martedì 28 marzo 2017

ROMEO E GIULIETTA

I due amanti di Corrado d'Elia in scena al Teatro Leonardo



Cari lettori,
oggi ritorno a darvi i miei “Consigli teatrali” ed ancora una volta, dopo questo post, vi parlo dei celeberrimi amanti di Verona.
La rappresentazione a cui ho assistito in questi giorni è in scena al Teatro Leonardo di Milano per la regia di Corrado d’Elia.
Vediamo più da vicino gli elementi che costituiscono questo interessante e coinvolgente spettacolo!



La fedeltà al testo shakespeariano



Uno dei punti di forza della rappresentazione è sicuramente la volontà di conservare l’atmosfera originale shakespeariana. Il testo, infatti, è riprodotto fedelmente e quasi per intero. Questo fa sì che si crei una sorta di contrasto: tutti gli elementi in scena, infatti, sono fortemente moderni, a differenza della parola poetica, che resiste con tutto il suo potere evocativo.

Credo che questa scelta sia tutt’altro che casuale: con ogni probabilità, infatti, l’intento è quello di dimostrare come la storia narrata da Shakespeare riesca a risultare attuale in qualunque contesto.

I personaggi che si muovono sulla scena sembrano solo in apparenza lontani dal mondo che il poeta descriveva, ma conservano intatto il loro originario spirito, e lo spettatore lo comprende ogni volta che essi iniziano a parlare.



I personaggi fortemente contemporanei



La caratterizzazione dei protagonisti, delle loro spalle, persino delle comparse è del tutto particolare. Corrado d’Elia ha scelto infatti di dare una connotazione contemporanea ai personaggi, che indossano t-shirts, giubbotti di pelle nera, persino maglie ricoperte di lustrini.
L’impressione dello spettatore è che lo spettacolo sia ambientato non tanto nella Verona medioevale, quanto piuttosto in una grande città dei giorni nostri, con le sue feste, i suoi riti, le sue tragedie private.

Le due famiglie in lotta, i Montecchi ed i Capuleti, sembrano voler primeggiare più per una questione di fama e di prestigio che per una antica rivalità per il potere.
Ne sono una dimostrazione i genitori di Giulietta, che non sembrano affatto i leader di una potente famiglia in affari, bensì due arroganti persone arricchite troppo prese dai loro divertimenti per badare alla figlia.

È così che lo spettacolo mette in scena anche un’insanabile frattura tra la vecchia generazione e la nuova, molto meno calcolatrice e molto più disponibile a cedere alle proprie passioni, nel bene e nel male.

Il carattere forte e bellicoso di Mercuzio e di Tebaldo è tale e quale a quello delle loro versioni originali shakespeariane. Qui, tuttavia, se non finisse in tragedia, gesti ed atteggiamenti suggerirebbero più una litigata tra adolescenti che una vera e propria lotta tra bande rivali.

Romeo e Giulietta, dal canto loro, conservano intatto il loro romanticismo, la loro determinazione ad amarsi, il desiderio di ribellarsi ai genitori, agli amici, persino alla morte pur di restare insieme.



L’assenza di scenografia



I personaggi si muovono su un palcoscenico completamente vuoto e privo di qualsiasi genere di arredamento: manca persino il celeberrimo balcone!
Solo due pannelli sul fondo lasciano un varco centrale e consentono ad alcuni attori di entrare dal fondo, ed un gioco di luci e di musiche molto ben studiato permette allo spettatore di cogliere, di volta in volta, un’atmosfera differente.
Oltre alla scenografia, non c’è oggetto di sorta sul palcoscenico: non una spada, non una bara per il sepolcro di Giulietta, non una fiala per il suicidio di Romeo.

Il risultato di questa scelta è un innalzamento della soglia dell’attenzione da parte dello spettatore: egli, infatti, è costretto a concentrarsi ancora di più sui personaggi della scena, su ogni loro minimo gesto ed espressione.

Particolarmente ben riuscita la sequenza di Romeo che corre per raggiungere Giulietta nella tomba di famiglia, inutilmente inseguito dai corrieri del frate che li ha sposati, che cercano disperatamente di avvisarlo dello stratagemma.
Tutto il dramma dei due ragazzi si consuma intorno ad una lettera mai recapitata, la cui presenza viene comunque avvertita sul palcoscenico.



Il lato ironico della tragedia



Nella prima parte della rappresentazione lo spettatore, con sua grande sorpresa, potrà ritrovarsi a sorridere e soprattutto a ridere.

Il merito è in gran parte di due personaggi di spalla, il buffo cugino di Romeo, Benvolio, e l’affezionata nutrice di Giulietta.
Essi, in coppia con altri personaggi (il primo con Mercuzio e la seconda con la madre di Giulietta), danno vita ad una serie di comici dialoghi, spesso ponendo al centro della scena il già nominato conflitto generazionale. L’inserimento di questi divertenti intermezzi è perfettamente coerente con la scelta di mantenere il testo originale: Shakespeare, infatti, inserisce in ogni sua opera di teatro almeno un personaggio che impersona l’antico ruolo del fool, il buffone.

È così che lo spettatore non può fare a meno di ridere per la ridicola affettazione della madre di Giulietta o per il modo di fare da bullo di Mercuzio, anche se è ben consapevole che entrambi gli atteggiamenti contribuiranno al tragico epilogo della vicenda.




Lo spettacolo resterà in scena al Teatro Leonardo di Milano fino al 2 aprile, quindi avete ancora qualche giorno per recuperare i biglietti!
Qualcuno di voi è andato a vedere lo spettacolo? Che cosa ne pensate?
Vi è mai capitato di vedere qualche trasposizione di Romeo e Giulietta che fosse un po’ particolare ed al di fuori degli schemi?
Fatemi sapere!
Grazie per la lettura e al prossimo post 😊


sabato 25 marzo 2017

GIULIETTA E ROMEO

Il balletto di Roma va in scena al Teatro Carcano

 


Cari lettori,
per la nostra rubrica “Consigli teatrali”, oggi ho il grande piacere di segnalarvi un balletto, applauditissimo a Roma ed in scena al Teatro Carcano di Milano proprio in questi giorni: Giulietta e Romeo.
Il titolo leggermente diverso da quello tradizionale (Romeo e Giulietta) fa già capire allo spettatore che non si tratta della versione classica del balletto, bensì di una reinterpretazione in parte libera della tragedia shakespeariana. Nonostante alcune importanti modifiche, come l'ambientazione differente o l'inserimento di alcuni personaggi, il balletto conserva intatta la tragica storia dei due amanti e le circostanze che li conducono alla loro triste fine.
Ecco quelli che sono, secondo me, i punti di forza di questa bellissima rappresentazione!




La nuova ambientazione data alla storia





Giulietta e Romeo non sono più a Verona. Lo spettacolo, infatti, è ambientato nella Sicilia del secondo Dopoguerra, in un contesto ancora molto difficile a causa della povertà, della fame e, ovviamente, delle lotte di potere.


La scenografia è del tutto essenziale: solo alcuni pannelli sullo sfondo fanno intuire che le poche case rimaste intatte dopo il conflitto sono comunque ricoperte di cenere. L'unico punto di luce sul palcoscenico è una piccola edicola in alto a destra, contenente una statuetta della Madonna ben illuminata, simbolo della devozione del piccolo paese siciliano e, allo stesso tempo, testimone silenziosa di tanti orrori.



Questo è lo sfondo davanti al quale entrano in scena i ballerini della rappresentazione: i Montecchi, ovvero Romeo, Mercuzio, Benvolio, la madre e le due sorelle di Romeo, ed i Capuleti, cioè Giulietta, sua madre, la sua nutrice, Tebaldo e Paride (il suo pretendente).


Ottima la scelta dei costumi: dettagli rossi per i Montecchi e grigi per i Capuleti. Soli si distinguono i due amanti, per i quali sono stati scelti abiti bianchi (totalmente candidi per Giulietta, in parte per Romeo).





La caratterizzazione dei personaggi tramite il ballo





Uno dei meravigliosi poteri del ballo è quello di far intuire il carattere e le aspirazioni di un personaggio con i passi, i movimenti delle braccia, il portamento. Questo splendido linguaggio muto fa sì che lo spettatore riconosca subito i personaggi in scena, anche se non gli vengono presentati esplicitamente come nelle opere di prosa.



La ballerina più delicata è ovviamente Azzurra Schena nel ruolo di Giulietta, vera étoile dello spettacolo (da qui il titolo che pone il suo nome prima di quello di Romeo), accompagnata dal suo bravissimo partner in una serie di passi a due davvero incantevoli. 
 

Mercuzio e Tebaldo sono invece i protagonisti di molte scene movimentate; essi sono rivali tra loro, ma molto diversi nello stile e nelle intenzioni. Mercuzio, infatti, è fino all'ultimo la fedele spalla di Romeo (ed il momento della sua morte è davvero emozionante), mentre Tebaldo è un orgoglioso leader solitario in cerca di vendetta dopo la partecipazione dei Montecchi al ballo a casa Capuleti.



L'elemento più sorprendente di questa rappresentazione è però costituito dalle famiglie d'origine di Giulietta e Romeo. Nell'opera shakespeariana, infatti, la rivalità tra le due famiglie nasce tra i due padri, abili negli affari e nella guerra e desiderosi di prevalere l'uno sull'altro. Questo balletto mette invece in scena una versione tutta al femminile del conflitto: il vero scontro è infatti tra le due madri, tra quella di Giulietta, più giovane e disinvolta, e quella di Romeo, più anziana ma molto autoritaria (entra in scena con una carrozzella, accompagnata da Benvolio, che ella comanda a bacchetta). Le due donne si fronteggiano con orgoglio, non solo con i passi, ma anche con lo sguardo.





I tanti modi diversi di danzare in un unico balletto





Ciò che mi ha colpito di più di questa rappresentazione è l'assoluta originalità della coreografia di Fabrizio Monteverde. Giulietta e Romeo è giustamente considerato un balletto classico, ma forse questa definizione non gli rende pienamente giustizia.



Certo i passi che i ballerini fanno sulla scena appartengono al repertorio della danza classica, ma nel corso della rappresentazione sono presenti tanti elementi che appartengono ad altri stili. 
 

Innanzitutto, solo Giulietta danza con le scarpette con la punta tipiche del balletto tradizionale (e questo regala ulteriore grazia alla sua figura).

Tutti gli altri ballerini, invece, fanno uso della cosiddetta scarpetta “a mezza punta”, tipica del modern jazz, usata dai professionisti della danza classica solo in sede di allenamento o in alcuni particolari contesti.

Il risultato è una maggiore fluidità dei passi e dei movimenti, che rende la coreografia allo stesso tempo tradizionale e moderna.


Interessante è anche la sequenza di Giulietta in camera con la sua nutrice, che non può non ricordare, con i suoi movimenti di braccia, il mondo della danza contemporanea.



Questa scelta di mescolare tra di loro i vari stili è particolarmente evidente durante la scena del balletto a casa Capuleti: i ballerini, infatti, sempre sulle mezze punte” eseguono una coreografia prettamente classica, mentre le ballerine, in tubino e scarpe con il tacco, ballano con uno stile assolutamente moderno.





Le luci e le musiche





Nonostante le scelte diverse in materia di ambientazione e personaggi, il coreografo ha comunque deciso di conservare le musiche del balletto tradizionale di Prokof'ev, e questa si è rivelata, a mio parere, una scelta vincente, perché crea un'inaspettata armonia con i diversi modi di danzare precedentemente descritti.


Dal momento che la scenografia è piuttosto essenziale e rimane la stessa per tutta la rappresentazione, le diverse atmosfere sono create in modo magistrale proprio dalle musiche e dalle luci, in alcune scene calde, in altre fredde, in altre ancora scure.

Questa semplicità spinge ancor di più lo spettatore a concentrarsi sui meravigliosi movimenti dei ballerini.







Lo spettacolo rimarrà in scena al Teatro Carcano solo fino a domani sera, il 26 marzo. A chi abita in altre parti d'Italia, tuttavia, suggerisco di informarsi, perché, visto il successo, può darsi che dopo Roma e Milano la compagnia decida di rappresentare altrove il balletto.

Come ben immaginate, da “ballerina nel tempo libero” sono uscita dalla sala davvero colpita ed emozionata.

E voi? Avete visto questo balletto a Roma o a Milano? Che cosa ne pensate?

Spero di avervi incuriosito!

Grazie per la lettura e al prossimo post :-)

 

martedì 21 marzo 2017

GIORNATA MONDIALE DELLA POESIA - COME UN VECCHIO LUPO DI MARE

Tutto ciò che mi lega ad Ungaretti

Letteratura italiana #3

Cari lettori,
per “L’angolo della poesia”, in occasione della Giornata Mondiale di quest’arte che oggi viene celebrata, vi propongo alcuni componimenti (o estratti di essi) di un celeberrimo poeta italiano: Giuseppe Ungaretti.


Ho scelto di scrivere un post su di lui non soltanto perché è un grandissimo del XX secolo e perché le sue testimonianze poetiche della I Guerra Mondiale sono fondamentali ancora oggi, ma anche perché, per me, lui è un vero e proprio modello da imitare.


Ungaretti compone poesie in un momento in cui, per gli intellettuali, due strade erano ben spianate. La prima prevedeva che l’artista si chiudesse in una torre d’avorio, dimentico di qualsivoglia problema attuale, seguendo le orme del Decadentismo di inizio secolo senza particolare slancio creativo.
La seconda, invece, era, al contrario, l’adesione totale del poeta a qualcuna delle tante correnti politiche ed ideologiche del tempo, espressa, ovviamente, anche tramite il proprio lavoro.


Il nostro artista, tuttavia, inventa egli stesso e poi percorre con grande coraggio una terza strada: quella dell’espressione sincera dei propri sentimenti, senza lasciarsi prendere dallo sconforto e dal pessimismo del clima post-decadente e, allo stesso tempo, senza che l’esaltazione per qualche filosofia di vita del tempo inquini il suo lavoro.


Questa sua scelta è resa ancora più originale dal fatto che ogni sua poesia, per quanto, spesso, breve ed essenziale, sia permeata dalla sua filosofia di vita, straordinariamente propositiva, se si considera lo spirito del tempo.
Egli affronta la paura della trincea e lo strazio della perdita, il dolore di alcuni lutti personali e la nostalgia per la propria terra d’origine, eppure non smette mai di cercare la serenità e di trovare una nuova strada da cui ripartire.


Per lui, la perfetta metafora della vita è quella della barca, tanto amata dai classici: sicuramente, nel corso dell’esistenza, la navigazione potrà essere spesso quieta, ma nessuno garantisce che non ci saranno tempeste o perfino naufragi. L’importante è però, ogni volta, riprendere il proprio percorso, come dei vecchi lupi di mare.
  


Il dolore (1947) – Giorno per giorno



In questa raccolta poetica, forse meno nota delle liriche di guerra, Ungaretti parla del dolore che l’ha colpito perdendo, ad un tempo, il fratello ed un figlio appena nato.

Sono legata a questi componimenti, ed apprezzo particolarmente una serie di brevi poesie dal titolo Giorno per giorno. Trovo che esse descrivano con rara delicatezza tutte le fasi del superamento di un lutto.

Forse per la prima volta, infatti, vediamo il poeta ammettere finalmente il suo sconforto e la sua sofferenza, anche se il ricordo della persona amata resta sempre qualcosa di positivo:

Mai, non saprete mai come millumina
Lombra che mi si pone a lato, timida
Quando non spero più

C’è spazio anche per lo spaesamento: la persona cara viene rimpianta anche perché il poeta si sente solo ed abbandonato senza di lei, privato di quel conforto che sicuramente ella gli avrebbe arrecato.

Mi porteranno gli anni
chissà quali altri orrori,
ma ti sentivo accanto,
mi avresti consolato...

L’autore si interroga anche su come sia possibile che egli stia comunque continuando a vivere e che stia quasi tornando alla normalità nonostante quello che gli è successo: è così che nel suo cuore si fa strada un primo sentimento di accettazione.

Ora potrò baciare solo in sogno
le fiduciose mani...
e discorro, lavoro,
sono appena mutato, temo, fumo...
come si può ch'io regga a tanta notte?

In questo contesto, sono i ricordi ad aiutare il poeta, come, per esempio, quelli di un luogo in cui egli è stato bene: essi lo feriscono e lo guariscono ad un tempo.

Sono tornato ai colli, ai pini amati
e del ritmo dell'aria il patrio accento
che non riudrò con te,
mi spezza ad ogni soffio...

Dopo tanto dolore, l’autore arriva finalmente ad un messaggio di pace interiore, che immagina provenire proprio da chi lo ha lasciato:

Fa dolce e forse qui vicino passi
dicendo:Questo sole e tanto spazio
si calmino. Nel puro vento udire
puoi il tempo camminare e la mia voce.
Ho raccolto a poco a poco e chiuso
lo slancio muto della tua speranza.
Sono per te l'aurora e intatto giorno.



Poesie di guerra (1915-1918)



Molto più nota è la produzione ungarettiana riguardante le liriche-testimonianza relative alla I Guerra Mondiale. Queste poesie sono state ampiamente discusse, dibattute, studiate. 
Tuttavia, quello che più mi colpisce resta una straordinaria capacità espressiva dell’autore: partendo sempre dall’idea di guerra, infatti, egli riesce a convogliare sensazioni di volta in volta differenti.

C’è lo strazio per le perdite subite e per la devastazione che il conflitto lascia nel cuore di chi lo vive, come in San Martino del Carso:

Di queste case
Non è rimasto
Che qualche
Brandello di muro

Di tanti
Che mi corrispondevano
Non è rimasto
Neppure tanto

Ma nel mio cuore
Nessuno manca
È il mio cuore
Il paese più straziato

C’è la sensazione di caducità di chi vive giorno dopo giorno in trincea, che nel componimento Soldati diventa una metafora della condizione umana:

Si sta come
D’autunno
Sugli alberi
Le foglie

Ci sono l’incredulità di un dolore che lascia senza parole e la determinazione all’idea di continuare a vivere nonostante i traumi subiti, ben espresse in Sono una creatura:

Come questa pietra
Del S.Michele
Così fredda
Così dura
Così prosciugata
Così refrattaria
Così totalmente
Disanimata

Come questa pietra
È il mio pianto
Che non si vede

La morte
Si sconta
Vivendo

C’è infine il disperato attaccamento all’esistenza, che è ben più di un semplice istinto di sopravvivenza. A differenza di molti poeti che sono venuti prima di lui o che scrivono nel medesimo periodo, Ungaretti non cerca né invoca mai la morte, nemmeno nei momenti peggiori, come quello raccontato in Veglia:

Un’intera nottata
Buttato vicino
A un compagno
Massacrato
Con la bocca
Digrignata
Volta al plenilunio
Con la congestione
Delle sue mani
Penetrata
Nel mio silenzio
Ho scritto
Lettere piene d’amore

Non sono mai stato
Tanto
Attaccato alla vita.



Spazio e tempo poetico: I fiumi e Mattino



Come avevamo visto ne Il dolore, il poeta ha dei luoghi “del cuore” al quale egli ama tornare, anche se con difficoltà, e dei quali, in ogni caso, egli desidera scrivere. 

Nella poesia I fiumi, scritta a Cotici il 16 agosto del 1916, egli sceglie una metafora molto efficace per descrivere gli spazi della sua vita e della sua poetica: l’acqua, che scorre fin dal giorno della sua nascita e nella quale egli, dopo aver subito molti traumi e dolori, si immerge in una sorta di rito purificatore:

Mi tengo a quest’albero mutilato
Abbandonato in questa dolina
Che ha il languore
Di un circo
Prima o dopo lo spettacolo
E guardo
Il paesaggio quieto
Delle nuvole sulla luna

Stamani mi sono disteso
In un’urna d’acqua
E come una reliquia
Ho riposato

L’Isonzo scorrendo
Mi levigava
Come un suo sasso
Ho tirato su
Le mie quattro ossa
E me ne sono andato
Come un acrobata
Sull’acqua

Mi sono accoccolato
Vicino ai miei panni
Sudici di guerra
E come un beduino
Mi sono chinato a ricevere
Il sole

Questo è l’Isonzo
E qui meglio
Mi sono riconosciuto
Una docile fibra
Dell’universo

Il mio supplizio
È quando
Non mi credo
In armonia

Ma quelle occulte
Mani
Che m’intridono
Mi regalano
La rara
Felicità

Ho ripassato
Le epoche
Della mia vita

Questi sono
I miei fiumi

Questo è il Serchio
A cui hanno attinto
Duemil’anni forse
Di gente mia campagnola
E mio padre e mia madre

Questo è il Nilo
Che mi ha visto
Nascere e crescere
E ardere d’inconsapevolezza
Nelle distese pianure

Questa è la Senna
E nel suo torbido
Mi sono rimescolato
E mi sono conosciuto

Questi sono i miei fiumi
Contati nell’Isonzo

Questa è la mia nostalgia
Che in ognuno
Mi traspare
Ora ch’è notte
Che la vita mi pare
Una corolla
Di tenebre

Così come uno spazio, c’è anche un tempo poetico prediletto, che per Ungaretti è il Mattino, tempo per eccellenza in cui si può ricominciare, come se il nuovo giorno fosse una sorta di pagina bianca:

M’illumino
D’immenso




È già difficile parlare esaustivamente di Giuseppe Ungaretti in un saggio o in una Tesi di laurea, quindi immagino che il mio post odierno non abbia soddisfatto che in minima parte la vostra curiosità ed il vostro interesse. 

Quello che mi sta a cuore, però, è mostrarvi perché, secondo me, questo autore è così importante e meritevole di essere studiato e ricordato. Non è solo un grande classico, ma anche un mirabile esempio di vita, per la sua costanza, per la forza dei suoi sentimenti, per il suo desiderio di non arrendersi mai.
Ovviamente aspetto qualunque vostra opinione in merito!



Buona Giornata Mondiale della Poesia a tutti voi…festeggiatela al meglio!
Grazie per la lettura, al prossimo post J