giovedì 25 luglio 2024

CONSIGLI DI NARRATIVA

 Due romanzi di Tommaso Avati e Han Kang




Cari lettori,

bentrovati con le nostre “Letture...a tema”!


Il post odierno, in linea teorica, avrebbe dovuto essere destinato allo “Spazio Scrittura Creativa”, ma ho pensato di riprendere con settembre. 

Ho un po’ la testa in vacanza – con questo luglio scoppiato all’improvviso dopo tanto maltempo, chi non la ha? - e soprattutto mi sono accorta di avere parecchie letture arretrate da recensire. 

In primavera, tra lavoro, saggio e quant’altro, spesso la sera ero parecchio stanca, e tante volte ho schivato film o serie tv che sarebbero finiti troppo tardi per leggere un’ora ed andare a letto. Leggi oggi, leggi domani, mi sa che ho già una bella lista di titoli per le recensioni autunnali… ed ancora mancano le letture della pausa di agosto! Vi accorgerete anche che ho puntato su un po’ di titoli leggeri, spero che non vi dispiaccia…


Nel frattempo, per oggi, ho pensato di proporvi due letture che invece vanno un po’ sedimentate e che non sarebbe stato il caso di rimandare a dopo le ferie. Sono due romanzi di narrativa generale, due storie molto diverse tra loro, eppure ugualmente oniriche ed introspettive. Il primo è di un autore italiano, figlio di un famosissimo regista; il secondo è di un’autrice coreana che di sicuro tanti cultori della narrativa orientale conosceranno.



La ballata delle anime inutili, di Tommaso Avati


Puglia, 1938. Il Gargano è una zona popolare tappezzata di masserie, dove famiglie allargate lavorano tutto il giorno per misere entrate.


La tredicenne Sofia è l’ultima arrivata di una di queste famiglie: figlia di un padre troppo autoritario e di una madre silenziosa, unica figlia femmina dopo tre maschi, di cui soltanto uno è davvero amato dal severo genitore.


Tutti, iniziando dal padre, non fanno che dire a Sofia che ella è una ragazza sbagliata, diversa, nata sotto una luna storta, e che per questo motivo nessuno la vorrà e resterà sola per sempre. Sofia, però, è stata traumatizzata dal breve e veloce passaggio nella loro famiglia da parte di Caterina, una ragazza che per poco tempo è stata la moglie di suo fratello Angelino. Ella è arrivata piangendo perché non voleva lasciare la famiglia, ha fatto finta di amare un ragazzo che non conosceva affatto, non è riuscita ad avere figli in tempi brevi e si è buttata dalle scale per la vergogna.


Sofia ha paura che il suo destino da sposata sia troppo simile a quello di Caterina, anche perché tutte le famiglie, e la sua in particolare, sembrano dare un’importanza esagerata a quella che nella casa è considerata la stanza del Santo, quella che occupa a turno la coppia appena sposata della famiglia: un luogo che dovrebbe favorire l'arrivo di figli.


Sofia sente di essere ancora troppo curiosa del mondo che la circonda per chiudersi come sua madre in una routine fatta di lavoro massacrante e gravidanze che forniranno nuove braccia per l’agricoltura.


Ella ha un amico con cui si trova bene: si chiama Pasquale e proviene da San Nicandro, un piccolo paese dove accadono strani fatti. Pasquale non può mangiare il maiale; gli uomini della sua comunità portano uno strano cappellino e si dice anche che siano circoncisi. Una cellula ebraica, sfuggita in qualche modo alla promulgazione delle leggi razziali, particolarmente stringenti al Nord ma forse non così applicate in queste campagne, è riuscita a ricostruire una comunità intorno a sé, riuscendo a convertire anche un buon numero di cristiani.


Ovviamente il padre di Sofia vede la sua amicizia con Pasquale come il fumo negli occhi, ed anche questa piccola libertà sembra sfuggire dalle mani della ragazza… ma presto l’inizio della Seconda Guerra Mondiale ribalterà tutti gli equilibri.



La ballata delle anime inutili è uno di quei titoli che ho trovato quasi per caso tra le novità di narrativa della biblioteca del mio paese. L’autore è il figlio del regista Pupi Avati e forse condivide con lui il desiderio di raccontare degli ultimi, di chi è considerato il più mediocre anche in un contesto semplice.


Sofia, la protagonista di questa storia, è una ragazza di intelligenza e talento, dotata di grandi qualità, che però, in un contesto contadino di povertà ed ignoranza assoluta, vengono scambiate per stramberie inutili per chiunque, ed in particolare per una donna. Ella finisce così per convincersi di non valere nulla per davvero, ma i fatti finiranno per smentire questa sua convinzione. 

È la storia più vecchia del mondo, e chi pensa che le ultime donne ad averne sofferto siano state quelle della generazione del secondo dopoguerra e che dal boom economico in avanti sia stata tutta emancipazione commette una grande leggerezza. Alcune frasi che i personaggi ripetono nel libro sono purtroppo di una sconcertante attualità, e dure a morire in un Paese come il nostro.


Quello della masseria è un micro mondo, come tutte le realtà periferiche, ma c’è qualcuno che ha il coraggio di staccarsi: si tratta di San Nicandro e dei suoi accoliti. La vicenda è ispirata ad una storia vera: ci sono effettivamente delle testimonianze del fatto che, appena promulgate le leggi razziali, un’intera comunità pugliese si convertì all’ebraismo. 

Credo però che l’autore abbia scritto di Pasquale e dei suoi anche per mettere in luce il fatto che Sofia abbia trovato un’anima affine: qualcuno che, come lei, si interessa di questioni filosofiche, religiose, culturali, e che non si limita ad andare avanti a testa bassa con le mansioni contadine di ogni giorno.


L’ultima parte del romanzo è raccontata da figli e nipoti, narra l’immediato Dopoguerra e ci presenta i personaggi da un inedito punto di vista. Non possiamo dire che ci sia un vero e proprio happy ending, però la scelta è stata quella di raccontare la storia di una persona che ha fatto il possibile per vivere come ha voluto anche in tempi difficili, nonostante quel marchio di “anima inutile” che prima le stava stretto e poi è diventato, in qualche modo, motivo di orgoglio.



L’ora di greco, di Han Kang



A Seoul è scoppiata l’estate e la città si è in parte svuotata. Prima della pausa estiva, il centro di studi linguistici tiene le sue ultime lezioni serali del corso di greco antico.


Tra i pochi avventori, tutti spinti da motivazioni originali ma fino ad un certo punto (il giovane medico che si è un po’ “pentito” degli studi scientifici e vorrebbe rimediare con un corso umanistico, lo studente che vuole allargare i suoi orizzonti, l’anziano signore che finalmente ha più tempo per la cultura… ) c’è una donna davvero misteriosa. Quello che tutti vedono di lei sono gli abiti scuri, l’aria dimessa, l’atteggiamento schivo. Quando però il professore decide di spezzare la routine dell’insegnamento frontale e la convoca alla cattedra, egli si rende conto che la donna non riesce a parlare, e non per una patologia congenita.


La protagonista, di cui l’autrice non fa il nome, è affetta da mutismo selettivo: ha perso la capacità di parlare in seguito a due traumi importanti, prima il divorzio e poi il processo che le ha fatto perdere la custodia del figlio, che, tra l’altro, presto partirà con il padre per un viaggio importante. Il suo problema l’ha costretta a sospendere anche il suo lavoro come insegnante: uno smacco per lei dopo tanti anni dedicati alla cultura.


L’ora di greco è un suo tentativo sperimentale di combattere il mutismo – che, come scopriremo, è già stato suo nemico in passato - : innanzitutto, ella spera che il desiderio di parlare in una nuova lingua sarà più forte di quello di seppellire per sempre la propria; e poi è la natura del greco antico ad affascinarla.


Il greco antico è al tempo stesso una lingua che può esprimere più concetti in una sola parola (un unico vocabolo, per esempio, può esprimere bellezza, bontà e nobiltà) ed anche un idioma così complesso da rendere poco importante – almeno non importante quanto lo è in latino, aggiunge la mia anima da classicista – la posizione di una parola all’interno di una frase. Prendiamo per esempio il caso dei verbi: modo, tempo, persona e diatesi, una volta identificati, rendono possibile l’associazione con un solo soggetto.


Oltre ad una questione grammaticale e di lessico, il greco presenta una sfida anche dal punto di vista della letteratura: il professore ha scelto di dedicare il suo corso alla lettura di Platone, filosofo che esorta ad uscire dalla caverna (e quindi a non chiudersi nel suo bozzolo dopo un trauma?) per andare incontro al mondo reale in tutte le sue sfaccettature.


Quello che la protagonista ignora è che il professore, che è rimasto colpito da lei, sta a sua volta vivendo una sua tragedia personale. Dopo anni travagliati tra Corea e Germania, egli sembra aver trovato la sua pace in Oriente, ma purtroppo sta perdendo la vista in modo irreversibile.


Sullo sfondo di una Seoul torrida e sempre più abbandonata dalle peregrinazioni estive, mentre tutti pensano a divertirsi o a lavorare per poi andare in ferie, la donna ed il professore studiano il greco insieme ed imparano a conoscersi sempre più. Scrivendo una nuova storia.



Sono stata molto indecisa sull’inserire L’ora di greco in questo post o nei preferiti del mese. Poi ho pensato che questo romanzo fosse l’unico, tra le mie ultime letture, ad abbinarsi in qualche modo al precedente che vi ho recensito. Anche stavolta siamo di fronte ad una storia intimista, raccontata con un ritmo piuttosto lento, sull’onda dei ricordi, delle descrizioni, delle sensazioni.


Questo libro è una chicca incredibile per tutti i cultori della classicità e della lingua e letteratura greca: personalmente avrei fotografato metà libro, ma mi sono accontentata delle riflessioni più significative. A partire dalle osservazioni su grammatica e lessico scaturiscono dei discorsi incredibili su spiritualità, storia, religione.


Certo le riflessioni sono molte di più dei colpi di scena della narrazione: la storia è piuttosto esile e molto descrittiva, ed anche se il romanzo è breve ha bisogno del suo tempo per essere letto. È una storia “da meditazione”, forse anche più di quella di Avati.

È comunque una perla incredibile e vi consiglio di cuore di non lasciarvi sfuggire questo titolo.


Resta il fatto che per me la narrativa asiatica è una grossa lacuna, e leggendo questo libro ho forse solo iniziato ad intuire le differenze con il modo di narrare italiano/europeo al quale probabilmente sono fin troppo abituata. Seguo su TikTok/Instagram alcune bloggers che invece sono parecchio esperte e penso proprio che seguirò i loro consigli in merito, magari partendo da altri titoli di Han Kang…





Queste sono le letture che vi consiglio oggi!

Due tascabili solo in apparenza… in realtà due storie belle toste. Magari portarvele in un bosco in mezzo ai monti o in riva al mare vi aiuterà a leggerle piano piano, un pezzo alla volta…

Nel frattempo fatemi sapere se avete già letto questi libri e che cosa ne pensate!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 22 luglio 2024

THE ANTHOLOGY

 Viaggio alla scoperta della seconda parte del nuovo album di Taylor Swift




Cari lettori,

come promesso, ecco il secondo appuntamento con i nostri “Consigli musicali” dedicato a The tortured poets department, l’album di Taylor Swift uscito il 19 aprile!


Come già vi anticipavo, il disco è doppio: in un altro post vi ho raccontato la “parte bianca”, Ttpd vero e proprio. Oggi invece diamo un’occhiata alla “parte nera”, The anthology. L’altra volta vi ho detto che, se fossimo in Inside Out, al controllo di The tortured poets department ci sarebbe Rabbia al controllo; qui, invece, ho la sensazione che ci sarebbe più Tristezza.


Rispetto alla prima parte del disco l’introspezione si fa ancora più profonda (e ci vuole una straordinaria abilità, secondo me), la furia cede il passo alla malinconia, i riferimenti letterari e cinematografici – ed anche quelli alla discografia precedente dell’artista – si moltiplicano.


Per essere del tutto onesta, devo dire che i toni allegri non sono del tutto assenti in questo doppio album: ci sono The Alchemy e So high school, due canzoni spensierate sul ritrovare l’amore con le metafore del football e della scuola superiore americana, oppure Robin, dedicata al figlio del co-autore del disco, o Imgonnagetyouback che riporta alle sue atmosfere più allegre. Tuttavia mi sembrava di sacrificare dei testi davvero belli a favore di altri più gioiosi ma meno incisivi, e così… vi tocca il drammone, mi dispiace!



The Black Dog


Questa canzone riflette sulla rottura sentimentale da un punto di vista estremamente attuale: quello mediatico. Siamo tutti abituati a considerare Internet ed il cellulare un pezzo delle nostre vite, ormai, e così, anche quando qualcosa della nostra vita è finito (un amore, un’amicizia, un’esperienza in un determinato contesto) i social continueranno a riproporci quello che fa la persona che ci manca, ed anche il blocco è inutile, perché in qualche serata no accenderemo la localizzazione e andremo a cercarla. “The Black Dog” è un popolare pub di Londra, ma anche una metafora della depressione. Alla fine della canzone il protagonista si identifica con il “cane nero” e se ne va via triste con la coda tra le gambe, mentre la voce narrante accetta di essere parte di quelle vecchie abitudini che “muoiono urlando”.


Sono qualcuno con cui, fino ad eventi recenti,

hai condiviso i tuoi segreti e la tua localizzazione

che hai dimenticato di spegnere

e così ti sbircio mentre entri in qualche bar chiamato “Il cane nero”

e fai dei nuovi buchi nel mio cuore

che hai dimenticato di spegnere

e mi colpisce, perché proprio non capisco […]


Sei settimane che respiro aria pulita, mi manca ancora il fumo

stavi per caso prendendomi in giro con qualche gioco esoterico?

Ora voglio vendere la mia casa, bruciare tutti i miei vestiti,

ed affittare un prete che venga ad esorcizzare i miei demoni

anche se muoio urlando

e spero che tu lo senta


E spero che sia una serataccia lì a “Il cane nero”

quando qualcuno suona “The starting line” e tu salti su

ma lei è troppo giovane per conoscere questa canzone

che era intrecciata alla tragica fabbrica dei nostri sogni

perché, con la coda tra le gambe, te ne stai andando

non posso ancora crederci

perché le vecchie abitudini muoiono urlando


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The Albatross



Questa è la mia canzone preferita della “parte nera” ed è una reinvenzione della “Ballata dell’antico marinaio”, poemetto di Coleridge, un’opera famosissima per la letteratura inglese. Il protagonista della storia è un marinaio che su consiglio di qualche malfidato uccide un Albatro perché tutti lo credono maledetto, e così facendo condanna la sua ciurma a diventare una banda di fantasmi. Qui l’Albatro è la donna amata dal protagonista, che solo oggetto di calunnie, e così, quando l’uomo stesso diventerà “persona non grata” (espressione in latino anche nella canzone) verrà a salvarlo. Credo comunque che ci sia anche l’influenza del concetto di Albatro creato da Baudelaire: il poeta, l’artista che è il re dell’azzurro, ma una volta a terra, tra le persone comuni, non sa camminare. A me questa canzone ricorda un po’ anche un bel brano italiano, “Il gabbiano” dei Negramaro (Link).


Gli uomini saggi una volta dicevano


“I venti selvaggi sono la morte della candela”

Una rosa, anche se chiamata con un altro nome, è uno scandalo

con le dovute cautele, lui stava lì

a colpire i messaggeri

loro hanno provato a metterlo in guardia da me

Attraverso il tuo cuore senza pensieri, solo il liquore ti benedice

lei è l’Albatro, è qui per distruggerti [...]


E quando il cielo fa piovere fuoco su di te

e tu sei “persona non gradita”

ti dirò che è successo anche a me, e che niente di questo importa


Gli uomini saggi una volta hanno letto delle fake news e ci hanno creduto

le iene hanno sollevato i loro colli

non avresti mai potuto concepirlo

stavi dormendo sonoramente quando ti hanno buttato giù dal letto

ed io ho provato a metterti in guardia da loro


Quindi ho attraversato il mio cuore senza pensieri

ho aperto le mie ali come un paracadute

sono l’Albatro, corro a salvarti

il diavolo che conosci ora sembra più un angelo

sono la vita che hai scelto, in questo terribile pericolo


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Chloe or Sam or Sophia or Marcus


La continuazione ideale di “Cowboy like me”, tratta dal disco Evermore (Link), una canzone che questo brano richiama anche per sonorità. I due “truffatori” che si sono alleati credendosi superiori a tutti, e pensando che il loro amore sarebbe stato invincibile perché erano uguali, così furbi in mezzo a tanti ricchi da prendere in giro… alla fine hanno ceduto alla loro natura e si sono divisi. Altre persone si sono messe in mezzo, troppe cattiverie sono volate tra un litigio ed un altro, ed il costante trasformismo li ha fatti perdere. Verso la fine c’è anche un riferimento al color ruggine di Maroon (Link), una delle mie canzoni preferite dell'album Midnights.


Tu mi hai detto alcune cose che non riesco a non assorbire

mi hai trasformato in un’idea di qualche genere

tu avevi bisogno di me, ma avevi più bisogno delle droghe

ed io non potevo vederlo succedere

Mi sono trasformata in dee, antagoniste e pagliacce

ho cambiato piani ed amanti e vestiti e regole

tutto per superare la mia diserzione nei tuoi confronti

e tu lo hai soltanto guardato […]


Così se vendo il mio appartamento

e tu finisci per avere figli da una stellina di Internet

tutto ciò farà sì che il tuo ricordo sparisca da questa ruggine scarlatta

come se non fosse mai successo?

Potrebbe essere abbastanza fluttuare nella tua orbita,

potremmo guardare i nostri fantasmi come se fossero cavalli selvaggi?

Sarebbe più bello in teoria, ma non se lo forzi,

semplicemente non è successo


Così se vuoi infrangere il mio freddo cuore, dimmi che mi hai amato

e se vuoi strappare il mio mondo, di’ che lo rimpiangerai

perché io lo rimpiangerò sempre


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How did it end?


Il brano è una “traccia 5”, che da sempre è considerata la più triste/profonda dei dischi di Taylor, e si riallaccia alla quinta traccia di The tortured poets department, So long London (Link). Racconta di come, appena dopo la fine di una relazione così importante che era sembrata tutto il mondo della protagonista, ci si ritrovi come spersi in un mondo improvvisamente ostile. Il finale fa il verso sia alla canzoncina infantile (“Tizio e Caia sono su un albero e si b-a-c-i-a-n-o”) che anche, forse, all’universo degli Hunger Games – ed in particolare alla canzone Are you coming to the tree? - per il quale Taylor, anni fa, ha scritto due canzoni.


Siamo stati ciechi di fronte a circostanze mai viste prima

abbiamo imparato i passi giusti di danze diverse

e siamo caduti vittime di sguardi di intrusi

perso il gioco di fortuna, dove sono le chance?

Presto gli altri correranno a casa dai loro mariti

compiaciuti perché sanno che possono fidarsi

poi febbrilmente chiameranno i loro cugini


Indovina chi abbiamo trovato tra i negozi

che camminava in circolo come se fosse persa?

Non hai sentito? È finito tutto!”

Un sussulto, e poi, come è finita?


Dillo una volta ancora con sentimento

Come il respiro interrotto dal tremito mortale

si spegneva, mentre l’anima se ne stava andando,

lo sgonfiarsi dei nostri sogni che mi lasciava vuota e barcollante

il mio amato fantasma e me

seduti su un albero

m-o-r-e-n-d-o


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I hate it here


Questo è il brano per eccellenza dell’escapismo, della necessità di tutte le persone creative di rifugiarsi nel loro mondo ideale, fatto di hobbies e fantasie, di passioni e contatto con la natura. A volte l’eccessiva sensibilità fa sentire davvero diversi, e così la protagonista crea un mondo tutto suo, che la aiuta, pian piano, ad amare anche quello vero. Credo che chi mi conosce bene immaginerà perché questa canzone, anche ultimamente, mi è stata davvero di conforto.


Odio questo posto, quindi andrò

nelle valli lunari della mia mente

quando hanno trovato un pianeta migliore

dove solo le persone gentili sono sopravvissute

ho sognato di questo nel buio

quella notte che mi sono sentita come se stessi per morire

niente speranze delle cittadine e paure dei paeselli

sono qui per la maggior parte dell’anno perché odio questo posto


Sono sola ma me la cavo

sono amareggiata ma giuro che mi sento bene

conserverò tutto il mio romanticismo

per la mia vita interiore

e mi ci perderò di proposito

questo posto mi ha fatto sentire senza valore


I sogni lucidi sono come elettricità, la corrente mi vola attraverso,

e nelle mie fantasie, mi alzo al di sopra

e là nel mio mondo, finisco per amare anche questo


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The prophecy


Non ci si aspetterebbe questa canzone da una delle donne più ricche e famose del mondo, però… Anche la protagonista di questa storia fa parte di una schiera di persone che hanno avuto molto, a volte anche moltissimo dalla vita, eppure è sempre mancato quel “qualcuno di speciale”. Oppure per un po’ è arrivato, ma poi tutto si è rivelato un’illusione. Il riferimento alla profezia è sicuramente letterario, considerati anche gli altri brani dell’Anthology, ma io non escluderei una sfumatura psicanalitica: bisogna stare attenti a non cadere nella cosiddetta profezia autoavverante, perché più si pensa “Sarò per sempre solo!”… più ci si sente davvero soli, anche quando non è così.


E sembro un bambino

mi sento come l’ultimissima goccia di inchiostro di una penna

una donna più saggia sta tranquilla

ma io ululo come un lupo alla luna

e sembro un po’ instabile

riunita con un gruppo intorno ad un tavolo di streghe

una donna più saggia ha fede

ma anche le statue si sbriciolano se sono create per aspettare


Ho così tanta paura di aver sigillato il mio destino

non c’è segno di anime gemelle

sono solo un foglio di carta in sfumature di grigio

che spende la sua ultima moneta in caso che qualcuno voglia dirmi

che andrà tutto bene


Per favore, sono in ginocchio, cambiate la profezia

non voglio soldi, voglio solo qualcuno che vuole la mia compagnia

lasciate che per una volta sia io

con chi devo parlare per chiedere se possono rifare la profezia?


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Cassandra


Una versione contemporanea del mito di Cassandra, la principessa troiana che aveva avuto il dono della profezia ma era stata condannata da Apollo a non essere mai creduta. Le Cassandre oggi sono quelle donne intelligenti, in qualche modo più “sveglie” o più profonde, che prima di tutti, come in questo caso, smascherano gli ipocriti e i truffaldini, o comunque non cadono nel loro tranello. La comunità fa in fretta ad isolarle, tutta persa nell’adorazione del “dio” del momento. Quando però la verità viene fuori e si scopre che Cassandra era stata solo la prima vittima, sono tutti misteriosamente silenziosi.


Ero nella mia nuova casa a sistemare sogni ad occhi aperti

riparando la crepa lungo il muro

ma lascio stare e perdo il filo di quello che sto dicendo

perché è stato allora che ho ricevuto la telefonata


Quando la prima pietra è scagliata, tutti urlano

tra le strade c’è una ribellione

quando c’è il grido “Bruciate la stronza”, strillano,

quando la verità viene fuori, sono in silenzio


Quindi uccisero Cassandra per prima

perché temeva il peggio e provò a dirlo alla città

quindi hanno riempito la mia cella di serpenti,

rimpiango di aver detto “Ora mi credete?” […]


Loro sapevano, sapevano per tutto il tempo

che mi stava succedendo qualcosa

la famiglia, la pura avidità, i ritornelli cristiani

tutto non è contato niente

il sangue è spesso, ma mai quanto un pagamento

scommetto che non hanno mai sprecato una preghiera per la mia anima

puoi ricordarti le mie parole, io l’ho detto per prima

in un appello morente che nessuno ha ascoltato


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Peter


Una lunga lettera di Wendy a Peter Pan, mai ritornato a prenderla. Questo brano è il dodicesimo di The anthology e non a caso, secondo me, si ricollega al dodicesimo di The tortured poets department, loml (Link). In entrambi i casi, la protagonista e voce narrante aspetta un uomo a cui è legata fin dall’adolescenza (se non dall’infanzia), uno che la idealizza e le vende sogni d’amore promettendo di tornare… ma senza alcuna intenzione di farlo. La presa di coscienza qui è raccontata con un linguaggio più fiabesco rispetto a loml, ma è comunque efficace.


E non confesserò che ti ho aspettato

ma ho lasciato bruciare la lampada

mentre gli uomini facevano una festa in maschera

speravo che saresti tornato

con i tuoi piedi a terra

e che mi avresti detto tutto quello che hai imparato

perché l’amore non è mai sprecato quando la prospettiva è guadagnata

ed hai detto che saresti venuto a prendermi, ma avevi 25 anni

e la vita a breve termine di quelle fantasie è spirata

persa nel capitolo della tua vita dedicato ai “bambini sperduti”


Perdonami Peter, per favore, sappi che ci ho provato

a tenere duro pensando ai giorni in cui eri mio

ma la donna che siede alla finestra ha spento la luce


Dicevi che saresti cresciuto, e poi mi saresti venuto a prendere

dicevi che saresti cresciuto, e poi mi saresti venuto a prendere

parole dalla bocca di bambini, promesse profonde come oceani

ma mai mantenute


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The bolter


Una canzone di qualche anno fa, Champagne problems (Link), è ritenuta da noi fan una versione contemporanea di Piccole donne, ed in particolare del rapporto tra Jo e Laurie. In questo brano è facile rivedere quello che lei dice a lui quando rifiuta la sua proposta di matrimonio. Che fosse questo o no l’intento di Taylor, sicuramente ella ci ha ascoltato, perché The bolter è piuttosto chiaramente ispirata dalla figura di Amy, sempre in versione contemporanea. Una donna che ha subito il trauma di una caduta in un lago ghiacciato e che da allora, ogni volta che sta per iniziare una relazione, rivede lo stesso pericolo di vita e fugge. Così passa di salotto in salotto, continuando a cambiare ambiente (o continente, come Amy) e facendosi corteggiare dagli uomini dell’alta società. L’aggiunta di “And she realized” (e lei comprese) nell’ultimo ritornello fa pensare che finalmente la donna sia diventata consapevole del suo trauma. Che sia questo il momento in cui si presenta il suo “Laurie”, appena lasciato dalla “Jo” di Champagne problems? Conoscendo i miei polli, non mi stupirei affatto se spuntasse un seguito…


In ogni caso, la nostra protagonista è quasi annegata

a sei anni nell’acqua gelida, e posso confermarlo,

una bambina curiosa, sempre insultata

da tutti tranne che il suo papà,

con una faccia un po’ da strega,

splendidamente egoista, indifesa in modo affascinante,

molto divertente finché non riesci a conoscerla bene

allora lei corre come se fosse una gara…

alle sue spalle, i suoi compagni d’avventura ridevano

e la soprannominavano “la lepre”


è iniziata con un bacio, “Oh, dobbiamo smetterla di vederci così”

ma va a finire sempre con una corsa cittadina in macchina

fuori dal tracciato, in una sera,

poi lui la insulterà

lei vorrebbe che lui non fosse addolorato

ma nel momento in cui se ne stava andando

le è sembrato di respirare


Tutte le sue dannate vite le passarono davanti agli occhi

- e lei comprese -

che si sentiva proprio come quella volta che era caduta nel ghiaccio

e poi ne era uscita viva.


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The manuscript


Una chiusura perfetta, un testamento spirituale. Credo che tutti coloro che hanno trovato una passione, se non una vera e propria ragione di vita, nella scrittura, capiranno all’istante la bellezza e l’importanza di questo brano.

Ancora una volta, tra professori che chiedono di scrivere quello che si conosce, anni che passano insieme agli spettacoli teatrali e manoscritti che non sono più solo dello scrittore, rivedo Jo di Piccole donne.


Lei pensò a come lui le aveva sempre detto che era così matura per la sua età

tutto era sembrato così onesto

ma non ne era più sicura


E gli anni passarono come scene di uno spettacolo

il professore le disse di “scrivere quello che conosceva”

perché guardarsi indietro poteva essere l’unico modo per andare avanti

poi gli attori vinsero i loro premi

e la lenta danza era allineata con le scintille

e le lacrime caddero in sintonia con il punteggio

ed alla fine, lei seppe a che cosa era servita l’agonia


L’unica cosa rimasta è il manoscritto

un ultimo ricordo del mio viaggio sulle vostre coste

ora, come allora, rileggo il manoscritto

ma la storia non è più mia


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Siamo arrivati alla fine!

Personalmente, forse preferisco questa seconda parte alla prima, se non altro per i tanti riferimenti di cui ho cercato di parlarvi, e per la vicinanza di questo disco con Evermore, un album di fine 2020 che è la sua opera più letteraria ed alla quale io sono molto affezionata. Però anche la prima contiene dei brani davvero stupefacenti, e davvero non posso dire altro se non che per me… lei supera sempre se stessa.

Sarei curiosa di sentire un vostro parere, fatemi sapere!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)