giovedì 12 maggio 2022

MARIA

 Le donne raccontate da Dante #9




Cari lettori,

è con un po’ di emozione che vi scrivo oggi: il nostro percorso dantesco alla scoperta delle figure femminili protagoniste della Commedia sta per giungere al termine!


Non mi sembrano passati più di tre/quattro mesi da quel 31 agosto in cui ero al ristorante con la mia amica Luana e le raccontavo il mio buon proposito di intraprendere un percorso dantesco dedicato alle donne. Ero ispirata da alcune letture animate alle quali avevo assistito nella mia città, ed ero decisa ad intraprendere questo mio progetto andando oltre all’Inferno, che resta comunque la cantica più popolare e la più gettonata per eventi di vario tipo.


Ricordo che avevo un po’ di dubbi: l’idea mi piaceva molto, ma mi pareva anche una piccola montagna da scalare. E così, prima che potessi rendermene conto, i mesi si sono susseguiti, l’anno scolastico pure e siamo arrivati a maggio ed all’ultimo post della serie!


Sono riuscita a tenere fede alla mia idea originaria ed a giocare sul numero 3 (Dante approverebbe), dedicando tre post ad ognuna delle tre cantiche. Ora siamo al numero 9, il preferito del Sommo Poeta, ed essendo pure nel mese di maggio non potevamo non concludere con Maria.


Oggi attraversiamo l’ultimo tratto di Paradiso, quello che ci mostra l’Empireo, i Santi, i Beati ed ovviamente la Vergine. Partiamo insieme per l’ultima volta…!



Maria e l’Angelo Gabriele


Qualunque melodia più dolce suona

Quaggiù, e più a sé l’anima tira,

Parrebbe nube che squarciata tuona,

Comparata al sonar di quella lira,

Onde si coronava il bel zaffiro,

Del quale il ciel più chiaro s’inzaffira.

Io sono amore angelico, che giro

L’alta letizia che spira del ventre,

Che fu albergo del nostro disiro;

E girerommi, Donna del Ciel, mentre

Che seguirai tuo figlio, e farai dia

Più la spera suprema, perché gli entre.

Così la circulata melodia

Si sigillava, e tutti gli altri lumi

Facean sonar lo nome di MARIA.

Lo real manto di tutti i volumi

Del mondo, che più ferve e più s’avviva

Ne’ l’alito di Dio e ne’ costumi,

Avea sopra di noi l’interna riva

Tanto distante, che la sua parvenza

Là dov’io era ancor non mi appariva.

Però non ebber gli occhi miei potenza

Di seguitar la coronata fiamma,

Che si levò appresso sua semenza.

E come fantolin, che ver la mamma

Tende le braccia poi che il latte prese,

Per l’animo che in fin di fuor s’infiamma;

Ciascun di quei candori in su si stese

Con la sua fiamma, sì che l’alto affetto

Ch’egli aveano a Maria, mi fu palese.

Indi rimaser lì nel mio cospetto,

Regina Coeli cantando sì dolce,

Che mai da me non si partì il diletto.”

(Canto XXIII Paradiso, vv. 97-129)


Dante ha attraversato tutti i Cieli del Paradiso e conosciuto alcune anime beate, tra le quali, come avevamo visto il mese scorso, ci sono anche delle donne.


Nel momento in cui egli arriva in vista dell’Empireo, una visione gli appare: Maria scende dal Cielo in forma di fiammella, insieme all’angelo Gabriele. Dante paragona l’Angelo dell’Annunciazione ad una lira che suona, e Maria ad uno zaffiro, perché è un prezioso gioiello del Paradiso e perché il colore azzurro è indossato dalle donne a lei devote (l’iconografia tradizionale sostiene che il mantello della Madonna fosse di questo colore).


Poi l’Angelo Gabriele, che non ha mai smesso di vegliare su Maria da quando le ha portato l’annuncio della sua maternità, intona un canto che ricorda ai beati presenti che, così come lui precede la discesa della Vergine, così essi dovranno seguirla.


La discesa della fiammella con Maria dura solo il tempo di una strofa, al termine della quale ella inizia a risalire lentamente verso il cielo. Dante rimane stupito, perché la visione effettivamente scompare dai suoi occhi, cosa che non sarebbe dovuta accadere, perché il Primo Mobile, che separa l’Empireo dai Cieli dei beati, è cristallino, trasparente, e perciò, anche immaginando la presenza di stelle, è difficile che un oggetto sparisca (al massimo dovrebbe rimpicciolirsi sempre più). Questa è una delle tante cosiddette “contraddizioni” del Paradiso, volte a far capire al lettore che, nel regno della Teologia e poi della Fede, le regole della razionalità e della scienza non hanno alcun valore.


Quando Maria sparisce, i Beati restano, intonando una canzone sacra che era nota ai tempi di Dante, Regina Coeli. È curioso che Dante, in questo caso, inserisca una metafora… che metafora, a pensarci bene, non è. Egli, infatti, paragona i Beati che hanno appena lasciato risalire Maria ai bambini piccoli che tendono le mani alla propria madre dopo l’allattamento: si tratta di un paragone più che azzeccato, dal momento che Maria è la madre di tutti. E forse proprio per questo egli la fa invocare dai Beati non con un altisonante soprannome biblico, bensì con il nome di battesimo.



La sede di Maria sull’Empireo


Ma guarda i cerchi fino al più remoto,

Tanto che veggi seder la Regina,

Cui questo regno è suddito e devoto.

Io levai gli occhi; e come da mattina

La parte oriental dell’orizzonte

Soperchia quella, dove il sol declina,

Così, quasi di valle andando a monte

Con gli occhi, vidi parte nello stremo

Vincer di lume tutta l’altra fronte.

E come quivi, ove s’aspetta il temo

Che mal guidò Fetonte, più s’infiamma,

E quinci e quindi il lume è fatto scemo;

Così quella pacifica oriafiamma

Nel mezzo s’avvivava, e d’ogni parte

Per igual modo allentava la fiamma.

Ed a quel mezzo, con le penne sparte,

Vidi più di mille Angeli festanti,

Ciascun distinto e di fulgore e d’arte.

Vidi quivi ai lor giuochi ed a’ lor canti

Ridere una bellezza, che letizia

Era negli occhi a tutti gli altri Santi.

E s’io avessi in dir tanta divizia,

Quanta ad immaginar, non ardirei

Lo minimo tentar di sua delizia.

Bernardo, come vide gli occhi miei

Nel caldo suo calor fissi ed attenti,

Li suoi con tanto affetto volse a lei,

Che i miei di rimirar fe’ più ardenti.”

(Canto XXXI Paradiso, vv.115-142)


Una volta giunti sull’Empireo, Beatrice, il simbolo della Teologia, si siede sul trono che le è stato assegnato. Dante ha bisogno di una nuova guida: San Bernardo, che incarna la Fede. Egli gli spiega la composizione dell’Empireo e lo invita a salutare Beatrice, perché per comprendere il punto più alto del Paradiso persino la Teologia – che, per quanto divina, è pur sempre una scienza – si rivela insufficiente. Solo la piena fiducia in Dio può far sì che Dante viva nel migliore dei modi quest’ultima esperienza ultraterrena.


La sede della Vergine Maria, un trono tra la luce e le nuvole, è paragonata ad un’alba. Così come ogni mattina a Oriente – da dove gli antichi credevano che partisse il carro del Sole, che una volta fu malamente guidato da Fetonte – sembra che si concentri tutta la luce, così il seggio di Maria è il punto più luminoso dell’Empireo. Dante utilizza il termine Oriafiamma, riferendosi allo stendardo di San Dionigi, e creando un gioco di parole con la fiamma del sole e del suo calore.


Intorno alla Vergine ci sono moltissimi angeli beati e festanti che cantano per lei e, nel momento in cui San Bernardo volge lì lo sguardo, anche gli occhi di Dante – che, fuor di metafora, sono accompagnati dalla Fede – si fanno più luminosi e pieni d’amore divino.



Le donne sante e beate


Affetto al suo piacer, quel contemplante,

Libero uficio di dottore assunse,

E cominciò queste parole sante:

La piaga, che Maria richiuse ed unse,

Quella ch’è tanto bella da’ suoi piedi

È colei che l’aperse e che la punse.

Nell’ordine, che fanno i terzi sedi,

Siede Rachel di sotto da costei

Con Beatrice, sì come tu vedi.

Sara,Rebecca, Judit, e colei

Che fu bisava al cantor, che, per doglia

Del fallo, disse: Miserere mei,

Puoi tu veder così di soglia in soglia

Giù dogradar, com’io ch’a proprio nome

Vo per la rosa giù di foglia in foglia.

E dal settimo grado in giù, sì come

Infino ad esso, succedono Ebree,

Dirimendo del fior tutte le chiome;

Perché, secondo lo sguardo che fee

La fede in Cristo, queste sono il muro

A che si parton le sacre scalee.”

(Canto XXXII Paradiso, vv. 1-21)


Beatrice e la Madonna non sono le uniche donne importanti che Dante incontra in questo ultimo tratto di Paradiso. San Bernardo, infatti, gli spiega che tutt’intorno alla Vergine ci sono le donne più importanti della Bibbia, le Sante e le Beate. Ai piedi di Maria c’è Eva, la prima peccatrice della Genesi, che ha indotto l’uomo a mangiare i frutti del Giardino della Conoscenza perché mal consigliata dal Tentatore. Tutto ciò che è nel Paradiso ha una forma circolare e quindi perfetta per i canoni medioevali: così, dunque, anche la donna che ha dato vita al peccato originale siede accanto a quella che è nata senza di esso, creando idealmente la figura di un cerchio che si chiude.


Nei seggi al di sotto sono poste le donne ebree dell’Antico Testamento, come Rebecca, Rachele, Ruth (bisavola del Re Davide, creatore del salmo Miserere) ed altre ancora. Queste antiche figure femminili sono la radice dalla quale parte la suddivisione delle anime beate dell’Empireo: da una parte coloro che credettero al Cristo venturo, dall’altra quelle che credettero al Cristo venuto.


Fino alla fine dell’ultima cantica, Dante non manca di proporci figure femminili che siano di exemplum ai lettori e soprattutto alle lettrici, sia in negativo, come aveva fatto scrivendo l’Inferno, sia in positivo, come accade qui.



E per finire…


Vergine madre, figlia del tuo Figlio,

Umile ed alta più che creatura,

Termine fisso d’eterno consiglio,

Tu se’ colei che l’umana natura

Nobilitasti sì, che il suo Fattore

Non disdegnò di farsi sua fattura.

Nel ventre tuo si raccese l’amore,

Per lo cui caldo nell’eterna pace

Così è germinato questo fiore.

Qui se’ a noi meridiana face

Di caritate, e giuso, intra i mortali,

Sei di speranza fontana vivace.

Donna, sei tanto grande, e tanto vali,

Che qual vuol grazia, ed a te non ricorre,

Sua disianza vuol volar senz’ali.

La tua benignità non pur soccorre

A chi dimanda, ma molte fiate

Liberamente al dimandar precorre.

In te misericordia, in te pietate,

In te magnificenza, in te s’aduna

Quantunque in creatura è di bontate.”

(Canto XXXIII Paradiso, vv. 1-21)


L’ultimo Canto del Paradiso – e della Commedia in generale – è tutto dedicato al desiderio di Dante di vedere Dio, desiderio che può essere appagato soltanto, come nella migliore tradizione cristiana, chiedendo l’intercessione della Madonna.


San Bernardo inizia una celeberrima supplica a Maria, che viene celebrata con ossimori, perché è sia vergine che mamma, sia figlia di Dio in forma di padre che madre di Dio quando si è fatto carne. Il Santo loda le meravigliose qualità di Maria, che hanno fatto sì che Cristo scegliesse proprio lei per incarnarsi, e, di fronte alla schiera di anime beate, ribadisce l’importanza di rivolgersi a lei se si è dei fedeli nel momento del bisogno.


È come se Dante stesso ricordasse al suo pubblico la necessità di non dimenticare Maria nelle proprie preghiere, perché chiunque si dimenticasse di lei peccherebbe di superbia e toglierebbe “le ali” a qualunque suo desiderio.


Dal momento che la Madonna è onnisciente ed intuisce i desideri ed i bisogni dei suoi fedeli prima ancora che essi ne facciano esplicita menzione, con ogni probabilità il volere di Dante aleggia già nell’aria dell’Empireo. Il sommo Poeta, però, prosegue con la sua lunga ed appassionata preghiera, che rivela lo stampo ormai teologico della sua penna ma, tra un vocabolo e un altro, lascia intuire la sua formazione ed il suo primo periodo di composizione legato al Dolce Stil Novo.


Maria ascolta le parole di San Bernardo – e, fuor di metafora, di Dante – e concede al Sommo Poeta l’ineffabile visione divina, che chiude il meraviglioso viaggio della Commedia… ed anche il nostro percorso.





È tutto, cari amici!

Mi scuso se in quest’ultimo post sono stata un pochino troppo teologica. Ci tengo a dire che non ho per niente intenzione di entrare in discorsi religiosi in senso stretto: volevo solo raccontare, da un punto di vista culturale e letterario, come Dante considerava materie mistiche quali la Trinità e la Madonna. Il Cristianesimo è saldamente intrecciato alla letteratura italiana del Medioevo (e non solo), così come, ad esempio, l’arte islamica è mescolata a quella europea nelle città dell’Andalusia.

Premesso questo, spero che il nostro viaggio immaginario vi sia piaciuto fino alla fine!



Vi lascio i link dei post precedenti, per riepilogarli insieme a voi:


Francesca e le donne del V canto


Figure mitologiche Inferno


Le donne ingannatrici


Costanza d'Altavilla e Pia dei Tolomei


Superbia ed invidia in Purgatorio


Matelda ed il Paradiso Terrestre


Beatrice


Piccarda Donati e le donne del Paradiso



Io ho scritto a sufficienza, direi… perciò ora tocca a voi! Fatemi sapere la vostra opinione su questo percorso ed eventualmente qualche vostro consiglio per il futuro. C’è qualcos’altro che vi interesserebbe scoprire su Dante e/o la Commedia? O qualche altro nome importante della letteratura che vorreste vedere su questi schermi?

Fatemi sapere che cosa ne pensate!

Intanto mando un grandissimo abbraccio virtuale a chi ha seguito del tutto o in parte questo mio percorso: so che non è stato né breve né facile, quindi vi ringrazio per la pazienza e l’attenzione!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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