lunedì 27 settembre 2021

NUOVI CASI PER IL MONTEROSSI

 Due romanzi di Alessandro Robecchi




Cari lettori,

nuovo appuntamento per la nostra rubrica “Letture… per autori”!

Oggi torniamo a parlare di gialli targati Sellerio e, in particolare, incontriamo nuovamente un personaggio del quale vi ho già parlato più di una volta: Carlo Monterossi, l’autore televisivo di successo nato dalla penna di Alessandro Robecchi. A questo link trovate la mia recensione di altri due romanzi con il medesimo protagonista. Il post di oggi è un po’ sui generis, perché vedremo, allo stesso tempo, sia le origini che gli ultimi sviluppi della storia di Carlo Monterossi.


Questa primavera, infatti, ho approfittato dell’edizione 2021 dell’iniziativa Milano da leggere, tutta dedicata al giallo lombardo, e, tra i 10 ebook messi a disposizione e scaricabili gratuitamente dal sito del Comune di Milano, ho trovato proprio Questa non è una canzone d’amore, il primo capitolo della serie.


Poco dopo ho letto anche Flora, una delle novità di quest’anno, nonché ultimo capitolo, almeno per il momento.


Tra i due romanzi ci sono interessanti e notevoli differenze: si vede che nel mezzo c’è stato un lungo percorso, sia dei personaggi che dell’autore. Ma non aggiungo altro e vi lascio alle recensioni!



Questa non è una canzone d’amore


Carlo Monterossi è un autore televisivo di grande successo: è l’ideatore di Crazy Love, il programma che pone al centro della scena la gente comune e le sue strazianti storie affettive e familiari. Nato con un preciso intento sociologico (almeno nella mente del Monterossi), il programma è però ormai degenerato in un bieco intrattenimento. Flora De Pisis, la conduttrice, regina della Grande Fabbrica della Merda (soprannome che Carlo ha dato al canale televisivo per cui lavora), è la reginetta delle finte lacrime, del dolore altrui esibito per incuriosire i numerosi telespettatori, delle interviste impietose nelle quali gli ospiti della trasmissione vendono se stessi ed i propri cari per un po’ di soldi e visibilità.


Crazy Love è considerato l’esempio di un grande successo televisivo, Flora De Pisis è acclamata da milioni di italiani e Carlo è ritenuto quasi un genio, eppure… lui non ne può più. Con grande sconcerto della sua agente, Katia Sironi, una donna che metterebbe paura ad un branco di leoni, egli ha appena chiesto di essere estromesso dal programma. Dopo una serie di spiacevoli avvenimenti, compreso il suicidio in diretta di una moglie tradita, egli è arrabbiato con se stesso e nauseato per il fatto che la “sua creatura” gli sia sfuggita di mano.


I soldi non gli mancano, così come il tempo per ideare un nuovo probabile successo: così egli torna a casa soddisfatto, felice di passare finalmente una serata tranquilla nella sua casa, con il frigo riempito dalla materna governante Katrina, un drink e il suo amato Bob Dylan. Un evento scioccante, però, cambia le sorti della serata e non solo: un uomo, fingendosi un corriere, si intrufola nel suo appartamento e, mostrando di riconoscerlo e di avercela proprio con lui, tenta di sparargli. Il Monterossi se la cava con un’imbranata colluttazione ed a rimetterci è solo un quadro di Dylan, ma l’uomo fugge e lascia un inquietante reperto: un dito umano in una scatolina.


La polizia lo informa che, se il suo aggressore avesse avuto fortuna, egli sarebbe stato il terzo di una serie di delitti che stanno iniziando a terrorizzare Milano: già due persone sono state trovate morte nei loro appartamenti, con un colpo di arma da fuoco e un dito altrui infilato in un posto molto poco carino.


Carlo vorrebbe tornare alla sua vita di sempre, ma è rimasto sconvolto e si chiede chi possa avercela con lui a tal punto da volerlo morto, anche perché le altre due vittime non avevano niente a che fare con il mondo televisivo, quindi l’unico movente che gli viene in mente (ira causata da Crazy Love) è scartato. La curiosità per le storie altrui gli appartiene da sempre, ed egli non riesce a restare fuori proprio da quella che lo riguarda, così decide di drizzare le antenne quelle volte che si ritrova in commissariato a ricostruire i fatti e di utilizzare i tanti contatti che ha a Milano per cercare di fare luce sulla vicenda.


Mentre la sua curiosità si tramuta in una sorta di indagine, egli conosce i personaggi che – ancora non lo sa – diventeranno suoi compagni di disavventure: i poliziotti Ghezzi e Carella, con i loro superiori Semproni e Gregori, e l’investigatore privato Oscar Falcone, una mina vagante disposta, tra le tante cose, anche a dargli una mano.


Il Monterossi, però, non sa di non essere l’unico che sta facendo le sue mosse. Ci sono innanzitutto due killer molto eleganti e raffinati, che si muovono per Milano con discrezione e rapidità. E poi ci sono degli stravaganti personaggi provenienti da uno dei campi rom della città, che sembrano essere in cerca di vendetta per alcuni fatti di sangue avvenuti anni prima nell’Europa dell’Est. E – sarà un caso? - oltre alle due vittime già menzionate, iniziano a venire ritrovati degli altri cadaveri, tutti dissanguati e contrassegnati da simboli neonazisti.



Questa non è una canzone d’amore è, come già detto, il primo romanzo che ha per protagonista Carlo Monterossi, e credo che ciò sia evidente soprattutto nello stile, che mi ha ricordato molto quello dei primi racconti di Robecchi che ho letto nelle raccolte Sellerio di qualche anno fa. Trovo che, romanzo dopo romanzo, il modo di scrivere dell’autore sia diventato più riflessivo, dettagliato, a volte quasi poetico, come vedremo in Flora. In questo romanzo, invece, la penna è molto più asciutta ed incisiva, più tipica del thriller di ispirazione straniera che del giallo nostrano.

Ciò che invece c’è fin da subito e che non è cambiato è una grande ironia, legata soprattutto alla critica ed alla satira. La tv trash è sicuramente uno degli obiettivi principali dell’autore, che tuttora lavora come ideatore di alcuni programmi e conosce bene questo mondo, ma non solo. Tutti i personaggi di questa storia ricalcano, con una loro originalità, degli archetipi milanesi: l’idealista che vorrebbe mantenersi puro anche sul lavoro ma ha venduto la sua idea a chi si preoccupa solo di guadagnare e l’ha vista stravolta; la governante di origini straniere che guarda con stupore e condiscendenza ai vizi ed alle stravaganze del suo capo della “Milano bene”; l’agente che deve muovere personalità e soldi ed è tenera come uno schiacciasassi; le Forze dell’Ordine che, in una grande città come Milano, sembrano non trovare mai quiete; il professionista che ha preferito mettersi in proprio per non rendere conto a nessuno; gli emarginati che occupano le periferie ma che conoscono la città meglio di tanti meneghini di nascita.


Un thriller socio-culturale con implicazioni storiche che si rivela essere solo l’inizio di una serie che ha davvero tanto da raccontare.



Flora


A Milano è arrivata l’estate ed è davvero illegale restare a luglio in città con un clima simile, come dice lo stesso Monterossi. Eppure lui è ancora lì, un po’ perché non freme dalla voglia di visitare le classiche località di villeggiatura dei milanesi benestanti, un po’ perché sta aspettando le ferie di Bianca Ballesi, la donna con cui vive ormai da mesi un “amore non dichiarato” (leggi: una relazione in cui tutti e due fanno finta di non essere troppo coinvolti).


Una sera, però, egli viene convocato a casa del capo supremo della Grande Fabbrica della Merda, una sorta di divinità del pantheon televisivo che lui ha visto un paio di volte in tutto. Il motivo della sua convocazione è semplice ma terribile: l’amatissima (da tutti tranne che da lui) Flora De Pisis è stata rapita. Nessuno ha capito né come né perché sia successo, ma una cosa è certa: almeno per il momento, è meglio non coinvolgere la polizia, ma è necessario che coloro che lavorano ai piani alti della Grande Fabbrica (compreso lui, Carlo, che non ne fa proprio parte ma è considerato un utile cervello fino) inizino a muoversi con cautela per capire almeno dove potrebbe essere stata nascosta la diva.


Carlo coinvolge Bianca, Oscar Falcone e la socia di quest’ultimo, l’ex poliziotta Agatina Cirrielli, ma le possibili piste sono tante e soprattutto poco credibili. I piani alti pensano che qualcuno che è stato bistrattato da Flora durante uno dei suoi programmi sia in cerca di vendetta, ma Carlo non è convinto: tutti i possibili sospettati gli sembrano dei disperati senza arte né parte, che ruberebbero a fatica un pollo senza farsi scoprire.


Pochi giorni dopo, i rapitori si fanno sentire, chiedendo un riscatto considerevole ma soprattutto una condizione vincolante: un’ora di trasmissione in diretta, di sabato sera, durante il momento del picco di share. Ora di trasmissione che, a quanto pare, vedrà proprio Flora, la rapita, come protagonista. Questa richiesta megalomane conferma il sospetto di tutti che i rapitori siano dei folli, mentre a Carlo sembra di intravedere un piano lucido in mezzo a tante assurdità.



Poco distante dai bei palazzi della Grande Tivù, chiusa in un capannone di una di quelle periferie dove non si è mai degnata di mettere piede, Flora De Pisis non capisce che cosa le sta succedendo. È stata portata via con la forza e costretta a vivere in un ambiente angusto che le sembra una sorta di camerino, ma è nutrita, assistita e trattata in modo più che decente, anche se senza i suoi vestiti, i suoi gioielli ed il suo necessaire beauty sta già impazzendo. Nella stanza, ogni tanto, entrano due persone: il dottor Corrado Stranieri, un uomo maturo ed elegante dall’aria riservata, e Caterina, la donna che sembra essere la sua compagna, una persona dall’aspetto dimesso ma dallo sguardo determinato. Da quel poco che le dicono, con tono suadente ed un po’ misterioso, Flora comprende che i due hanno in mente un progetto che la riguarda, ma non ha capito come ed in che termini.


Il dottor Corrado Stranieri ha un piano bellissimo, oltre le stelle. È un’idea tutta dedicata a Robert Desnos, un poeta surrealista morto nei campi di concentramento come oppositore politico, un uomo che viveva di amori imperfetti ed arte intesa come resistenza. Egli è l’ossessione del dottor Stranieri, il cuore del suo sogno, del quale lui e Caterina sono gli ideatori, ma per realizzare il quale ha bisogno di altre persone. Compresa Flora.



Forse non è un caso che Flora sia stata pensata ed ambientata nell’estate milanese dell’anno scorso, dopo la prima grande ondata di Covid. La Milano del Monterossi che tanti di noi ormai conoscono (viva, frenetica, brulicante) sembra quasi addormentata. La stagione estiva, che porta i milanesi quasi a scappare dalla loro città, e gli strascichi del lockdown primaverile contribuiscono all’atmosfera di alienazione.


Anche lo stile di Robecchi, che si è fatto meno essenziale e più ricco romanzo dopo romanzo, qui, in alcune pagine, assume una connotazione quasi lirica. Si tratta di una lettura complessa, da affrontare a poco a poco, di sicuro più lentamente di altri libri dell’autore: alle indagini del Monterossi e dei suoi amici, in cui gli amanti della serie sicuramente si ritroveranno, si alterna la complessa storia di Robert Desnos, poetica come il suo protagonista, che ha vissuto per la letteratura.


Parlando con papà, lui ha definito questo romanzo una favola e credo che abbia ragione: quello che viene raccontato tra le pagine è un “sogno per adulti”, un piano oltre le stelle fatto di valori, libertà, trasmissione della cultura, al di là delle tante brutture che ti impone la vita e che spesso ti vomitano addosso i media di ogni genere. Meno critica sociale e più spazio per i sogni in questo romanzo nel quale tante certezze dei lettori appassionati della serie vengono messe in discussione e talvolta ribaltate.




Che ne dite? Avete già letto qualche romanzo o racconto di Alessandro Robecchi? Che cosa ne pensate?

Spero di avervi interessato ed incuriosito!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

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