martedì 27 ottobre 2015

DA RAFFAELLO A SCHIELE

I capolavori del Museo di Belle Arti di Budapest arrivano a Milano

 

La mostra “Da Raffaello a Schiele” , che ho visto un po' per curiosità ed un po' per caso la scorsa settimana, è il classico esempio di come ad un'esposizione non serva un grande battage pubblicitario per essere pregevole e di gran valore.


Questa mostra, che si trova a Palazzo Reale, si presenta come la prima di una serie di esposizioni che avranno per oggetto “i tesori”, ovvero le opere artistiche più preziose (molte delle quali italiane) provenienti dai musei d'Europa e del mondo.


Questa volta la scelta è ricaduta su Budapest. Non vi sono mai stata ed i miei amici mi hanno dato opinioni molto discordanti in merito, ma, se dovessi giudicare Budapest dalla raccolta di opere che ho appena visto, potrei tranquillamente affermare che ora sono curiosissima di scoprirla.


Ecco a voi tutti i motivi per cui vi consiglio di visitare la mostra:





1) L'esposizione soddisfa i gusti di tutti. Non importa che siate amanti del Rinascimento, appassionati del Barocco, cultori del Romanticismo: qualunque sia la vostra passione, lì sarete felici di ritrovarla.

Il percorso della mostra, infatti, parte dal 1500, fino ad arrivare agli inizi del XX secolo. Una simile varietà è rara da trovare, soprattutto se considerate che, di solito, la maggior parte delle esposizioni si concentra su un artista o su un movimento.

Se avete una particolare predilezione, sono certa che alla fine della mostra avrete trovato la vostra sala preferita.





2) La mostra, proprio per questa sua caratteristica, costituisce un preziosissimo ripasso della storia dell'arte attraverso i secoli.

Da Raffaello a Leonardo, da Tiepolo ad Artemisia Gentileschi, da Monet a Cézanne: ogni opera di questa mostra appartiene a qualche artista conosciuto ed amato dal grande pubblico.

Un grande regalo per chi, come me, non ha occasione di studiare arte da qualche tempo. Una buona mostra ci istruisce, ma un'ottima mostra è in grado di farci riscoprire, con la bellezza e l'intensità delle sue opere, delle conoscenze già acquisite che avevamo dimenticato.





3) Un'osservazione collegata alla precedente: gli autori sono noti, le opere in sé molto meno. Che cosa c'è di più emozionante dello scoprire qualcosa che non si conosceva di un grandissimo artista? Personalmente, quando mi succede, mi sento un po' come un archeologo o un restauratore davanti ad un nuovo tesoro appena portato alla luce. La statuetta di epoca tardiva di Leonardo o la curiosa opera Maiali neri di Gauguin sono due ottimi esempi, anche se non ne mancano altri.





4) Quanti di voi, durante una visita ad una mostra, si sono meravigliati, formulando pensieri come: “La prospettiva era così perfetta nel Rinascimento! È incredibile come poi il concetto di spazio sia cambiato...”?

Con questa esposizione è possibile scoprire fin da subito, semplicemente tramite il passaggio da una sala all'altra, come si sia evoluto il modo di pensare, di immaginare e di raffigurare nell'arte.

Si tratta di una sorta di straordinario viaggio nel tempo, che ci consente di attraversare correnti culturali, rivoluzioni storiche e notevoli cambiamenti artistici.





5) Ultimo ma non meno importante: la parola “Budapest” può sviare il visitatore, perché la mostra è, di fatto, fornitissima di capolavori italiani. Come spesso accade, anche in questo caso l'Italia ha lasciato la sua impronta nel mondo, anche se a volte noi italiani non ne siamo del tutto consapevoli. Questa mostra costituisce un passo in più per quello che riguarda la conoscenza delle tracce che l'arte italiana ha sparso al di fuori dei nostri confini.





La mostra resterà a Palazzo Reale fino al 7 febbraio.

Se questa recensione vi ha incuriosito, fate un salto!

Personalmente, vi consiglio di passare anche se i miei commenti vi hanno annoiato, perché ne vale davvero la pena. :-)

Qualcuno di voi è già stato? Che cosa ne pensate?

Sentitevi liberi di lasciare un commento nello spazio sottostante.

Grazie per la lettura e l'attenzione, alla prossima!

venerdì 16 ottobre 2015

IL MIO NOME è NESSUNO

L'Ulisse di Valerio Massimo Manfredi in scena al Teatro Carcano

 

Uno dei personaggi chiave della stagione teatrale di Milano di quest'autunno è senza dubbio Ulisse. 
 

Se nello scorso post vi avevo consigliato di andare a vedere Odyssey di Bob Wilson, che è un'interpretazione del tutto contemporanea ed innovativa dell'Odissea omerica, questa volta vi segnalo uno spettacolo molto più vicino alla tradizione del personaggio così come lo conosciamo, ma ugualmente affascinante.


La storia di Il mio nome è Nessuno è tratta dall'omonima trilogia di libri dello scrittore Valerio Massimo Manfredi, ma la messa in scena del Teatro Carcano ha aggiunto alcuni elementi assolutamente originali all'intreccio del romanzo.




Non nascondo che, così come con Odyssey, anche questa volta sono completamente di parte: amo il modo di scrivere di Manfredi, il suo modo di riportare in vita letteratura e storia antica, i suoi libri che spesso mi lasciano con il fiato in sospeso.

Credo però di non fare un errore consigliandovi di cuore questa rappresentazione.

Il mio nome è Nessuno è imperdibile perché…





...perché è un ottimo ripasso dell'epica antica. Come già immaginavo, non appena sono entrata a teatro ho avuto la sensazione di non essere ancora uscita dal lavoro. 
Ho trovato infatti altri studenti, altri prof e persino vecchi compagni di scuola diventati a loro volta insegnanti. Lo spettacolo ripropone, in un modo tutto suo, i due poemi omerici, l'Iliade e l'Odissea, ed è per questo che molti miei colleghi hanno pensato di organizzare un'uscita con i ragazzi. 
 

Personalmente, tuttavia, credo che Il mio nome è nessuno possa essere altrettanto (forse più) utile agli adulti che non hanno per niente a che fare con il mondo della scuola. Penso soprattutto a chi svolge dei lavori in un ambito lontano da quello umanistico, a chi non ha fatto studi classici, a chi li ha fatti ma li considera un ricordo del liceo ormai chiuso in un cassetto insieme agli anni dell'adolescenza. Questo spettacolo costituisce un'ottima occasione per (ri)scoprire il mondo perduto degli dèi e degli eroi.





...perché è uno spettacolo che sorprende! La scenografia è essenziale ma curatissima e gli attori si muovono su un piano inclinato.


I costumi riprendono in modo evocativo l'epoca classica senza riprodurre ogni dettaglio in modo cinematografico. 
 

Il vero elemento originale di questa messa in scena, però, è l'orchestrina composta da 12 elementi (principalmente sassofonisti, insieme a qualche clarinettista e percussionista) che compongono la scena ed accompagnano gli attori. 
 

Ci si aspetterebbe che la tipologia di musica scelta crei un contrasto con i restanti elementi che compongono la scena; il risultato, invece, è armonioso in maniera sorprendente. Quanti di voi si sarebbero aspettati di sentirsi narrare le avventure della guerra di Troia ed ascoltare un motivetto jazz nello stesso momento?





...perché è una prova d'attore davvero straordinaria. Anche se accompagnato da altri due attori ed un'attrice che interagiscono con lui durante le parti dialogate, Sebastiano Lo Monaco, di fatto, regge lo spettacolo, e lo fa con un'energia davvero inesauribile. 
Il suo Ulisse, in un'ora e quarantacinque minuti di seguito, prova un'infinita gamma di sentimenti ed emozioni, dalla felicità più pura all'orrore più profondo, senza mai un momento di stasi.

Si tratta di un'interpretazione di grande intensità, e per lo spettatore è davvero difficile distogliere lo sguardo.





perché potreste avere la possibilità di incontrare Valerio Massimo Manfredi in persona! Ammetto che questo è un motivo molto poco culturale e molto più da “fan”. Tuttavia, sono rimasta davvero colpita, mercoledì sera, nel vedermi passare di fianco uno dei miei scrittori preferiti mentre chiacchierava con gli ospiti in sala! 
Molti lettori accaniti come me concorderanno nell'affermare che è sempre un'emozione ritrovarsi faccia a faccia con uno dei propri autori prediletti.





perché la storia di Ulisse viene raccontata da un punto di vista del tutto nuovo. È nota quasi a tutti l'origine della guerra di Troia: il rapimento di Elena, la donna più bella della Grecia, compiuto da Paride, principe troiano. 

Un po' meno noto è l'antefatto. Nel momento in cui Elena è in età da marito, infatti, tutti i principi greci vorrebbero sposarla, e rischiano di litigare tra loro. 

È proprio Ulisse a proporre un giuramento per evitare spargimenti di sangue: sarà Elena a scegliere suo marito, e tutti i principi rifiutati si impegneranno a difendere l'onore di questa unione.


Il romanzo di Manfredi e lo spettacolo presentano questa storia da un'altra prospettiva: si immagina, infatti, che Elena voglia come marito proprio Ulisse, ma che quest'ultimo, spaventato dal fascino della donna, che considera pericoloso, la rifiuti. In questo senso, la scelta di Menelao, marito di Elena, costituisce un ripiego e soprattutto la decisione di fuggire con Paride è una vendetta nei confronti di Ulisse e del giuramento che ha proposto.


Mi è molto piaciuta questa interpretazione, perché Ulisse, in questo modo, diventa il personaggio chiave di entrambi i poemi, e la sua storia personale finisce per guidarci, dall'inizio alla fine, attraverso il mondo dell'epica antica.


Ancora una volta, una storia vecchia di millenni ci offre ulteriori informazioni, dubbi, idee.





Lo spettacolo resterà al Teatro Carcano fino al 25 ottobre.

Spero di essere riuscita ad incuriosirvi almeno un po'!


Qualcuno di voi è già andato a vedere lo spettacolo? Che cosa ne pensate?

Fatemi sapere!


Grazie, come sempre, a chi mi legge.









domenica 4 ottobre 2015

TUTTI I MOTIVI PER CUI ANDARE A VEDERE "ODYSSEY"

L'imperdibile spettacolo di Bob Wilson torna al Piccolo

 

Chi mi conosce meglio sa che l'oggetto di una delle mie due tesi di laurea è stato lo spettacolo di Bob Wilson Odyssey. 
 

Per chi non lo avesse mai sentito nominare, si tratta di una reinterpretazione in chiave del tutto contemporanea dell'Odissea omerica. La rappresentazione è stata in scena a Milano nella primavera del 2013, riscuotendo un grandissimo successo e concorrendo per il titolo “Spettacolo dell'anno”. 
 

Ho deciso di parlarvene ora per un motivo molto semplice: Odyssey sta per tornare! Sarà in scena al Piccolo Teatro di Milano proprio durante il mese di Ottobre, dal 6 al 31.

So di essere assolutamente di parte nel darvi consigli in proposito, perché fin dall'inizio ho amato questo spettacolo e, spronata dalla mia relatrice, ho deciso di scriverne. Tuttavia, mi sento comunque di invitarvi caldamente ad andare a vedere Odyssey ed a non farvi spaventare né dalla durata, né dal fatto che lo spettacolo sia in greco con dei sottotitoli in italiano, perché nessuno di questi fattori costituirà un problema, anzi, renderà ancora più originale la rappresentazione a cui assisterete.

Ecco tutti i motivi per i quali Odyssey vi conquisterà.






1) Innanzitutto, il regista Robert Wilson è senz'altro uno dei nomi di maggiore spicco della drammaturgia contemporanea. Di lui si ricordano gli spettacoli visionari, le lunghe rappresentazioni, il teatro legato da una parte alla danza e dall'altra all'arte. Non tutti sono però a conoscenza del fatto che dietro a questo nome si nasconda un percorso lungo e difficoltoso, sia di formazione personale che di produzione artistica.

Egli, infatti, nel corso della sua vita ha affrontato differenti fasi, durante le quali ha messo in scena degli spettacoli anche estremamente diversi tra di loro. Odyssey è solo uno degli ultimi nomi!

Wilson ha messo in gioco se stesso e le persone che lavoravano con lui, ha sperimentato le soluzioni più svariate e preso ispirazione da uno spunto di volta in volta differente. 
Durante le interviste, egli si definisce un “Bugs Bunny texano” in cerca, ogni volta, di una “carota” diversa. Per questa volta, egli ha deciso di sgranocchiare un po' di mitologia e cultura classica!




2) Gli spettatori avranno modo di scoprire che l'epica è un elemento congeniale al regista, perché gli permette di raccontare e manipolare la storia, in modo da renderla, allo stesso tempo, una favola per bambini ed un'impegnativa narrazione per adulti. Anche lo stratagemma dell'oralità e del racconto, così largamente usato in epoca classica, è utilizzato da Wilson in maniera del tutto innovativa. Il linguaggio è curatissimo e spesso lascia spazio al canto ed alla musica.




3) Conoscete già bene i personaggi dell'Odissea? Ebbene, scordatevi i servitori sempre virtuosi, i guerrieri indomiti e gli antagonisti crudeli ai quali ci aveva abituati Omero. Una caratteristica fondamentale di Odyssey, infatti, è la reinvenzione dei personaggi della tradizione, che vengono dotati di una nuova personalità, più complessa e sfaccettata delle figure dell'epica antica. Molte volte si fa uso di elementi ironici, che sorprendono lo spettatore!




4) Siete artisti, architetti, appassionati di moda? Odyssey è lo spettacolo che fa per voi, perché è anche un vero piacere per gli occhi! La scena è estremamente curata, a partire dall'uso sofisticato e raffinato delle luci, passando per l'essenzialità simbolica di costumi ed oggetti di scena, fino ad arrivare alla cura per ogni più piccolo particolare.




5) Lo spettacolo fornisce al regista l'occasione per poter trattare alcune delle tematiche a lui più care: la forza dell'uomo che agisce lasciandosi guidare solo da se stesso; la naturale curiosità verso il mondo; la solitudine di chi, suo malgrado, si sente diverso; il viaggio come metafora della vita; l'inquietudine ed il senso di morte che accompagnano ogni essere umano.

È così che uno spettacolo le cui radici partono da quella che è stata la culla della nostra civiltà finisce per parlare ad ognuno di noi.

Ancora una volta, dunque, i classici non muoiono mai.





Ora tocca a voi! Avete già visto Odyssey?

Quali sono state le vostre impressioni?

Pensate di andarlo a vedere?

Nel caso vediate lo spettacolo durante il mese di Ottobre, lasciate pure un vostro parere nello spazio sottostante!

Come sempre, grazie ed a presto.