giovedì 11 novembre 2021

LE INGANNATRICI

 Le donne raccontate da Dante #3



Cari lettori,

bentornati ad un nuovo appuntamento con la nostra rubrica “Donne straordinarie” e con il nostro percorso dantesco tutto al femminile!

Oggi completiamo la nostra trilogia di post dedicati all’Inferno. Dopo aver conosciuto meglio Francesca e le altre protagoniste del V canto dell'Inferno, ed aver analizzato insieme le origini delle figure mitologiche infernali, ci avviciniamo sempre più alla parte più profonda dell’Inferno.


Spazieremo tra XVIII, XX e XXX canto per conoscere meglio alcune figure femminili che hanno a che fare, in varie sfumature, con il mondo dell’inganno.


Spero che questi miei ultimi approfondimenti “infernali” vi possano interessare!



Le donne di Lemno e Medea


Il buon Maestro, senza mia dimanda,

Mi disse: Guarda quel grande che viene,

E per dolor non par lagrima spanda:

Quanto aspetto reale ancor ritiene!

Quelli è Jason, che per cuore e per senno

Li Colchi del monton privati fene.

Egli passò per l’isola di Lenno,

Poi che le ardite femmine spietate

Tutti li maschi a loro morte dienno.

Ivi con segni e con parole ornate

Isifile ingannò, la giovinetta,

Che prima l’altre avea tutte ingannate.

Lasciolla quivi gravida e soletta:

Tal colpa a tal martirio lui condanna;

Ed anco di Medea si fa vendetta.

(canto XVIII, vv. 82-96)


I primi sette cerchi dell’Inferno sono dedicati ad ogni genere di incontinenti. L’ottavo è invece il luogo degli ingannatori e fraudolenti di ogni tipo, suddivisi in varie bolge. Nel XXVIII canto Dante e Virgilio iniziano ad incontrare le anime menzognere, a partire dai ruffiani. Ancora una volta compare un importante personaggio del mondo classico: Giasone, che rubò il Vello d’Oro (una preziosa pelle di montone dorata) dalla Colchide, terra d’Oriente.


Giasone è ricordato anche per aver ingannato Medea, figlia del Re ed esperta di arti magiche, che ha convinto a diventare sua alleata ed ha portato con sé in Grecia. Lì la donna, considerata una pericolosa straniera ed evitata dai suoi nuovi concittadini, verrà ben presto ripudiata a favore della figlia di un uomo potente e tramerà una terribile vendetta (ne ho parlato meglio in questo post).


Dante racconta una storia simile e diversa: quella di un’altra ragazza ingannata ed abbandonata. Giasone, prima di incontrare Medea in Colchide, passa per l’isola di Lemno, un luogo tristemente famoso perché le donne della città avevano fatto uccidere padri, fratelli e mariti di ritorno dalla guerra, rei di aver giaciuto con le vedove dei loro nemici. Solo la giovanissima e buona Isifile aveva perdonato il padre; proprio lei, però, finisce vittima di Giasone, e resta abbandonata e incinta.


Dante, seguendo l’esempio biblico di Sodoma e Gomorra, condanna una città di donne violente e vendicatrici, ma riconosce che chi, ad immagine di Dio, ha esercitato il perdono, ha diritto di essere vendicata per il torto subito. Curioso che Giasone debba scontare anche per quello che ha fatto a Medea, una delle donne più spietate e vendicatrici del mondo classico, che però è stata almeno parzialmente riabilitata dal tragediografo Euripide: ella passa dalla parte del torto quando diventa violenta contro degli innocenti, ma all’inizio della tragedia è lei la vittima, perché subisce discriminazioni su base razzista e misogina.



Taide e le donne lusingatrici


Appresso ciò lo Duca: Fa che pinghe,

Mi disse un poco il viso più avante,

Sì che la faccia ben con gli occhi attinghe

Di quella sozza scapigliata fante,

Che là si graffia con l’unghie merdose,

Ed or s’accascia, ed ora è in piede stante.

Taide è la puttana che rispose

Al drudo suo quando disse: Ho io grazie

Grandi appo te? Anzi meravigliose.

E quinci sien le nostre viste sazie.

(Canto XVIII, vv.127-136)


Gli adulatori e le donne lusinghiere stanno immersi in una sorta di lago tra mille rupi, pieno di sterco. Come simbolo di queste femmine ingannevoli c’è Taide, una prostituta che è presente in un’opera di Terenzio, commediografo latino ideatore del concetto di humanitas tanto importante per il mondo classico quanto per quello umanistico e rimascimentale.


Taide, con la complicità del mezzano Gnatone, aveva ingannato il protagonista della commedia con le sue lusinghe.


Virgilio, forse condividendo l’opinione di Terenzio su un simile personaggio, si dichiara disgustato ed invita Dante ad andarsene dal lago di sterco.


Con occhi pieni di humanitas contemporanea, noi lettori ovviamente non siamo così severi nei confronti di donne come Taide, che sicuramente aveva avuto una vita difficilissima ed era stata costretta dalla vita a vendere sé stessa con una simile professione, e come lei tante altre. Ma Dante è pur sempre un uomo del Medioevo…!



La tebana Manto e l’origine di Mantova


E quella che ricopre le mammelle,

Che tu non vedi, con le trecce sciolte,

E ha di là ogni pilosa pelle,

Manto fu, che cercò per terre molte;

Poscia si pose là dove nacqu’io,

Onde un poco mi piace che m’ascolte.

Poscia che il padre suo di vita uscio,

E venne serva la città di Baco,

Questa gran tempo per lo mondo gio.

[…] Quindi passando la vergine cruda

Vide terra nel mezzo del pantano,

Senza cultura e d’abitanti nuda.

Lì, per fuggire ogni consorzio umano,

Ristette co’ suoi servi a far sue arti,

E visse, e vi lasciò suo corpo vano.

Gli uomini poi, che intorno erano sparti,

S’accolsero a quel luogo, ch’era forte

Per lo pantan che avea da tutte parti.

Fer la città sopra quell’ossa morte;

E per colei, che il luogo prima elesse,

Mantova l’appellar senz’altra sorte.

(Canto XX, 52-57; 82-93)


Siamo nella quarta bolgia del cerchio degli ingannatori/fraudolenti, l'ottavo. Questo canto ha per protagonisti tutti coloro che hanno cercato di ingannare il prossimo tramite l’arte della divinazione, una pratica che al tempo di Dante era ritenuta pagana, vicina alla stregoneria e perciò da condannare. Gli uomini e le donne che hanno praticato la divinazione hanno voluto guardare per tutta la vita più in avanti di quanto fosse loro consentito, perché, nell’ottica di Dante, solo Dio conosce il futuro, e prevederlo ed anticiparlo è un atto di superbia, oltre che menzognero nei confronti del prossimo. Per questo motivo, il contrappasso dantesco è come sempre esemplare: la faccia ed il collo di queste anime è stata ruotata in modo tale da costringerli a muoversi andando indietro.


Come già abbiamo visto nel post precedente, sono tante le figure del mondo classico che popolano l’inferno dantesco. Per esempio, qui colpisce la presenza di Tiresia, un indovino amatissimo della grecità, consultato anche da Ulisse nel corso del suo viaggio nell’Oltretomba (e sappiamo che anche quest'ultimo ha un posto di rilievo nell’Inferno…). In particolare, la città greca che più di tutti è considerata sede di ingannatori è Tebe, un luogo che ha avuto secoli di storia e che è stato raso al suolo da Alessandro Magno (tra mille perplessità dei suoi generali, pare), ma anche la residenza di una stirpe regnante maledetta, raccontata sia nei poemi epici che nelle tragedie: Edipo che ha ucciso il padre e sposato la madre senza volerlo, i fratelli Eteocle e Polinice che si sono fatti la guerra ed uccisi tra loro, l’ingiusta condanna della loro sorella Antigone.


Una tebana, più di tutte, è raccontata nei dettagli: Manto, una divinatrice fuggita dalla sua città dopo la morte del padre, malvista dalla sua gente e costretta dalle circostanze e dalla professione che esercitava a girare per terre lontane. Virgilio fa un’accurata descrizione del territorio intorno a Mantova, parlando soprattutto di acque dolci, paludi e fanghi utili per l’agricoltura. Manto raggiunge il territorio su cui poi sorgerà Mantova e decide di stabilirsi lì per poter restare lontana dalla società e ricevere soltanto chi è interessato alla sua arte. In seguito, popolazioni italiche si insedieranno nel luogo per motivi molto più pragmatici, ma chiameranno la città che fondano “Mantova” proprio in onore dell’indovina vissuta e morta lì.


Virgilio (e quindi Dante) descrive la donna come solitaria e “cruda”, usando un lessico vicino ad Orazio e riprendendo le caratteristiche di alcuni personaggi del IX canto. Egli fa intuire al lettore che Manto ha scelto quella terra non solo per la solitudine ed un auspicato senso di pace, ma anche perché la gente intorno a lei era semplice ed incolta e sarebbe stato più facile raggirarla.


Insieme a lei, nel XX canto ci sono altre donne che hanno imprudentemente lasciato le opere femminili per dedicarsi alla divinazione con erbe magiche ed effetti da illusionista.



Mirra


Ed egli a me: Quell’è l’anima antica

di Mirra scellerata, che divenne

Al padre, fuor del dritto amore, amica.

Questa a peccar con esso così venne,

Falsificando sé in altrui forma,

Come l’altro, che là in sen va, sostenne.

(Canto XXX, vv.37-42)


Concludiamo questa panoramica con un personaggio del XXX canto, quello dei falsificatori, perché vorrei raccontarvi anche qualcosa sui miei studi.


La donna in questione è Mirra, una principessa legata al padre Ciniro da un amore incestuoso. La sua storia è raccontata, in toni a tratti più delicati a tratti più forti, da Vittorio Alfieri, poeta e tragediografo del 1700, anticipatore del Romanticismo in pieno Illuminismo e maestro di Foscolo. Egli edulcora in parte l’accaduto tra padre e figlia: immagina Mirra tormentata da un sentimento contro natura di cui Ciniro non sa niente. La ragazza, disperata, si toglie infine la vita con la spada del padre.


Nel lontano (caspiterina!) 2008, per la mia Tesina di Maturità, ho portato “Il rapporto tra padre e figlia nella letteratura”, includendo alcune figure del mondo classico (Ifigenia ed Elettra) e contemporaneo (Nora di Casa di bambola di Ibsen ed Eveline di James Joyce). Ricordo di essermi consultata con la mia prof a proposito delle tragedie alfieriane: Mirra, però, era stata accantonata perché il tema trattato è davvero molto delicato e difficile. Alla fine ho preferito Micol, protagonista della tragedia Saul, una principessa che assiste il padre ormai anziano e sulla via del declino, ma che per motivi di guerra dovrà lasciarlo (ne parlo meglio qui).




Eccoci alla fine della trilogia dell’Inferno!

Fatemi sapere quale personaggio vi ha incuriosito di più e quale vi è capitato di studiare a scuola. Chiedetemi pure chiarimenti e curiosità!

Se tutto va bene, ci riaggiorniamo ai primi di dicembre con la rubrica (perché dopo l’Immacolata vorrei proporvi il solito Countdown natalizio) e passeremo al Purgatorio, che ci accompagnerà per i mesi invernali!

Grazie di cuore per la lettura. Amo molto la Commedia ed ogni volta che scrivo questi post non vedo l’ora di mettere giù le mie impressioni su carta.

Al prossimo post :-)


1 commento :

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