Le donne raccontate da Dante #1
Cari lettori,
il post di oggi è molto speciale per me.
Sono sempre felice di iniziare un nuovo progetto letterario sul blog, sia che si tratti di classici in prosa che di poesia.
Quando in primavera ci sono state un po’ di iniziative relative al Dantedì del 25 marzo, ho iniziato ad elaborare l’idea di una serie di post dedicati a Dante. Il 2021 è l’anno dantesco, perché tra pochissimi giorni saranno 700 anni esatti dalla morte del poeta. Non sapevo però che taglio dare al progetto, perché volevo scrivere qualcosa che non risultasse al 100% scolastico, o comunque già visto.
Alla fine mi sono resa conto che la rubrica “Donne straordinarie” langue da un po’ troppo: il mio progetto sulle figure femminili raccontate da Euripide risale ad ormai tre anni fa. Ho pensato così di provare a parlarvi delle donne che Dante presenta nella Commedia, da quelle più famose a quelle di cui spesso, tra la mancanza di tempo a scuola e la difficoltà nel trattare certi temi, non si parla poi molto.
In questo post e nei prossimi di questa serie leggeremo insieme alcune parti di canti della Commedia ed io proverò a fare un mio commento. Non vorrei darvi (non solo, almeno) nozioni didascaliche: vorrei provare a raccontarvi il mio parere da studiosa e di appassionata su certi personaggi ed alcune tematiche.
Troppe volte, davanti ad un autore così importante, rischiamo di essere presi da un timore reverenziale che ci impedisce di formulare pareri o di esprimere impressioni personali; eppure i classici sono di tutti e sono nostri per sempre!
Con questo mio progetto spero di farvi scoprire donne dantesche sulle quali nemmeno io mi sono mai soffermata molto finora, e spero anche che vorrete dirmi la vostra.
Esaurite le premesse, oggi inizierei con un canto molto noto, un “classico dei classici” per entrare al meglio nell’atmosfera: il V dell’Inferno, quello dedicato ai due sfortunati amanti Paolo e Francesca. È quest’ultima la prima protagonista del mio progetto!
(Le illustrazioni sono tratte da una mia versione della Commedia con i disegni di Gustavo Doré, spero che vi piaceranno.)
Paolo e Francesca come simbolo di pace
(vv.73-87)
Io cominciai: Poeta, volentieri
Parlerei a que’ duo, che insieme vanno,
E paion sì al vento esser leggieri.
Ed egli a me: Vedrai, quando saranno
Più presso a noi: e tu allor li prega
Per quell’amor che i mena; e quei verranno.
Sì tosto come il vento a noi li piega.
Mossi la voce: O anime affannate,
venite a noi parlar, s’altri nol niega.
Quali colombe dal disio chiamate,
Con l’ali aperte e ferme, al dolce nido
Volan per l’aer dal voler portate:
Cotali uscir dalla schiera ov’è Dido,
A noi venendo per l’aer maligno,
sì forte fu l’affettuoso grido.
Nel momento in cui Virgilio e Dante superano la porta dell’Inferno ed il Limbo ed entrano nel cerchio delle anime lussuriose, vengono subito investiti da una innaturale bufera che sembra non arrestarsi mai. Molte anime dannate cercano in ogni modo di appigliarsi, di resistere al furore del vento che imperversa, ma purtroppo ogni sforzo è vano. Si tratta del contrappasso dantesco: così come in vita queste persone si sono fatte trascinare dalle loro passioni, così ora sono condannate a farsi trascinare per tutta l’esistenza.
In mezzo alla bufera, però, Dante individua due anime che sembrano aver trovato una loro pace in mezzo al tormento infernale, e lo sottolinea con parole come insieme, leggieri, volentieri.
Non è dato sapere che cosa pensi Virgilio dei lussuriosi, ma è lecito presupporre che non abbia la migliore opinione su di loro, dal momento che nel V canto ci sono due donne di cui egli ha parlato nell’Eneide, Didone e Cleopatra, descrivendole come persone che hanno ceduto alle passioni, e che sono state condannate al supplizio infernale. Dante, che ha rispetto dell’opinione del suo maestro, nondimeno si sente toccato dalla dignità con la quale le due anime sconosciute sopportano la pena che è stata loro inflitta, e si sente mosso a pietà. Addirittura egli paragona Paolo e Francesca, dei quali non conosce ancora i nomi, a due colombe, uno dei simboli della pace per eccellenza.
Già in questi versi, a mio parere, possiamo trovare uno dei tanti esempi della sensibilità e, in un certo senso, della modernità del poeta. Dante era un uomo del suo tempo e, volendo scrivere un poema che fosse anche una guida morale per i suoi contemporanei, non ha potuto evitare di mettere Paolo e Francesca all’Inferno, a causa della storia di adulterio che ha determinato la loro morte; tuttavia, analizzando parole e gesti si può comprendere come il poeta avverta un senso di ingiustizia nel vedere nei tormenti due anime che, in definitiva, si sentono in pace, perché stanno trascorrendo insieme l’eternità. Il motore delle azioni dei due amanti, in vita come in morte, è un sentimento terreno che ha portato alla condanna dell’anima, ma anche una passione dalla quale Dante non può non sentirsi sconvolto.
La storia di Francesca
(vv. 97-107)
Siede la terra, dove nata fui,
Sulla Marina dove il Po discende
Per aver pace co’ seguaci sui.
Amor, che al cor gentil ratto s’apprende,
Prese costui della bella persona
che mi fu tolta, e il modo ancor m’offende.
Amor, che a nullo amato amar perdona,
mi prese del costui piacer sì forte,
che, come vedi, ancor non m’abbandona.
Amor condusse noi ad una morte:
Caina attende chi vita ci spense.
Francesca accoglie subito la richiesta di Dante e, nel dimostrare che l’apprezza, utilizza il termine pietà. Non si tratta di un termine casuale, ma, ancora una volta, di un riferimento al maestro Virgilio: la pietas è la caratteristica principale di Enea, tratto della personalità di cui Dante fa tesoro. Non si tratta semplicemente di guardare con compassione ad una persona che sta soffrendo, ma di rispettare tutte le forme di vita intorno a sé, dalle umane alle divine. Il fatto che Francesca riconosca in Dante un uomo dotato di pietas è significativo, perché chi meglio di lei potrebbe farlo? È una donna del Medioevo, quindi abituata ai privilegi del sesso maschile, costretta in vita ad un matrimonio non suo e chiacchierata anche dopo la morte per lo scandalo che ha suscitato insieme al cognato Paolo. Almeno in vita, ha conosciuto bene i giudizi morali pesanti ed il falso pietismo.
Sentendosi a suo agio nel confidarsi, Francesca delinea in poche righe una serie di emozioni, tanto vivide che sembrano essere loro le protagoniste, invece che i fatti della sua storia.
La vicenda che ha portato lei e Paolo alla morte era molto conosciuta ai tempi di Dante, soprattutto nella zona riminese e del Delta del Po. Francesca, infatti, era una ricca ragazza di Rimini, in età da marito. Per convincerla a sposare Gianciotto Malatesta, uomo anziano e di brutte fattezze, le era stato fatto vedere un ritratto di Paolo, il suo futuro giovane cognato, di bell’aspetto: quando Francesca si era accorta dell’inganno, era già troppo tardi. Paolo e Francesca avevano finito per innamorarsi, ma Gianciotto li aveva uccisi.
Le terzine che ho citato sono molto famose, e credo che, anche in questo caso, sia molto importante prestare attenzione alla scelta delle parole. Innanzitutto il riferimento al cor gentil, che è il cuore nobile di natali ma soprattutto d’animo. Paolo, per Francesca, è ancora una bella persona a cui appartiene il suo cuore, e questo è sorprendente, soprattutto se si considera che altri canti dell’Inferno (come per esempio il successivo, il VI, quello politico) sono pieni di personaggi rabbiosi e rancorosi che accusano qualcun altro della loro rovina, solitamente quelle persone che in vita sono state con loro gomito a gomito ed hanno avuto parte attiva nella rovina della loro anima. Gli amanti malvagi che si accusano a vicenda quando i loro piani falliscono, poi, sono figure letterarie che capitava spesso di trovare nelle novelle, nelle narrazioni di amor cortese o anche solo nelle favole educative. L’amore di Francesca, invece, “ancor non la abbandona”, ma le è di conforto anche ora, nella morte, ed in una morte infernale. Questo perché Amor a nullo amato amar perdona: quando si è amati in modo così forte e vero, non si può fare a meno di amare a propria volta.
L’oggetto della sua rabbia è invece Gianciotto, il marito assassino, che Caina attende, cioè che, alla sua morte, finirà in una delle zone più buie e gelate dell’Inferno, quella del Cocito, il lago ghiacciato riservato ai traditori e, nello specifico, ai fratricidi.
Il paragone con Lancillotto e Ginevra
(vv.127-138)
Noi leggevamo un giorno per diletto
Di Lancillotto, come amor lo strinse:
Soli eravamo e senza alcun sospetto.
Per più fiate gli occhi ci sospinse
Quella lettura, e scolorocci il viso:
Ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disiato riso
Esser baciato da cotanto amante,
Questi, che mai da me non fia diviso,
La bocca mi baciò tutto tremante:
Galeotto fu il libro e chi lo scrisse:
Quel giorno più non vi leggemmo avante.
Francesca e Paolo si dichiarano il loro amore nel corso di quello che è uno degli episodi più celebri della letteratura: la lettura di un romanzo sugli amori di Ginevra e Lancillotto.
Francesca è vista come Ginevra, perché è una donna ricca che ha dovuto sposare un uomo che non ama per ragioni politiche; Artù e Lancillotto sono, in un certo senso, fratelli proprio come Gianciotto e Paolo, perché il re affidava al suo braccio destro tanti compiti delicati, compreso quello di occuparsi della sicurezza di Ginevra.
Questo passo è splendido per la descrizione accurata dei gesti e dei sentimenti dei protagonisti, ma è anche interessante da un punto di vista letterario. Dante ha moltissime fonti d’ispirazione nella scrittura della Commedia: abbiamo già parlato dell’Eneide e del mondo classico, e ci ritorneremo presto. Sicuramente tra i suoi studi c’è il poema cavalleresco medioevale, e, in questo caso, egli si ispira al ciclo bretone, una sorta di romance dei tempi, i cui protagonisti più gettonati erano proprio i Cavalieri della Tavola Rotonda (personaggi che ancora oggi ispirano svariati historical romance...)
La lettura è l’ultimo momento di vita di Paolo e Francesca: di lì a pochi attimi Gianciotto li sorprenderà e li ucciderà.
Le donne della “bufera infernal”
(vv.58-69)
Ell’è Semiramìs, di cui si legge,
Che succedette a Nino, e fu sua sposa:
Tenne la terra, che il Soldan corregge.
L’altra è colei, che s’ancise amorosa,
E ruppe fede al cener di Sicheo;
Poi è Cleopatràs lussuriosa.
Elena vidi, per cui tanto reo
Tempo si volse, e vidi il grande Achille,
Che con amore al fine combatteo.
Vidi Paris, Tristano; e più di mille
Ombre mostrommi e nominolle a dito,
Che amor di nostra vita dipartille.
Oltre a Francesca, Dante non manca di nominare altre importanti protagoniste femminili della storia e della letteratura, che sono finite nella bufera dei lussuriosi.
Colei di cui si parla di più è Semiramide, una leggendaria regina dell’impero assiro-babilonese. Diversi autori della classicità greca e romana hanno scritto di lei, e qualcuno di essi l’ha persino dipinta come protagonista di rapporti incestuosi.
Poi ci sono le due donne già raccontate da Virgilio, Didone e Cleopatra, due personalità ricche di sfaccettature ma condannate dalla morale del tempo.
Didone, regina di Cartagine, in opere precedenti all’Eneide viene descritta come una donna determinata e furba, che protegge il suo popolo ed è fedele al suo primo marito Sicheo. Ella si trova nel cerchio dei lussuriosi perché l’amore per Enea le ha fatto dimenticare il lutto; personalmente, però, credo che un giudizio così severo (anche al tempo di Dante il sacramento del matrimonio terminava con la morte di uno dei coniugi!) sia dovuto, ancora una volta, all’ombra lunga di Virgilio: quando Enea la abbandona, Didone invoca l’arrivo di un vendicatore (Annibale) e di fatto predice le guerre puniche, e forse è questo il vero peccato che i due poeti non le perdonano.
Un discorso simile potrebbe essere fatto per Cleopatra, regina egizia amante prima di Cesare e poi di Antonio, ritratta da Virgilio sullo scudo di Enea (un dono di Venere, un’arma sulla quale è stato istoriato il futuro) proprio nel momento in cui ella vede la sconfitta dell’esercito del suo amante e decide di suicidarsi con il veleno di un serpente.
Elena, moglie di Menelao rapita da Paride, è uno dei personaggi chiave della guerra tra Greci e Troiani. Tradizionalmente ritenuta la causa dello scontro per via della passione illegittima per Paride, viene difesa solo da due letterati greci: la poetessa Saffo, che afferma di comprendere i suoi sentimenti, ed Euripide, che dipinge la donna come un “fantasma”, un idolo dietro il quale, in realtà, c’erano interessi ben più importanti (per maggiori informazioni sulla tragedia Elena potete dare un’occhiata a questo post).
Le ultime due donne del canto V dell’Inferno non sono, forse, presenti nella bufera come anime, ma vengono ricordate indirettamente, tramite la presenza dei loro amanti: Polissena, una delle tante figlie di Priamo, che, secondo alcune leggende, è stata l’ultimo sfortunato amore di Achille, ed Isotta, legata al cavaliere medioevale Tristano da una storia che assomiglia molto a quella di Paolo e Francesca.
Eccoci giunti alla fine del nostro primo appuntamento dantesco!
Il mio buon proposito sarebbe quello di parlarvi di Dante una volta al mese circa, un po’ come altre mie rubriche. Cercherò di tenervi fede!
Nel frattempo fatemi sapere che cosa ne pensate di questa idea e se vi piace questo “taglio” tra le tante possibili interpretazioni della Commedia.
Avrete notato che, oltre ai fatti inseriti, ho inserito anche delle mie osservazioni: ditemi pure la vostra su tutto quel che volete!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Ciao Silvia, da amante di Dante come te, non posso che apprezzare questo tuo nuovo progetto! Sicuramente leggerò tutti i tuoi post, che mi faranno rifare un tuffo in questo poema così straordinario :-)
RispondiEliminaCiao Fra! Sono contenta che ti piaccia il mio post! Cercherò di essere regolare con i prossimi aggiornamenti 🤗
EliminaInteressante e istruttivo questo post che ha colmato anche qualche piccola lacuna
RispondiEliminaCiao Susy! Felice che tu abbia apprezzato il post!
EliminaIl quinto canto dell'Inferno è, in assoluto, il mio preferito, ed ho apprezzato molto la tua analisi.
RispondiEliminaLa storia di Paolo e Francesca mi affascinó al liceo e decisi di approfondirla.
Attenderò il post di ottobre, quindi, per scoprire di quale altra donna dantesca ti occuperai.
Complimenti per aver ideato questa rubrica.
Ciao Claudia! Eh sì, sono partita da un classico che piace a tanti... i prossimi post saranno più insoliti, mi sa! Sono contenta che questo ti sia piaciuto!
Eliminaquanto amo questo canto!!
RispondiEliminaci sono passaggi che so a memoria perché li ho letti e riletti non so quante volte, e ad ogni rilettura mi emozionavano.
Bello questo progetto sulle donne della commedia, ti seguirò con interesse, son certa che avrai da dirci tante cose interessanti!
Ciao Angela! Sono contenta di essere partita proprio da un canto che ti piace :-) Spero che anche i prossimi post saranno di tuo gradimento. Io cercherò il più possibile di essere costante!
Elimina