lunedì 25 settembre 2017

L'ARRIVO DELL'AUTUNNO...IN POESIA

Consigli poetici per questa romantica e malinconica stagione

Poesie a tema #3


Cari lettori,
oggi ci dedichiamo nuovamente all’ “Angolo della poesia”.
In giugno avevamo letto insieme delle poesie dedicate alla stagione estiva
Ora che è la seconda metà di settembre, come non dedicarci all’autunno?


Devo ammetterlo: non sono la più grande fan di questa stagione. Sono una persona che in genere preferisce i mesi caldi, ed i primi di settembre mi mettono addosso sempre una grande malinconia. Per giorni ripenso con una certa tristezza alla spiaggia, al sole, al mare, alle temperature calde ad ogni ora del giorno, alle serate trascorse con un gelato su una panchina in maglietta e calzoncini.


Tuttavia, più le settimane passano e più mi ritrovo ad apprezzare alcuni aspetti della stagione ormai in corso.

Innanzitutto, l’autunno coincide con una ripresa non solo dello studio/lavoro, ma anche di tutte quelle attività che rendono la mia settimana molto più divertente: mi riferisco soprattutto alla scuola di danza, ma anche al cineforum, alla riapertura della stagione teatrale, agli eventi culturali, alla possibilità di rivedere tutti gli amici dopo l’estate, che spesso, complici le ferie, finisce per separare un po’ le persone.

Non amo molto le giornate sempre più corte, ma devo ammettere che il relax di una serata autunnale di pioggia, a base di tv e tisana, dopo una lunga giornata, è davvero impagabile.

Amo molti alimenti tipicamente estivi (il gelato su tutti), ma in questo periodo dell’anno non posso fare a meno, da golosa quale sono, di pensare alle castagne, alla zucca, alle degustazioni di vini, a piatti un po’ più sostanziosi.

Per quanto, infine, abbia amato il sole ed il mare in piena estate, mi ritrovo ogni anno incantata dai colori dell’autunno, che rendono spettacolare anche un semplice viale alberato.


Leggendo le splendide poesie che ora vi propongo, mi sono resa conto di non essere affatto l’unica a provare sentimenti contrastanti nei confronti dell’autunno.
Che cosa rappresenta questa stagione per i grandi poeti?



Un lento spegnersi di colori e rumori


(Dipinto: Giardino autunnale, di Vincent Van Gogh)


Giardino autunnale”, di Dino Campana


Al giardino spettrale al lauro muto
De le verdi ghirlande
A la terra autunnale
Un ultimo saluto!
A l’aride pendici
Aspre arrossate ne l’estremo sole
Confusa di rumori
Rauchi grida la lontana vita:
Grida al morente sole
Che insanguina le aiole.
S’intende una fanfara
Che straziante sale: il fiume spare
Ne le arene dorate: nel silenzio
Stanno le bianche statue a capo i ponti


Volte: e le cose già non sono più.
E dal fondo silenzio come un coro
Tenero e grandioso
Sorge ed anela in alto il mio balcone:
E in aroma d’alloro,
In aroma d’alloro aere languente,
Tra le statue immortali nel tramonto
Ella m’appar, presente.




Una serie di suoni ed odori che suscita ricordi 


(Dipinto: Autunno ad Argenteuil, di Claude Monet)



Ora l’autunno”, di Salvatore Quasimodo


Ora l’autunno guasta il verde ai colli,
o miei dolci animali. Ancora udremo,
prima di notte, l’ultimo lamento
degli uccelli, il richiamo della grigia
pianura che va incontro a quel rumore
alto di mare. E l’odore di legno
alla pioggia, l’odore delle tane,
com’è vivo qui tra le case,
fra gli uomini, o miei dolci animali…
Questo volto che gira gli occhi lenti,
questa mano che segna il cielo dove
romba un tuono, sono vostri, o miei lupi,
mie volpi bruciate dal sangue.
Ogni mano, ogni volto, sono vostri.


Tu mi dici che tutto è stato vano,
la vita, i giorni corrosi da un’acqua
assidua, mentre sale dai giardini
un canto di fanciulli. Ora lontani,
dunque, da noi? Ma cedono nell’aria
come ombre appena. Questa tua voce.
Ma forse io so che tutto non è stato.




Una fantasia fatta d’amore e di morte


(Dipinto: Il ponte ad Argenteuil in autunno, Renoir)



Canto d’autunno”, di Charles Baudelaire

Ben presto affonderemo nelle fredde tenebre:
addio, viva chiarità delle nostre troppo brevi estati!
Sento già cadere con dei lugubri colpi
la legna echeggiante sul selciato dei cortili.


L’inverno rientra nel mio essere;
collera, odio, brividi, orrore, duro e forzato affanno;
e come il sole nell’inferno polare,
il mio cuore non sarà più che una massa dura e ghiacciata.


Ascolto fremendo ceppo su ceppo cadere:
il patibolo non manda un’eco più sorda.
Il mio spirito è come una torre che soccombe
sotto i colpi pesanti dell’infaticabile ariete.


Mi sembra, cullato da quei colpi monotoni,
che in gran fretta, da qualche parte, si stia inchiodando una bara.
Per chi? Ieri era ancora estate: ed ecco, l’autunno.
Questo rumore misterioso suona per una partenza.


Amo la luce verdastra dei tuoi occhi, dolce beltà,
ma tutto oggi m’è amaro e nulla,
né il tuo amore, né l’alcova, né il caminetto
compensano il sole dardeggiante sul mare.


Ma pure, amami, tenero cuore, come una madre,
anche se sono ingrato e cattivo;
amante o sorella, abbi l’effimera dolcezza
d’un glorioso autunno o d’un sole declinante.


Breve compito! Attende, la tomba, avida.
Ah, lascia che, la fronte posata sulle tue ginocchia,
gusti, rimpiangendo la bianca, torrida estate,
il raggio giallo e dolce della fine di stagione.




Il momento di un’ingiustificata malinconia


(Dipinto: "Silenzio dell'autunno, di Leonid Afremov)



Veder cadere le foglie mi lacera dentro”, di Nazim Hikmet


Veder cadere le foglie mi lacera dentro
Soprattutto le foglie dei viali
Soprattutto se sono ippocastani
Soprattutto se passano dei bimbi
Soprattutto se il cielo è sereno
Soprattutto se ho avuto quel giorno
una buona notizia


Soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
Soprattutto se credo, quel giorno
che quella che amo mi ami
Soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.


Veder cadere le foglie mi lacera dentro


Soprattutto le foglie dei viali
dei viali d’ippocastani.




Il momento di richiamare tristi ricordi


(Dipinto: “Strumenti musicali”, Accademia di Carrara)



Canzone d’autunno”, di Paul Verlaine


I lunghi singulti
dei violini
d’autunno
mi lacerano il cuore
d’un languore
monotono.


Pieno d’affanno
e stanco, quando
l’ora batte
io mi rammento
remoti giorni
e piango.


E mi abbandono
al triste vento
che mi trasporta
di qua e di là
simile ad una
foglia morta.





Il ritorno della pioggia scrosciante


(Dipinto: “Impressioni di pioggia”, di Carlo Brancaccio)



Acquazzone”, di Giacomo Zanella


Il suo stridor sospeso ha la cicala:
la rondinella con obliquo volo
terra terra sen va: sul fumaiuolo
bianca colomba si pulisce l’ala.


Grossa, sonante qualche goccia cala,
che di pinte anitrelle allegro stuolo
evita con clamor: lieve dal suolo
di spenta polve una fragranza esala.


Scròscia la pioggia e contro il sol riluce,
come fili d’argento: il ruscel suona
che la villa circonda e par torrente,


sulle cui ripe a salti si conduce
lo scalzo fanciulletto ed abbandona
le sue flotte di carta alla corrente.




Un momento di raccoglimento dopo la fine dell’estate


(Dipinto: "Donna bretone con una brocca", di Paul Gauguin)


Autunno”, di Vincenzo Cardarelli


Autunno. Già lo sentimmo venire
nel vento d’agosto,
nelle piogge di settembre
torrenziali e piangenti
e un brivido percorse la terra
che ora, nuda e triste,
accoglie un sole smarrito.
Ora passa e declina,
in quest’autunno che incede
con lentezza indicibile,
il miglior tempo della nostra vita
e lungamente ci dice addio.




Un’allegra occasione per condividere del buon cibo


(Dipinto: “Autunno”, Arcimboldo)



Le caldarroste”, di Vincenzo Bosari


Calde, le arroste! Calde!” a squarciagola
un fruttaiolo grida indaffarato
all’angolo del vecchio porticato.
Comprano i bimbi, e allegri vanno a scuola.
Calde, le arroste! Calde, le bruciate!”
urla, sfornando, il venditor. Sartine,
comprano e vanno; comprano vecchine
e comprano signore impellicciate.




Uno spettacolo di foglie mosse dal vento



(Dipinto: “Foresta in autunno”, di Gustave Courbet)



La foglia”, di Gian Vincenzo Arnault


Staccata dal fusto,
povera foglia secca,
dove vai tu?” Non lo so.
La tempesta ha spezzato la quercia
che solo era il mio sostegno.
Col suo soffio incostante
lo Zeffiro o l’Aquilone
da quel giorno mi spinge
dalla foresta alla pianura,
dalla montagna alla valle.
Io vado ove il vento mi mena
senza compatirmi o spaventarmi,
vado dove va ogni cosa,
dove va la foglia di rosa
e la foglia d’alloro.




Una festa di colori e sapori


(Dipinto:“Autunno”, di Alfonse Mucha)



Autunno nel bosco”, di Emilio Gallicchio


È tornato l’autunno nel bosco,
con l’ultima festa
di foglie infiammate
di giallo e di rosso,
con l’ultimo pallido sole,
che languido muore.
Son già bianche, dei monti
nel cielo le cime;
nell’aria è l’acuto
profumo dei funghi,
di dolci castagne,
di mosto fragrante nei tini.





La quiete della vita in campagna


(Dipinto: “Autunno in Baviera”, di Vasilij Kandinskij)



Autunno”, di Giovanni Pascoli


Al cader delle foglie alla massaia
non piange il vecchio cuor, come a noi grami,
ché d’arguti galletti ha piena l’aia;
e spessi, nella luce del mattino,
delle utili galline ode i richiami:
zeppo il granaio, il vin canta nel tino,
cantano a sera intorno a lei stornelli,
le fiorenti ragazze, occhi pensosi,
mentre il grano turco sfogliano; i monelli
ruzzano nei cartocci strepitosi.




La felicità anche nei dettagli


(Dipinto: “Gatto col pesce”, di Giancarlo Vitali)



Autunno”, di Gianni Rodari


Il gatto rincorre le foglie
secche sul marciapiede.
Le contende (vive le crede)
alla scopa che le raccoglie.


Quelle che da rami alti
scendono rosse e gialle
sono certo farfalle
che sfidano i suoi salti.


La lenta morte dell’anno
non è per lui che un bel gioco,
e per gli uomini che ne fanno
al tramonto un lieto fuoco.






Fatemi sapere se queste poesie vi sono piaciute, quali preferite e quali sentite più “vostre” per quel che riguarda la stagione autunnale.

Ditemi anche che cosa pensate voi di questo periodo dell’anno… rimpiangete la spiaggia o non vedete l’ora di passeggiare tra le foglie cadenti?

Aspetto un vostro parere!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


martedì 19 settembre 2017

LA GUERRA DELLE DUE ROSE

Gli appassionanti romanzi di Philippa Gregory



Cari lettori,
per la rubrica “Letture...per autori” oggi vi vorrei parlare di una saga che ho letto prima dell’estate e che mi ha colpito moltissimo: la serie "La guerra delle due rose", scritta da Philippa Gregory.


Pur cercando sempre di essere costante con le letture ed avendo scoperto tanti autori interessanti, era da tanto tempo che non mi capitava di restare con il fiato in sospeso e di leggere moltissime pagine senza nemmeno rendermene conto.

Lo stile impeccabile di quest’autrice, unito alla scelta di personaggi complessi ed alla sua approfondita conoscenza della storia, ha contribuito a farmi divorare in pochissimo tempo dei volumi di quattrocento/cinquecento pagine.

La vera Protagonista di questa serie di romanzi, che è una sorta di epopea, è la Grande Storia della Guerra delle Due Rose, ovvero la lotta per la corona di due fazioni di nobili inglesi (gli York, cioè la Rosa Bianca, ed i Lancaster, cioè la Rosa Rossa) nel corso della seconda metà del XV secolo.
Questi sono i capitoli della storia che ho avuto il grande piacere di leggere!



LA REGINA DELLA ROSA BIANCA



Elisabetta Woodville, figlia di una Duchessa francese e di uno scudiero inglese diventato Conte di Rivers per meriti sul campo, è sempre appartenuta alla fazione di Lancaster. Quando però il suo giovane marito perde la vita in una battaglia che sancisce il trionfo degli York, la sua famiglia, per sopravvivere, dichiara la resa alla Rosa Bianca.

Poco dopo, ella conosce il giovanissimo e neoeletto re Edoardo. A dispetto di tutto ciò che li divide (la classe sociale, la differenza d’età, i figli di lei) nasce un sentimento molto forte ed i due si sposano segretamente.

Dopo poco, Elisabetta viene dichiarata ufficialmente Regina d’Inghilterra. La sua famiglia d’origine, i Rivers, si trova così in cima alla ruota della fortuna, ma anche soggetta a tantissimi pericoli ed insidie.

La nostra protagonista, infatti, dovrà guardarsi non solo dalle persone rimaste fedeli alla fazione di Lancaster, ma anche da chi non la ritiene degna del re e soprattutto dagli stessi fratelli ed amici del marito, in quanto la famiglia York è per tradizione propensa alla rivalità ed alla lotta fratricida.
Elisabetta lotta per difendere marito, fratelli, genitori ed i numerosi figli avuti dai suoi due matrimoni, ma, per quanto abile e previdente, non potrà impedire alla storia di fare il suo corso.


La figura di questa donna che la storia ha poi svalutato e dimenticato troneggia invece in questo romanzo. La madre di Elisabetta afferma di discendere da Melusina, una leggendaria dea dell’acqua, e la nostra protagonista è una vera mutaforma, proprio come questo elemento. Ella sa essere allo stesso tempo una scaltra politica ed una ragazza innamorata; subisce i rovesci della sorte che spesso le sono imposti da un sistema sociale maschilista, ma, con grande determinazione, riesce anche a manovrare molti uomini più potenti di lei; crede molto nell’istruzione, ma fa uso anche delle pratiche di magia e di alchimia che la madre le ha insegnato.

Amare questo personaggio è piuttosto facile. Meno semplice è restare affezionata ad Edoardo, che (almeno secondo me) perde abbastanza presto la sua aura di giovane bello, romantico ed invincibile, per diventare un re sempre più libertino e tentato dalla sete di sangue che sembra contraddistinguere la famiglia York.
Ottime alcune figure di spalla, come quello dell’affascinante madre di Elisabetta, Jacquetta, del suo saggio ed intelligente fratello maggiore Anthony e del fratello minore di Edoardo, Riccardo, prima fedelissimo e poi rivale.



LA REGINA DELLA ROSA ROSSA



Margaret Beaufort è una ragazzina di dodici anni molto intelligente e fin troppo devota che vorrebbe diventare la nuova Giovanna d’Arco, o almeno entrare in convento.

Invece è la cugina di Enrico VI, il Re di Lancaster ritenuto da tutti sempre più debole, malato ed incapace di governare, ed il suo compito è quello di essere madre di un maschio che potrà ereditare il trono.
È così che ella viene data in sposa in età ancora puerile ad un suo lontano parente ed è costretta ad andare a vivere nel Galles, dove vive sola ed infelice, partorisce un figlio, Enrico Tudor, con grandissimo dolore ed infine perde il marito.

Le sue sfortune non sono finite: ella viene data in seconde nozze ad un uomo anziano e gentile che la rispetta e le permette di studiare, ma è costretta dalla ragion di Stato a separarsi da Enrico. La sconfitta dei Lancaster e l’ascesa di Edoardo di York, infine, relegano tutta la sua famiglia in una posizione subalterna.

Margaret, da sempre orgogliosa e volitiva, decide allora di non essere più una vittima della sorte, ma di prendere in mano il suo destino: da quel momento in avanti, la sua missione sarà quella di impedire che suo figlio subisca quello che ha dovuto sopportare lei, e, se possibile, di farlo avvicinare il più possibile al trono. Non sa ancora che la storia la ricorderà come la capostipite della dinastia Tudor…


Ho letto un buon numero di recensioni su questo romanzo e tutte concordavano nel preferire il personaggio di Elisabetta, la regina della Rosa Bianca, a quello di Margaret. Mi considero dunque una voce fuori dal coro ed ammetto che ho apprezzato maggiormente degli aspetti della regina della Rosa Rossa.

Sicuramente Margaret è un po’ troppo religiosa, è bigotta al limite dell’insopportabile e Philippa Gregory non nasconde che è passata alla storia come “la suocera per definizione”.
Tuttavia, io trovo che sia veramente un’eroina, un esempio di determinazione e di forza interiore. La sua storia è quella di una vittima, di una povera bambina cresciuta troppo presto, che tutti a corte additavano come una “cosina ridicola”, che non era amata nemmeno dalla madre e che veniva messa in ridicolo quando confessava le sue reali aspirazioni. La sua costanza e la sua voglia di riscatto l’hanno portata invece ad essere non solo una rispettabile dama, istruita ed influente, ma anche un personaggio chiave della storia inglese.

Interessante è anche il fatto che l’autrice abbia dato spazio al lato più sentimentale di Margaret, da sempre innamorata di Jasper Tudor, il fratello del suo primo marito, che ha cresciuto Enrico come se fosse figlio suo. I due rinunciano alla loro felicità per dare un avvenire al ragazzo ed alla nazione, ed il lettore non può fare a meno di stare dalla loro parte.



LA SIGNORA DEI FIUMI



Questo romanzo può essere considerato un prequel de La regina della rosa bianca e narra la storia di Jacquetta, figlia di un nobile francese alleato con gli inglesi e futura madre di Elisabetta.

Il racconto inizia nel pieno della Guerra dei Cent’anni: la nostra protagonista, ragazza di appena 14 anni, conosce Giovanna d’Arco, che per lei è solo una fanciulla intelligente, curiosa e volitiva, ed assiste alla sua terribile fine. Da quel giorno nasce in lei la convinzione che ogni donna debba esercitare di nascosto le proprie arti e tutto ciò che non è gradito alla società patriarcale in cui si trova, pena l’essere considerata una “strega”. Allo stesso tempo, però, ella non può evitare di sentirsi attratta dalle arti magiche alla quale l’ha iniziata la sua amata prozia, che si considera discendente della dea-sirena Melusina.

Ancora giovanissima, Jacquetta viene data in sposa ad un maturo ed influente vedovo, il Duca di Bedford, luogotenente inglese in Francia, ed inizia a dividersi tra due nazioni. L’uomo, però, non l’ha sposata per amore, ma perché conosce la storia della sua prozia e, ritenendola giustamente dotata di poteri magici, la inizia al mondo dell’alchimia. Jacquetta si innamora ben presto di Richard Woodville, lo scudiero del marito, un uomo semplice che la desidera per quello che lei è e non per tutto ciò che rappresenta.

Quando il Duca di Bedford muore, i due si sposano contro ogni regola della società del tempo e decidono di vivere in Inghilterra. Lì, però, li aspettano ben due battaglie, la prima per costruire una loro (numerosa) famiglia e per restare insieme nonostante tutto, la seconda per sostenere Re Enrico VI e la Regina Margherita d’Angiò, prima molto amati dalla nobiltà e poi sempre più criticati.



Piccola “variazione sul tema” rispetto alla fase più cruenta della Guerra delle Due Rose, La signora dei fiumi indaga l’origine di questo complesso fenomeno, a partire dagli strascichi della Guerra dei Cent’anni, fino ad arrivare agli intrighi operati da Margherita, regina dall’aspetto esile e dall’atteggiamento viziato, che però riesce incredibilmente ad essere una buona amica per la protagonista.

Al contrario di quello che ci si potrebbe aspettare, al centro della scena non vi è la forza di volontà di un’unica donna, come negli altri due romanzi, bensì una coppia affiatata, costituita da due persone tra loro complementari e spinte da desideri ed aspirazioni in comune.

Molto affascinante l’aspetto della magia e dell’alchimia, che rappresenta una sfida contro l’atmosfera da “caccia alle streghe” del tempo e che diventa un simbolo di emancipazione e di ricerca della verità.



LA FUTURA REGINA



Questo romanzo racconta la storia della Guerra delle Due Rose dal punto di vista di un personaggio femminile discusso, dalla vita travagliata: la giovane Anna Neville, la seconda delle due figlie del conte di Warwick. Quest’ultimo è passato alla storia come il “creatore di re” per la sua estrema abilità politica, che l’ha portato prima a mettere sul trono il giovanissimo Edoardo IV e poi a tentare di rovesciarlo, sostenendo il fratello traditore Giorgio.

Anna è solo una bambina timorosa quando viene introdotta a corte e conosce una donna che per tutta la vita considererà una mortale nemica: Elisabetta Woodville, la regina della rosa bianca, acerrima rivale del padre della ragazza.

La sua vita, insieme a quella di Isabella, la sua ambiziosa ma fragile sorella maggiore, diventa presto una pedina nelle mani dell’avido padre.
Prima, infatti, ella viene costretta ad essere la semplice dama di compagnia di Isabella, diventata suo malgrado la moglie del traditore Giorgio, poi viene data in sposa a sua volta per via della ragion di Stato.

Il suo primo matrimonio con il figlio di Margherita d’Angiò, la regina Lancaster spodestata, è però molto breve ed infelice.
Rimasta vedova prestissimo, Anna inizia a sognare una via d’uscita: Riccardo, fratello minore di Edoardo IV e Giorgio, che è per lei l’amico d’infanzia più caro e l’amore di una vita.


Questo ulteriore capitolo della Guerra delle Due Rose racconta la storia di una donna che da molti è vista come una vittima per via della sua vita breve e costellata da episodi di grande infelicità. Il romanzo prova invece a ridarle giustizia, a considerarla una giovane donna intelligente e posata, costretta a vivere degli eventi più grandi di lei.

Interessante il suo rapporto con il secondo marito, passato alla storia come il malvagio Riccardo III. Philippa Gregory non condivide la damnatio memoriae operata dalla storiografia e consacrata dall’omonima tragedia shakespeariana, bensì presenta Riccardo ed Anna come due giovani fin troppo idealisti, più duri con se stessi che con gli altri, destinati però ad essere sconfitti.




UNA PRINCIPESSA TRA DUE RE



L’ultimo romanzo della saga dedicata alla Guerra delle Due Rose è un vero e proprio sequel ambientato in un periodo successivo, ma non per questo più sereno o facile da vivere.

I due protagonisti sono gli “sposi benedetti” che hanno posto fine al conflitto con il loro matrimonio: Elisabetta di York, figlia della regina della rosa bianca, ed Enrico VII Tudor, figlio della regina della rosa rossa.

Da un punto di vista personale e sentimentale, il loro matrimonio non è iniziato sotto i migliori auspici: Elisabetta, infatti, è stata a lungo l’amante dello zio Riccardo III (il cui matrimonio con Anna Neville era in difficoltà da tempo), ma egli è stato ucciso in battaglia proprio dall’esercito di Enrico.
Su insistenza della madre e soprattutto della suocera, la nostra protagonista cerca di vivere serenamente questa nuova fase della sua esistenza, ma la pace è ancora ben lontana dall’essere conquistata.

Molti, infatti, ritengono che la dinastia Tudor, che ha origini regali per quanto riguarda il ramo materno ma ha umilissimi natali per quel che concerne quello paterno, sia solo una stirpe di usurpatori.
È per questo motivo che moltissimi nobili appoggiano una rivoluzione mossa da un non meglio definito “ragazzo” proveniente dall’Europa continentale, dotato di grande cultura ed irresistibile carisma.
Enrico è più che mai determinato ad uccidere l’infido pretendente; Elisabetta, però, prova paura e speranza allo stesso tempo all’idea che quel ragazzo sia in realtà il fratello minore Riccardo, sparito nel nulla anni prima…


Al centro di questo romanzo c’è il dramma di una ragazza costretta dal destino a diventare regina, costantemente lacerata tra la famiglia d’origine e quella che si è costruita. A lei è affiancato il combattuto re Enrico VII, addestrato dalla madre e dallo zio ad essere re fin dalla culla, ma timoroso e spesso indeciso.
L’ultimo capitolo della saga si rivela piuttosto amaro: il mantenimento della pace sembra peggiore della guerra stessa, e getta inquietanti ombre sul futuro della dinastia Tudor.




L’autrice è prolifica ed ha scritto altri romanzi storici, come, per esempio, un’intera saga che narra le vicende della dinastia Tudor.
Per questo motivo non escludo di tornare a parlare di lei in un post successivo. Come avrete sicuramente capito, mi sono appassionata molto a questi magnifici personaggi!

Da un punto di vista oggettivo consiglio assolutamente a tutti di iniziare con La regina della rosa bianca, che è sicuramente il romanzo più lineare, ricco di eventi e significativo. Per quanto riguarda il mio gusto personale, tuttavia, ho amato molto leggere La regina della rosa rossa.
Aspetto con grande curiosità un vostro parere al riguardo.
Grazie per la lettura e al prossimo post 😊