giovedì 28 ottobre 2021

I PREFERITI DI OTTOBRE 2021

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

eccoci arrivati alla fine di ottobre… e in dirittura d’arrivo per il ponte di Halloween!

È stato un mese piuttosto impegnativo per me: dopo un’estate piena ma rilassante, le giornate in ottobre si sono fatte molto più piene. Sono stata presa con il lavoro, sono tornata a scuola di danza (in presenza dopo un anno di videolezioni, finalmente) e, in generale, ho avuto settimane abbastanza intense, anche se, per fortuna, non proprio frenetiche. Il ponte cade a pennello! Nel frattempo, però, ricapitoliamo come al solito i miei preferiti del mese, dai libri ai film, dalla musica alla poesia!



Il libro del mese


Dopo una malinconica ma movimentata parentesi in ospedale, raccontata in Ah l’amore l’amore (di cui vi ho parlato in questo post), Rocco Schiavone è tornato in questura, armato del suo solito umor nero, ma anche di una flebile speranza di serenità, dopo che l’amico Sebastiano si è fatto vivo, anche se in modo non convenzionale. Rocco è legato a doppio filo a lui ed agli altri sue due amici d’infanzia, Furio e Brizio, e scoprire che l’uomo sembra aver accantonato il loro grave scontro di qualche mese prima gli dona almeno un po’ di pace.


La vita sta cambiando sempre più in fretta per il burbero vicequestore: Gabriele, l’adolescente per il quale egli, per mesi, era stato una sorta di figura paterna, è diretto a Milano insieme alla madre, la quale, dopo tante difficoltà – prima tra tutte una pericolosa dipendenza dal gioco – ha accettato un nuovo lavoro. Allo stesso tempo, Sandra Buccellato, la giornalista con la quale si è prima scontrato e poi riappacificato, sembra intenzionata ad iniziare una storia con lui. Due cambiamenti non da poco per un uomo come Rocco, che ama e odia la solitudine allo stesso tempo ed accetta nella sua vita solo pochissime persone ben selezionate.


Egli è ancora , almeno in parte, in convalescenza, quando un nuovo caso di “rottura di coglioni del decimo grado”, come la chiama lui, gli piomba sulle spalle: un nuovo caso di omicidio, stavolta avvenuto in un ambiente decisamente altolocato. Una professoressa universitaria di età ormai piuttosto avanzata, Sofia Martinet, viene trovata uccisa nel suo prestigioso appartamento. L’ambiente quieto della casa, ricca di libri, quadri e mobili in legno che la rendono più simile ad un’accogliente biblioteca che ad una casa privata, contrasta fortemente con la brutalità dell’omicidio: la donna è stata colpita alla testa e, nel sottrarle un anello di cui è rimasto solo il segno, l’assassino le ha rotto un dito, quasi sicuramente post mortem.


La professoressa operava principalmente nell’ambito della storia dell’arte ed era specializzata in Leonardo Da Vinci, personaggio non solo da sempre molto quotato, ma anche, quasi per definizione, misterioso. Alcuni studi degli ultimi anni della Martinet avevano suscitato rabbie e gelosie nei colleghi, e Rocco, per capire meglio quali potrebbero essere i nemici della vittima, si deve immergere nell’ambiente accademico. Nemmeno la vita privata della donna, però, sembra esente da sospetti.


Il caso da risolvere è impegnativo, ma in questura molti hanno altro a cui pensare.

L’imbranato poliziotto Deruta, che in compagnia di D’Intino forma un duo alla “Stanlio e Ollio”, non è più in condizione di tenere nascosto un segreto relativo alla sua vita personale e si sente ad un bivio, forse il più importante della sua vita.

Il medico legale Fumagalli e la responsabile della Scientifica Michela Gambino sono diventati una coppia a tutti gli effetti ed organizzano stravaganti cene che sono più che altro dei pretesti per bere vino, occasioni sociali a cui il vicequestore si sottrarrebbe volentieri ma finisce per prendere parte, con Sandra al seguito.

Italo ha ripreso a giocare, nascondendolo a Rocco che però l’ha capito lo stesso, e l’amicizia tra i due è appesa ad un filo.


Rocco stesso non fa che ripensare alla ricomparsa di Sebastiano ed al fatto che l’amico sia ancora in cerca di vendetta per la morte di sua moglie Adele, uccisa al posto del vicequestore per una tragica fatalità. Il vecchio amico, però, non è l’unica persona a tornare da un recente e doloroso passato: c’è anche Caterina, una giovane collega di cui Rocco pensava di essersi innamorato, prima di scoprire il suo inganno ed i suoi legami con alcune importanti personalità delle Forze dell’Ordine e della Magistratura che da tempo lo sorvegliavano. Non fidarsi di lei sembra la scelta più giusta, ma forse stavolta la donna è davvero pentita ed intenzionata sinceramente ad aiutarlo.



Vecchie conoscenze è l’ultimo romanzo, almeno per ora, della serie che ha per protagonista il burbero vicequestore romano Rocco Schiavone, in trasferimento punitivo ad Aosta. Ogni volta che esce un nuovo capitolo della serie mi faccio prendere da un piuttosto irragionevole ottimismo e spero che questa volta Rocco uscirà dalla difficile elaborazione del lutto e dalla sua depressione, che stavolta gli succederanno solo cose belle, che la sua vita avrà un netto cambiamento in positivo.


E invece no, Rocco Schiavone è il protagonista di un vero e proprio noir, di una storia a tinte fosche con qualche sporadico sprazzo di luce. La felicità si trova in brevi momenti imperfetti, in rapporti traballanti ma che in qualche modo sono di conforto, nell’intesa con altre persone che sono state schiaffeggiate dalla vita… ed è comunque sempre in misura minore rispetto alle delusioni ed all’infelicità. Voi sapete, cari lettori, che io il più delle volte cerco di essere una persona positiva, quindi ammetto che talvolta ho provato un po’ di frustrazione nel leggere che al povero Rocco Schiavone, già duramente provato dalla vita, ne capitano costantemente di tutti i colori. Manzini non scrive storie di redenzione e cambiamento, ma ha l’immenso coraggio di raccontare, senza edulcorare niente, la vita di una persona che vede tutto attraverso lenti nere, e questo è, allo stesso tempo, la meraviglia e la difficoltà di questa serie.


Inoltre, in questo romanzo compare un tema che mi sta particolarmente a cuore, ovvero il ruolo degli intellettuali nella società. A questo proposito vorrei lasciarvi una piccola citazione del romanzo, con l’opinione di Rocco Schiavone su questo argomento. Condivido davvero ogni parola!


Le accademie, vicequestore, sono importanti quanto i commissariati.”

Non lo metto in dubbio. Per questo dovrebbero fare il loro mestiere. Contribuire, stare in mezzo alla società civile, fare sentire la propria voce. Invece siete rintanati nei vostri microlaboratori, nelle aule dell’Università, che i ragazzi ignorano appena passato l’esame, e avete lasciato il campo alla peggio feccia. Zozzoni ignoranti, cafoni impreparati che sono diventati i maestri del saper vivere. Loro troneggiano dalle televisioni e pontificano dai quotidiani, voi vi ammazzate per un libro scritto nel 1000 dopo Cristo. E avete la responsabilità di questo imbarbarimento. Ma qual è il problema? Avete paura della realtà?”



Il film del mese


Per il mese di ottobre ho pensato di proporvi una delle mie commedie preferite, con un’ambientazione ideale per il periodo, di cui però non vi ho ancora mai parlato: Un’ottima annata.


Il protagonista di questa divertente e romantica storia è Max Skinner, un uomo ambizioso che da anni lavora come broker esperto di finanza in uno dei palazzi della City. Le sue giornate sono tutte uguali: un milione di ore in ufficio, maltrattamento dei sottoposti, esasperazione della segretaria, qualche timido complimento da parte del suo avvocato (che mi fa morire dal ridere ogni volta). Non esistono né weekend né vacanze, una vera relazione non è nemmeno contemplata ed i rapporti con la famiglia si sono interrotti da tempo. Una notizia imprevista arrivata dalla Francia, però, sconvolge i piani di Max: suo zio Henry, un produttore di vini che viveva in Provenza, è venuto a mancare, e lo ha nominato suo unico erede. Max era molto legato allo zio, perché da bambino aveva trascorso delle estati con lui, e forse l’uomo era l’unico ad averlo visto per quello che era veramente: un ragazzino furbo e sempre desideroso di vincere, ma anche capace di dolcezza ed allegria.


Max arriva in Provenza deciso più che mai a vendere il castello con le vigne ed a tornare a Londra dopo aver incassato un mare di soldi ed aver sepolto anche i ricordi, ma una volta sistematosi lì, una realtà del tutto diversa da quella a cui è abituato lo travolge: la vigna, che fa un vino imbevibile (ed è un vero mistero, perché zio Henry era un esperto); i collaboratori della tenuta, che all’inizio sembrano ostili, ma poi imparano a conoscerlo e lo accolgono; l’arrivo di una ragazza americana, Kristy, che si presenta come la figlia di Henry; l’incontro con Fanny, la proprietaria del bistrot locale.



Un’ottima annata è la storia di un ritorno alle radici, di una ri-scoperta di se stessi. Il protagonista Max, inseguendo il successo, ha perso se stesso ed i valori che zio Henry gli aveva insegnato. Gli ci vuole un po’ per rendersi conto di essere diventato una sorta di macchina “fabbrica-soldi”, ma, tra cene conviviali e chiacchierate più profonde, tra nuovi affetti ed un’inattesa scoperta, egli capirà che è giunto il momento di ripartire da ciò che ama davvero.


Non una nuova uscita, ma sempre piacevole da rivedere!



La musica del mese


Così come a marzo vi ho proposto come tema l’arrivo della primavera ed a giugno l’inizio dell'estate, così oggi parliamo di atmosfere autunnali.


Per quanto riguarda la musica classica, vi consiglio Ottobre, un brano appartenente alle “Stagioni” di Tchaikovsky, che trovate a questo link.



In questa stagione si possono trovare su YouTube delle musiche rilassanti a tema “Foresta in autunno” e “Suoni della natura”. Io le trovo ideali per accompagnare le attività domestiche… per immergerci nelle atmosfere del bosco autunnale anche dopo una giornata di lavoro e doveri in città! Potete trovare un video di questo tipo a questo link, ma ce ne sono moltissimi.



Non sarebbe autunno per noi fan di Taylor Swift senza l’album autunnale per eccellenza della sua discografia, ovvero Red. Tra un paio di settimane, venerdì 12 novembre, uscirà una sua speciale ri-edizione con alcuni inediti (come Taylor ha già fatto in primavera con il disco del 2008 Fearless) e sono più che curiosa! Quando è stata annunciata l’uscita della nuova edizione di Red era appena iniziata l’estate ed ero piuttosto impaziente, ma ora sono contenta che questo disco arrivi in una nuova veste proprio in autunno, nella stagione giusta. Una delle canzoni che aspettiamo con più curiosità è la versione integrale (che pare durerà addirittura 10 minuti) di All too well, uno dei brani preferiti in assoluto di noi fan. Vi lascio un estratto del testo!

Qui trovate la canzone nella sua “vecchia” versione, mentre a questo link trovate il primo post del mio progetto su Taylor dell’anno scorso.


Ho attraversato la porta con te

l’aria era fredda

ma qualcosa in proposito, in qualche modo,

sembrava casa

ed ho lasciato la mia sciarpa lì,

a casa di tua sorella,

e tu ce l’hai ancora nel tuo cassetto, persino adesso


Oh, la tua “Sweet disposition” ed il mio sguardo spalancato

stiamo cantando in macchina,

perdendoci da qualche parte (upstate)

le foglie d’autunno cadono come pezzetti al loro posto

e posso immaginarmelo ora, dopo tutti questi giorni


E so che è passata, che la magia non c’è più,

e può essere tutto ok, ma non sto bene per niente


Perché siamo qui di nuovo, nella strada di una cittadina,

tu hai quasi bruciato il rosso perché mi stavi guardando,

vento nei miei capelli, io ero lì,

me lo ricordo fin troppo bene...



La poesia del mese


Trovo che l’atmosfera ottobrina sia descritta perfettamente in questo componimento di Ada Negri, dal titolo Sole d’ottobre.


È così pura questa

gioia fatta di luce ed aria: questa

serenità ch’è d’ogni cosa intorno

a te, d’ogni pensiero entro di te:

quest’armonia dell’anima col punto

del tempo e con l’amore che il tempo

guida.

Non più grano, né frutti ha ormai la

terra

da offrire. Sta limpido l’Autunno

sul riposo dell’anno… il fisso

azzurro, immemore

di tuoni e lampi, stende il suo gran

velo

di pace sulle rosseggianti chiome

delle foreste. Quand’è falciata

la spiga, spoglia la pannocchia,

rosso

il vin nei tini, e le dorate noci

chiaman l’abbacchio, e fuor del

riccio scoppia

la castagna, che importa la

minaccia

dell’Inverno, alla terra? …

Trasparente luce

d’ottobre, al cui tepor nulla matura

perché già tutto maturò: chiarezza

che della terra fa cosa di cielo.



Le foto del mese


Un giorno soleggiato di inizio ottobre sono tornata a Monza, una bella città della mia zona dove non andavo da un bel po’, non solo per le restrizioni Covid, ma anche perché, tra comodità con i mezzi pubblici e amicizie, spesso mi è più facile andare a Milano. Ho visitato il Duomo che è stato appena restaurato, ho fatto una passeggiata ed ho fatto un po’ di shopping in un negozio di scarpe in cui mi trovo bene e non andavo da parecchio.



In autunno le mattinate a passeggio tra il parco di Cernusco ed il Lungo Naviglio sono un grande classico. Una domenica mattina ero da sola, mi sono mossa presto ed ho fatto l’osservatrice della natura: ho trovato un airone cinerino “a pesca” nell’acqua bassa del Naviglio e l’ho anche ripreso. Piero Angela, sto arrivando…!



In queste settimane ho sperimentato alcune paste fresche artigianali che ho portato a casa da Varazze. Quelle che mi incuriosivano di più e che ho aperto per prime sono le linguine al nero di seppia. Le ho cucinate in due modi: “in bianco” con olio, aglio, gamberetti sgusciati e zucchine a pezzetti, più delicate, e “in rosso”, come le vedete in foto, con un saporito sugo al tonno. Devo dire che le promuovo…!



.weekend di Halloween, però, qui in Lombardia è sinonimo soprattutto di biscotti Pan dei Morti e di torta paesana. Per la prima volta ho provato a cucinare quest’ultima da sola. Non è particolarmente complesso: una volta messo a bagno il pane secco nel latte e fatto passare il composto nel mixer, basta aggiungere cacao, uvetta fatta riposare in vino/liquore, amaretti sbriciolati e pinoli o noci (che io ho preferito). In famiglia è piaciuta molto!




Ecco il mio ottobre in breve!

Come sempre, alla fine di questo mese, vi auguro… HAPPY HALLOWEEN!

Che programmi avete per il Ponte? Io ho un impegno sabato con una mia amica: si tratta di una sorpresa che mi ha fatto lei e che mi ha prenotato in occasione del mio compleanno, e ve ne parlerò presto. Tra domenica e lunedì, invece, me ne starò un po’ in relax in famiglia e uno dei due giorni forse faremo un pranzetto a base di castagne.

In ogni caso, vi auguro giorni sereni.

Grazie per la lettura, ci leggiamo in novembre :-)


lunedì 25 ottobre 2021

CONSIGLI DI LETTURA PER HALLOWEEN

 Due romanzi gialli/noir... da brivido



Cari lettori,

ottobre è già quasi volato e domenica sarà Halloween, la festa più spaventosa dell’anno! Se mi seguite da un po’, sapete che sono in “cordiali rapporti” con la giornata del 31 ottobre: non mi posso considerare una sua fan, ma nemmeno una detrattrice come quelli che ogni anno protestano per le sue origini pagane. Io la trovo un’occasione divertente, soprattutto per i bambini e per chi ama libri e film da brivido. 

Anche se non rientro in nessuna di queste due categorie (su quella dei bambini si potrebbe obiettare, lo so), mi fa piacere dedicare un post a questa festa “da incubo”. L’anno scorso ci eravamo divertiti insieme con un TAG che potete trovare a questo link. Quest’anno ho pensato di proporvi (oggi, perché giovedì ci saranno i soliti preferiti del mese) un paio di romanzi che, tra tutti quelli che ho letto nell’ultimo periodo, potrebbero essere considerabili come “da brivido”.


Non sono degli horror – penso che ormai tutti sappiate che non sono una cultrice del genere – bensì dei gialli/thriller con elementi piuttosto inquietanti.


Nonostante il mio buon proposito di darvi dei validi consigli per la festa di Halloween, preferisco dirvi fin da subito che non si tratta di recensioni positive al 100%. Sono libri che, nel complesso, vi segnalo volentieri per questa settimana horror, ma nei quali non ho potuto fare a meno di rilevare qualche pecca: piccola e del tutto soggettiva nel secondo romanzo, purtroppo piuttosto grande nel primo.

Senza perdermi ulteriormente in preamboli, passo a parlarvene più nel dettaglio!



La confraternita delle ossa, di Paolo Roversi


La prima indagine di Enrico Radeschi, qui ancora giornalista giovane ed alle primissime armi, inizia durante le vacanze di Natale tra 2001 e 2002, quando sta per iniziare una notte di Capodanno molto speciale: quella in cui, per la prima volta, i bancomat distribuiranno euro e non lire.


Nella centralissima Piazza dei Mercanti un avvocato molto in vista, caracollando dopo aver ricevuto una pugnalata, traccia con il dito ed il suo stesso sangue un simbolo misterioso tra le colonne, poi si accascia e muore. La notizia trapela subito e giunge alle orecchie dell’uomo che sta sottoponendo ad Enrico un colloquio di lavoro. Il giornalista non trova di meglio da fare che portarsi sulla scena del crimine l’aspirante collaboratore, ma finisce per avere un malore e per lasciarlo solo.


In Piazza dei Mercanti, nel frattempo, è arrivato anche il vicequestore Loris Sebastiani, furioso per le vacanze che hanno preso il volo.


Il primo incontro tra lo scorbutico poliziotto e il quasi giornalista è tutto tranne che cordiale, soprattutto perché quest’ultimo è consapevole di aver perso in un colpo sia probabile datore di lavoro che il posto stesso.


Le vite dei due riprendono separatamente, l’uno tra la questura e la sua ricca casa da divorziato della Milano bene, l’altro in un appartamento scalcagnato con uno studente nerd come coinquilino.


La città, però, sembra non avere pace. Durante la notte, o nei momenti in cui pare che la tranquillità la avvolga, dei personaggi incappucciati con nomi in codice si trovano in una cripta a compiere riti a dir poco inquietanti. Tra le mura della Chiesa ci sono persino degli assassinii, che la polizia registra come sparizioni di cittadini illustri.


Inoltre, una spaventosa catena di delitti crea il panico: alcuni ragazzi sono stati trovati cadavere, incatenati nei loro letti o in vari punti della città. Tutti quanti erano stati visti allontanarsi da qualche locale con una bruna misteriosa ed il sospetto che ci sia una serial killer inizia a diventare tangibile.


Due piste, quella della confraternita di ricchi e quella della Mantide degli studenti, che sono come due rette parallele destinate a non incrociarsi. Eppure proprio su di esse si incontrano ripetutamente la polizia da una parte e Radeschi dall’altra. Quest’ultimo, nel frattempo, ha deciso di giocarsi un’altra carta oltre a quella del giornalismo: grazie alle abilità del suo coinquilino, ha iniziato a muovere i primi passi nel mondo dell’informatica. Sia il fiuto che la tecnologia gli saranno di grande aiuto nell’affiancare la polizia nella risoluzione di entrambi i casi.



La confraternita delle ossa nasce come “prequel” della fortunata serie noir-thriller dell’hacker Radeschi, della quale vi avevo già parlato in questo post. L’idea di tornare alle origini e farci vedere in che cosa si è evoluto un giovanotto di belle speranze è molto buona; il giallo è più che coinvolgente e ci sono atmosfere da brivido che in questo periodo dell’anno sono proprio perfette; lo stile, come avevo già notato, è molto scorrevole. Perché, allora, non posso promuovere del tutto questo libro?


Perché, mi spiace dirlo, ma ci risiamo. Già in questo post ed in questo, nel mese di settembre, mi ero rammaricata di aver trovato questioni di parità di genere trattate in modo sbagliato in alcuni romance. Qui purtroppo siamo passati dalla padella alla brace: Enrico Radeschi e Loris Sebastiani sono due maschilisti fatti e finiti, e, in generale, l’autore non rende giustizia ai personaggi femminili. Paradossalmente, quella che ne esce meglio è la famosa serial killer, che rischiava di essere la più stereotipata, e invece alla fine è il meno peggio, perché le altre donne di questo romanzo sono poco più che comparse, ridotte bidimensionali dalla “voglia di fare conquiste” (siamo diplomatici, va’…) dei protagonisti maschili. Non ci sono donne in questo romanzo, ma semplici obiettivi del male gaze. Avevo già notato qualcosa di simile negli altri due capitoli della serie che avevo letto, ma qui il problema è come minimo raddoppiato ed a questo punto tre indizi fanno una prova, ed anche basta.


Qualche esempio per farvi capire meglio.

Enrico Radeschi, che per altri versi è davvero un buon personaggio, da questo punto di vista è così mentecatto che si trova davanti una ragazza che ha subìto da pochi giorni una tragedia familiare e, mentre lei gli parla, lui pensa solo a… sì, avete capito benissimo. E ovviamente chi potrebbe resistergli? “Finalmente è successo!” (Cit.)

Loris Sebastiani invece esce solo con ragazze con la metà dei suoi anni che tratta malissimo e considera dotate del cervello “di una libellula” “di una mosca” “di una zanzara” (inserire insetto a piacere). Perché invece lui che a cinquant’anni fa il finto giovane, è rimasto palesemente scottato dalla ex moglie ma recita la parte del duro senza sentimenti (a mo’ di adolescente riottoso) e, alle soglie del XXI secolo e pur vivendo a Milano, considera i settori della moda e del design dei mestieri da stupidi… lui è un luminare, vero? Quanto mi sarebbe piaciuto che una qualunque delle sue amanti, ad un certo punto, si scocciasse, gli dicesse “Ti dedico una canzone!” e poi gli schiaffasse sotto il naso Dimmi cosa pensi di me di Olmo e Vanette (chi dimentica è complice, e chi era troppo giovane la trova qui).


Scherzi a parte, non posso bocciare in toto il romanzo, perché non sarei onesta. Senza questi siparietti, vi avrei consigliato senza indugi un bel giallo/noir che funziona davvero (e sapete che l’ho fatto con tanti altri romanzi del genere). Ma il problema c’è, e non vi nego che al momento la mia voglia di leggere altri libri della serie ha un po’ preso il volo. Quindi, nel dubbio, ho avvisato anche voi!



I delitti della Salina, di Francesco Abate


Cagliari, inizio ‘900. Clara Simon è una ragazza ricca e di buona famiglia, che vive con il nonno, un imprenditore che ha occhi solo per lei. Sono tutto quel che resta della loro famiglia, dopo che il padre di Clara, il capitano Francesco Paolo Simon, è risultato disperso in mare dopo un’impresa eroica, e la madre, una ragazza cinese del porto di umili origini, è morta di parto. Clara è considerata una “mezzosangue” e guardata con diffidenza dall’alta società cagliaritana, mentre i popolani, soprattutto quelli del quartiere asiatico, la considerano con simpatia.


Come se questo non bastasse già a renderla diversa, Clara è anche una donna lavoratrice, almeno part-time. Da qualche tempo ella scrive per “L’Unione”, ma anche lì ha vita difficile: non può firmare i suoi pezzi perché è donna, ed il suo carattere determinato l’ha già portata a scontri con i superiori e sospensioni dal servizio.


Clara è tenace, ha in sé sia la nobile fierezza paterna che lo spirito concreto della madre e, soprattutto da quando sono spuntate delle ipotesi a proposito della scomparsa di suo padre, è in costante ricerca della verità.


Così, quando una sigaraia del porto, la rappresentante sindacale di una categoria già povera e vessata, le confida di essere venuta a conoscenza di strani avvenimenti, non può fare a meno di cercare di saperne di più. Nella Salina di proprietà di un uomo ricco a cui Clara ha già rotto le uova nel paniere più di una volta, e dove lavorano i condannati ai lavori forzati, è stato ritrovato il cadavere di un picocius de crobi, uno dei tanti orfanelli che riempiono gli angoli della città e che vivono di espedienti.


Il ragazzo ritrovato è solo l’ultimo di una lunga serie di macabre scoperte dei carabinieri: da settimane, i piciocius de crobi spariscono, o vengono trovati non solo morti, ma in condizioni miserevoli.


La Salina incriminata è vicino alla casa al mare del Poetto che Clara ha eletto a suo piccolo rifugio spirituale, il luogo dove si nasconde a correggere bozze dopo aver scritto un pezzo troppo sovversivo ed essere stata demansionata. Con l’aiuto della sigaraia che l’ha informata, da tutti chiamata “Sarrana”, del giovane collega Ugo Fassberger, che l’ha sempre sostenuta, e del tenente dei carabinieri Rodolfo Saporito, che è troppo sveglio per seguire sempre le indicazioni dei superiori, ella decide di cercare di far luce sul mistero.


Tra rivolte sindacali represse nel sangue e bambini aggrediti, potenti che si spalleggiano e povera gente che nasconde i suoi segreti, Clara dovrà affrontare molte sue paure e troverà sulla sua strada delle situazioni a dir poco traumatiche, ma, per quanto amara, la verità verrà a galla.



I delitti della Salina, finalista al premio Scerbanenco del 2020, è un giallo storico, genere che non smette di conquistarmi. L’ambientazione in stile belle Époque è curata e ben descritta, ed è stato un vero sollievo, dopo aver terminato l’altro romanzo di cui vi ho parlato in questo post, leggere un libro con una signora protagonista femminile, coraggiosa e determinata, dalla mentalità più che aperta per i tempi e conscia sia dei suoi privilegi che delle diversità che la rendono oggetto di discriminazione.


Gli elementi “Halloween” potrebbero non emergere granché da questa recensione, ma, tra mutilazioni e fatti di sangue di ogni genere, vi assicuro che non mancano. Io poi, dopo le mie recenti esperienze lavorative con i più piccoli, mi sono resa conto di essere diventata ancora più sensibile quando si tratta di soprusi contro i minori.


C’è anche qualche sfumatura romance, perché i rapporti tra Clara, Ugo e il tenente Saporito si tramutano ben presto in un triangolo amoroso, anche se un po’ sui generis: i due uomini spasimano palesemente per Clara, mentre lei non va oltre una sincera amicizia per il primo ed una certa curiosità per il secondo, forse un pochino sospetta ma non ancora manifesta. Magari ci sarà un sequel e sapremo qualcosa di più, o magari sarà l’inizio di una serie…!


In tal caso, spero in uno stile più scorrevole. Tra tanti lati positivi, devo riscontrare questa mia difficoltà: per me è stata una lettura molto lenta, graduale, densa di informazioni da apprendere e riflessioni da assimilare. La storia, come avete visto, ha tanti punti di forza, ma lo stile è davvero complesso e mi sono distratta un po’ troppo spesso. Ovviamente è un mio punto di vista, anzi, spero di trovare tra i commenti qualcuno di voi che mi dirà: “Ma no dai, io l’ho divorato!”. Mi sembra giusto però dirvi che secondo me questa è più una lettura da meditazione che un gira-pagina da pochi pomeriggi… o da leggere in un contesto di vacanza tra tante distrazioni, come ho fatto io. Ma le sere autunnali, da questo punto di vista, potrebbero essere perfette!




Ok, mi sono un po’ sfogata, soprattutto nella prima recensione, ahah :-)

Fatemi sapere che cosa ne pensate: conoscete gli autori?

Avete letto qualche loro romanzo? Vi sono piaciuti?

Aspetto giovedì per augurarvi un buon ponte di Halloween.

Nel frattempo grazie per la lettura e al prossimo post :-)

mercoledì 20 ottobre 2021

L’UNICA VERITÀ CHE CONOSCO

 Storytelling Chronicles: ottobre 2021




Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di ottobre con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles”!

L’anno scorso avevamo dedicato questo mese alle atmosfere spettrali da Halloween ed ero stata ben felice di proporvi un racconto da brivido, intitolato “L’incubo” (che trovate qui).


Quest’anno la nostra amministratrice Lara ci ha fatto scegliere, con un trabocchetto piuttosto ingegnoso, un paio di cliché autunnali. A me sono capitati il colore arancione e le foglie!


La mia scelta odierna costituisce una novità: per la gioia delle mie compagne d’avventura che me l’hanno chiesto più di una volta, ho deciso di provare a scrivere un sequel di uno dei miei racconti. La storia in questione è Ricominciare, un chick lit scritto a luglio in esplicito omaggio alla Kinsella, che trovate in questo post.


Elisabetta (o Betty, per chi già la conosce), una maestra con la passione per la scrittura, ed Enrico, un giornalista senza peli sulla lingua, questa volta lasciano il paese di mare toscano dove vivono per un weekend fatto di atmosfere autunnali e rivelazioni. Buona lettura!



L’UNICA VERITÀ CHE CONOSCO


Okay, niente panico. Niente panico.

Se la didascalia su Amazon lo definisce uno “zaino pratico e capiente” ci sarà pure un motivo, no? Ora mi siedo, impilo e piego nuovamente tutto, e con un po’ di pazienza riuscirò a chiuderlo.

Ma perché mi faccio sempre convincere?


Dai Eli, non puoi mancare! Giorgio conosce benissimo il Monferrato! Non fare la pigra, non puoi perderti questo weekend!”

Io non volevo fare la pigra, dannazione. Solo che l’estate, la mia stagione preferita, è terminata, e in questo periodo dell’anno sono sempre un pochino giù di corda. Due weekend fa lo stabilimento dove abbiamo l’ombrellone di famiglia ha definitivamente smontato tutto e chiuso i battenti fino alla prossima Pasqua, ed io pensavo semplicemente di rilassarmi questo weekend. Le prime settimane di ripresa della scuola sono state a dir poco frenetiche, e… insomma, che ci sarebbe stato di male a passare un paio di giorni un po’ tranquilli? Che c’è di malvagio in una mattinata passata a scrivere per il mio sito di racconti, in un pomeriggio al parco a godersi gli ultimi soli, in una cena tranquilla nella pizzeria sotto casa?


Okay, lo ammetto. Forse sono un po’ pantofolaia. Ma a me l’idea di questo weekend nel Monferrato sarebbe piaciuta di più se fossimo andati meno all’avventura. Non dico un hotel a cinque stelle, ma un semplice bed and breakfast come tanti sarebbe stata così una cattiva idea?

E invece no: Giorgio, il fidanzato di Francy, nonché appassionato di montagna e trekking, ci porta in una specie di casa diroccata trovata su non so quale Air BnB.

Ecco perché, non contenta di aver passato la mattinata a correre dietro ai bambini facendo educazione motoria in ben due classi, adesso mi ritrovo a fare ulteriore fatica fisica per chiudere questo mega zaino ordinato in settimana, che sul sito sembrava di un bel color zucca ed invece, a guardarlo, assomiglia più ad un mucchio di foglie trascinate dal vento, travolte dal fango e pestate da una ventina di paia di stivali.


Ho dovuto mettere dentro pure il sacco a pelo, per la miseria. In che razza di posto andiamo, se non ci sono nemmeno i letti fatti?

Mi rifiuto di infilare solo cose pratiche, comode e calde in questa sottospecie di mostro fatto a mo’ di zaino. È un weekend con gli amici, avremo di sicuro in programma un bel sabato sera ed andremo a degustare vini del Monferrato (anche perché credo che ad un certo punto ne avrò bisogno).

In fondo che peso vuoi che tengano un paio di bei vestiti da mezza stagione? Quanto alle collant, è una verità risaputa che si spaccano sempre quando sei fuori casa, e poi fino all’ultimo momento non si sa mai quale sia più adatta al vestito che indossi ed al tipo di serata che ti aspetta, giusto? Non voglio certo rovinarmi il look con una calza a rete fuori luogo. Una color carne? Sì, ci vorrà. Reprimo un brivido di freddo psicosomatico all’idea delle influencers che le dipingono come il demonio e stanno a gambe nude e sandali pure in gennaio, ed infilo una quinta bustina nello zaino. Mi sa che le decolleté con il tacco squadrato occupano troppo spazio, ma come posso portare quelli a rocchetto se c’è il rischio di andare sullo sterrato?

Va bene, va bene. Relax. Fai un bel respiro, Eli. Sarà un weekend fantastico e ti divertirai. Mi guardo allo specchio. Il sudore mi sta colando dalla fronte e mi sento già stanca. Chi ha detto che partire il venerdì sera dopo una settimana di lavoro è rilassante probabilmente passa i weekend alle terme con un trolley griffato.

Con un ennesimo sbuffo, mi ficco sotto la doccia prima che Francy e Giorgio siano costretti ad aspettarmi.



Mezz’ora e un paio di perdite della pazienza dopo, sono pronta per chiudere il mio appartamento e salire sulla macchina di Giorgio. Solo che ad attendermi non c’è l’utilitaria scura che mi aspettavo, ma una specie di scassone basso e lungo, color grigio indefinito. E alla guida c’è Enrico.

Certo che questo venerdì sta andando di bene in meglio.


* * *


Devo essere onesta.

Da quel giorno di luglio in cui io ed Enrico ci siamo trovati sotto l’ombrellone a discutere della riapertura del mio sito di racconti e della mia partecipazione al concorso letterario, l’ho un po’ rivalutato.


Pensavo che fosse uno sbruffone che vuol far sapere a tutti di essere sempre sul pezzo con l’attualità e la politica, che schifasse chi ha dei gusti nazional popolari e che, di conseguenza, io gli stessi antipatica. Quel giorno sotto l’ombrellone, però, tra un giornale ed un caffè, era stato lui, con poche parole di riflessione, a darmi la spinta giusta per fare quello che dentro di me già sapevo fosse giusto.


Ammetto che è stato gentile a venire, un mesetto fa, alla premiazione del concorso. Non lo credevo possibile, ma Ricominciare ha vinto il primo premio della categoria “Narrativa in rosa”. È stata una serata magnifica in cui sono stata attorniata dall’affetto di parenti ed amici, e mi ha sorpreso che arrivasse anche Enrico. Era in ritardo ed era l’unico dell’angolo stampa senza cravatta, ma quel che conta è il pensiero, no? Quella sera, poi, esibiva un sorriso quieto e soddisfatto che contrastava con i suoi soliti ghigni strafottenti, come se anche lui fosse fiero di me.


Quindi sì, insomma. So che è una brava persona. Però nella vita di tutti i giorni è insopportabile.


Ciao Betty! Non mi aspettavo che venissi anche tu, principessina. Che hai messo nello zaino, l’abito lungo?” è il suo esordio appena ho finito di piazzare lo zaino nel bagagliaio più che stipato, ho salutato Francy e Giorgio e mi sono accomodata piuttosto di malavoglia sul sedile anteriore.

Senti chi parla” replico piccata per il fatto che ha quasi azzeccato il contenuto del mio bagaglio. “Sei sparito per settimane! Che dovevi fare, il portavoce del Presidente della Repubblica?”

Si chiamano Elezioni Amministrative, sai com’è” è la sua risposta. “Che c’è, hai sofferto la mia mancanza?”

Sarà un lungo weekend.


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Le mie già esili speranze che qualcuno si ribellasse all’insana idea di Giorgio di darci all’avventura e proponesse un Bed and Breakfast all’ultimo minuto si sono infrante quando abbiamo raggiunto l’altra macchina di partecipanti ed ho notato che Paola e Marco avevano lasciato il piccolo Daniele dai nonni. Nemmeno la scusa del pargolo che potrebbe avere freddo ed ammalarsi… miseriaccia.


Il viaggio è andato nel migliore dei modi possibili, nel senso che Enrico ci ha esasperato per due ore con una sorta di comizio sui risultati delle amministrative ma almeno sa guidare piuttosto bene e siamo arrivati sani e salvi. Anche il venerdì notte è trascorso senza troppi danni: la casa era grande, isolata e con i letti privi di biancheria, come temevo, ma era anche ben riscaldata. C’era una sala da pranzo ampia con un grande tavolo e un bel piano cottura; Giorgio e Francy hanno improvvisato un risotto alla zucca, abbiamo passato la serata tra digestivi e partite a carte e finalmente mi sono un po’ rilassata.



Il sabato mattina si presenta come un capolavoro. Ci siamo svegliati di buon’ora e, seguendo le istruzioni del nostro ospite esperto della zona del Monferrato, abbiamo iniziato il nostro percorso di trekking tra i colli.


Mi aspettavo di avvertire la stanchezza dopo poco tempo e di rimpiangere il mio progetto di un weekend casalingo, invece sto bene. È mattinata inoltrata e il sole è a metà strada tra alba e zenit: i raggi trasversali cadono sul bosco di aceri che stiamo attraversando, creando una luce aranciata dai toni magici. 

Possono farmi tutte le battute che vogliono sulla mia omonima regale Betty e sul mio essere principessina, ma la verità è che, mentre mi fermo a raccogliere foglie dal giallo brillante al rosso cupo ed osservo i giochi di sole e foglie, mi sento proprio come Aurora nel bosco. Mi hanno sempre accostata a Merida per i lunghi capelli ricci color rosso mattone, ma la regale fanciulla adottata dalle tre fatine è proprio la preferita del mio cuore. Quell’angolino là in fondo, poi, sembra proprio il punto in cui lei e Filippo si mettono a guardare il tramonto. Che voglia di cantare So chi sei, vicino al mio cuor ognor sei tu; so chi sei, di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu… Ecco, ti pareva che qualcuno non mi facesse pat-pat sulla spalla. Una non può neanche restare davanti ad una ringhiera panoramica a sognare in pace…!

È Enrico. Ci avrei scommesso.

Lo so, non sono il principe Filippo, mi dispiace.”

Odio quando mi legge nella mente.

E allora perché hai disturbato il mio sogno ad occhi aperti?”

Perché gli altri sono andati avanti. Già sei lenta e fai giri a vuoto, vuoi proprio perderti!”

Non sono lenta!”

Il suo solito sguardo sornione al di là degli occhiali mi conferma che forse è il caso di sognare di meno e camminare di più.

Va beh, ho capito. Andiamo. Spero che al termine di questo percorso ci siano un bel piatto di agnolotti e un fiasco di vino gigante.”

Stasera vedrai, Betty” replica Enrico, all’improvviso misterioso. “Sono sicura che ti piacerà. Portati il tuo vestito lungo da principessa, poi mi dirai.”


* * *


Enrico non scherzava. A pranzo ce la siamo cavata con uno spuntino, ma, dopo una doccia ed un po’ di relax, finalmente stiamo per concederci un sabato sera degno di questo nome.

Non vorrai mettere quelle” mi dice Francy con uno sguardo obliquo mentre ci cambiamo nell’unico stanzino della casa che contiene uno specchio antico e tutto a macchie.

E perché non dovrei?” rispondo, con un’alzata di spalle. “Avrò tanti mesi di freddo e gelo per mettere le collant nere e coprenti o in varie fantasie.”

Ho capito, ma… quelle color carne? Sotto a questo vestito elegante? Coi tacchi? Non riesci a stare senza?”

Col cavolo, penso mentre mi aggiusto l’abito che ho scelto. Ho fatto bene a portare quello arancio; è adeguato alla giornata appena trascorsa e con i tacchi neri sta benissimo. Non voglio rovinare la soddisfazione per una mise perfetta stando tutta curva perché crepo di freddo. E insomma basta, la calza color carne non è mica l’anticamera dell’Inferno!

Sai che ti dico, Francy? È il mese di Halloween. I mostri vanno affrontati.”

E, incurante della sua faccia dubbiosa, mi infilo le collant senza altri indugi.



Devo ammettere che stasera Giorgio si è superato. Il sole è appena tramontato quando scolliniamo con le macchine ed arriviamo in vista della Cantina con cucina dove ceneremo. I filari di viti stanno cambiando colore e siamo attorniati di foglie tra il verde cupo ed il giallo. La vendemmia è terminata e l’uva è tutta nei laboratori nel piano interrato della cantina, che il proprietario ci mostra prima di condurci nella zona dedicata alla degustazione di vini.


Prendiamo posto in un’ampia sala rettangolare con parquet, circondati da botti decorative, su alti sgabelli intorno a tavolini rotondi, e assaggiamo un meritatissimo calice di vino come aperitivo in attesa che sia pronto il nostro tavolo per la cena.

Wow, finalmente! Il bouquet è… come si dice? Persistente. O magari no. Forse bisognerebbe dire che è delicato e floreale, dal momento che è un bianco da antipasti. Non ho mai capito granché di vino, a parte quella volta che mio cugino ha cercato di farmi una conferenza sull’importanza della composizione chimica e dell’assenza di solfati. O solfiti? Non è che mi ricordi troppo. La verità è che il vino mi piace ma essenzialmente procedo per tentativi e offerte al supermercato. E poi, qualunque vino sia, è già un progresso. L’anno scorso, a quest’ora, stavo a sorseggiare succhi detox (ecco, quella sì che è l’Anticamera dell’Inferno) con il mio ex fidanzato Flavio. Ho un piccolo sospiro di frustrazione, come mi capita ogni volta che ripenso a lui, ma tutti sono occupati a pucciare verdurine nella bagna cauda e nessuno se ne accorge.


Allora, Enrico, che ne dici? È un buon punto di partenza per i tuoi prossimi servizi?” esordisce Marco in tono casuale.

Devo essermi persa qualche pezzo. Enrico è sempre stata la penna corrosiva delle pagine di politica interna. Che gliene frega delle vigne?

Diciamo di sì, dai” risponde Enrico con un tono sommesso non da lui. Sbaglio o c’è un’ombra di malinconia nel suo sguardo?

Non prendertela” aggiunge Giorgio, confortante. “Si tratta solo di un paio di mesi di Purgatorio. E poi ti è capitato adesso, con la stagione delle sagre e delle vigne. Pensa se ti fosse successo a Natale, dai!” termina con un sorriso che mi sembra più incoraggiante che davvero positivo.

Poteva andare peggio” annuisce Enrico, con l’aria di chi vuole dare ragione a tutti i costi al suo interlocutore e cambiare argomento.


Ah, ma non mi dite! Il signor Colleziono Comizi all’improvviso ha perso la sua baldanza?

Scusate, che è successo? Non capisco a cosa vi riferiate” dico infine cautamente. Capisco che è un argomento delicato, ma non mi sembra corretto condividerlo solo con metà tavolo.

Enrico alza lo sguardo dal suo bicchiere, con lo sguardo di chi vorrebbe nuotarci dentro. Se continua così mi farà preoccupare veramente.

Succede, cara Betty, che qualcuno ti ha dato ragione. Che evidentemente parlo troppo. O scrivo troppo. In ogni caso, il mio capo mi ha spedito per due mesi ad occuparmi della sezione Tempo Libero. Quindi stasera siete tutti ospiti del mio primo pezzo sulle vigne del Monferrato, il posto ideale dove trascorrere un weekend di ottobre” conclude con un certo sarcasmo, imitando una pubblicità.

Per un attimo cala il silenzio. Accidenti, Enrico si è beccato una sospensione punitiva. Sapendo quanto tiene al suo lavoro, in questi giorni non dev’essere stato per niente bene. Ecco perché per un po’ non si è fatto vedere nel gruppo.

Non mi rendo nemmeno conto di non aver risposto alla sua amara confessione finché Paola non rianima l’atmosfera esclamando: “Dai, andiamo a cena, ormai il tavolo sarà pronto!”

Come ad un segnale convenuto, scendiamo tutti dalle nostre altissime seggiole rubate ad un talk show pomeridiano e ci avviamo verso la cena vera e propria.

Mentre mi passa di fianco, Enrico dice a mezza voce: “Ah, a proposito, Betty. Bel vestito. Meno le calze, eh.”

Ecco, lo sapevo.


* * *


Deve essere uno scherzo. Deve essere un dannatissimo scherzo.

Quando Giorgio ci ha detto che avremmo passato il sabato notte in un posto diverso da quello del venerdì, io pensavo che si riferisse ad un’altra baita persa nel nulla. Non sono stata brava ad adattarmi? Non era abbastanza rustico per loro?


Invece, a quanto pare, Giorgio smania dalla voglia di farci passare la domenica un po’ più in alta quota. Ecco perché, dopo la cena, ci siamo inerpicati con le macchine su una stradina tutta curve – non ho mai benedetto tanto l’esistenza del sedile anteriore – e siamo arrivati qui. In un campeggio, per la miseria. In due tende sottili come carta velina, in mezzo alle altre.


Eli, che faccia da funerale!” mi prende in giro Francy, mentre mi vede posare sconsolata il mio zaino su una specie di giaciglio con cuscino che in teoria dovrebbe essere un letto. Ci siamo divisi le due tende tra maschi e femmine, come alle elementari.


Ogni tanto, ricorda al tuo fidanzato che non è l’Indiana Jones del Monferrato”.

Oh, quante storie. Abbiamo mangiato benissimo e bevuto ancora di più. Se ti conosco, tra meno di mezz’ora hai perso coscienza.”



Due ore dopo, sto ancora fissando il soffitto. Soffitto, vabbé. Qualcosa di spiovente che in teoria dovrebbe proteggerci dalle intemperie e che invece mi ha fatto ascoltare con esattezza ogni singola goccia della fastidiosa pioggerella che è scesa per quasi mezz’ora. Fa un freddo degno del Cocito. Non faccio che ripensare con fitte di rabbia e nostalgia a quando avevo 19 anni ed ho accuratamente evitato tutte le vacanze con amici nei campeggi di montagna per starmene spiaggiata a Marina di Carrara con gli altri refrattari della compagnia come me. Ecco dov’è giusto stare per spassarsela: in riva al mare, a prendere tutto il sole che c’è. Qualcuno prima o poi mi spiegherà quale insana passione lo anima, dopo un anno trascorso a soffrire il freddo, a fuggire dal mare proprio quando arriva la bella stagione ed a saltellare come una capra tra i monti, indossando il pile a luglio.


Meno male che nel mio mostro-zaino sono riuscita ad infilare un plaid di rinforzo: starei battendo i denti se avessi solo il sacco a pelo. Però non è bastato: il vino è arrivato in fondo, ed ora mi tocca fare quel che non vorrei mai fare. Ma che ho fatto io di male nella vita?



Nessuno può vedermi, per fortuna. Con il mio pigiama a zucche di Halloween, il plaid lilla elettrico avvolto sulle spalle a mo’ di stola elegante e gli scarponi infilati alla bell’e meglio, attraverso il più rapidamente possibile la strada che separa la mia tenda dalla roulotte con i bagni. Un milione di foglie secche rese scivolose dalla pioggia mi si è appiccicato sotto le scarpe, ma alla fine ce l’ho fatta.

Maledetti campeggi” mugugno a mezza voce mentre chiudo la porta della roulotte. “Maledetto freddo, maledette idee da Indiana Pipps, maledettAAAH!”

Una specie di saetta arancione mi è passata tra le gambe a tempo record, ha strusciato qualcosa di peloso sul mio pigiama e poi è sparita dietro ad un cespuglio. Due occhi gialli brillano nel buio e sembrano schernirmi. Una volpe.

Perfetto” dico tra me e me sconsolata. “Io, un milione di stelle e una volpe. Caso mai volessi passare dai racconti alle poesie.”

Beh, fammelo sapere, non vedo l’ora di leggerle” mi risponde una voce nel buio.


* * *


Faccio un salto che quasi mi fa schizzare fuori i piedi dagli scarponi per la sorpresa. Non sono pronta ad affrontare pure uno sconosciuto nel buio!

Ma dietro di me, con il cappuccio tirato su e l’immancabile sigaretta, c’è Enrico.

Ma che fai? Fumi con tutte queste sterpaglie? Sei pazzo?”

Tranquilla, ho il portacenere tascabile.”

Hai delle abitudini davvero disgustose!”

Grazie, cara, lo so. Tu invece? Cercavi l’ispirazione per il racconto di ottobre?”

Chissà mai perché finiamo sempre per parlare dei miei racconti.

In realtà non so ancora che cosa proporre, sai? Ho già letto su qualche sito dei racconti dedicati all’autunno. A leggerli, sembra che tutti siano partiti per il weekend con noi: luce aranciata, foliage, castagne, vini...”

Beh, colore arancione e foglie non mi sembrano cattive idee. Prendi questa nottata, per esempio. Paté di foliage color merda sotto gli scarponi e una volpe di un bell’arancione che ti passa tra le caviglie. E poi, il tuo splendido pigiamino. Il tutto dietro ad un cesso pubblico. Questo sì che è un Instagram-verità. Alla faccia degli autumn aestethics.”

Sbuffo, anche se vorrei ridere. E ti pareva che non avesse da ridire anche sui cliché dell’autunno.

In realtà stavo pensando alla pioggia” mi sorprendo a confessare. Perché quest’uomo mi tira sempre fuori i pensieri con le tenaglie? “Una pioggerella d’autunno come quella che abbiamo appena sentito sopra le nostre teste. L’altro giorno stavo ascoltando Kathy’s Song di Simon e Garfunkel ed ho pensato che potesse essere la colonna sonora perfetta.”

Sai che ti dico Betty? In questi giorni vorrei scrivere della pioggia anche io. O magari della tempesta, che mi sembra un tema più appropriato.”


C’è di nuovo un fondo di tristezza nei suoi occhi, come qualche ora fa alla cantina. All’improvviso mi rendo conto che lui mi ha sempre invitato a parlare del mio modo di scrivere ma io non gli ho mai chiesto niente sul suo lavoro.

Mi dispiace per quello che ti è successo al giornale” esordisco, non sapendo bene da dove iniziare.

Oh, sai com’è. Me la sono cercata.” risponde stringendosi nelle spalle.

Cosa intendi dire? Mi hai sempre dato l’impressione di essere scrupoloso nel tuo lavoro. Sicuramente ci tieni.”

Forse anche troppo. Diciamo che ho scoperto qualcosa di non tanto piacevole su una giunta della zona che si stava ripresentando alle Amministrative da favorita e con tanto di fanfara. Poniamo il caso che il mio capo mi abbia chiesto di non alzare i toni su questa faccenda, perché uno degli assessori in questione è legato al mondo del giornalismo. E immaginiamo che...beh, che io non abbia potuto fare niente per l’articolo da mandare in stampa, ma poi abbia aperto il mio blog e me ne sia fregato.

Ecco di nuovo i lampi verdi d’ironia intorno alle sue pupille. Non me n’ero resa conto, ma mi erano mancati.

Mi hanno detto che ho reagito come un adolescente, che ho voluto tenere il punto. Ma ormai sai come la penso. La verità deve venire a galla, soprattutto se fai questo mestiere, in particolare se sei contro la censura. Bisogna ribellarsi, anche a 36 anni e con un contratto a tempo indeterminato – il Sacro Graal, citando il tuo amico Indiana Jones. Preferisco pagarla, piuttosto che scrivere canzoni a cui non posso credere, con parole che tagliano e stravolgono i versi.” termina citando proprio Kathy’s Song.


All’improvviso sento qualcosa di inedito all’altezza dello sterno. Come un pugno bello forte che mi fa accelerare i battiti del cuore. Mi sento boccheggiare, ho caldo e lancerei via pure il plaid. So perché mi sento così. So bene che cosa significa avere 30 anni o poco più, essere nell’età in cui tutti ti credono una persona matura e stabile e sentire invece il costante bisogno di reinventarsi, riaffermarsi, rimettere in gioco se stessi ed i propri valori per dimostrare che la vita non ci ha cambiato, che siamo ancora noi. E soprattutto so bene cosa significa la scrittura come atto di libertà. È stato lui a ricordarmelo tre mesi fa. Forse ora tocca a me.



Enrico, ti ricordi quando mi hai detto che non avrebbe dovuto importarmi del parere degli altri? Che se i miei racconti piacevano a me, se ritenevo necessario scriverli, era una ragione sufficiente? È così anche per te. Tu non hai sbagliato. Tu sei stato coraggioso, accidenti!”

Enrico mi fissa come se non credesse a quello che sta sentendo, io invece continuo a parlare a macchinetta, non sapendo neanche da dove mi vengono tutte quelle parole.

Mi avevi anche detto che saresti stato perfetto come cattivo in uno dei miei racconti. E invece devo deluderti. Tu non sei cattivo, tu sei vero! Molto più vero di tante cose e persone che ho incontrato o conosciuto.”

Non mi sono neanche resa conto di aver guardato le pupille di Enrico tutto il tempo. Pupille che all’improvviso sembrano aver perso il loro velo di malinconia. Poi il mio sguardo cade sulle lenti degli occhiali, sul suo naso, sulla sua bocca sottile e sulla corta barba un po’ brizzolata sul mento. E infine non vedo più niente e sento solo le sue labbra sulle mie.


E così vedi, sono arrivata a dubitare

di tutto ciò che un tempo ritenevo vero.

Me ne sto sola senza alcun credo,

l’unica verità che conosco sei tu.

E mentre guardo le gocce di pioggia

che ondeggiano sui loro stanchi percorsi e muoiono

so che sono come la pioggia

ma grazie a te io non svanisco.



FINE



Eccoci arrivati in fondo!

So di essermi dilungata un po’ - anche più del mio solito – ma Enrico e Betty mi hanno portato dove volevano loro e non ho potuto fare a meno di seguirli!

Potete trovare Kathy’s Song di Simon&Garfunkel, la colonna sonora di questo racconto, a questo link.

Vi ringrazio moltissimo per la lettura e per l’attenzione.

Al prossimo post :-)