lunedì 31 gennaio 2022

I PREFERITI DI GENNAIO 2022

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

benvenuti al primo appuntamento del 2022 con i “Preferiti del mese”!

Gennaio è stato un mese diviso in due parti. La prima decade è stata di vacanza, mare e relax. Le altre due sono state… decisamente meno spassose, ma abbastanza tranquille, fortunatamente.

Oggi, come d’abitudine, riepiloghiamo tutto quello che mi è piaciuto in queste settimane, dai libri ai film, dalla musica alla poesia alle foto delle vacanze!



Il libro del mese


A trent’anni, dopo averne passati quattro in giro per il mondo, Bo Loxley è una delle travel influencers più famose e strapagate del pianeta. Lei e il fidanzato Zac, con il quale ci sono progetti di matrimonio, hanno circa dieci milioni di followers su Instagram, una “famiglia virtuale” che si portano con sé proprio ovunque. Il loro stile di vita è difficile da credere: inglese lei, neozelandese lui, non hanno un posto che si possa chiamare “casa”, ma ogni tot settimane si spostano, scegliendo sempre luoghi che possano avvicinarli il più possibile alle tradizioni del luogo, e, grazie al loro fotografo ed assistente personale Lenny, documentano ogni istante, anche i più intimi, e li condividono sui social.


Dicembre è appena iniziato e, dopo tante calde settimane su un’isola tropicale ed una rocambolesca proposta di matrimonio durante un’immersione sub, è giunto uno dei momenti dell’anno che Bo preferisce: il Natale nell’emisfero Nord, in un posto freddo.


Dopo molte ore di viaggio, i due, accompagnati sempre da Lenny, arrivano in un piccolo paese della Norvegia, un luogo tanto caratteristico quanto impervio, e si sistemano in una valle accoccolata su un fiordo, tra una parete di roccia e l’altra, con metri di neve ed un vento che mette i brividi. Come da tradizione dei Wanderlusters (il nome che si sono attribuiti come coppia, nonché il loro marchio per le aziende), essi si sono tenuti ben lontani dagli alberghi di lusso, ma sono andati in una baita priva di qualsiasi comodità. I gestori del luogo sono l’anziana Signy, una donna di novant’anni che dimostra ben meno della sua età, e lo scontroso Anders, suo nipote, che lavora come guida turistica locale.


Zac e Lenny sembrano animati da un incrollabile entusiasmo ed anche stavolta, arrivati alla baita, non sono da meno, ma Bo è ormai da tempo in crisi personale. Innanzitutto, ella si rende conto sempre più che quella che vende ai suoi followers come una scelta di vita non è altro che una fuga dalla sua famiglia d’origine e da un passato che non riesce a dimenticare. Come se questo non bastasse, Bo sta iniziando ad accusare il colpo di una vita da nomade (per quanto “griffata”): è esausta, non sa più quando è giorno e quando è notte, i suoi attacchi di ansia sono tornati e soprattutto reagisce male all’idea che dei suoi momenti intimi, suoi o con Zac, vengano subito immortalati e registrati per il piacere effimero dei followers.


Non sapendo con chi parlare di questa sua difficoltà, ella finisce per confidarsi proprio con Anders, che, per quanto ruvido ed introverso, è una persona semplice e concreta, e non ha mai fatto mistero di essere piuttosto perplesso a proposito del lavoro di influencer.


Anche con la nonna Signy Bo riesce a stringere una buona amicizia. La donna, in più di novant’anni, ne ha viste davvero tante, e in particolare ha da raccontare una storia risalente al 1937 che potrebbe insegnare alla nostra protagonista non solo qualcosa sull’amore, ma anche sui concetti di casa e di famiglia.



Era da tanto che non mi concedevo un romance di stampo natalizio e, spinta dalla voglia di leggere qualcosa che mi facesse assaporare le atmosfere invernali e festive, ho puntato su Karen Swan, un’autrice che avevo già adorato in versione “estiva” con Quella fantastica vacanza in Grecia (di cui vi avevo parlato in un post).


Le incredibili luci delle stelle, in effetti, può rientrare in più sottogeneri del romance: quello natalizio, considerato il periodo dell’anno; il contemporary, perché il contesto è recentissimo e la professione dei protagonisti pure; l’historical, per via dei capitoli che raccontano la storia di Signy; il suspense, perché la seconda parte del romanzo subisce una svolta inaspettata.


Lo stile dell’autrice è lo stesso di altri suoi romanzi: un po’ lento, ma molto descrittivo e suggestivo nella prima parte; un vero e proprio page-turner man mano che ci si avvicina alla fine.



Sinceramente questo romanzo mi ha fatto riflettere, e non poco. Secondo me, di questi tempi si parla con un po’ troppa faciloneria del lavoro dell’influencer. Anche io penso che si tratti di un lavoro per “pochi eletti” che hanno già agganci giusti nel mondo dell’imprenditoria o dello spettacolo, e che spesso e volentieri sia più facile di altri lavori, perché l’impressione è quella che queste persone mettano in mostra semplicemente la loro vita, e, più bella o più emozionante è, più guadagnano. Io però, vedendo sempre più spesso neonati dentro un Truman Show, coppie che sembrano non avere più intimità, viaggi di settimane intere, un entusiasmo talvolta poco credibile perché forzato 24 ore al giorno, non posso che chiedermi: sì, ma a che prezzo?


Ecco, questo romanzo ha confermato la mia tesi. Bo, stanca e stufa di una felicità forzata, di una ricerca dell’avventura a tutti i costi, di preoccuparsi solo dell'apparenza, riscopre a poco a poco quello che aveva dimenticato: lo stile di vita semplice e schietto di chi ha tanta esperienza sulle spalle, i ricordi da cui fuggiva, i rapporti umani intimi che scaldano il cuore.

Ella rientra in contatto anche con quelle sensazioni che “una come lei” non potrebbe permettersi, tipo la malattia, la noia, la mediocrità… tutto ciò che sui social viene taciuto ed invece è così incredibilmente umano.



Una lettura super consigliata, per tanti motivi!



Il film del mese


La commedia Per tutta la vita inizia con un evento davvero surreale: alcune coppie ricevono la notizia che il loro matrimonio è stato celebrato da un falso prete e che quindi è nullo. Per i “non-sposi” viene subito fissata una data per stringere una vera unione, ma il cammino verso quel giorno è lungo e tortuoso.


La prima delle quattro coppie è composta da Andrea, che da tempo desidera diventare padre, e da Paola, che lavora come architetto, ha appena ricevuto una proposta di collaborazione con uno studio di Copenaghen ed è molto concentrata sulla carriera.


Vito e Sara sono invece due separati, lui metodico e preciso, lei creativa e disordinata, che da tempo litigano per la custodia del figlio Giulio, un ragazzino indipendente e sensibile che soffre per questa situazione. L’annullamento del matrimonio fa sì che Vito non debba più pagare gli alimenti, e questo getta Sara nel panico e l’organizzazione familiare nel caos.


Edo e Giada, infine, sono molto amici di un’altra coppia, Marco e Viola. I quattro fanno tutto insieme: uscite, vacanze, persino matrimonio di coppia e viaggio di nozze condiviso in Indonesia. Questa unione a quattro, però, è diventata una gabbia dorata: Edo e Viola, all’insaputa di tutti, sono amanti; Giada è sempre più insofferente; persino il tranquillo Marco ha la sua dose di segreti.



Ciò che mi è piaciuto particolarmente della storia di queste quattro coppie è il fatto che la trama abbia alcune svolte inaspettate. Diciamocelo: spesso, guardando commedie e/o fiction all’italiana, ci si aspettano certe conclusioni un po’ conservatrici, vecchio stampo. È uno dei limiti del cinema e della TV nazionale: spesso, anche nei prodotti che si presentano al pubblico come più innovativi e giovanili, quando si vanno a toccare certi tasti (amore, famiglia, relazioni, maternità) si ricade appieno nella tradizione… e, non so voi, ma talvolta resto un po’ delusa. Questo film, invece, ha il coraggio, secondo me, di provare ad infrangere alcuni tabù, magari non proprio mostrando cambiamenti radicali, ma anche solo ponendoli allo spettatore come dubbi o questioni di cui discutere.


Qualche cliché dei drammi-commedie all’italiana resta, ma nel complesso è un film molto piacevole, abbastanza originale e con un cast interessante.


Da tenere in considerazione!



La musica del mese


Nuovo anno, nuovo tema musicale!


Per l’angolo musicale del 2021 avevo pensato a una tematica specifica per ogni mese: la neve per gennaio, Carnevale per febbraio, la primavera per marzo…


Quest’anno proverei a fare qualcosa di simile, ma un po’ più in astratto. Ogni mese, infatti, penserò ad una parola chiave e cercherò di consigliarvi una musica classica ed una leggera che la richiamino.


Per gennaio, mese del freddo e delle giornate che rivelano qualche timido minuto di luce in più, tra i falò di S.Antonio e gli ultimi giorni di vacanze natalizie, tra qualche nevicata e tante gelate mattutine, ho scelto la QUIETE.


La musica classica che oggi vi consiglio è una tradizione del concerto di Capodanno a Vienna che trasmettono ogni anno su Rai Due: Sul Bel Danubio Blu di Johann Strauss, che trovate a questo link.



Quanto alla musica leggera, in effetti avevo parecchia scelta, ma ho pensato di puntare su una new entry, e cioè su Love in slow motion di Ed Sheeran, tratta dal suo ultimo album Equals (la trovate qui). Vi lascio un estratto del testo:


È passato un po’ di tempo da quando siamo stati soli

Quindi spegni il mondo ed il telefono

ho bisogno di dirti che sei bella

perché non lo faccio da un po’ e mi scuso

sono sempre preso da una sorta di corsa cieca

cercando un momento che spero sempre arrivi;

se mi fermassi e mi dessi un’occhiata intorno

capirei che è davanti ai miei occhi


Tesoro, rallentiamo il tempo,

magari premiamo solo rewind,

cara, quel vestito mi ricorda la prima volta


E voglio amare, stanotte,

a due, con la luce della candela,

ancora e ancora, perché noi trascorriamo le nostre vite

ad una super velocità, ma non stanotte,

amore in “slow motion”...



La poesia del mese


Per il mese di gennaio ho scelto un componimento di Attilio Bertolucci dal titolo Ritorna ai rami, che è proprio dedicato a questo primo periodo dell’anno.


Ritorna ai rami il fuoco di gennaio

intenerito, di neve i colli non lontani

rallegrano l’ozioso pomeriggio

alle porte della città.

Il giorno è popoloso sino a che s’accende

sul ponte il lampione

e inonda l’acqua di ferro fiorito.



Le foto del mese


Il 2022 è iniziato benissimo per me! Dal 30 dicembre al 7 gennaio sono stata con la mia famiglia nella casetta al mare di Varazze. Memore delle vacanze di Natale dell’anno scorso e dell’impossibilità di uscire anche dal paese durante le feste, devo ammettere che non ci speravo, ed anche quest’anno siamo stati molto indecisi… ed invece ne è proprio valsa la pena! Abbiamo fatto delle vacanze molto tranquille: abbiamo passeggiato, mangiato a casa, passato la serata con libri e TV.

Quest’anno, però, rispetto all’anno scorso, sento che sono riuscita a staccare con la mente e non solo con il corpo, e ne sono molto felice. E poi i tramonti sul mare d’inverno sono davvero uno spettacolo impagabile!



Tra pandori e panettoni abbiamo avuto tempo anche di assaggiare i dolcetti liguri! La sera di Capodanno abbiamo provato la “Torta Sonja”, una delle specialità tipiche di una pasticceria storica di Varazze: pan di Spagna, marmellata di albicocche e pasta di mandorle. Con il prosecchino delle Feste era perfetta!



A metà pomeriggio Varazze si riempiva di tantissime luminarie: palle di Natale sotto cui si poteva passare, alberi fatti a cono tra il giallo ed il rosso, fasci di luce blu nei vicoli… e due simpatici delfini in piazzetta!



Il resto del mese, ahinoi, non è stato così vacanziero. Dal 10 in avanti, con il peggioramento della situazione Covid, c’è stato parecchio da fare al lavoro durante la settimana ed un po’ poco divertimento durante i weekend. Mi sono consolata con lettura, scrittura, danza… e qualche risottino, come questo con salsiccia al finocchietto e vino rosso!




Ecco il mio gennaio in breve! E il vostro com’è andato?

State bene? Avete avuto difficoltà per questa situazione?

Quali romanzi, film, serie tv, canzoni vi sono piaciuti/e in questo periodo?

Aspetto i vostri commenti!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 27 gennaio 2022

DUE LETTURE PER LA GIORNATA DELLA MEMORIA

 Con Marco Vichi e Liliana Segre




Cari lettori,

oggi è il 27 gennaio, Giornata della Memoria dell’Olocausto avvenuto prima e durante la Seconda Guerra Mondiale. Gli anni scorsi ho sempre cercato di proporvi qualche post a tema, tra classicipoesie e canzoni.


Quest’anno, per la nostra rubrica “Letture...a tema”, ho pensato di raccontarvi un romanzo ed una testimonianza. Il romanzo è uno degli ultimi di Marco Vichi, creatore del personaggio del commissario Bordelli, di cui vi ho parlato più volte (per esempio in questo post). La testimonianza è di Liliana Segre, che credo non abbia bisogno di presentazioni.

Vi lascio alle recensioni!



Un caso maledetto, di Marco Vichi


Gli anni ‘60, il periodo che i lettori di Marco Vichi hanno rivissuto in tanti romanzi del commissario Bordelli, sono terminati. È il gennaio del 1970 ed è appena iniziato un nuovo decennio, che per il quasi-pensionato protagonista è ricco di novità incomprensibili. Mancano poco più di tre mesi dal congedo ufficiale di Bordelli dalla polizia ed egli prova dei sentimenti contrastanti nei confronti dell’ormai vicinissima pensione. Da un lato egli ha (almeno momentaneamente) lasciato il suo appartamento di San Frediano, che, dopo l’alluvione del novembre ‘66, è diventato fonte di ricordi negativi, e si è trasferito in una villa di campagna sull’Impruneta, e ha già il suo daffare di pensionato tra oliveto, coltivazioni, passeggiate e letture vicino al fuoco. Dall’altro, egli ama troppo il suo lavoro per pensare di lasciarlo definitivamente.


Purtroppo, in quei giorni avviene quello che potrebbe essere l’ultimo omicidio di cui si occuperà il commissario, e si tratta davvero di un terribile caso.


In una via del centro di Firenze, tra negozi e palazzi lussuosi, è stato ucciso un uomo anziano, di origini nobiliari. Egli è stato trovato dalla domestica, una donna semplice e di una certa età che era andata a pulire il lussuoso appartamento del Conte. Il cadavere dell’uomo è in mezzo al salotto ed in condizioni pietose, con evidenti segni di percosse e sfregi di ogni tipo.


Il commissario intuisce fin da subito che il movente dell’omicidio del Conte è tra i più meschini al mondo: la discriminazione nei confronti di chi è omosessuale. In un armadio della casa, infatti, Bordelli e Pietrino Piras, il suo giovane braccio destro (fresco di nomina come vice commissario), trovano delle registrazioni e delle fotografie che testimoniano alcuni incontri con ragazzi giovani.

A rendere ancora più odioso il delitto c’è la probabile matrice estremista degli assassini. Il Conte, infatti, convinto di registrare uno dei suoi tanti pomeriggi di evasione, ha finito con l’imprimere sul nastro proprio la sua morte atroce, e, anche se decrittare le singole parole è molto difficile, si ode abbastanza distintamente il termine svastica.


I ricordi della Seconda Guerra Mondiale ed i delitti perpetrati da nostalgici del fascismo e del nazismo sembrano non abbandonare mai il commissario Bordelli. In un momento di stasi delle indagini, egli organizza una delle sue solite cene “per uomini”, in cui si siedono a tavola in dieci, mangiano per venti, bevono per trenta e si raccontano vecchie storie ed indovinelli. Come già successo negli altri romanzi, i capitoli della cena si trasformano in un “libro dentro al libro”, una breve antologia di racconti in cui, spesso, sono le storie ambientate negli anni ‘30 e ‘40 a fare la parte del leone.



Se pensate che Un caso maledetto sia l’ultimo episodio delle indagini del commissario Bordelli, sappiate che l’estate scorsa è uscito Ragazze smarrite, ambientato nel marzo del ‘70. Ce l’ho già in casa ed a breve lo leggerò, ma, ad essere sincera, dubito fortemente che saluteremo presto questo personaggio. Spero di non ricredermi, ma penso proprio che il commissario troverà il modo per contribuire alle indagini anche dopo il “pensionamento ufficiale”.


Spesso i suoi casi, anche se ambientati negli anni ‘60/’70, affondano le radici nel passato del commissario: egli ha preso parte alla guerra, poi è stato comandante di una brigata partigiana e non ha mai più dimenticato quello che ha visto in quegli anni. Rispetto a romanzi come Morte a Firenze e La forza del destino, nei quali il commissario deve affrontare terribili traversie come l’alluvione, un terribile crimine compiuto da alcuni neofascisti e la violenza su Eleonora, in questi ultimi capitoli egli sembra aver trovato una sua pace. La vita in campagna gli ha restituito quiete ed energia; la relazione con la giovane Eleonora, dopo tante difficoltà, sembra aver imboccato il binario giusto; i suoi sottoposti hanno studiato e sono pronti a sostituirlo per un ricambio generazionale.


Resta solo da vedere che cosa accadrà quando arriverà il giorno del pensionamento… ma ve lo racconterò presto!



Scolpitelo nel vostro cuore, di Liliana Segre



Liliana Segre, oggi senatrice a vita della Repubblica, nel 1943 era solo una ragazzina ebrea italiana come tante altre, costretta ad andare incontro ad un terribile destino.


In questo suo libro, pensato per i ragazzi di elementari e medie e scritto con uno stile semplice e scorrevole, ella ripercorre le tappe più drammatiche della sua vita, dall’espulsione dalla scuola a otto anni nella triste indifferenza della maestra che era forse più spaventata di lei, ai tentativi di fuga con il padre, fino ad arrivare alla cattura ed alla reclusione ad Auschwitz.


Ho letto questo libro tempo fa, durante un viaggio in treno di ritorno dal mare, e non ho potuto fare a meno di pensare ai terribili treni merci sui quali Liliana e tantissimi altri innocenti sono stati costretti a salire. Ella si racconta con grande semplicità, ma ci sono pagine di questa storia che, come dice il titolo stesso, grattano sulla superficie del cuore.


In particolare mi hanno colpito la grande nostalgia che Liliana ha provato per tutta la vita per l’amatissimo padre, da lei accudito fino agli ultimi giorni di agonia, e la storia dell’amicizia che l’ha legata ad un’altra piccola prigioniera, dall’epilogo così tragico da farla dubitare persino del poco senso di umanità che le era rimasto.


Ho apprezzato anche il fatto che Liliana non abbia descritto il momento della liberazione e del ritorno a casa come un periodo di pura gioia, ma che abbia parlato senza paura dello stress post traumatico, della difficoltà di ricominciare a vivere normalmente dopo la guerra a casa dei parenti sopravvissuti, della vergogna di avere lo sviluppo femminile bloccato dalle terribili privazioni.



Faccio una certa fatica a leggere testimonianze dirette dell’Olocausto come questa, ed anche a vedere film sull’argomento. Trovo un vero e proprio trigger l’argomento in sé (e capirai, direte voi: mi domando per chi non lo sia), e poi da qualche anno mi sono resa conto che non riesco a leggere/vedere niente che parli di violenze sui bambini.


In genere preferisco “aggirare l’ostacolo” con gialli/thriller ambientati in quel periodo che hanno per protagonisti uomini tutti d’un pezzo come il sopracitato commissario Bordelli o il Colonnello Arcieri, e sono certa che loro se la caveranno sempre, quindi sto tranquilla :-)


Ma questa è davvero una lettura fattibile, pensata soprattutto per i ragazzini, e se ce l’ho fatta io credo proprio che ce la farete anche voi.




Ecco i miei consigli di lettura per questa Giornata della Memoria del 2022!

Fatemi sapere se avete letto questi libri e che cosa ne pensate.

Ditemi anche che cosa consigliereste voi per questa ricorrenza!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 24 gennaio 2022

SCATENIAMO L'INFERNO

 Lo spettacolo su Dante in scena al Teatro Leonardo




Cari lettori,

oggi vi propongo i primi “Consigli teatrali” del 2022!

Si tratta di uno spettacolo che ho visto nel corso del mese di dicembre al Teatro Leonardo di Milano (in zona Piola), un luogo della cultura che non visitavo decisamente da troppo… da quasi due anni, credo.


Sapete che il 2021 è stato un importante anno dantesco (700 anni dalla morte) e che io stessa, in questi mesi, vi sto tenendo compagnia con un progetto letterario dedicato a Dante (trovate qui quello che finora è l’ultimo post).


In questo contesto, non si poteva che chiudere l’anno con uno spettacolo teatrale dedicato al Sommo Poeta, dal titolo Scateniamo l’Inferno. Sono stata felicissima di tornare al Leonardo con questa rappresentazione, sia per l’argomento che per l’attore protagonista in scena, che mi è già noto. Ora comunque vi racconto meglio!



Un giovane prof… e un bidello d’esperienza


La storia ha inizio una mattina come tante: giorno feriale, pioggia, metropolitana intasata, lavoratori arrabbiati sul mezzo pubblico. Il professor Roversi, nonostante la notte passata quasi in bianco per i capricci della sua bambina, ha preso il primo treno ed è arrivato prestissimo a scuola, nell’orario in cui i collaboratori stanno ancora pulendo e preparando l’edificio.


Incurante dell’orario e delle molteplici gocce di pioggia che ha lasciato sul pavimento, il professore riempie la cattedra di libri e si mette a studiare la lezione. Egli è molto preoccupato: di lì a poco dovrà introdurre l’Inferno dantesco alla sua terza ed ha paura di leggere negli occhi dei suoi alunni, anche solo dopo pochi minuti, il terribile Spettro della Noia, incubo dei docenti di tutto il mondo.


Non ha fatto i conti, però, con l’indispettito bidello della scuola: un uomo dotato di esperienza e capelli grigi, che mal sopporta le paturnie dei giovani docenti, da lui ritenuti un po’ troppo emotivi. Sulle prime, egli tenta di far sloggiare il professore, adducendo come motivazione l’orario davvero antelucano; poi, però, è costretto ad alzare bandiera bianca.



Come rendere interessante Dante per gli studenti?


È questa la domanda che il professor Roversi si fa in continuazione, e che ripete anche al rassegnato bidello, il quale ha ormai messo da parte secchio e spazzolone per ascoltare i pensieri e le preoccupazioni dell’altro.


Dante è il nostro Sommo Poeta, il padre della nostra lingua, ma è anche un autore del Medioevo, un uomo che scriveva di realtà lontanissime dai giovani del XXI secolo.


Roversi le tenta tutte pur di “svecchiare” lo stile della Commedia: cerca parallelismi tra la guerra intestina tra guelfi e ghibellini ed i dissing tra i rapper/trapper; prova a raccontare Paolo e Francesca come se fossero una ship romantica odierna; cerca degli equivalenti contemporanei per tanti termini medioevali ed ormai desueti.



Sarà il bidello, con la sua semplicità ed il senso pratico dettato dalla lunga esperienza a scuola (e dalle tantissime lezioni ascoltate tra una pulizia aule e un’altra), a fargli capire a poco a poco che, certo, attualizzare può essere una soluzione, ma non deve essere l’unica chiave di lettura possibile. Che il bello di Dante è che anche ora, nel XXI secolo, ha ancora qualcosa da raccontarci, e quindi può essere letto ed apprezzato così com’è.



Tutti gli insegnanti, un tempo, sono stati alunni


Questo spettacolo offre molti spunti di riflessione sul mondo della scuola, sull’attualità dei classici della letteratura, sul confronto tra generazioni.


Tra tutti, però, è questo che mi è rimasto più impresso: soprattutto nella parte finale del racconto, si pone l’accento sul fatto che gli insegnanti, spesso, siano visti dalla società come “nati così”, con il libro e la penna rossa in mano, pronti ad insegnare ed a non fare nient’altro che questo.


Non è così. Per quanto le motivazioni della scelta di lavorare nelle scuole possano essere profonde, l’insegnamento non è una “vocazione”, qualcosa di infuso dalla grazia divina. L’insegnamento è un lavoro, e come tale si apprende sul campo.


Dietro alla cattedra, tante volte, c’è un/a giovane alle prime armi che vorrebbe intraprendere questa strada ma non sa ancora bene come fare e spesso ha la sensazione di stare sbagliando qualcosa; oppure una persona più matura che, dopo anni di lavoro in altri ambiti, ha dovuto/voluto reinventarsi e sta cominciando una nuova strada; o ancora qualcuno che aveva studiato per determinati ordini, gradi e classi di concorso, però poi la vita ha fatto quel che voleva lei ed ora sta lavorando in un tipo di scuola del tutto diverso da quel che si immaginava (presente all’appello).


Soprattutto, tutti gli insegnanti sono stati alunni, un tempo: spesso alunni studiosi e diligenti, ma ancor più spesso, secondo me, appassionati e curiosi, anche un po’ disordinati, con una creatività che si esprimeva al meglio in quelle che oggi sono le “nostre materie” e qualche raro ma significativo episodio di ribellione, dovuto quasi sicuramente al rompersi fin troppo la testa sui libri e prendere a cuore ciò che ogni tanto non va.


Anche il professor Roversi, grazie a Dante ed al suo amico bidello, proverà a tornare studente con la mente e con il cuore, anche solo per un po’.



Andrea Robbiano e la letteratura


Andrea Robbiano e Antonio Rosti sono i due bravissimi attori che si dividono la scena in 75 minuti di spettacolo, su un palcoscenico allestito come una sobria aula scolastica.


A novembre vi raccontavo di essere stata molto felice di tornare al Teatro Carcano con Davide Lorenzo Palla ed i suoi Innamorati (dei quali vi ho parlato in questo post), perché lui è sempre una garanzia per me. Allo stesso modo sono stata contenta di rientrare al Teatro Leonardo dopo un po’ troppo tempo, ma con uno spettacolo di Andrea Robbiano.


Forse questo nome non è nuovo nemmeno a voi: a questo link, infatti, vi avevo raccontato uno spettacolo di tre anni fa, Beata gioventù, in cui egli interpretava un padre in conflitto con la figlia adolescente. L’opera letteraria al centro di quella rappresentazione era La metamorfosi di Kafka, una metafora perfetta del/la ragazzo/a che non riconosce più il suo corpo che sta diventando adulto.


Avevo molto apprezzato quello spettacolo, e ancora di più mi era piaciuto Fuori misura, il monologo su Giacomo Leopardi che Andrea Robbiano aveva interpretato nel 2013 (ben prima che aprissi il blog), assumendo, ancora una volta, il ruolo del professore.




Purtroppo lo spettacolo è rimasto in scena solo nel mese di Dicembre al Teatro Leonardo, ed ammetto che, tra il Christmas Countdown ed i post festivi, ho proprio pubblicato la recensione un po’ in ritardo. Però il complesso MTM Teatro (composto dal Leonardo e dal Litta) è noto per replicare spesso alcuni suoi spettacoli, soprattutto quelli fruibili dalle scuole, quindi sono certa che ci saranno altre occasioni.

Non vi nascondo che nel concludere questo post sono un pochino demoralizzata: nel corso delle vacanze di Natale la situazione Covid è peggiorata molto ed ancora una volta, a malincuore, ho rinunciato ad andare in città a Milano, per non prendere mezzi poco frequenti (per l’alta incidenza di positivi/quarantene tra il personale) e di conseguenza sovraffollati. Quindi non ho, almeno per ora, altri spettacoli milanesi di cui parlarvi. Cercherò, se non altro, di andare al cinema/teatro del paese, che è poco affollato e raggiungibile a piedi… ma vi farò sapere!

Nel frattempo, ditemi se vi ho incuriosito!
Grazie della lettura, al prossimo post :-)


giovedì 20 gennaio 2022

LA SUPERBIA E L'INVIDIA

 Le donne raccontate da Dante #5




Cari lettori,

benvenuti al primo appuntamento dell’anno con la rubrica “Donne straordinarie” e con il nostro percorso tra i personaggi femminili raccontati da Dante!


Nel corso dell’autunno abbiamo attraversato l’Inferno dantesco, tra Francesca e le altre protagoniste del V canto, le figure mitologiche che abitano il mondo infernale e le donne ingannatrici relegate nelle zone più profonde.


Ad inizio Dicembre abbiamo iniziato ad accostarci al Purgatorio, una cantica che mi è particolarmente cara, e nello scorso post abbiamo conosciuto meglio Costanza D’Altavilla e Pia Dei Tolomei: due personaggi storici, una ricordata dal padre Manfredi come grande esempio di virtù, l’altra come una nobildonna che ha commesso alcuni peccati ma è stata posta all’inizio del Purgatorio per via del pentimento in extremis e della fine violenta ed ingiusta.


Oggi abbandoniamo, almeno momentaneamente, la storia medioevale per rituffarci prima nella mitologia (che nel Purgatorio non è la fonte primaria come nel caso dell’Inferno, ma è comunque molto presente) e poi nella contemporaneità di Dante.


Prima affrontiamo il girone dei superbi, con una coppia di rivali che gli amanti della mitologia sicuramente conosceranno, e poi quello degli invidiosi, con un personaggio vissuto poco prima del poeta.


Vediamo queste protagoniste insieme nel dettaglio!



Pallade Atena e gli altri dei latini


Sì vid’io lì, ma di miglior sembianza,

Secondo l’artificio, figurato

Quanto per via di fuor del monte avanza.

Vedea colui che fu nobil creato

Più ch’altra creatura, giù dal cielo

Folgoreggiando scendere da un lato.

Vedea Briareo, fitto dal telo

Celestial, giacer dall’altra parte,

Grave alla terra per lo mortal gelo.

Vedea Timbreo, vedea Pallade e Marte,

Armati ancora, intorno al padre loro,

Mirar le membra de’ Giganti sparte.”

(Canto XII, vv. 22-33)


Appena giunto al secondo girone, quello dei Superbi, Dante e Virgilio vedono, al di là del monte, l’immagine figurata di Satana che viene cacciato dal regno dei Cieli. Non si tratta di Lucifero in carne ed ossa come alla fine dell’Inferno, ma di un exemplum che funge da avvertimento: il primo peccato di Satana, infatti, è stata proprio la superbia, che poi ha disgraziatamente “aperto la porta” a tutti gli altri mali. È come se si invitassero i penitenti a fare ammenda di un peccato la cui diretta conseguenza è credersi fin troppo simili a Dio.


Non a caso le prime anime di superbi che Dante incontra sono quelle degli dei pagani (che egli chiama prevalentemente con nomi latini). Briareo è un personaggio dei poemi omerici, uno strenuo difensore di Zeus/Giove nel momento in cui quest’ultimo, con il suo atteggiamento, aveva suscitato la ribellione negli altri dei. Intento di piaggeria? Oppure aveva preso fin troppo a cuore le sorti di un dio pagano, dimenticando la giusta distanza tra uomo e Dio? In entrambi i casi, egli viene punito per superbia.


Zeus/Giove stesso è punito in questo girone, insieme ai due tra i suoi tanti figli che sono diventati gli dei della guerra: Marte/Ares e Pallade Atena. Mi vorrei soffermare proprio su quest’ultima, perché non è la sola donna della mitologia presente in questo girone.


Atena, nella mitologia greca (così come la sua equivalente Minerva in quella latina) ha una connotazione fortemente positiva: è la saggia patrona della città di Atene, è sostenitrice della guerra come mezzo razionale di strategia politica (a differenza del fratello Ares, che rappresenta l’eccitazione per il sangue e per le stragi) ed è soprattutto la dea dell’intelletto, alla quale sono devote tutte le donne virtuose ed anche molti uomini di potere.


Dante, studioso da sempre dei classici, non pone Atena all’Inferno, senza possibilità di redenzione, bensì al Purgatorio, forse in un tentativo di “salvare” le anime grandi del mondo classico, come già ha fatto con Virgilio e tanti altri letterati antichi inserendoli nel Limbo. Il peccato che Atena deve scontare, secondo il poeta, è la superbia: la dea, infatti, per quanto considerata temperante, non è troppo diversa dalla maggioranza degli altri componenti del pantheon pagano, capricciosi e spesso ingiusti nei confronti degli umani.


Alcuni esempi sono le sue storiche contese con Poseidone/Nettuno, dio dei mari, che hanno portato alla fondazione di Atene (un tempo Poseidonia); il fatto che entrambi gli dei abbiano sfogato la loro rabbia sull’innocente Medusa, un tempo sacerdotessa di Atena (ne parlo meglio qui); la sua inaspettata partecipazione alla gara di bellezza della Mela d’Oro, quella per cui fu chiamato giudice Paride, prova che forse ella non era davvero devota solo e soltanto alle qualità intellettuali.


Gli dei pagani sono sicuramente figure complesse ed affascinanti, costituiti da luci ed ombre, ma secondo me è stupefacente notare come Dante sia capace di descriverli con pochissimi versi.



Aracne e la sua sfida con Atena


O folle Aragne, sì vedea io in te

Già mezza aragna, trista in su gli stracci

Dell’opera che mal per te si fe’.”

(Canto XII, vv.43-45)


Un caso emblematico di doppia superbia, umana e divina, è la sfida tra Aracne ed Atena.


Aracne in vita era una fanciulla della Lidia. Ella viveva a Colofone, era figlia di un tessitore ed aveva una sorella, Falance, che era stata addestrata nelle tecniche di guerra da Pallade Atena stessa. La dea frequentava la casa della fanciulla ed aveva potuto notare quanto Aracne fosse diventata brava nell’arte della tessitura.


Girava voce che Aracne fosse stata istruita da Atena stessa a tessere, esattamente come la sorella era stata addestrata a combattere, ma Aracne rispondeva con superbia a queste voci, affermando di essere più brava della dea. Le due, piene di gelosia l’una verso l’altra, avevano finito per sfidarsi a duello.


Aracne aveva tessuto un’ampia tela nella quale irrideva gli dei pagani ed i loro amori; Atena, furiosa per la magnificenza dell’opera ed il realismo della rappresentazione, aveva finito per strappare la tela. Aracne, disperata, aveva tentato di impiccarsi, ma Atena l’aveva “salvata” e maledetta al tempo stesso: l’aveva tramutata in un ragno, condannandola a vivere per tessere la sua tela per tutta la vita.



Questo racconto mitologico, che somiglia, per certi versi, alla sfida musicale tra il dio Apollo e il satiro Marsia, in epoca greca era narrato allo scopo di dissuadere gli umani dallo sfidare la potenza divina, perché non potevano che derivarne guai. Passando da una visione pagana ad una cristiana, però, non risalta solo la superbia di Aracne, ma anche il comportamento scorretto di Atena, che, pur essendo dea, si è messa alla pari di un’umana, per poi punirla approfittando della sua posizione di superiorità.


Aracne viene qui ritratta in atteggiamento quasi da supplice, trasformata per metà, in mezzo ai frammenti della tela stracciata.



Io trovo straordinario che Dante abbia voluto inserire entrambe le rivali nello stesso canto. È come se il poeta stesso riconoscesse che il peccato di superbia è egualmente diviso tra le due rivali, indipendentemente della loro natura. Come se la giustizia cristiana fosse una “livella” (per citare Totò) che pone allo stesso livello gli uomini desiderosi di somigliare agli dei e gli dei che abusano della loro posizione.



La senese Sapia


I’ fui Sanese, rispose, e con questi

Altri rimondo qui la vita ria,

Lagrimando a Colui, che sé ne presti.

Savia non fui, avvegna che Sapia

Fossi chiamata, e fui degli altrui danni

Più lieta assai, che di ventura mia.

E perché tu non creda ch’io t’inganni,

Odi se fui, com’io ti dico, folle.

Già discendendo l’arco de’ miei anni,

Eran li cittadini miei presso a Colle

In campo giunti coi loro avversari,

Ed io pregava Dio di quel ch’ei volle.

Rotti fur quivi, e volti negli amari

Passi di fuga, e veggendo la caccia,

Letizia presi a tutt’altre dispari:

Tanto ch’io volsi in su l’ardita faccia,

Gridando a Dio: Omai più non ti temo;

Come fa il merlo per poca bonaccia.

Pace volli con Dio in sullo stremo

Della mia vita; ed ancor non sarebbe

Lo mio dover per penitenzia scemo,

Se ciò non fosse, che a memoria m’ebbe

Pier Pettinagno in sue sante orazioni,

A cui di me per caritate increbbe.”

(Canto XIII, vv. 106 – 129)


Lasciato il girone dei superbi, Dante e Virgilio arrivano tra gli invidiosi, vestiti con tuniche coprenti con tanto di cappuccio e costretti a sopportare una terribile punizione: gli occhi cuciti. Come al solito, il poeta fa riferimento alla regola del contrappasso: proprio coloro che per tutta la vita non hanno fatto altro che guardare gli altri in modo malevolo, ora sono obbligati a fare a meno della vista.


Dopo aver incontrato alcuni personaggi, Dante, con l’arguzia che lo contraddistingue, chiede se c’è tra gli invidiosi qualche toscano. Egli sa che la sua terra è stata funestata da tanti schieramenti politici rivali (lui stesso è stato vittima dello scontro tra guelfi bianchi e neri) e addirittura da litigi personali tra esponenti di spicco della città, e non dubita che troverà qualche concittadino proprio in questa zona del Purgatorio.

In effetti, si fa avanti una nobildonna senese, Sapia, un’appartenente alla classe sociale più elevata della città, nota per aver fondato un ospizio insieme al marito nel 1265. Probabilmente la scelta di Siena è stata tutt’altro che casuale: tra tutte le città toscane, essa è nota per essere una tra le più divise al suo interno. Se oggi la presenza di tante “contrade” (piccoli quartieri) è qualcosa di folkloristico, un’attrazione turistica del quale il tradizionale Palio è il più classico esempio, un tempo significava aspre contese, nelle quali spesso e volentieri si finiva per perdere tutto quello che si possedeva, se non proprio la vita.


Sapia è stata, in un primo momento, vittima di queste lotte intestine: è certo che “i suoi” (non si sa bene se solo la sua famiglia o proprio la sua contrada), poco prima della battaglia di Valdelsa contro Firenze, erano stati trattati aspramente dal governo senese. Così, quando la battaglia aveva avuto luogo, vedendo la città di Siena sconfitta dagli avversari, ella, dall’alto, sentendo nascere in sé un senso di rivalsa, si era rivolta a Dio con superbia, dicendo di non temere più nulla da lui e di non avere bisogno più di nient’altro per essere felice. Il pentimento per questo suo sentimento d’invidia era giunto soltanto in extremis, e per questo motivo la sua anima ora è in Purgatorio.


Nel descrivere il suo comportamento invidioso, Sapia fa riferimento alla leggenda dei Giorni della Merla, che è propria del mese di gennaio. La storia, infatti, racconta di un merlo imprudente che si era avventurato tra la neve sul finire del mese di gennaio, credendo che il periodo più freddo dell’anno fosse ormai concluso. Da allora, gli ultimi tre giorni del mese sono ritenuti i più gelidi dell’inverno.



L’incontro con Sapia si conclude con la tradizionale richiesta di preghiera ed intercessione, un classico che torna spesso in questa cantica.




Eccoci arrivati in fondo al nostro secondo post dedicato al Purgatorio!

Il mese prossimo concluderemo il nostro percorso “in cima al monte”, tra le meraviglie del Paradiso terrestre, ed in primavera ci dedicheremo al Paradiso.

Ringrazio tutti voi che continuate a leggere questo mio percorso. Personalmente, più vado avanti e più mi si allarga il cuore: Dante è stato una parte importante dei miei studi e di alcune mie esperienze di lavoro, ed aprire la Commedia in libertà per un progetto creato da me è un piccolo sogno che si realizza.

Grazie ancora per la lettura, al prossimo post :-)