Due romanzi di Anna Premoli ed Alessia Gazzola
Cari lettori,
nuovo post per la nostra rubrica “Letture...a tema”! Protagonista di oggi sarà il romance italiano, con due scrittrici amatissime: Anna Premoli, firma di numerosi bestseller chick lit come il suo esordio Ti prego lasciati odiare ed il delizioso L’amore è sempre in ritardo (del quale vi ho parlato in questo post), ed Alessia Gazzola, autrice della serie L’Allieva (che vi ho raccontato qui).
Molto amore per nulla e Lena e la tempesta sono due romanzi decisamente diversi tra di loro, ma accomunati da due caratteristiche: una protagonista che è in una fase di stallo della propria vita ed una serie di eventi ed imprevisti che la porta al cambiamento, anzi, a tornare alle origini ed a riscoprire se stessa.
Molto bello, vero? Eh… non proprio, purtroppo. Ho preso in biblioteca questi due romanzi con molto entusiasmo e tantissime aspettative, considerato sia il genere romance, che è uno dei miei preferiti, che le autrici di primo piano, ma la lettura non è andata esattamente come speravo. Molto amore per nulla nel complesso mi è piaciuto, anche se vedrete che, nel corso della recensione, evidenzierò alcune criticità. Lena e la tempesta, invece, è una solenne bocciatura, e devo ammettere con dispiacere che era da tanto tempo che un romanzo non mi suscitava sentimenti così negativi.
Ecco, spero di non avervi spaventato. In verità mi auguro proprio di trovare altre persone che hanno letto questi romanzi, e che magari hanno avuto impressioni e sensazioni diverse, così da potermi confrontare con qualcuno. Però purtroppo, come molti di voi ben sanno perché sono lettori accaniti quanto me, non sempre tutto funziona, ed è più che giusto parlarne, anche se la tentazione di rimandare o edulcorare le recensioni negative talvolta c’è.
Senza ulteriori preamboli, vi lascio alle recensioni nel dettaglio!
Molto amore per nulla, di Anna Premoli
Viola Brunello è una donna di quarant’anni che fa l’avvocato e vive quasi esclusivamente in funzione del suo lavoro. Per anni ha lavorato come dipendente in uno studio prestigioso, è stata innamorata del suo capo ed ha avuto una sofferta relazione con lui, che ovviamente aveva già una sua famiglia. Ha lasciato il lavoro quando si è resa conto non solo che i suoi sforzi dal punto di vista lavorativo venivano dati per scontati, ma anche che l’uomo che amava la riteneva “brutta” e utile per una relazione clandestina, ma di certo “non alla sua altezza” perché lui lasciasse la moglie ed iniziasse una nuova vita con lei. Queste considerazioni hanno riaperto a Viola le porte dei ricordi adolescenziali e dei giorni in cui non veniva mai considerata abbastanza bella. Da allora la sua vita è radicalmente cambiata: ella porta con orgoglio i suoi capelli corti ed i suoi occhiali spessi, vive in pratici tailleur e scarpe da uomo, e soprattutto ha aperto uno studio tutto suo e lavora come dice lei, ovvero alzandosi di notte, lavorando più dei suoi dipendenti e non pensando ad altro.
Un giorno, però, nel suo ufficio entra Lorenzo Vailati, un giovane imprenditore che, con il suo socio, sarebbe interessato a fare affari con un cliente di Viola. Egli è consapevole di star tentando di mettere in atto un’operazione finanziaria un po’ disinvolta e, trovandosi davanti una donna, fa il galante per attirare la sua attenzione. Evidentemente, egli non sa con chi ha a che fare: Viola, stufa del genere “bello e playboy”, lo mette alla porta senza tante smancerie.
L’affare che hanno in mente Lorenzo, il socio Ludovico e l’amico e collaboratore Edoardo è però realmente interessante: si tratta di acquisire e rimettere a nuovo una vigna e cantina della Valpolicella, specializzata in Amarone. Viola continua a tentennare perché non le piace l’idea di lavorare con Lorenzo, ma, davanti all’entusiasmo del cliente, alla validità della proposta ed anche alla sua passione per il vino rosso, si convince ad accettare.
C’è un solo problema: dopo un weekend esplorativo in Valpolicella, non solo Viola e Lorenzo si divertono insieme molto più di quanto siano disposti ad ammettere, ma, dopo qualche imprevista confidenza ed un bicchiere di troppo, il compassato avvocato prende carta e penna e scrive una sua “bucket list”, una lista di cose che le piacerebbe fare per cambiare vita ed essere più felice, dalle più comprensibili e quotidiane come prendersi cura del suo difetto di vista, andare per locali ed indossare un vestito rosso, a quelle davvero folli, come andare su una mongolfiera, buttarsi da un aereo in volo con il paracadute e provare a guidare una moto.
La mattina dopo, Viola nasconde con una certa vergogna la sua lista tra le pagine della sua pienissima agenda, ma quando quest’ultima rimane incustodita è proprio Lorenzo a trovarla. Viola metterà davvero in pratica la sua “bucket list”? Ed in che modo egli può aiutarla?
Come vi dicevo prima, il bilancio della lettura di Molto amore per nulla è complessivamente positivo. Ho già letto un paio di romanzi della Premoli e la sua predilezione per le storie “enemies to lovers”, che ha stufato qualche mia amica blogger, a me è sempre piaciuta, perché è uno dei miei sottogeneri rosa preferiti.
L’idea di una bucket list, poi, per quanto non nuovissima, è ben raccontata e conduce il lettore attraverso una serie di mini-avventure, da quelle più ordinarie come un weekend tra le vigne a quelle piene di adrenalina come il lancio con il paracadute (e comunque ci tengo a dire che una “vecchietta dentro” come me non avrebbe fatto nemmeno la metà delle cose di quella lista, quindi chapeau a Viola). Certo, si potrebbe obiettare che non è tramite qualche esperienza esaltante ed isolata che si cambia veramente la propria vita, e che ciò che conta maggiormente sono i piccoli ma importanti impegni quotidiani, ma questo non è un romanzo di formazione, è un chick lit, e l’obiettivo di divertire ed intrattenere il lettore con scene inaspettate e tante emozioni è pienamente riuscito.
Ho solo un paio di criticità da sottolineare, del tutto personali. La prima è che i personaggi, rispetto, per esempio, a quelli di L’amore è sempre in ritardo… non mi stanno proprio un granché simpatici. L’autrice è molto brava ad approfondire i cliché, solo in apparenza piatti, della “donna non canonicamente attraente” e dell’ “uomo che piace molto”, per inserire delle riflessioni su come l’apparenza possa sviare e sia solo una piccola parte di una persona. Resta il fatto, però, che questo è l’unico aspetto davvero interessante di Viola e di Lorenzo. Per il resto sono… noiosi. Due classici milanesi imbruttiti che pensano solo al lavoro, rinunciano a sveglie comode e belle colazioni in agriturismo per prendere un caffè in autogrill ed essere in ufficio ad ore antelucane, si sfidano a chi si sfinisce di più sopra alle sudate carte ed hanno a stento altri interessi (a parte quello per le bevute smodate di vino rosso, che ok, fa sangue come dicevano i nostri nonni, ma ad un certo punto non so quanto sia salutare!). Sarà che vivo nell’hinterland milanese e che di personaggi di questo tipo ne ho visti fin troppi, però mi sarebbe piaciuto qualche guizzo di originalità in più.
La seconda è diretta conseguenza della prima: lo stile in genere scorrevole e super piacevole dell’autrice subisce dei bruschi stop nei momenti in cui ella si dilunga a spiegare nei dettagli questioni economiche e/o legali che riguardano l’affare su cui Viola e Lorenzo stanno lavorando. La Premoli è laureata in Economia e conosce molto bene questo settore, ma il risultato, dal punto di vista di una profana che ha studiato Lettere, sono luuunghi paragrafi da leggere e rileggere perché la difficoltà di comprensione è elevata.
Al di là di queste mie osservazioni, però, mi sento comunque di consigliarvi la lettura, soprattutto se vi piacciono i romance ricchi di battibecchi e rivalità tra i protagonisti ed avete un debole per tutto ciò che riguarda il mondo del vino.
Lena e la tempesta, di Alessia Gazzola
Lena è una ragazza di trent’anni che sente di dover ricominciare tutto da capo. Figlia di un professore universitario e di una scrittrice di historical romance che hanno deciso da tempo di prendere strade differenti, ella ha sempre voluto cavarsela da sola, senza gli aiuti della sua famiglia benestante. Per questo motivo, dopo l’Accademia di Belle Arti, ha lavorato moltissimo come illustratrice, ma la sua carriera ha appena subito un brusco stop.
Poco dopo la laurea, infatti, Lena era entrata nelle grazie di una ricca mecenate d’arte, una sorta di “guru” per il mondo dell’illustrazione, che l’aveva presa sotto la sua ala protettiva e l’aveva presentata ad alcuni facoltosi clienti. Personaggi di questo tipo, però, sono amici molto volubili, ed infatti è bastata la bocciatura di un singolo lavoro perché Lena si trovasse di fatto disoccupata.
Un giorno di maggio, ella decide di fare quel che non avrebbe mai desiderato: tornare a Levura, una piccola isola vicino alla Sicilia, per sistemare la villa al mare di famiglia, che il padre le ha lasciato in eredità. La sua intenzione è quella di lavorare sodo, insieme ai custodi della villa che sono sempre rimasti lì, in modo da affittare la casa ai turisti, e nel frattempo, tra un guizzo di mare e sole ed i paesaggi della costa mediterranea, ritrovare la perduta creatività.
Le difficoltà sono molte fin da subito: la casa è stata abbandonata per troppi anni, i lavori di ristrutturazione da fare sono lunghi e complessi, la stanchezza per il lavoro pratico non lascia tempo fisico e mentale per sedersi, disegnare, creare.
Lena stessa si sente apatica e sfiduciata: vive nella dépendence della villa in condizioni quasi da campeggiante, non segue i consigli organizzativi che saggiamente le danno i custodi, è presa da tutt’altri pensieri. In effetti qualcosa che non va c’è: per lei questo è un amaro ritorno, dopo un precipitoso ritorno a casa durante l’estate dei suoi quindici anni.
Giorno dopo giorno, però, Lena, tra un’imprevista visita della madre e dei suoi vecchi amici e la conoscenza di Tommaso (medico condotto dell’isola), tra affittuari simpatici e governanti che la conoscono meglio della sua famiglia, riuscirà ad affrontare il passato che le fa tanta paura.
Lena e la tempesta è stata una lettura breve e un po’ evanescente e, al tempo stesso, difficile. MOLTO difficile. Chiedo scusa fin da adesso a chi mi accuserà di avere fatto uno spoiler, ma io penso che voi, che siete i miei lettori, abbiate il diritto di sapere, e di non affrontare lo stesso calvario di lettura che ho affrontato io.
In quarta di copertina si dice che Lena ha “un segreto inconfessabile”. Ebbene, mi dispiace, ma NO. Lena non ha un segreto. Chiamiamo le cose con il loro nome. Lena ha subito una violenza sessuale, e per di più quando era ancora minorenne. Ora, mi spiace dirlo, ma è perfettamente inutile creare questo alone di mistero parlando di “segreti” se poi entro le prime venti pagine si scopre di cosa effettivamente si parla.
Innanzitutto, negli ultimi anni si è creata la buona abitudine del “trigger warning”, anche con i post divulgativi sui social, quindi è bene dirlo fin da subito e chiamare le cose con il loro nome: “Caro lettore, gentile lettrice, in questo romanzo la tematica principale è lo stupro. Hai voglia di leggerlo lo stesso?” Non vi nascondo che nel mio caso la risposta, probabilmente, sarebbe stata no, perché la quarta di copertina (e l’immagine stessa) sembrava promettere una storia di sole, mare, nuovi amori, un contesto sì, riflessivo, ma non così drammatico.
In secondo luogo, già non va bene edulcorare un simile tema, perché una violenza sessuale non può essere definita altrimenti, mi dispiace… ma poi, tra tutti i termini che si potevano scegliere, vai a prendere proprio segreto inconfessabile? È davvero la peggior scelta possibile. Ed il problema non si ferma alla quarta di copertina, purtroppo. Tutto il romanzo è intriso di “victim blaming”: Lena si colpevolizza per non aver lottato quella notte (anche se il freezing è una reazione tra le più comuni, perché la vittima è paralizzata dalla paura, specie un minore con un adulto), tace per non “rovinare la bella amicizia” dei genitori con i loro vecchi amici (tra i quali c’è il suo violentatore) e si auto cancella, cercando di non vivere. Ora, tutto questo, per quanto sia faticoso da leggere, è perfettamente comprensibile in chi ha un trauma irrisolto, e infatti chi sbaglia non è Lena, che è una vittima, ma i suoi genitori ed il loro circolo di ottusi ricconi finto intellettuali, che hanno delle belle fette di salame davanti agli occhi. Possibile che nessuno in tanti anni si sia mai accorto di niente, anche se stiamo parlando di genitori egoisti ed indifferenti? Non lo trovo credibile. E mi spiace molto dire che fino alla fine ci sarà qualcuno che si permetterà di dire a Lena frasi tipo “Ma come hai potuto?” (Stiamo scherzando, vero?)
Non è la prima volta che trovo un romanzo in cui una tematica super seria viene trattata in modo errato e/o superficiale, ma purtroppo non posso nemmeno fare come mi è già capitato in altre occasioni e promuovere il romanzo da altri punti di vista.
Troppe cose sono frettolose e non credibili in questo libro, oltre alla famiglia che non sa vedere al di là del proprio naso: una villa milionaria che a maggio cade a pezzi ed a luglio è già popolata di inglesi entusiasti, una storia d’amore che sembra nata come unione di due solitudini ma non viene sufficientemente approfondita, il superamento di grossi traumi così, all’improvviso, perché sì. Non mi è piaciuto nemmeno il “ritorno all’ovile” dal punto di vista lavorativo: sarebbe stato molto più utile, per una persona come Lena, liberarsi dalle persone che la usano e che la buttano anche come illustratrice e non solo in ambito sentimentale.
Lo stile è troppo semplice, non sembra la stessa Gazzola che ci ha raccontato splendide meraviglie archeologiche ne Le ossa della principessa e che ci ha aperto le quinte dei teatri in Un segreto non è per sempre. Ed io avrei voluto moltissimo empatizzare con Lena, dal momento che il suo vissuto è stato così difficile, ma è davvero una persona che si lascia vivere, sembra indifferente a tutto, persino alla bellezza della spiaggia ed alle prelibatezze siciliane… piccole cose, lo so, ma se un personaggio non ricomincia nemmeno, dopo un trauma, ad apprezzare la bellezza della vita nelle meraviglie del quotidiano, come potrà il lettore credere che egli è completamente guarito, tutto d’un tratto, per un paio di eventi risolutivi calati dall’alto da altri?
Insomma, come avrete capito, stavolta questo romanzo è un NO deciso. Soprattutto se siete fan de L’Allieva, risparmiatevi questa sofferenza.
Ecco, mi sono sfogata :-)
Fatemi sapere che cosa ne pensate, se avete letto questi romanzi. Non vi preoccupate se a voi il secondo è piaciuto moltissimo: non vedo l’ora di confrontarmi con voi!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Ho letto un solo romanzo della premoli e ne ho un bel ricordo, mi divertí molto.
RispondiEliminaSu quello della gazzola (che non ho letto), comprendo le tue perplessità. Se si vuol scrivere un libro leggero, anche le tematiche devono esserle; al contrario, toni leggeri per un tema serissimo e doloroso, sviliscono quest ultimo...
Ciao Angela! Sì, la Premoli, nonostante qualche momento di lentezza, resta davvero un'autrice divertente :-)
EliminaSono d'accordo con il tuo discorso su leggerezza e/o pesantezza di un romanzo: bisogna fare una scelta!
Non ho letto nessuno dei due ma entrambi avevano delle premesse anche interessanti, peccato però per l'esecuzione che lascia a desiderare!
RispondiEliminaCiao Nicole! Beh, a quello della Premoli secondo me si può dare una possibilità :-) Quello della Gazzola per me è stata una lettura difficile, quindi non lo consiglio.
Elimina