giovedì 29 aprile 2021

I PREFERITI DI APRILE 2021

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

eccoci giunti al termine del mese di aprile!

Dopo un inizio relativamente tranquillo grazie alle vacanze di Pasqua, il resto del mese è stato piuttosto caotico, e libri, film e musica sono stati un’ancora necessaria per i momenti di relax. Per questo motivo sono particolarmente contenta di poter condividere con voi tutto quello che mi è piaciuto negli ultimi mesi con i consueti “Preferiti”!



Il libro del mese


Per questo mese di aprile ho deciso di farmi forza – eh sì, è proprio il caso di dirlo – e di condividere le mie riflessioni a proposito di una lettura che rimandavo da troppo e che solo nelle ultime settimane sono riuscita ad affrontare: Riccardino di Andrea Camilleri.


Come purtroppo sappiamo, sono quasi due anni che il Maestro ci ha lasciato, il 17 luglio del 2019. Esattamente un anno dopo è uscito Riccardino, il romanzo che conclude una volta per tutte la lunga storia del commissario Montalbano, che per anni e anni è stato quasi un amico per tantissimi italiani (per me sicuramente).


La genesi di questo libro è molto particolare: Camilleri ha iniziato a scrivere questo romanzo nel 2006, quando si è reso conto che la storia di Montalbano stava avendo un grande successo ed avrebbe meritato un epilogo vero e proprio. Temendo che l’età non lo avrebbe assistito, egli ha portato a termine la prima stesura quindici anni fa. Poi, fortunatamente, egli è riuscito a godere di buona salute e, anche negli ultimi anni, nonostante la cecità, ha potuto scrivere, assistito, altri romanzi. Riccardino è uscito così postumo, come l’autore stesso aveva chiesto, e in due versioni: quella originale del 2006, in italiano più corretto, e quella rimaneggiata, in “vigatese”, nella lingua che Camilleri stesso ha creato per i suoi romanzi e che si è evoluta con il tempo. Io l’ho letto proprio in questa ultima versione.



Riccardino inizia con una camurrìa, come la definirebbe Montalbano. Il commissario, infatti, viene svegliato alle prime luci dell’alba da un utente che ha sbagliato numero, che lo chiama Riccardo e che lo invita a raggiungerlo in un bar per una camminata in montagna, specificando che tutti lo stanno aspettando. Montalbano, indispettito, non chiarisce l’equivoco, ma conferma l’imminente arrivo di “Riccardo”, sperando che gli avventori del bar lo aspettino ancora a lungo, e riattacca.

Qualche ora dopo, però, egli viene nuovamente svegliato, stavolta dai suoi uomini, che lo informano che c’è stato un omicidio… proprio di fronte al bar da cui è partita l’inopportuna chiamata mattutina. Il commissario arriva sul luogo del delitto e si trova di fronte tre terrorizzati quarantenni in tenuta sportiva, ed il cadavere del tanto atteso Riccardo, per tutti “Riccardino”.


Montalbano porta con sé i tre amici della vittima in commissariato e si rende conto subito che qualcosa sembra “troppo perfetto” e stride. Riccardino ed i suoi tre compari, soprannominati i quattro moschettieri da tutti, sono inseparabili fin dall’adolescenza: sono sempre stati insieme, si sono imparentati sposando l’uno la sorella dell’altro, fanno regolarmente sport in gruppo ed anche nel lavoro sono gomito a gomito, perché i tre amici lavorano per una miniera, mentre Riccardino lavorava in banca ed era il loro consulente finanziario.


Sembrerebbe una bella storia d’amicizia, ma gli sguardi, il nervosismo, i “non detti” mettono sull’attenti il commissario, che decide di indagare su Riccardino partendo dalla sua cerchia più stretta di contatti.


Nel frattempo, egli viene chiamato da due curiosi personaggi di un quartiere popolare e degradato di Vigata, una “donna cannone” che prevede il futuro e un magrissimo ed attempato ragioniere, che si lamentano di uno strano rumore notturno, causato regolarmente da un camionista che traffica con delle taniche di benzina.



Un caso complesso ed un altro surreale: sarebbe abbastanza per chiunque, ma Montalbano ha altri problemi ancora. Un misterioso Autore (che altri non è che Camilleri stesso), che si è arricchito romanzando le storie delle sue indagini e ci ha fatto sopra pure una fiction, continua a cercarlo con insistenza, e pretende di intromettersi nell’indagine di Riccardino. Per Montalbano non è sempre facile ricordargli che realtà e narrazione sono due cose diverse…



Non sapevo bene che cosa aspettarmi da Riccardino, ma sono rimasta comunque molto sorpresa dall’impostazione che Camilleri ha dato alla narrazione. L’indagine principale è ricca di tòpos narrativi (il cittadino in apparenza esemplare che ha tanto da nascondere, un ambiente che sembra accogliente e familiare ma che si rivela un covo di vipere…), ma credo che Camilleri l’abbia scelta ad hoc perché essa diventi materiale per una storia che è, a tutti gli effetti, meta-letteraria e d’ispirazione pirandelliana. Le tematiche che costituiscono il vero cuore dell’opera sono infatti il dialogo dell’Autore con un Personaggio che nella sua mente era stato creato in un certo modo e che poi è diventato “di tutti” (e quindi diverso da come se lo era immaginato), il confronto tra il Personaggio dei libri e quello della fiction, i tanti dubbi che possono assalire l’Autore in fase di scrittura (L’evoluzione della trama è credibile? Quale fetta di pubblico potrei accontentare facendo una determinata scelta narrativa? Sono ancora fedele a me stesso ed alle mie idee o da tempo non lo sono più?)


L’impressione è che Camilleri abbia voluto lasciare una sorta di testamento spirituale, inserendo in Riccardino ogni parte di sé che ha voluto condividere con il suo pubblico: la sua storia come narratore, la sua esperienza nel mondo del teatro, l’amore per la sua terra, l’attenzione per l’attualità ed i problemi di carattere socio-economico, i suoi valori e tanto altro ancora.


Quanto all’epilogo vero e proprio… personalmente l’ho trovato, al tempo stesso, molto coerente con il personaggio e...distruttivo. Una prova emotiva niente male per una fan di Montalbano come me. Ma fidatevi, è inevitabile, se avete voluto bene anche voi al commissario… va letto!



Il film del mese



La parte “librosa” di questi Preferiti del mese è un po’ intensa e (per me sicuramente) drammatica, perciò ho pensato di compensare con un film leggero e simpatico, Modalità aereo.


Diego e Ivano, i protagonisti di questa commedia dichiaratamente ispirata al super classico di Natale Una poltrona per due, non potrebbero essere più diversi: il primo ha ereditato dal padre un’azienda vinicola miliardaria, fa “l’uomo d’affari” ma di fatto vive di rendita, ha una ex moglie che lo odia e un figlio in collegio al quale riserva attenzioni quasi nulle; il secondo è un inserviente dell’aeroporto, un tipo semplice ma buono e allegro, che da anni coltiva il desiderio di diventare genitore insieme alla moglie, la quale, però, sta iniziando a scoraggiarsi.


Diego, per un banale equivoco, litiga nel bagno dell’aeroporto con un Ivano ed un suo collega, Sabino, e, abusando del suo potere, li fa licenziare con un messaggio. Poi corre a prendere il suo aereo, ma non si rende conto di aver lasciato il suo cellulare proprio lì nel bagno, tra le mani di due inservienti molto arrabbiati e, in quel momento, un po’ vendicativi.


Ivano e Sabino, sulle prime, cercano di mettere in cattiva luce Diego facendo comparire sui suoi profili social una serie di frasi offensive e politicamente scorrette, ma presto si rendono conto che la vita di quello che credono un implacabile manager ha parecchie zone d’ombra, prima tra tutte un ragazzino che vorrebbe solo divertirsi un po’ con suo padre. Diego, d’altro canto, in preda ad una crisi di panico ad alta quota, verrà riportato alla ragione da una paziente ed ironica hostess.



Modalità aereo è una commedia piacevole per una serata divertente, sostenuta dalle interpretazioni di Paolo Ruffini, Lillo, Caterina Guzzanti, Dino Abbrescia e Violante Placido. Qualcuno di loro è esperto di comicità, altri sorprendono un po’ di più, ma il risultato è davvero esilarante e, al tempo stesso, fa bene al cuore. Tra vecchie canzoni, gag ed equivoci, la pellicola pone l’accento su famiglia ed amicizie in modo talvolta simpatico, talvolta profondo, senza mai risultare pesante.


Ammetto che ho visto questo film perché avevo voglia di distrarmi con qualcosa di simpatico, ma ogni tanto ci vuole… quindi ve lo consiglio più che volentieri!



La musica del mese


A marzo abbiamo celebrato l’arrivo della primavera, concentrandoci soprattutto sulle fioriture. Per il mese di aprile ho scelto invece il tema delle farfalle, che nella stagione primaverile sono rispuntate in mille colori.


Per quanto riguarda la musica classica, vi consiglio un video su YouTube, il n°1 in D minor di Brahms, accompagnato da immagini di farfalle multicolori. Lo trovate a questo link.



Oltre alla Primavera di Ludovico Einaudi, un altro bel ricordo del saggio di danza 2019 (l’ultimo pre-Covid, per ora, ahinoi) è il medley tratto da Alice nel Paese delle Meraviglie, per il quale mi ero calata in due ruoli: “capocoro” dei fiori prima, guardia della Regina Rossa poi. Per la prima delle due interpretazioni avevo dovuto disegnare, colorare e mettere su un bastoncino una farfalla davvero speciale: una dondolibellula, a metà strada tra un cavallo a dondolo ed una libellula. A questo link vi lascio il video de Nel bel meriggio d’or, un vero classico della Disney che mi ero divertita ad interpretare insieme alle studentesse più piccole della nostra scuola di danza.



Concludo questa carrellata con una canzone country-pop della cantante Kacey Musgraves (di cui vi avevo parlato in questo post), intitolata proprio Butterflies, che trovate qui:


Mi nascondevo tra i dubbi

Finché tu non mi hai portato fuori dalla mia crisalide

e me ne sono venuta fuori nuova

tutto a causa tua


Ora tu mi sollevi invece di buttarmi giù

rubi il mio cuore invece di portarmi via la corona,

hai districato tutte le stringhe che legavano le mie ali...

Non conoscevo lui e lui non conosceva me

il settimo cielo era sempre troppo lontano

ora ricordo come ci si sente a volare

tu mi fai sentire le farfalle...



La poesia del mese


Per questo mese ho pensato ad un componimento di Ada Negri, dal titolo Prato d’aprile, che è una vera e propria esplosione di colori e profumi primaverili.


C’era un prato: con folte erbe, frammiste

a vecchi fiori, e gialli; e violetti;

e fra esse un brusio di mille piccole

vite felici; e se sull’erbe e i fiori

spirava il vento, con piegar di steli

tutto il prato nel sol trascolorava.

E volavan farfalle, uguali a petali

sciolti dai gambi; e si perdean rapidi

i miei pensieri in quell’aerea danza

ove l’ala era il fiore e il fiore l’ala.



Le foto del mese


Il mese di aprile è iniziato con le vacanze di Pasqua, piuttosto tranquille e casalinghe, ma davvero piacevoli. Fortunatamente siamo riusciti a fare un paio di pranzetti in famiglia tra pochi intimi, cosa di cui sentivo davvero il bisogno, visti i tanti momenti di isolamento forzato degli ultimi mesi. Allego foto di qualche dolcetto (notare il babà e la mini Sacher).



Aprile è il mese dei tulipani! Ecco quelli super speciali che hanno piantato nel parco del Municipio del mio paese (alternati a qualche giacinto).



Sempre restando in tema floreale, questo narciso bicolor è un piccolo capolavoro!




Ecco il mio aprile in breve!

Sono consapevole che maggio sarà ancora più pieno di doveri, ma, che dirvi, cercherò di non rinunciare ai piaceri… si barcolla, ma non si molla!

E voi che mi dite? Che avete da raccontarvi a proposito delle ultime settimane? Spero che anche voi, come me, vi sentiate un po’ rincuorati dalla diminuzione delle misure restrittive nelle ultime settimane. Teniamo le dita incrociate…

Nel frattempo grazie per la lettura, ci sentiamo in maggio :-)

lunedì 26 aprile 2021

UN VIAGGIO PER UN SOGNO

 Storytelling Chronicles: aprile 2021



Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di aprile con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles” ideata da Lara de “La nicchia letteraria”!

Il tema di questo mese era una sola parola: sogno, declinata nella nostra accezione preferita.


Non volendo anticipare molto della mia storia di oggi, che si intitola “Un viaggio per un sogno”, vi dirò solo che mi sono emozionata parecchio nello scriverlo. Oggi sono felicissima di regalare a voi i pensieri e le sensazioni che ho messo su carta!



PICCOLO OFF TOPIC: ieri è stato il 25 aprile, Festa della Liberazione. Quest’anno non ho preparato un racconto su questo tema, ma l’ho fatto nel 2020. La storia si intitola “La staffetta” e, nel caso qualcuno la volesse leggere, è a questo link.



Vi lascio al mio racconto di oggi! Buona lettura :-)




UN VIAGGIO PER UN SOGNO


Dopo molti giorni, riprendo in mano questo mio memoriale. Non so chi lo leggerà e quanti desidereranno accostarsi nuovamente a qualcosa di mio, dopo così tanto tempo: sento solo che, per la prima volta dopo anni, sto finalmente scrivendo quello che desidero, senza la necessità di pensare ad un possibile pubblico ed a ciò che ci si aspetta da me.


Oggi mi sento meno stanco nel corpo e nell’anima di quanto non lo sia stato ultimamente, e provo un forte desiderio di vedere scritte, di fronte a me, le vicende che mi sono ritrovato a vivere. È una deformazione professionale: sono un uomo di Lettere e di cultura e per lavoro ho sempre scritto, per me e per gli altri. Dopo un primo periodo di sperimentazioni, sono riuscito a trovare una mia personale formula che mi consenta sia di essere soddisfatto di me stesso che di piacere a critica e pubblico. Spesso – e mio malgrado - sono stato cercato anche dalle istituzioni e dalle autorità, e ho dovuto cercare in tutti i modi di non scendere a compromessi perché la mia arte e la mia scrittura restassero, nonostante tutto, autentiche e fedeli a loro stesse.


Anche ora che per me è giunto il momento del riposo e che le mie uniche occupazioni sono questo memoriale e l’incontro con altri scrittori ed artisti fuori tempo come me, con i quali spesso ripercorriamo il passato, la memoria di quello che sono stato continua a bussare alla mia porta. Così, tempo fa, mi è stata fatta una richiesta alla quale non ho proprio potuto dire di no.


Mi è stato chiesto di accompagnare in un viaggio e di istruire un altro uomo di Lettere, un giovane appartenente ad una generazione diversa da me e che io non conoscevo, ma che per qualche motivo a me oscuro aveva chiesto espressamente di me. Nonostante la mia distanza dal mondo odierno della poesia e della letteratura, ed i miei tanti dubbi a proposito della mia utilità come accompagnatore, ero stato colpito dalla richiesta ed avevo accettato.


Quando avevo conosciuto il mio compagno di viaggio, però, avevo capito che l’impresa che stavamo per compiere sarebbe stata tutt’altro che facile. Il mio nuovo amico era uno straniero che non apparteneva al mio mondo. Egli parlava bene la mia lingua, ma era desideroso di scrivere nella propria; era impensierito da quel che lo circondava, ma anche animato dalla volontà di proseguire a qualsiasi costo; si era mostrato pieno di gioia nel riconoscermi, ma i suoi occhi tradivano una malinconia senza riposo.


Il primo tratto di viaggio, agevole e rapido, mi era servito per tentare di conoscerlo meglio. Avevo già compreso di avere davanti un uomo che, per quanto fosse molto più giovane e vitale di me, non voleva rinunciare alla sua riservatezza; mi ero perciò stupito nel momento in cui egli aveva deciso di farmi una confessione imprevista. “Sono in cerca di un sogno” aveva detto, con una fermezza che mi aveva sorpreso.

Come tutti noi” avevo risposto conciliante, cercando di entrare nel mio ruolo di accompagnatore esperto. “Chi tra noi letterati non ha mai inseguito una chimera?”

Lui non mi aveva dato una risposta diretta: aveva semplicemente ripetuto che si fidava di me. Io, però, iniziavo ad avere qualche dubbio che la sua fiducia in me fosse ben riposta. Le indicazioni relative al nostro viaggio erano chiare, ma io sapevo quale sarebbe stata la nostra destinazione e non ero sicuro che il mio amico ne sarebbe stato soddisfatto.


* * *


Né io né lui eravamo mai stati uomini d’azione ed il quinto giorno di viaggio la stanchezza iniziava già a farsi sentire. Ci eravamo fermati per riposare nel primo luogo disponibile, ma ben presto ci eravamo resi conto che non era la migliore delle idee. Quel posto era frequentato da persone in cerca di un piacere fugace, e c’era nell’aria una terribile irrequietezza. Nel vestibolo avevo incontrato due donne che erano state protagoniste delle mie opere: la prima mi aveva fissato spaventata, con lo sguardo umido di lacrime e di rimpianti, mentre la seconda aveva distolto rapidamente i suoi occhi neri pieni di disprezzo. Mi sentivo inquieto e stavo per convincere il mio compagno di avventure a cercare un altro luogo di sosta, quando egli mi aveva chiesto, con tono accorato, di restare. Aveva insistito per sedersi ed ascoltare la storia di una delle ragazze del luogo, che aveva espresso la volontà di avvicinarsi a lui fin da quando eravamo entrati, e si era commosso fino alle lacrime ascoltando la storia di sfortune e di passioni di quella donna. Io, da un angolo, lo guardavo con occhi nuovi, consapevole, per la prima volta da quando eravamo partiti, di trovarmi di fronte non solo un’anima complessa, ma anche, in qualche modo, migliore di me. Quelle donne che mi avevano rifuggito nel vestibolo non mi avevano sicuramente perdonato il fatto che le avessi descritte come delle fanciulle che per passione avevano sbagliato; il mio amico, invece, era in grado di ritrovare, in ogni storia, il senso più alto e puro dell’amore.



Il nostro animo era già provato dalle tante difficoltà che il viaggio ci metteva di fronte ogni giorno, ma, giunti al tredicesimo giorno, avevamo davvero provato paura. Dovevamo oltrepassare, e per di più a piedi, quello che sembrava un semplice bosco, ma che si era rivelata una foresta fitta e scura. Il terreno era molto secco in quella zona e sembrava che gli alberi stessi stessero in piedi senza alcun nutrimento. Camminando tra sterpi essiccati e foglie color della notte, non avevamo potuto scacciare la sensazione di sentirci osservati. C’era qualcosa di vibrante in quel luogo, di vivo e di disperato al tempo stesso. Ad una più attenta osservazione, ci eravamo resi conto che si trattava di un enorme cimitero a cielo aperto.

Nel corso della mia lunga carriera, ho affrontato più e più volte il tema della morte, e mi pare di ricordare di aver addirittura descritto un luogo simile a quella foresta, ma in quel momento ero stato preso dal desiderio di fare luce e di allontanarmi: avevo chiesto al mio amico di rompere insieme a me quegli sterpi senza vita e di risolvere il mistero di quel luogo facendoci strada, ma egli, con estrema delicatezza, mi aveva fatto capire che non era quello il modo di sconfiggere la nostra paura. Poi, con mio grande stupore, egli aveva iniziato ad oltrepassare quello spaventoso cimitero, stando attento a non deturpare nemmeno un ramo e perfino soffermandosi su qualche tomba. Anche quel giorno, ero stato io a seguirlo, consapevole che, sì, io avevo raccontato il confine tra la vita e la morte tante volte, ma lui lo aveva, in qualche modo, sentito nel cuore.


* * *


Pensando di poter essere più utile al mio amico, il ventiseiesimo giorno gli avevo proposto una piccola divagazione rispetto al nostro percorso. Lo avevo condotto nell’alloggio di un uomo importante dei miei tempi, una personalità che aveva fatto discutere e scrivere fiumi di parole. Anche lui, come me, era a riposo, ma già solo avvicinandosi alla sua dimora si comprendeva che la pace dell’animo era ancora un traguardo ben lontano, forse impossibile. Io avevo scritto di quest’uomo senza quiete, avevo ricevuto grandi lodi, ed ero convinto che sarei stato un ottimo intermediario tra di lui e il mio amico, che di sicuro sarebbe stato curioso di conoscere una nuova, intrigante storia.

Avevo ragione solo a metà. Il mio amico, come avevo previsto, non riusciva a stare fermo per l’emozione; il nostro ospite, però, non aveva alcun bisogno che io mediassi alcunché. Mi erano bastati pochi minuti per accorgermi che le due persone che erano con me, inaspettatamente, parlavano la stessa lingua, e che il diverso ero io.

Io che, nell’atto di scrivere, avevo piegato i miei impeti a favore della razionalità, ponendo al centro dell’attenzione i valori giusti da seguire e gli obiettivi alti ai quali sacrificare le gioie quotidiane. Avevo iniziato la mia carriera lodando la dolce arte del far niente e l’avevo conclusa cercando di farmi applaudire dai potenti, e solo in quel momento, osservando l’incontro tra due anime indomabili, appassionate ed affamate di sapere, capivo quanto tutto questo mi fosse costato.



All’alba del trentasettesimo giorno ero stato io, per la prima volta, a chiedere aiuto al mio amico. Lungo la strada, che, dopo tanti giorni difficili, si faceva più agile e luminosa, avevamo subito un piccolo scontro, seguito da un aspro rimprovero. Niente di particolare: può capitare, viaggiando per strada, di incontrare qualcuno che non ti perdona nemmeno la più piccola distrazione. Io però sono da sempre un perfezionista e, ogni volta che mi viene fatta un’osservazione negativa, ho bisogno di un momento di raccoglimento. Il mio amico, però, accorgendosi che mi ero fermato, si era voltato, pieno di stupore e di preoccupazione, e mi aveva detto: “Senza di te mi perderei! Chi altri mi potrebbe accompagnare nella scalata sulla montagna?”

Lui che sapeva vedere l’amore ovunque, che aveva rispetto per la vita e per la peggiore delle morti, che riconosceva la fame di conoscenza dove tutti vedevano il tormento. Lui, l’allievo che aveva superato il maestro, diceva di avere bisogno di me. Ma in fondo al cuore sapevo che ero io ad aver bisogno di lui e del suo sogno.

Perché hai questi dubbi? Io sono con te.” avevo risposto. E insieme avevamo iniziato la lunga scalata.


* * *


Il nostro viaggio era proseguito fino al sessantaduesimo giorno. Io ed il mio amico ci eravamo confrontati a proposito del nostro lavoro, avevamo parlato di letteratura, poesia, società e molto altro, ma ancora non ero riuscito a comprendere quale fosse il sogno che lo animava.

La nostra destinazione era dietro l’angolo ed io temevo che egli sarebbe rimasto deluso. Eravamo giunti quasi in cima alla montagna ed un vento dolce, ben diverso dall’aria fredda che ci si sarebbe potuti aspettare a quell’altezza, ci aveva accolto.

In un attimo, ci eravamo trovati nel mezzo di una spettacolare primavera: fiori e piante di ogni genere ci circondavano; un sole limpido si stagliava nel mezzo di un cielo fatto di mille sfumature d’azzurro; un fiume placido accompagnava la nostra strada, piana e senza sassi.


Avevamo conosciuto la custode di quell’incredibile parco, una ragazza che dava l’impressione di essere solitaria, ma si era dimostrata gentile e dai modi affettuosi. Ci aveva raccontato la storia leggendaria del fiume che percorreva il luogo: un fiume che porta in sé quel che è stato, quel che più non c’è. La memoria del passato lì rifugio ha trovato. Quel genere di storie era al di là della mia comprensione, ma sentivo che eravamo vicini alla risoluzione del mistero del mio amico.


E all’improvviso una musica meravigliosa aveva interrotto il nostro ennesimo discorso. Il cielo si era aperto ed era apparso il sogno. Era discesa Beatrice.



Mi era bastato osservare la reazione di Dante per comprendere. Egli attendeva da sessantadue giorni quel momento. Fin da quando lo avevo avvisato che gli avrei fatto da mentore solo attraverso l’Inferno ed il Purgatorio, e che in Paradiso avrebbe avuto tutt’altra compagnia, il sogno si era fatto strada dentro di lui.

La sua fame di sapere derivava dal suo desiderio di essere guidato da lei.

La sua capacità di riconoscere l’amore era nata insieme alla Vita Nova che aveva conosciuto con lei, che prima era stata il suo innamoramento giovanile, poi la sua musa, infine il modello ideale a cui ispirarsi.

Il suo profondo senso di pietà per tutti i morti era cresciuto di pari passo con la sua certezza che, persa Beatrice nella vita terrena, l’avrebbe reincontrata nuovamente altrove.

Perdi ciò che tu hai più amato, è allora che lo avrai trovato.


* * *


Il mio compito con Dante è terminato… da giorni, ormai, anche se il tempo qui è un concetto relativo. Lui è felice con il suo sogno.

Io, che in vita sono stato Virgilio, solo adesso che sto scrivendo questo memoriale comprendo che, grazie a Dante, ho realizzato a mia volta un sogno che da troppo tempo coltivavo nel profondo: quello di farmi da parte e di passare il testimone. Io ho cantato pascoli, campi e condottieri per tutta la vita, ma sarà Dante a raccontare il nostro viaggio incredibile ed a renderlo eterno.

Io ora posso restare qui a scrivere solo per me stesso, nel Limbo, insieme alle anime grandi con cui ho condiviso la mia vita terrena. In questo luogo dove non si smetterà mai di sognare.



FINE




Eccoci giunti alla conclusione!

Come molti di voi avranno capito “in corso d’opera”, con questo racconto sono tornata alle mie amate atmosfere letterarie, dopo che a febbraio ed a marzo avevo raccontato storie più contemporanee. Il 25 marzo abbiamo festeggiato il Dantedì, la Giornata dedicata a Dante, ed il 14 settembre saranno trascorsi esattamente 700 anni dalla sua morte. In un anno dantesco così importante, dopo aver rotto le scatole ai miei studenti più e più volte con la mia passione per Dante ehm...aver spiegato Dante in classe in più contesti e con tanto entusiasmo, potevo forse esimermi dal fare un mio personale omaggio? (L’unico di quest’anno? Eh, lo scopriremo solo vivendo...)


Questo racconto prova ad indagare le tematiche principali della Commedia svincolandole almeno in parte dal contesto medioevale e fantastico che ha creato Dante. La mia intenzione era mettere in evidenza la straordinaria attualità di quest’opera, che ancora, più di 700 anni dopo, ci parla di passioni, ideali, etica dell’artista, politica, società, importanti scelte di vita. Gli episodi che ho "ri-raccontato" sono: l'incontro tra Dante e Virgilio nella selva oscura (I Inferno), la tempesta dei lussuriosi con Paolo e Francesca (V Inferno), la selva dei suicidi (XIII Inferno), l'incontro con Ulisse (XXVI Inferno), i momenti di dubbio di Virgilio prima di incontrare Manfredi (III Purgatorio), il Paradiso Terrestre e l'incontro con Beatrice (ultimi canti del Purgatorio). Ho scelto Virgilio come voce narrante per omaggiare, nel contempo, un bellissimo romanzo di Sebastiano Vassalli, Un infinito numero, di cui vi ho parlato in questo post.


Le due frasi scritte in corsivo nella parte finale del racconto sono tratte dalla canzone di Frozen 2 “Il fiume del passato”. Non so se Dante sarebbe stato un fan della Disney, ma questo brano mi è sembrato una colonna sonora perfetta per il mio racconto (lo trovate qui).


La litografia finale con Dante e Virgilio, infine, è di Gustave Dorè, un celebre illustratore.



Scrivere racconti per questa rubrica è ormai diventata, per me, una bellissima consuetudine, e mi sono resa conto di avere messo insieme, in questi 14 mesi, un bel gruzzolo di storie. Il vostro sostegno ed il bel rapporto che si è creato con le altre partecipanti alla rubrica continuano ad essere fondamentali per me!

Vi invito, come sempre, a leggere gli altri post contrassegnati con il banner “Storytelling Chronicles” di questo mese.

Grazie infinite per la lettura, al prossimo post :-)

venerdì 23 aprile 2021

OTELLO

 Lo spettacolo di Davide Lorenzo Palla... su YouTube




Cari lettori,

sono molto contenta di presentarvi quello che è a tutti gli effetti il primo appuntamento con i “Consigli teatrali” del 2021!


Dopo avervi parlato di una bella versione di "Cyrano" in novembre, vista su Rai 5, speravo che l’anno nuovo ci avrebbe portato qualche buona notizia dal punto di vista di teatro, cinema, musei. Per quanto riguarda questi ultimi c’è stata qualche piccola riapertura (un po’ difficile comunque da vivere, se non puoi uscire dal tuo comune), mentre teatri e cinema sono ancora tristemente sbarrati (anche se, forse, ancora per poco).


In questo contesto sempre più difficile il Teatro Carcano ha pensato di proporre una bella iniziativa: per tre sabati consecutivi, sul loro canale YouTube, ha mandato in onda tre spettacoli di e con Davide Lorenzo Palla: la trilogia shakespeariana composta da Otello, Il mercante di Venezia e Riccardo III.


Io ho avuto la fortuna di assistere dal vivo a due di questi tre spettacoli: Riccardo III nel 2018 (qui la recensione), Il mercante di Venezia nel 2017 (di cui ho parlato in questo post). Non avevo visto, però, Otello, la prima rappresentazione di questa ideale trilogia.


Ho pensato così di parlarvene oggi, sperando di fare cosa gradita e di portare finalmente un po’ di teatro nelle vostre case dopo tanto tempo!



Il teatro “shakespeariano”


Come già successo anche in occasione degli altri due spettacoli, Davide Lorenzo Palla, unico attore in scena e mente creatrice di queste rappresentazioni, prima di iniziare con la storia vera e propria “scalda” un po’ il suo pubblico, facendo sì che esso si cali nello spirito del tempo. L’idea di teatro come luogo in cui restare in un compunto silenzio, ascoltando con tranquillità quel che dicono gli attori, appartiene a noi, uomini del XX/XXI secolo: ai tempi di Shakespeare, infatti, il teatro era un luogo piuttosto caotico. Gli spettatori si alzavano, si sedevano, commentavano, interagivano con i personaggi in scena, acclamavano i loro beniamini.


Davide Lorenzo Palla, individuando qualche (più o meno) volontario in platea, coinvolge il pubblico in una piccola riproduzione di quel che era il teatro shakespeariano. E così, tra un finto svenimento e una protesta, tra acclamazioni per i musicisti e ole da stadio, la rappresentazione può iniziare.


Oltre a Davide Lorenzo Palla, sono in scena soltanto tre musicisti, con i quali l’attore interagisce scherzosamente. Essi, con grande versatilità, forniscono il sottofondo musicale a quello che è in effetti un lungo racconto fatto di imitazioni, riflessioni, momenti comici ed altrettanti molto drammatici.



La storia raccontata


Come nel caso di Romeo e Giulietta e de Il mercante di Venezia, ancora una volta Shakespeare sceglie di ambientare una sua opera in Italia, e di nuovo nella Serenissima. L’opera inizia subito con un grande fermento: il Doge ed il suo Consiglio sono riuniti insieme per deliberare a proposito dell’avanzata turca e della possibilità di uno scontro a Cipro, ma all’improvviso irrompe nella stanza il nobile Brabanzio, che afferma che sua figlia Desdemona è stata rapita proprio da Otello, il moro a comando dell’esercito del Doge. Il Consiglio è pervaso da indignazione e sgomento, ma l’equivoco viene ben presto chiarito: non si tratta di rapimento, in quanto Otello e Desdemona si sono sposati in segreto.


Il Doge, che non può fare nulla di fronte ad un sacramento e che si è sempre fidato di Otello, accetta che entrambi gli sposi partano per Cipro, dove Otello dovrà fermare l’avanzata turca. Con loro, oltre ai soldati dell’esercito, ci sono anche dei luogotenenti, uomini di fiducia del Moro. Il secondo in comando è Cassio, un ragazzo giovane e gioioso, sempre disponibile a fare festa, il cui carattere è complementare a quello ombroso di Otello.

Altri due luogotenenti, però, non sono così bendisposti nei confronti del loro generale: il primo è Roderigo, da sempre innamorato di Desdemona e ancora scottato dalla cocente delusione del matrimonio di lei con un altro; il secondo è Iago, geloso di Cassio perché avrebbe voluto essere lui il braccio destro del Moro.


Iago, consumato dall’invidia e dal rancore, elabora un piano malvagio, e per portarlo a compimento manipola tutti i personaggi dell’opera come un burattinaio. Egli, infatti, decide di seminare zizzania all’interno della coppia, convincendo Otello che Desdemona e Cassio siano amanti. Per farlo si serve non solo delle tre persone coinvolte nell’equivoco amoroso, ma anche di Roderigo e della sua stessa moglie, Emilia, che egli non ha mai trattato con amore. La furiosa gelosia del Moro trasforma ben presto una storia inizialmente lieta in una tragedia…



La società veneziana del tempo


L’arcinoto intreccio di questa tragedia shakespeariana viene rielaborato in maniera del tutto originale da Davide Lorenzo Palla, che, talvolta anche solo con poche parole, delinea molto bene personaggi ed ambientazione.


La scena del primo atto con il Doge ed il suo Consiglio, per esempio, è re-interpretata in una chiave piuttosto comica. Lo spettatore, infatti, ha l’impressione di stare assistendo non tanto ad una scena storica, quanto ad un episodio di politica dei giorni nostri, tra liti per scaramucce, ritardi, persone che non prestano attenzione, difficoltà nel richiamare la concentrazione da parte di chi presiede la seduta.


Anche Cassio è un personaggio piuttosto divertente: viene presentato come un toscano con un forte accento, giovane e valoroso, ma anche amante dei piaceri della vita, abilissimo nell’affrontare il nemico in campo aperto ma incapace di riconoscere le forme più infide di pericolo, come l’invidia di chi gli è accanto.


Purtroppo, egli ha in comune questa caratteristica con Otello, che non riesce a riconoscere il malanimo di Iago e, scambiando le sue calunnie per consigli, si chiude sempre più nel suo malessere. È proprio Iago, più ancora di Otello, ad essere il vero protagonista della storia raccontata da Davide Lorenzo Palla: un uomo multiforme, che sa fingersi dolce e sollecito, che scherza con le persone mentre le manipola, che cova in sé una grande rabbia e che studia tutti i modi per buttarla addosso agli altri. Solo Emilia, sua moglie, vede il suo vero volto, ma disgraziatamente continua a cercare il suo amore e la sua approvazione.



Il messaggio finale sul femminicidio


Come Davide Lorenzo Palla sottolinea al termine dello spettacolo, Otello è un’opera che mostra la grande capacità di Shakespeare di precorrere i tempi su alcune importanti tematiche. L’uccisione di Desdemona è quello che oggi chiameremmo femminicidio: la morte violenta di una donna da parte di qualcuno che affermava di amarla e che non l’ha ascoltata, non l’ha compresa, ha reagito con la violenza di fronte all’impossibilità di controllarla. 

Otello purtroppo vive tra noi, ogni qualvolta la maldicenza circonda una donna, o quando, all’interno di una coppia, la gelosia diventa ossessiva e soffocante. Purtroppo, anche in quei casi in cui non si arriva alla violenza fisica e/o all’assassinio, sono moltissime, ancora oggi, le donne che subiscono un continuo abuso verbale e psicologico da parte dei loro compagni, che, pur di poter avere il controllo su di loro, arrivano ad ostacolare la loro realizzazione personale, ad allontanarle dalla famiglia d’origine, a far sì che esse tronchino i rapporti con gli amici. Ci sono tante “Desdemona” che vivono in una gabbia invisibile, ed è per questo motivo che c’è ancora tanto bisogno di vedere rappresentato Otello di rifletterci sopra.




Lo spettacolo è rimasto online per una settimana sul canale YouTube del Teatro Carcano, poi purtroppo è stato tolto, almeno per ora.

Ho pensato di condividere comunque con voi le riflessioni, non solo perché, come avrete visto, la rappresentazione mi ha fatto pensare, ma anche perché, con un po’ di fortuna, questi spettacoli potrebbero essere riproposti su questo canale, o, andasse proprio bene, direttamente dal vivo, dal momento che Davide Lorenzo Palla ha collaborato più volte con il Teatro Carcano di Milano e, prima della pandemia, girava regolarmente l’Italia con la sua “Tournée da Bar”.

In questo periodo, ogni volta che vi recensisco uno spettacolo teatrale e/o un balletto visto dalla tv di casa, mi sento sollevata perché ho appena lenito un po’ la mia nostalgia di queste realtà (e spero anche di aver trasmesso a voi questa benefica sensazione), ma mi ritrovo anche a sperare fortemente che sia l’ultima volta, e che il prossimo post di questa rubrica riguarderà una rappresentazione vista dal vivo.

Io non perdo la speranza, e spero anche voi!

Nel frattempo, fatemi sapere se avete mai visto qualche rappresentazione di Otello, se mi consigliate qualche altra versione del classico di Shakespeare, se conoscete gli spettacoli di Davide Lorenzo Palla, se vi sono piaciuti… ditemi un po’ che ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)