lunedì 29 maggio 2023

I PREFERITI DI MAGGIO 2023

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

ultimo lunedì di maggio!

Per certi versi, questo mese non è andato come immaginavo. Ero quasi rassegnata al caldo fuori norma che l’anno scorso ci aveva investito già a metà maggio, ed invece l’ondata di maltempo ha stupito tutti quanti. A questo proposito, ne approfitto per mandare un grande abbraccio a quanti di voi sono stati coinvolti nei tanti disastri ambientali di queste ultime settimane.


Per altri versi, invece, questo mese è stato proprio come pensavo: pieno e parecchio impegnativo, tra lavoro, scuola di danza ed altro!


Purtroppo lettura e scrittura sono spesso finite in un angolo, ma ho cercato di dedicare loro comunque un po’ di tempo. Quindi eccomi qui a riepilogare con voi tutto quello che mi è piaciuto in questo mese!



Il libro del mese


Ogni tanto bisogna tornare dove si è stati bene (e sognare un po’ di atmosfere estive…): così questo mese ho deciso di fare un viaggio immaginario nei dintorni di Palermo con Quattro indagini a Màkari di Gaetano Savatteri.


Come forse alcuni di voi sapranno, mi sono molto piaciuti i romanzi dell’autore che hanno come protagonista il giornalista rimasto disoccupato Saverio Lamanna. Dopo anni spesi a Roma, in un comodissimo ufficio del Viminale, a fare il portavoce di un importante personaggio politico, egli è stato licenziato in tronco per un comunicato sbagliato, un episodio che è poco più che un equivoco.


Costretto a rinunciare alla “bella vita” romana e con un conto in banca destinato ad assottigliarsi, egli non trova idea migliore che tornare a casa, in Sicilia, ed in particolare nella casa al mare di famiglia, a Màkari, dove il padre, un professore in pensione, non vuole più tornare dopo la morte della moglie.


Lì egli trova Peppe Piccionello, un vecchio amico del padre che lo prende sotto la sua ala protettrice e gli insegna a riscoprire il valore delle tradizioni siciliane, e Suleima, una ragazza che lavora come cameriera al ristorante della sua vecchia conoscente Marilù e che diventa la sua fidanzata.


I romanzi di questa serie sono La fabbrica delle stelle (qui la recensione), Il delitto di Kolymbetra (qui) e Il lusso della giovinezza (a questo link).


Non ero sicura, però, di aver letto tutti i racconti (con i quali, in realtà, il personaggio è nato, prima che Savatteri passasse ai romanzi veri e propri). Così ho preso in biblioteca questa raccolta con quattro di essi, ed ho scoperto che mi mancava proprio il primo.



Il lato fragile inizia con gli incubi in volo di Saverio Lamanna, che è appena fuggito da Roma e sta per atterrare a Màkari. Proprio mentre sta recuperando i bagagli, però, egli trova un suo vecchio compagno di scuola, Franco Pitrone, ormai diventato per tutti Don Franco. Egli non ha cuore di dirgli che al momento non vuole più saperne di giornalismo e di tutto il suo mondo, così accetta di partecipare, di lì a pochi giorni, ad un convegno a tema antimafia e legalità. Gli basta una settimana per conoscere Piccionello e Suleima e per abituarsi alla vita rilassata in riva al mare (lavori di restauro della casa a parte), ma ormai ha promesso, e gli tocca pure trovarsi faccia a faccia con Simone Triassi, una sua vecchia conoscenza che è diventato un eroe del giornalismo d’inchiesta e non vede l’ora di sbattergli in faccia il suo fallimento. Dopo la prima giornata di convegno, però, Triassi viene trovato misteriosamente ucciso…



Il fatto viene dopo vede Saverio Lamanna sempre più innamorato di Suleima, ma suo malgrado costretto da un vecchio amico avvocato a scavare in un passato amoroso che avrebbe preferito dimenticare. Quando era ragazzo, egli ha avuto una storia con una ragazza chiamata Antonia, che ha poco educatamente tradito con un’amica di lei, Serena. Il problema è che ora Antonia e Serena sono madri di famiglia, i rispettivi figli adolescenti si sono presi a pugni in una rissa, ed Antonia, che evidentemente vuole vendicarsi di passato e presente, ha querelato Serena per una cifra esagerata.

L’avvocato di Serena, vecchia conoscenza di Lamanna, conoscendo le sue note doti di mediatore ed oratore, gli chiede di intervenire. Saverio accetta, ma non può fare a meno di pensare sia che il passato dovrebbe restare sepolto dov’è, sia che Antonia nasconda qualcos’altro, visto che è così accanita…



La regola dello svantaggio è un racconto di svolta per il personaggio di Saverio Lamanna: dopo tanto ozio forzato, egli viene convinto da Marilù a fare da guida turistica per un gruppo che soggiorna nel suo ristorante/hotel ed ha prenotato una sorta di mini tour nei dintorni. Saverio prima tentenna, poi si ritrova la casa affittata a sua insaputa ed occupata da una famiglia francese (mentre qualcuno si è intascato la caparra al posto suo) e decide che è meglio incassare sia saldo della casa che compenso del mini tour e starsene lontano per un po’. Una volta partito, però, ha un’altra delusione. I suoi ospiti non sono per niente interessati ad arte e cultura come egli avrebbe sperato, ma si curano soltanto dell’enogastronomia locale. In più, l’uomo che sembra essere il leader del gruppo viene trovato morto una mattina.



È solo un gioco è invece l’istantanea di un momento drammatico nella vita di Saverio: la morte del cugino Franco, con il quale da piccolo era molto legato, in un incidente d’auto. Saverio non vedeva da anni il cugino e non sa nemmeno se è il caso di partecipare al funerale, ma ovviamente il padre e Piccionello lo trascinano. Lì Saverio scopre che Franco non aveva un vero e proprio stipendio, ma affittava appartamenti e principalmente giocava in una squadra semi professionistica di calcio, intorno alla quale, però, ci sono strani giri di scommesse clandestine.



Torno sempre volentieri al mini mondo di Màkari, che sia con i romanzi, che sia con la fiction. Mi rilasso e sogno l’estate, ma non mancano emozioni e riflessioni. Spero che presto Gaetano Savatteri tornerà con un nuovo libro.



Il film del mese



Anche questo mese devo fare “mea culpa”: non solo non sono riuscita ad andare al cinema per via di tutti gli impegni, ma la maggior parte delle serate sono crollata dopo aver letto un po’, così non ho visto nemmeno molti film alla TV.


Così oggi, come il mese scorso, vi consiglio una commedia che ogni tanto mi fa piacere rivedere.


Il protagonista di Confusi e felici è uno psicanalista, Marcello (Claudio Bisio), che da un giorno all’altro scopre di essere affetto da una grave malattia agli occhi, che nel giro di pochi mesi lo condurrà alla cecità. La sua unica speranza è un intervento in Svizzera, che però non è molto praticato, è delicato e non ha grandi speranze di riuscita.


La consapevolezza di stare per perdere la vista lo fa piombare in una profonda depressione. Nei primi tempi egli non riesce – comprensibilmente – a far altro che pensare a se stesso, ma ben presto, spinto dalla precarietà della sua condizione, inizia a vedere meglio chi lo circonda.


I suoi pazienti, per esempio, sono un vero campionario di stravaganza: Nazareno, un delinquente di borgata che sta per diventare padre da una ragazza africana e proprio non si sente di ammettere a se stesso che in fondo è “buono”; Pasquale, un autista in età ormai matura che dipende ancora dalla madre e dal cibo; Vitaliana, una donna che cerca sempre di sedurre chiunque, compreso lo stesso Marcello; Betta ed Enrico, la classica coppia che ha perso la passione ed è caduta vittima della routine; Michelangelo, che ha sofferto per il tradimento della moglie ed ora non riesce a controllare la sua rabbia. E poi c’è Silvia, la sua segretaria, da sempre innamorata di lui.


Sarà proprio lei a trasformare i pazienti di Marcello nel più strambo gruppo di amici, che, dopo aver tormentato per mesi il loro psicanalista con i loro piccoli e grandi drammi quotidiani, cercheranno, a modo loro, di ricambiare quello che hanno ricevuto.



Che cosa succede quando è lo psicanalista ad andare in crisi? Questa è la domanda a cui cerca di rispondere Confusi ma felici. I risultati talvolta sono esilaranti, altre volte inaspettatamente drammatici, altre ancora forieri di riflessioni.


Certo è un film leggero (anche se alcuni momenti sono particolarmente intensi), ma in questo periodo dell’anno un rewatch di commedie di questo tipo è esattamente quello che mi serve!



La musica del mese


Continuiamo il nostro percorso tra le canzoni di Taylor Swift.


A gennaio abbiamo inseguito la felicità con Happiness, a febbraio siamo stati romantici con Enchanted, a marzo abbiamo riflettuto con This love e in aprile abbiamo assaporato il bello delle piccole cose con Daylight.



Per il mese di maggio, in cui gli studenti (e gli insegnanti...) si preparano alla fine della scuola ed iniziano a sognare l’estate, ho pensato di rispolverare un vecchio successo, il mio brano preferito del suo disco del 2008 Fearless, ri-uscito di recente in una nuova edizione. È una canzone che si intitola Fifteen e che fa un bilancio a posteriori della propria esperienza scolastica, dando consigli ad un’immaginaria sorella minore:


Fai un bel respiro e attraversi la porta

è la mattina del tuo primissimo giorno

Dici “ciao” ai tuoi amici che non hai visto per un po’

e cerchi di stare lontano dalla traiettoria di tutti


è il tuo primo anno

e starai qui per i prossimi quattro anni in questa città

sperando che uno di quei ragazzi dell’ultimo anno

ti farà l’occhiolino e ti dirà

Sai, non ti ho mai visto qui, prima...”


Questa canzone mi fa ripensare spesso ai miei anni delle superiori. Ai piccoli divertimenti un po’ sciocchi che facevano la differenza in una noiosa giornata di studio, ai ragazzi dell’ultimo anno che non ci davano retta neanche per sbaglio, alle uscite del sabato pomeriggio, alle prime serate fuori. E poi ripenso al momento in cui ho conosciuto Luana, una delle mie più vecchie amiche (non è stato a scuola, ma comunque in un contesto adolescenziale).


Ti siedi in classe vicino ad una ragazza dai capelli rossi

che si chiama Abigail

e prestissimo siete amiche del cuore

ridendo delle altre ragazze, che pensano di essere così fighe,

saremo fuori di qui appena potremo...”


Quello che mi colpisce ogni volta, riascoltando questa canzone, è il fatto che negli anni delle superiori, di fatto così provvisori e pieni di cambiamenti, ci si tende a comportare come se tutto fosse definitivo. Come se i nostri sogni di quegli anni fossero destinati ad essere la base di ciò che costruiremo in futuro. Scoprire che non è così è stato, in prima battuta, un po’ deludente… ma poi, devo dire, un sollievo.


Nella tua vita farai cose più grandi

che uscire con il ragazzo della squadra di calcio

ma io non lo sapevo, a 15 anni


Quando tutto quel che volevi era essere voluta

vorrei che tornassi indietro

e ti dicessi quel che sai ora


A quel tempo ho giurato che un giorno lo avrei sposato

ma ho capito di avere dei sogni più grandi…



Infine, questa canzone mi fa pensare a che enorme responsabilità sia per me, ora, lavorare ogni giorno con dei piccoli umani (che siano bambini o adolescenti) da aiutare a crescere. Non è sempre facile dar loro il consiglio giusto, ma si cerca di fare del proprio meglio. Di sicuro la mia stessa esperienza si rivela ancora preziosa. Trovate la canzone a questo link.


Perché quando hai 15 anni e qualcuno ti dice che ti ama

tu gli crederai

e quando hai 15 anni

non dimenticarti di guardare bene prima di cadere


Ho capito che il tempo può guarire quasi tutto

e tu troverai quel che sei destinata ad essere

io non sapevo chi sarei diventata, a 15 anni



La poesia del mese


Per questo mese ho pensato di proporvi una poesia che abbiamo letto e studiato a scuola e ci è piaciuta molto. Si tratta di Lo sai cos’è una mamma?, di Maria Ruggi.


Lo sai cos’è una mamma?

Pensa al volo di una farfalla,

a una mano sulla tua spalla,

ai colori dell’arcobaleno,

a un respiro sempre sereno.


Pensa al cielo del mattino

a chi ti mostra il cammino,

al vento con le sue brezze,

al dolce tocco delle carezze.


Lo sai cos’è una mamma?

Pensa a una donna che non ha rivali

a chi ai pensieri mette le ali,

al profumo del gelsomino,

a chi nella vita ti è sempre vicino.


Pensa allo sfavillio dei diamanti

a chi rende i tuoi occhi più brillanti,

all’usignolo e al suo canto grazioso,

ecco… una mamma è il dono più prezioso!



Le foto del mese


Dopo la gita del 19 aprile, anche maggio è stato un mese ricco di attività speciali a scuola! Ci sono state alcune giornate di attività in collaborazione con la Cooperativa locale; il 6 la giornata sportiva; oggi pomeriggio la nostra festa di fine anno… Stanca ma soddisfatta!



Parlavamo della mia amica Luana… ecco, domenica 7 l’abbiamo “rapita” e portata a Sirmione per il suo addio al nubilato! È stata una giornata semplice ma molto bella: giretto per il paese, mega aperitivo con pizza e bruschette e pomeriggio di relax alle Terme! Siamo tornate molto contente :-)



Sabato 13 io e la mia amica Mara siamo tornate ad Orticola, la mostra-mercato di piante e fiori che si tiene ogni anno nei giardini di via Palestro. Sono sempre felice di passeggiare in mezzo a queste piante che sono dei veri capolavori!



Dopo abbiamo fatto merenda in un posticino nuovo per noi (sapete che siamo sempre a caccia di bar/pasticcerie carini a Milano), un bistrot un po’ italiano ed un po’ francese. Abbiamo assaggiato questi ottimi dolcetti: meringata al limone per lei, éclair (una specie di mega bigné) alla vaniglia per me!



Maggio è stato un intenso mese di prove a scuola di danza per il nostro spettacolo del 6 giugno! Ecco il mio programma personale di quest'anno... 




Questo è stato il mio maggio in breve, e non vi nascondo che mi sento un po' stremata. Non so se dire che sono stanca mentalmente per il lavoro o fisicamente per danza, ma sta anche arrivando il momento di cogliere i frutti di più di un percorso durato tutto l'anno e questo, in fondo, nonostante tutte le piccole e grandi ansie, mi fa sentire tranquilla e felice. I primi 10 giorni di giugno saranno ancora molto intensi e frenetici; poi spero in una ventina di giorni un po' più lenti, e poi inizierà la mia estate. Vi terrò aggiornati! 

Grazie per la lettura, ci rileggiamo in giugno :-)



giovedì 25 maggio 2023

LE DISAVVENTURE DEL MONTEROSSI

 Due romanzi di Alessandro Robecchi




Cari lettori,

oggi ritorna la nostra rubrica “Letture… per autore”, e con essa Alessandro Robecchi, uno degli autori più conosciuti della casa editrice Sellerio!


Vi ho parlato già altre volte di questo scrittore, ma forse non tutti sanno che il personaggio principale nato dalla sua penna è Carlo Monterossi, un milanese di mezza età che è diventato autore televisivo di successo dopo aver creato Crazy love, un programma di attualità sugli amori disperati e sulle storie più lacrimevoli che possano raccontare gli italiani. Il problema è che ben presto Carlo ha iniziato a detestare la sua creatura ed il suo lavoro in generale, rifugiandosi sempre più nel suo attico extralusso, dove però hanno presto iniziato ad accadere tante cose strane.


Oggi vi racconto uno dei primi romanzi che lo vedono protagonista, Dove sei stanotte, ed uno degli ultimi, I cerchi nell’acqua!



Dove sei stanotte


Il 2015 è arrivato da qualche mese e Milano è in preda ad una grande frenesia per l’Expo, quell’evento che molti frequentano non sapendo esattamente perché e quale sia il loro ruolo, ma l’importante è esserci, camminare tra le installazioni insieme alla gente che conta, avere un drink gratis, assaporare appieno l’atmosfera tra moda e design.


Quanto a Carlo Monterossi, egli ha appena scoperto che esiste una cosa più insopportabile dei tassisti che, in buona fede, continuano a chiedergli: “Lei è qui per l’Expo, dottore?”. Quella cosa è dare una festa a casa sua. Da ore egli sta vagando sconsolato tra salotto ed attico mentre amici degli amici (perlopiù gente mai vista) devastano la cucina che la sua governante Katrina pulisce ogni giorno con amore e consumano le sue lussuose bottiglie di vino, il suo compare investigatore Oscar Falcone fa un po’ troppo il brillante con una signora sposata ed una sua vecchia fiamma lo tampina chiedendogli ripetutamente un favore ma senza spiegargli di che cosa si tratti esattamente.


La mattina dopo, l’uragano dei visitatori è passato, ma c’è comunque qualcosa che non va: un giovanotto di origini orientali che, ben vestito e con una botta in testa, se ne sta seduto sul suo divano in stato confusionale. Il ragazzo non ricorda bene che cosa gli sia successo, ma ha come il vago ricordo di aver appena fatto qualcosa di non proprio legale: Carlo, non sapendo bene che fare, convoca Oscar, che a sua volta fa arrivare un medico che terrà la bocca chiusa. Poi esce con l’amico, lasciando il suo ospite alle cure di Katrina.


Poche ore dopo, però, la situazione precipita. Carlo torna a casa e trova Katrina legata e terrorizzata in portineria, casa sua completamente sottosopra e – cosa che lo lascia agghiacciato – il cadavere del suo ormai ex ospite nel bagagliaio della sua auto.



Carlo è paralizzato dalla paura e non sa cosa sia peggio tra l’eventuale ritorno a casa sua degli assassini del ragazzo e la possibilità di non passare più nemmeno un minuto a casa sua, perché la polizia lo incriminerà per omicidio.


È Oscar a prendere in mano la situazione, proponendogli di scappare. In pochi minuti, grazie ai molteplici contatti dell’amico, Carlo si trova all’improvviso con dei capelli che non sono i suoi, degli occhiali che non ha mai portato e dei vestiti un po’ troppo sportivi per i suoi gusti, in un appartamento del quartiere Corvetto.


Lì egli inizia a condividere la sua quotidianità con una coppia sudamericana piuttosto in là con gli anni. Lui è silenziosa, ama gli scacchi, le letture, la musica. Lei è piuttosto burbera e cucina pietanze non proprio leggere. Entrambi, però, coltivano una loro personale idea di Resistencia, ricevendo in casa loro tanti dei loro connazionali, ma anche semplicemente persone in difficoltà, e cercando di aiutarli come possono. Tra i tanti disperati in cerca di aiuto c’è anche Maria, una ragazza giovane e molto bella per la quale Carlo inizia subito a provare un sentimento.



Dove sei stanotte è la storia di due diverse facce di Milano.


Da una parte ci sono gli eventi di design, i “sistemi di seduta” (che nel resto del mondo sono semplicemente sedie), le feste a cui non si può proprio mancare, il denaro che fa girare altro denaro. È un mondo che tanti immaginano come “tipico milanese”; un mondo in cui è normale che degli studenti un po’ troppo idealisti si mettano nei guai pur di andare contro a qualche archistar ed un killer fuoriuscito da una non meglio precisata "azienda" (forse i Servizi) si metta a disposizione di un privato per qualche squallido affare.


Dall’altra ci sono i disperati arrivati nella grande città (o anche soltanto in Italia) per un lavoro qualunque, che vivono in condomini che sembrano formicai e sono così abituati alla sopraffazione del prossimo che si sono rassegnati e pensano soltanto a sopravvivere. Anche se tanti milanesi si ostinano a non vederlo, anche questo mondo è tipico della loro (per me anche un po’ nostra) città, ed in questo persino un diritto, come ottenere un passaporto, può essere causa di un sopruso da parte di qualche disonesto.


Tra questi due mondi milanesi si muovono due “coppie”. La prima è quella dei protagonisti, Carlo ed Oscar, il ricco autore televisivo e l’investigatore pieno di risorse. La seconda è quella dei due poliziotti che portano avanti le indagini: il vice sovrintendente Ghezzi, prossimo alla pensione, ed il più giovane Carella, ancora affamato di rabbia e di giustizia.


Ricordo anche che Dove sei stanotte è stato oggetto di una discussione durante una live di Alessandro Robecchi, una delle tante che erano state fatte durante il lockdown di tre anni fa. Tanti suoi lettori gli avevano chiesto di saperne di più di Maria, la donna che ha rappresentato per il Monterossi un amore purtroppo non eterno ma intenso. Ricordo che Robecchi aveva parlato del sentimento per Maria come qualcosa che ha un po’ “rimbambito” il protagonista, un amore che gli ha dato coraggio ma che è anche rimasto confinato nella parentesi di vita che gli è toccata in sorte. Più avanti, con Bianca, egli imparerà a costruire una relazione solida, anche se continuerà a non prendersi troppo sul serio.



I cerchi nell’acqua


Il titolo del nostro post di oggi mette al centro dell’attenzione il Monterossi, ma in questo libro il nostro autore televisivo di successo è solo parte della cornice.


All’inizio del romanzo Carlo Monterossi e la sua compagna e collega Bianca Ballesi invitano a cena il sovrintendente Tarcisio Ghezzi e la moglie Rosa. Dopo una serata a base di prelibatezze cucinate da Katrina, le due donne iniziano a legare, mentre Ghezzi e il Monterossi si spostano in un salottino, perché il poliziotto ha qualcosa da raccontare al nostro protagonista.


Ha inizio così una storia raccontata da due diversi punti di vista: quello di Ghezzi, appunto, e quello del suo inseparabile collega Carella, che stavolta, però, ha qualcosa da nascondere.


L’inossidabile Ghezzi, qualche mese prima, è stato contattato da una signora che proviene dal suo passato. Si tratta della Franca, una donna che, pur continuando a fare la prostituta anche in tarda età, è anche sempre stata la compagna del Salina, un poco di buono che vive di truffe e furtarelli e che il Ghezzi aveva arrestato quando entrambi erano giovani.

Franca è molto preoccupata, perché il Salina, dopo averle inviato un SMS ambiguo e sgrammaticato in cui le diceva di “aver visto qualcosa che non doveva, forse” è sparito dalla circolazione, e non risponde più nemmeno al telefono. Ghezzi è restio nel farsi trascinare in una storia che non lo riguarda, ma sente di doverlo al vecchio se stesso, quello per cui incastrare il Salina ed avere comunque il suo rispetto era stato un grande traguardo di una carriera incipiente.


Carella è in ferie per ben due settimane, ma tutti lo conoscono e nessuno crede che sia alle Maldive. Infatti egli è sulle tracce di Alessio Vinciguerra, un uomo appena uscito dal carcere, sfruttatore di prostitute e responsabile del pestaggio di una delle ragazze che dipendevano da lui. Carella vuole vendicare L, una sua giovane amica che ha assistito al pestaggio perché vicina di casa della vittima, ha voluto testimoniare per senso di giustizia ma poi è finita in ospedale a sua volta. Egli si sente in colpa per non essere riuscito a proteggere la sua preziosa testimone, alla quale è legato da un sentimento che non confessa nemmeno a se stesso, e non trova niente di meglio che rifugiarsi nella vendetta ed inseguire Vinciguerra sperando di incastrarlo.


Ghezzi indossa i panni del poliziotto giovane ed inesperto che non c’è più, Carella quello del delinquente che cerca il Vinciguerra come se fosse un suo amico.


Nel frattempo, la Questura si rompe la testa su un’altra indagine: l’assassinio del Crodi, un antiquario che aveva la sua bottega in zona Navigli, che a tutti risultava incensurato ed anzi stimato dai ricchi milanesi, e che è stato picchiato fino alla morte. I colleghi di Ghezzi e Carella non riescono a trovare il bandolo della matassa, e non immaginano che questa storia abbia a che fare con le vicende di cui si stanno occupando quei due di nascosto.



I cerchi nell’acqua è un romanzo anomalo di Robecchi: il Monterossi resta sullo sfondo, ma ciò non vuol dire che non sia importante, anzi, è considerato l’interlocutore ideale per la storia di Ghezzi e di Carella. Persino una persona come Carlo, che è capitato dentro a vicende assurde ed ha visto dei veri orrori, poi comunque, una volta finito, torna al suo attico superlusso, al suo lavoro in cui gli basta schioccare le dita per avere la completa attenzione della presentatrice del momento, alle sue sveglie comode con colazione preparata da Katrina. Quello che Ghezzi vuole dirgli è che lui non immagina come si possano sentire i tutori dell’ordine che ogni giorno devono immergersi in contesti di criminalità e disperazione ed imparare a ragionare come individui per cui ogni giorno la vita è sopraffazione, o sofferenza, o entrambe.


Ghezzi e Carella si sentono investiti dai “cerchi nell’acqua” del titolo. Quando un sasso cade in acqua, una piccolissima parte di fiume o mare viene schiacciata, ma tutt’intorno si creano dei cerchi che investono la porzione d’acqua che sta intorno. Fuor di metafora, quando avviene un delitto, c’è una vittima che perde la vita o quasi, ma ci sono tante altre persone che vengono investite: i cari della vittima, i testimoni capitati lì per caso, chi era con l’assassino in quel momento ma non aveva la sua medesima intenzione, ed infine gli inquirenti.


Questa volta lo stile di Robecchi non è caratterizzato dall’elegante ironia che è una cifra distintiva del Monterossi, ma ha un tono quasi noir. Per certi versi, questo romanzo mi ha ricordato quelli di Manzini che hanno Rocco Schiavone come protagonista: la figura del tutore dell’ordine, spesso un po’ troppo romanzata nei libri e soprattutto nelle fiction, viene spogliata di ogni idealizzazione. La realtà dura e cruda in cui vive la stragrande maggioranza dei poliziotti a volte presenta storie e scene così difficili da sopportare che ci sono seri rischi anche per la propria salute mentale. Di questo aveva parlato anche Roberto Centazzo in una delle sue storie della serie Squadra speciale Minestrina in brodo.




Ecco i miei pareri su questi due romanzi ambientati nel “mondo” di Alessandro Robecchi! Voi che ne dite? Li conoscete? Vi sono piaciuti?

Avete letto qualche altro episodio del Monterossi? Fatemi sapere che cosa ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 22 maggio 2023

SONO IL NUMERO NOVE

 Spazio Scrittura Creativa: maggio 2023




Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di maggio con la rubrica “Spazio Scrittura Creativa”!

Questo mese è da sempre particolarmente intenso per me, considerando che ho lavorato principalmente nelle scuole. Quest’anno non fa eccezione: burocrazia, ultimi giorni di scuola con qualche attività extra, e quasi ogni sera impegni a scuola di danza perché lo spettacolo è ormai imminente.


Proprio per questo motivo ho pensato di rilassarmi e risollevare gli animi (almeno il mio, spero anche il vostro) con un esperimento: un racconto umoristico!


Mi piace ridere con le persone, non delle persone, così, non sapendo bene su cosa orientarmi, ho puntato su quello che mi fa stare bene: la letteratura, ed in particolare la Commedia dantesca.


Beatrice e le altre donne raccontate da Dante sono già state protagoniste di un progetto letterario l’anno scorso (a questo link il post che ne riepiloga le varie tappe); un mio omaggio creativo alla Commedia, poi, c’è già stato due anni fa con questo racconto.


Evidentemente però non riesco a smettere di pensare al Sommo Poeta, al suo mondo ed alle meraviglie che ha creato: come scrivevo qualche settimana fa in un post di Instagram, ripensare all’amore puro di Dante per Beatrice mi ridona coraggio ogni volta che le cose non vanno come desidero dal punto di vista affettivo.


Oggi l’ho preso un po’ in giro… speriamo che non se la prenda troppo!



Sono il numero nove


Su, coraggio! È l'ora della nostra passeggiata!” Mi affaccio alla finestra, dall'ultimo piano del palazzo, giusto in tempo per vedere Maria, una delle mie due inseparabili compagne, che mi chiama e mi fa qualche cenno. Lo so, devo sbrigarmi!


Di solito non sono una ritardataria, ma questa mattina ho perso proprio la cognizione del tempo. Immagino che siano cose che capitano, quando si hanno diciott'anni. Il motivo che mi ha tenuto chiusa nella mia stanza per più tempo del previsto è semplice: come al solito, tutti i miei vestiti migliori sono stati sottratti dalla mia domestica di fiducia, Monna Gianna.


Non fraintendetemi, è una donna davvero deliziosa, mi ha cresciuto e non avrei potuto desiderare di meglio; ma ha solo una piccola, piccolissima fissa: la pulizia! Ogni volta che vede una microscopica macchiolina su uno dei miei abiti migliori, pensa che anche i vestiti appesi di fianco si siano sporcati, e porta a lavare tutto, lasciando il mio armadio disperatamente vuoto.


È un tale strazio aprire le ante e non trovare dentro quasi nulla! Soprattutto se, come oggi, mio padre mi ha permesso di fare un giro per Firenze con le mie due amiche. Per le ragazze della nostra età non ci sono tanti altri divertimenti, ed oggi mi serviva assolutamente quel nuovo vestito verde...ma pazienza, chissà che fine ha fatto. Ora ho solo cinque minuti, o Maria e Lisa se ne andranno da sole.

Impaziente, apro il cassettone al di sotto dell'armadio, sperando che non abbia subito anch'esso le razzie di Monna Gianna. Fortunatamente, dovrebbe esserci ancora qualcosa... sotto quell'enorme strato di biancheria intima. Sì, certo. Ottimismo!

Sudando e sbuffando (non è possibile che faccia già così caldo, non siamo nemmeno in estate!) estraggo dal cassettone quasi tutta la biancheria, che forma un mucchio disordinato ai piedi del mio letto. Ho quasi perso la speranza quando scorgo, sul fondo, un mio vecchio abito che non indosso da un bel po'. In realtà, è un po' corto, perché è dell'anno scorso, e mi arriva alle caviglie, e, ahimé, è completamente bianco, colore che, sinceramente, non è il mio preferito, ma...può andare. Lo provo e decido che sì, non sembra una camicia da notte indossata di giorno, come temevo. Ma forse ci vuole qualcosa per vivacizzarla un po'. Magari... la mia vecchia collana di pietre di fiume! Perché no? La trovo subito e provo a vedere che effetto fa con il vestito. Amo quella collana! Dieci bellissime pietre di fiume grigio chiaro, che sembrano quasi argento alla luce del sole, legate con uno spago bianco...


Beatrice!” La voce di Monna Gianna mi fa trasalire. Oh no, mi è caduta la collana! “Le tue amiche ti stanno aspettando, dai!” “...Sì, arrivo!” mi affretto a gridare, appiattita sul pavimento a recuperare la collana che, come prevedibile, è caduta sotto il letto. Nel momento in cui, trionfalmente, la recupero, ho però una brutta sorpresa: una delle pietre si è spaccata e non può più essere re-infilata sullo spago. Metto da parte la pietra rotta ed indosso ugualmente la collana. In fondo va bene così: per fortuna, era quella all'estremità sinistra. Anche con nove pietre, è bella lo stesso.



Finalmente mi decido ad uscire da camera mia, fuggo da Monna Gianna prima che noti l'ombra di un po' di polvere sul vestito immacolato e me lo strappi di dosso, e raggiungo le mie amiche, che, vista la giornata calda ed afosa, si sono rifugiate sotto il porticato. Decidiamo comunque di sfruttare la nostra mezza giornata di libertà, e, sfidando il sole cocente, ci dirigiamo nel centro di Firenze.


* * *


Mentre passeggio ed ascolto le mie amiche, che, una alla mia destra ed una alla mia sinistra, chiacchierano a ruota libera, non posso fare a meno di notare quanto sia bella la mia città.

Ah, il caos del Ponte Vecchio, con i carri che portano le merci più disparate e le botteghe sempre aperte!

Le piccole vie, con gli angoli più caratteristici, e i grandi viali, con la loro imponenza e magnificenza!

L'allegria delle persone vocianti lungo le strade, il rumore dell'acciottolato sconnesso sotto i piedi!

Quello storico monumento del centro, di fianco al quale è appollaiato un ragazzo minuto, con un naso enorme e vestito di rosso!

...Un momento, ma quello chi è?



Non ne ho idea, ad essere sincera. Però continua a guardarci. Anzi, no, guarda proprio me. E, al mio passaggio, l'ho visto chiaramente illuminarsi, come se gli si fosse acceso un lume sopra la testa. È evidente che mi conosce...ma io lo conosco? Magari l'ho già visto da qualche parte e non ricordo...è probabile. Sono una pessima fisionomista.

Decido di salutarlo, in fondo è educazione, giusto?


Alla vista del mio gesto, il ragazzo cambia espressione di nuovo. Adesso sembra come... scosso da una rivelazione, ecco. Un po' inquietante, in realtà.

Con mia sorpresa, vedo che viene verso di me. Forse mi vuole ricordare dove e quando ci siamo conosciuti. Speriamo, altrimenti finisco per fare una pessima figura.


Prima, però, che possa dire soltanto: “Salve, ma tu...?” lui inizia a parlare: “Miracolo! Ancora una volta, a nove anni di distanza!”

Sono un po' confusa: nove anni da che? Ma il tizio sembra non volermi dare retta, e continua imperterrito. “A nove anni, con il vestito rosso fuoco; ed ora, dopo nove anni, con un abito candido! Sublime simbologia!”

...Sublime simbologia? Come parla costui? E di che vestito rosso fuoco sta cianciando? Non starà mica parlando di... oh no.



Ora ricordo. Avrei preferito non farlo, però. Quando avevo nove anni, Monna Gianna aveva attraversato un periodo “colori accesi”. Andava in giro con un lungo abito a strisce gialle e viola e lo abbinava sempre ad un cappello color lavanda alto e con volant che, vi assicuro...va beh, lasciamo perdere. Comunque, quell'anno mi aveva comprato un vestito davvero tremendo. In teoria era rosso; in realtà era color “vomito di ubriaco” ed era tutto decorato con pesantissimi merletti che impedivano ogni movimento. Però a nove anni, si sa, non si hanno molti modi di opporsi ai propri genitori o tutori.

Comunque, mi pare di ricordare, in una passeggiata per Firenze, un ragazzino smunto e tutto naso che mi fissava...sì, con ogni probabilità era lui. Ma come fa a ricordarsi! Ci siamo visti una volta appena! Non pretenderà mica che me lo ricordi anche io...!
Ed ora chi lo ferma, questo?? Continua a blaterare!



...è evidente! È evidente! Il numero nove è ovunque! Anche le pietre della tua collana, quante sono? Nove!”

Questo è decisamente troppo. “Ma no” cerco bonariamente di zittirlo “le pietre erano dieci, solo che una è caduta...”

Ma certo! Chiara manifestazione della Trinità! Le pietre ora sono nove!” mi dice con un sorriso così ingenuo ed entusiasta che non so proprio più che cosa rispondergli.

Andiamocene.” sussurro in fretta alle mie amiche.


Quelle, più sorprese di me e sul punto di scoppiare a ridere, mi prendono a braccetto e mi portano via. Il ragazzo sconosciuto rimane lì a guardarmi mentre mi allontano, con un'espressione vagamente ebete e fin troppo esaltata per i miei gusti.

In fondo, potrei anche considerarlo un mio ammiratore. Ma non sono sicura di volerlo rivedere. Naso a parte, è troppo strano, e poi sembra che abbia la testa perennemente... non so... tra le nuvole, in Cielo, ecco.


* * *


Molti anni dopo, ed a moltissimi km di distanza…


Non ci posso credere. Perfino qui! Lo sconosciuto, che ormai tale non è più, perché so che si chiama Dante Alighieri, è arrivato perfino qui! Me lo ritrovo ovunque!



Sono passati moltissimi anni dal nostro primo incontro; sono uscita di casa, mi sono sposata – non con lui, non temete – , ho avuto molti anni di vita, più o meno felici, e poi purtroppo mi sono ammalata e sono finita qui... in Paradiso. Eh già. Detto così sembra forte, vero?

In realtà noi anime beate siamo sempre un po' affaccendate. Qualcuno di noi, a turno, deve occuparsi di scortare un'anima appena arrivata; a me, però, non era ancora giunto nessuno, fino ad adesso.


Così, quando Matelda, la ragazza che abita nel Paradiso Terrestre, mi ha contattato dicendomi: “Ti mando qualcuno di speciale, un giovane uomo! Pensa, è ancora vivo, è in visita! Ed ha chiesto proprio te! Una personcina davvero deliziosa, credimi!” io che cosa dovevo fare? Ho accettato!

Questa è l'ultima volta che mi fido di Matelda. In fondo, si sa, che cosa ci si può aspettare da un'allegra fanciulla che passa le giornate a cantare e cogliere fiori? Dopo un po', è ovvio che tenda a vedere la vita in rosa.


E così, eccomi qui, di spalle rispetto a Dante, il quale, incurante del carro fiorito, della festa tutt'intorno a lui e delle belle fanciulle che danzano al suo fianco, che fa? Piange. Ditemi voi. Ammetto di richiamarlo piuttosto bruscamente, ma, accidenti, un po' di vita! Quando si volta e mi vede, preso dall'estasi, grida: “Beatrice! La Teologia! Sublime miracolo!”

Cominciamo bene…



Dopo aver lasciato il Paradiso Terrestre, è arrivato il momento di salire al Paradiso vero e proprio. C'è solo un piccolo problema: io, anima beata, posso volare; Dante, con il suo corpo, no. È per questo che stanno per scendere due angeli, che lo terranno in braccio per portarlo su.

Prima ancora che possano arrivare, però, Dante chiude improvvisamente gli occhi e comincia a dire ossessivamente:

Oh no, non sono degno di guardare, non posso vedermi volare, è una cosa che va oltre le mie possibilità...”

Ma no, Dante...stanno arrivando gli angeli...”

Volare è una cosa che va oltre l'umano, non posso, non se ne può parlare, vado oltre a quello che posso anche solo pensare...”

Certo che, per non poterne parlare, sta blaterando parecchio!



I due angeli, da tempo fermi a guardarlo sbigottiti, mi lanciano un'occhiata interrogativa. Alzo le spalle, rassegnata, e loro iniziano a portarlo su. Certo che in molti anni non è cambiato di una virgola!

Durante tutto il volo cerco di convincere Dante a godersi il panorama, tento di persuaderlo a guardare almeno gli angeli (i quali, dispettosi, gli pizzicano anche il nasone) ma niente, lui continua a tenere gli occhi sbarrati ed a dire che si sente transumanare.

Pazienza, ci vuole pazienza.

In fondo, quanto ci vorrà per girare questi...oh no!, nove Cieli del Paradiso?


FINE




Che dite, ho spupazzato troppo il povero Dante?

Ogni tanto non posso fare a meno di immaginarmi una Beatrice un po’ esasperata dai voli pindarici del Sommo, che decisamente aveva una mente ed un cuore al di fuori dalla portata di tutti noi. Mi sono ispirata sia alla Vita Nova che alla Commedia, ed ho inserito nel racconto anche le illustrazioni di Gustavo Doré che impreziosiscono l'edizione che ho a casa.

Se siete arrivati fin qui, grazie di cuore per esservi prestati a questo – spero simpatico – esperimento! Fatemi sapere che cosa ne pensate, se vi va…

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)