi odierna, perciò gli abiti indossati dagli attori sono piuttosto ordinari: camicia, pantaloni eleganti e gilet per Pierre; un completo elegante, ma un po’ più colorato, per Daniel; un abito rosso scuro e scarpe con il tacco per Anne; un abitino verde e degli stivaletti neri per Laura.


La scenografia è composta da tre interni, disposti in scena in modo piuttosto originale. C’è infatti un grande spazio ad altezza palcoscenico posto sulla metà del palco più vicina al pubblico, esattamente davanti a due interni più piccoli, che sono invece sopraelevati.
L’interno al piano “inferiore”, più grande, è il salotto di casa della coppia, prima custode della loro intimità e poi luogo del confronto tra Anne e Daniel.
Lo spazio sopraelevato a destra è lo studio di Pierre, ingombro di libri e di carte. 
A sinistra c’è invece la casa di Laura, dotata anche di un pianoforte, che quest’ultima suona brevemente verso la fine dello spettacolo.


Le musiche rivestono una grande importanza all’interno di questo spettacolo: se un sottofondo dal tono più pacato indica i momenti di maggiore armonia tra i protagonisti, infatti, i crescendo improvvisi rispecchiano invece la gelosia di Anne, che vede, a poco a poco, il suo dubbio quasi innocente tramutarsi nella paura che il marito non l’amasse più e la volesse lasciare dopo le conferenze di Nizza.



Il sottile confine tra vita vissuta e rappresentazione



Assistendo allo spettacolo, a mio parere, si ha quasi l’impressione che tutti i personaggi intorno ad Anne, a partire da Laura, passando per Daniel, fino ad arrivare allo stesso Pierre, stiano quasi recitando una parte, a discapito della sfortunata donna.


Laura, infatti, una volta messa alle strette, confessa con reticenza di aver conosciuto Pierre, ma cambia versione continuamente: prima ammette di averlo incontrato a teatro, poi di avergli scritto sì una lettera, ma solo per motivi di lavoro, infine fa intuire di aver avuto una relazione con lui, ma davanti a Daniel nega di averlo mai detto. 
Lo spettatore ha come la sensazione che la ragazza reciti nella vita tanto quanto fa sul palcoscenico, e che quello che stia raccontando ad Anne non sia la verità, ma solo la trama della commedia che Pierre ha scritto prima di morire.


Daniel è molto reticente con Anne, e si comprende che non vuole tradire i segreti dell’amico che ha appena perduto. Personalmente, in alcuni momenti mi è sembrato che il regista volesse sottintendere un sentimento mai dichiarato da parte dell’uomo nei confronti della vedova.


Pierre, infine, resta una figura con luci ed ombre: non si riesce a capire se ha effettivamente mentito alla moglie durante gli ultimi mesi della sua vita, o se è solo la fantasia di Anne che tramuta dei piccoli dettagli in prove di adulterio.


La donna, tuttavia, resta il personaggio più autentico dell’interpretazione, l’unica che non ha paura delle sue emozioni e che cerca in tutti i modi di arrivare alla verità, anche se chiunque intorno a lei cerca di gettarle del fumo negli occhi.




Purtroppo lo spettacolo è rimasto al Teatro Agorà solo una sera, ma gli attori hanno detto di aver iniziato da poco una tournée, quindi, se siete interessati, è possibile che questa rappresentazione si svolga anche nella vostra città!
Spero di avervi incuriosito!
Conoscevate questo testo? Per me è stata una scoperta!
Avevate già visto Ettore Bassi in teatro o, come me, solo in tv fino ad ora?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)