Cari
lettori,
benvenuti
all’appuntamento di giugno con la rubrica di scrittura creativa
“Storytelling Chronicles”!
Per
i tre mesi estivi, la nostra amministratrice Lara ha pensato ad
un’organizzazione un po’ più libera rispetto al nostro solito: ci ha
lasciato tre “compiti delle vacanze”, uno per ogni mese, senza
però obbligarci a pubblicare nel mese esatto.
Voi
però sapete ormai che io sono piuttosto precisina, così ho pensato
di proporvi comunque in giugno ed in luglio i “compiti delle
vacanze” corrispondenti, mentre in agosto farò la solita chiusura
del blog (anche se non è escluso che recuperi il terzo tema in
settembre).
Il
compito di giugno era decisamente intrigante: “Il giorno 14
giugno, ore 16.50, guardate alla vostra destra: il primo oggetto che
il vostro occhio osserverà, sarà il protagonista del vostro
racconto”.
Ecco,
ammetto di non averlo fatto proprio apposta, dal momento che il
calendario di giugno è, ehm, pienotto. Vi dico solo che ho appeso il
calendario del Wwf in cucina, che la foto di giugno è quella di un
cucciolo di leoncino ed io ogni volta che lo guardo penso “Ecco
giugno, un mese da leoni”. Fatto sta che il 14 sono riuscita ad
incastrare la parrucchiera, e così alla mia destra, ma pure alla mia
sinistra, in alto e in basso, c’erano solo attrezzi da lavoro,
lavandini, specchi e caschi. Ho pensato così di ambientare il mio
racconto proprio in un negozio di acconciature. So che teoricamente
il nostro “Summer Countdown” è finito, ma ne è uscito fuori
comunque un racconto tutto dedicato all’attesa dell’estate. Vi
lascio alla mia storia Dalla parrucchiera, sperando che vi
piacerà!
DALLA
PARRUCCHIERA
Ancora
due colpetti di forbice e potrò alzarmi, pensa Martino con un
leggero sospiro d’impazienza. Non aveva previsto di passare dalla parrucchiera quel pomeriggio, ma il martedì non c’è
mai molta gente e lui ha proprio bisogno di una risistemata. Mentre
si guarda allo specchio, egli non può fare a meno di notare che oggi
Sarah ha utilizzato una tecnica nuova per il suo solito taglio da
dieci euro. Con i capelli riportati tutti a sinistra ed ancora
bagnati, sembra davvero un vecchietto pronto per la villeggiatura…
cosa che in effetti è.
Tutti
pensano che i pensionati abbiano tempo da buttare via, giornate
infinite ed uno strano, ingiustificabile desiderio di tenere occupati
con le loro richieste per nulla urgenti gli altri, che invece hanno
tanto da fare, perché lavorano ed il loro tempo è contato.
Invece
Martino ripensa spesso con nostalgia ed una punta di rimpianto alla
sua bottega di falegname, quella che ha dovuto chiudere subito dopo
il suo pensionamento perché suo figlio ha studiato altro e comunque
si sa che l’artigianato svolto con metodi tradizionali non rende
più. Se chiude gli occhi, mentre le forbici di Sarah continuano a
lavorare, riesce a risentire tutti i suoni dei suoi vecchi attrezzi:
ognuno aveva una sua particolare sonorità, come gli strumenti di
un’orchestra sinfonica che non va mai fuori tempo. Gli piacerebbe
ritrovarsi ancora lì a tagliare con precisione un'asse di legno,
a ripassare con la carta vetrata una punta piena di spigoli, a
piantare chiodi tra lastre perpendicolari ed iniziare a vedere che si
sta lentamente componendo lo scheletro di un mobile. Non che ora non
lo faccia mai; semplicemente non è la stessa cosa. Un tempo era un
lavoratore, ora è un pensionato hobbista.
A
casa sua ci sono due garage; nel primo c’è la sua vecchia
utilitaria, al quale egli cerca di allungare la vita il più
possibile; il secondo ha ospitato per qualche anno la macchina nuova
da neopatentato di Alessandro, suo figlio, ed ora è diventato una
sorta di laboratorio. Lì Martino può rivivere tutte le gioie e le
fatiche della sua professione, componendo mobili per casa sua, o per
amici e parenti, in tutta tranquillità… almeno così credeva
all’inizio. Da quando Alessandro è diventato padre, egli ha
scoperto di essere stato appena assunto per una professione molto più
complessa e totalizzante: il nonno.
Quest’autunno
Gioia compirà sei anni; Gabriele, invece, ha appena spento quattro
candeline. E questo martedì Martino ha una gran fretta perché
domani mattina lui, la moglie ed i nipotini si metteranno in macchina
circondati da valigie piene di utile e (molto più) futile,
galleggianti a forma di fenicottero rosa, sporte di spesa avanzata
che è un peccato non portarsi da casa e borse termiche piene di
acqua e di succhi. Direzione Riviera Ligure, per quindici giorni di
relax (la sola parola gli fa ridere e spostare la testa, che Sarah
prontamente gli raddrizza), in attesa che anche i genitori dei
bambini inizino le tanto sospirate ferie. La vigilia della partenza è
sempre un momento frenetico, soprattutto quando ci sono di mezzo i
bambini, ma Martino si sente felice: anche lui, proprio come i suoi
nipoti, adora il mare. Solo, ogni tanto, negli ultimi giorni, prova
una strana sensazione. Come se avesse tre desideri da chiedere ad un
fantomatico genio della lampada.
Vorrei
che i miei nipotini, qualche volta, smettessero di correre e di
saltarmi intorno per sedersi ad ascoltare qualche storia del loro
vecchio nonno.
Per
una volta, mi piacerebbe andare in vacanza con mia moglie da solo,
come ai vecchi tempi. Magari sui monti, a prendere un po’ d’aria
fresca dopo tutto quel sole e quella salsedine.
Spero
che i miei mobili resteranno nelle case dei miei ex clienti per
generazioni, anche quando della mia bottega non sarà rimasto nemmeno
il ricordo.
*
* *
Tra
effetto balayage, shampoo e taglio oggi ci vorrà un po’, considera
pensierosa Giuditta. Mentre osserva Sarah girare intorno a lei con
spatola e stagnole, pronta ad impacchettare i suoi capelli una ciocca
sì e due no per regalare delle sfumature di castano ramato ai suoi
lunghi capelli neri, si rende conto che la radio è stranamente
spenta. Eppure lei ha continuato a canticchiare per tutta la durata
dell’operazione tricologica. Non riesce a togliersi di testa quella
canzone che si intitola Più felice che mai e invece forse non
ha molto a che fare con la felicità. Non è un brano sereno e
spensierato, uno di quelli che ti capita di sentire in radio ad
inizio giugno, la solita sequela infinita di feste, falò sulla
spiaggia ed amori improvvisi. Happier than ever è una canzone
sul sollievo, sulla sensazione di aver “scansato un fosso” - come
diceva la nonna di Giuditta -, di essersi liberati da una situazione
tossica.
Al
centro della storia c’è la relazione di una donna con l’uomo
sbagliato, ma Giuditta è single da più di due anni e davvero non sa
spiegarsi perché nelle ultime settimane si sia ritrovata a cantare
quella canzone con tanto sentimento – rabbia, se vogliamo dargli un
nome. Proprio ora, però, mentre Sarah la obbliga a non avere nulla
da fare ed a pazientare, si chiede se le parole del brano, specie
dell’ultima strofa (un vero colpo al cuore) non si possano riferire
anche a situazioni diverse dalla relazione amorosa. Ad un gruppo di
amici che tale non è, per esempio.
Subito
dopo la fine della sua storia con Lorenzo, Giuditta si era sentita
molto sola. Si era fatta prendere dallo sconforto, dai discorsi
retorici su quanto è difficile rifarsi una vita sentimentale (o
anche solo dalle amicizie) dopo i trenta, da una sensazione di vuoto
che la terrorizzava. Certo, c’erano la sua famiglia d’origine, le
sue due amiche del cuore, il suo lavoro da impiegata in un ufficio
con qualche collega un po’ anziana e rassicurante con cui si era
sempre trovata bene, ma tutto questo, all’improvviso, non le
bastava.
Un
po’ per noia ed un po’ per tristezza, si era fatta trascinare da
un vecchio amico di Lorenzo, forse rattristato dalla loro rottura, ad
una serata con una compagnia del paese piuttosto vasta: persone che
in parte conosceva dall’adolescenza e che in parte non aveva ancora
avuto occasione di incontrare. A poco a poco Giuditta era integrata
nel gruppo – o almeno così le sembrava – e per lei era iniziata
una lunga serie di serate divertenti, vacanze programmate nelle
località più esclusive d’Italia e d’Europa, domeniche fuori
porta tra grigliate, gite ed altro ancora. Le piaceva sentirsi ancora
come una studentessa universitaria a caccia di indipendenza nel tempo
libero; le sembrava di aver trovato nuove amicizie femminili a
portata di mano, con le quali condividere la sua quotidianità; si
era persino divertita a flirtare con un ragazzo del gruppo.
Ben
presto, però, la situazione aveva iniziato a prendere un’altra
piega. E lei per troppo tempo aveva chiuso gli occhi volontariamente
davanti a ciò che non andava.
Non
ho niente a che fare con te, no, perché io non tratterei mai me
stessa così male. Ancora le
parole di quella canzone che tornano a tormentarla. È che purtroppo
non è facile rendersi conto progressivamente che per le persone che
tu consideri ormai care sei una sorta di presenza in più, utile a
fare numero, ma della quale nessuno, in fondo, sente la mancanza
quando non c’è. Tu mi hai fatto odiare questa città.
Giuditta si è resa conto,
giorno dopo giorno e suo malgrado, dell’imbarazzante chiusura
mentale di tante delle persone di quel giro, delle loro battutacce
medioevali, della loro pruderie camuffata da ironia, e si è chiesta
per mesi se davvero tutti i
suoi concittadini siano così o se si tratti soltanto di una
sfortunata coincidenza. Tu eri il mio tutto, e tutto quel
che hai fatto è stato rendermi incredibilmente triste. Ormai
Giuditta stava iniziando a considerare quelle persone come una sorta
di “chosen family”… ed invece si è ritrovata a doversi
difendere dalle cattiverie, a scoprire profondi disaccordi
all’interno della compagnia stessa, a dover fare finta di
divertirsi all’ennesima serata di finta allegria, avendo peraltro
la sensazione di non essere l’unica a recitare. Quindi
non sprecare il tempo che non ho. Soltanto
ora che il dispiacere per la rottura con Lorenzo si è
definitivamente dissolto, Giuditta comprende di aver sempre avuto una
vita piena, con un lavoro che le piace, poche persone fidate, tanti
interessi. E di non avere più tempo per la ricerca di un
divertimento a tutti i costi con persone che non si sforzano neanche
di conoscerla meglio. E non provare a farmi sentire male,
potrei parlare di tutte le volte che ci sei stato quando ho avuto
bisogno di te, ma avrei una pagina vuota, perché non l’hai mai
fatto. Perché alla fine lei c’è
stata sempre per quei cosiddetti amici, ma ha dovuto affrontare da sola i momenti di dolore e di sconforto.
Non c’è nulla di peggio di quando ti rendi conto di
essere sempre andata incontro a qualcuno con energia positiva ed
entusiasmo, e di aver ricevuto in cambio indifferenza nel migliore
dei casi, una sonora porta in faccia in tutti gli altri.
Mentre
Sarah
toglie i quadratini di stagnola sotto il getto del lavandino e le
restituisce i suoi capelli in colorazioni diverse, Giuditta sente
che nello scarico stanno finendo anche la rabbia ed il dispiacere.
Per la prima volta dopo tanto tempo si sente cresciuta, sicura e
pronta ad iniziare un nuovo capitolo. E l’inizio dell’estate è
il momento migliore per ricominciare. È
stufa di pseudo divertirsi a Ibiza e Mykonos finendo poi per litigare
tutti i giorni perché si è in troppi e tanto diversi. Quest’anno
mare in tranquillità con le sue due amiche vere.
Vorrei
godermi finalmente la libertà di essere me stessa con le persone che
amo, o anche da sola, facendo quel che voglio quando voglio.
Mi
piacerebbe avere dei momenti di pace quest’estate in cui mi godo il
momento, vivendo appieno un periodo tanto atteso, invece di essere
sempre presa dall’ansia di dover dimostrare agli altri che mi sto
divertendo.
Spero
di ricordare per sempre queste mie sensazioni, perché mi sa che sì,
un fosso l’ho scansato davvero.
*
* *
Un
taglio veloce e dopo potrò tornare a casa, pensa Veronica. Mentre
Sarah le poggia sulle spalle la mantellina colorata, ella guarda il
suo riflesso nel lungo specchio rettangolare, dai capelli bagnati
alle scarpe da ginnastica semi nascoste sotto i jeans.
Lavora
con i libri e la cultura, quindi in ufficio le è consentito essere
informale. Anche perché è l’ultima ruota del carro. “Hai solo
ventisei anni e tutto il tempo che vuoi per fare esperienza”, le
dicono. Il che significa che ha ancora poco più di tre anni per tentare con gli
stage a quattrocento euro al mese, poi nel giro di una notte passerà
da troppo giovane a troppo vecchia.
Nella
casa editrice dove lavora adesso è riuscita a strapparne
quattrocentotrentatré, che le accreditano ogni due mesi perché
evidentemente non vale la pena di emettere un assegno così misero e
così di frequente. Ora che è arrivata l’estate vorrebbe
rilassarsi, ma non può. I suoi sei mesi scadranno proprio con
l’inizio di agosto, e la sua responsabile le ha detto di non
aspettarsi nulla nel mese per eccellenza delle ferie, ma che “Vedrai,
per settembre ci sarà sicuramente bisogno di te, insomma, io sono
ottimista”. A Veronica piacerebbe considerare l’attestato di
stima della sua responsabile come una garanzia di essere richiamata,
ma già una volta ci è caduta ed il risultato è stato un mese
trascorso a piangere davanti al telefono che non squillava.
Ella
sa di non avere più molto tempo a disposizione per tentare di
entrare in una casa editrice come impiegata vera e propria. Se
continua a fare stage per altri tre anni, dopo i trenta diverrà
quella che “se non è stata assunta c’è un perché” (ha amiche
più grandi a cui questa frase è stata ripetuta più volte durante i
colloqui) e dovrà mettersi a cercare in altri settori, sperando che
siano meno complessi di quello dell’editoria. Oppure si dovrà
inoltrare nel campo minato del libero professionismo e della partita
IVA.
Desidererebbe
con tutte le sue forze proseguire nel suo attuale posto di lavoro. O
meglio, questo è quello che le suggerisce l’istinto di
sopravvivenza che pulsa in lei come una bestia affamata, soprattutto
le notti in cui non riesce a dormire pensando che solo l’altroieri
aveva a che fare con le sessioni estive ed ora ha paura di essere, in
un certo senso, già troppo grande. In realtà, se chiude gli occhi
ed ascolta solo le forbici di Sarah che si muovono ritmicamente, si
rende conto che la sua parte emotiva, più sincera, non vuole sempre
fortemente quel posto. Il viaggio sui mezzi pubblici è abbastanza
lungo e scomodo; più volte si è ritrovata a dover rimandare impegni
importanti per un problema che le è stato rovesciato addosso
all’ultimo minuto; è dovuta venire a presidiare l’ufficio
persino il 2 giugno (che si tratti di una casa editrice monarchica?).
Inoltre, ella da tempo ha capito che non è proprio tutto oro ciò
che luccica. In nome della lettura e della cultura, fini generalmente
considerati “alti” ed importanti, ella ha visto colleghi e
responsabili giustificare dei mezzi… come minimo discutibili.
Nonostante
tutto questo, Veronica vorrebbe rimanere. Perché crede ancora che
sia possibile lavorare nel mondo dei libri e della cultura cercando
di restare fedeli a se stessi. Perché avere un posto dove, pur con i
soliti alti e bassi, le cose nel complesso funzionano la fa sentire
adulta ed indipendente. Perché – e questo è quello che le costa
di più ammettere – anche se questo posto non è il top, questo
posto è meglio, meglio di tante cose che nei suoi due anni e
mezzo da neolaureata ha già visto: i colloqui truffa, le giornate
“di prova” non pagate con sparizione annessa, i contratti recisi
da un giorno all’altro senza preavviso, il mobbing.
E
mentre Sarah tira fuori spazzola tonda e phon per sistemarle la
piega, ella vorrebbe tanto dare un taglio a tutte le sue
preoccupazioni. I suoi desideri sono come una marea discontinua,
fatta di onde che cozzano l’una contro l’altra.
Vorrei
avere la forza di dirmi che nelle prossime sei settimane farò
semplicemente del mio meglio, e che poi mi merito le vacanze.
Mi
piacerebbe staccare ad agosto con serenità, anche se mi accontenterò
della casa in montagna con mamma e papà, perché già mi vergogno a
non essere indipendente, figuriamoci a chiedere i soldi per un
viaggio.
Spero
che l’estate mi insegnerà a vedere il mio futuro con meno paura e
più fiducia in me stessa.
*
* *
È
solo martedì, pensa Sarah spazzando il pavimento del negozio. Il
martedì dei parrucchieri è il lunedì della maggior parte delle
persone, ma questo per lei non è un problema, anzi, si ripete questa
frase con una velata allegria. È solo martedì e lei ha già portato
a casa un ottimo risultato per quanto riguarda i suoi due lavori.
Sì,
perché Sarah sa bene di essere sia una parrucchiera che una
collezionista di storie. Le legge tutte negli occhi dei clienti, tra
un tic nervoso con la gamba che denota impazienza, un sospiro
soddisfatto mentre scorre l’acqua del lavandino ed uno sguardo
fisso ma assente allo specchio.
Oggi
crede di averne sentite tre davvero interessanti; tre classici, se
vogliamo, ma proprio per questo sempre attuali.
Manca
esattamente una settimana al Solstizio d’Estate ed all’inizio
della stagione delle giornate infinite, dei tramonti pieni di
speranze, delle serate tiepide e piene di luci. Sarah sa che i
clienti lo sentono, perché giugno è il mese in cui, in assoluto,
raccoglie più storie. E stasera, proprio all’inizio di una
settimana che sa già le regalerà moltissime emozioni, vorrebbe
anche lei esprimere i tre desideri che i suoi clienti hanno espresso
durante il pomeriggio.
Vorrei
che Martino trovasse il coraggio per abbracciare una nuova fase della
sua vita e si godesse tutto quello che il suo presente può
offrirgli, senza nostalgia per ciò che non può ritornare.
Spero
che Giuditta comprenda che essere felici e voler dimostrare a tutti
di esserlo (anche a se stessi) sono cose ben diverse, e che duecento
sconosciuti che riempiono la tavola non hanno lo stesso valore di due
veri amici.
Spero
di vedere tornare Veronica sorridente dalla montagna, consapevole
che, qualunque cosa accadrà, la sua vita è molto più grande della
decisione altrui di farla lavorare o meno.
Con
un ultimo sorriso soddisfatto, Sarah dà tre mandate alla porta del
negozio e si allontana nella notte. Tiepida e piena di luci. E di
promesse di storie.
FINE
Eccoci
arrivati alla fine!
Come
sempre, aspetto i vostri commenti per sapere che cosa ne pensate! Vi
invito anche a leggere, come al solito, gli altri post con il banner
della rubrica Storytelling Chronicles… così scoprirete qual è
l’oggetto o il luogo prescelto dalle mie compagne d’avventura!
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)