Due romanzi di Francesco Abate e Ilaria Tuti
Cari lettori,
tra mostre d’arte, poesie e giri nei dintorni, qualche volta riusciamo a tornare ai nostri amati libri!
Oggi, per la nostra rubrica “Letture… a tema”, vi parlo di due romanzi che sono state due mie letture a cavallo tra l’inverno e la primavera. Anche se si tratta di autori diversi, ho pensato comunque di accostarli in un unico post perché le loro protagoniste fanno entrambe parte di una serie giallo/noir, sono anticonvenzionali e dal carattere deciso.
La seconda è certamente nota a molti di voi, mentre non sono così sicura che conosciate la prima!
Il misfatto della tonnara, di Francesco Abate
La “Cagliari bene” dovrà farsene una ragione: la giovane Clara Simon, figlia del militare di origini nobili Francesco Paolo Simon e di una donna orientale dei quartieri popolari, è a tutti gli effetti parte del giornale L’Unione.
È l’inizio del XX secolo e la donna è malvista da molti, sia per il suo sangue misto che per la sua intraprendenza e modernità. Una ragazza come lei, secondo i conservatori, dovrebbe stare chiusa a casa e sperare che qualcuno la sposi nonostante la madre che ha avuto, invece che lavorare come giornalista e lottare per i diritti dei più sfortunati. Clara, però, si disinteressa del parere dei tanti che pensano solo a giudicarla e si tiene stretta i suoi affetti: il nonno paterno, burbero ma comprensivo, con cui divide il palazzo nobiliare dove avrebbero dovuto stare anche i suoi genitori, morti troppo presto; Ugo Fassberger, suo amico ed alleato al giornale, l’unico che la sostenga anche quando corre il rischio di essere rimproverato insieme a lei dai loro superiori; il tenente Rodolfo Saporito, che l’ha già aiutata più volte quando si è cacciata nei guai; un’anziana governante ed una ragazzina orfana che ha salvato da un brutto caso di sfruttamento mesi prima.
Cagliari è in continuo fermento ed il lavoro per i giornalisti non si esaurisce mai. Solo pochi anni prima è stata fondata una scuola interamente gestita da donne, compresa la direttrice: un istituto mandato avanti da giovani ragazze come Clara, felici di portare a casa uno stipendio e di avere una posizione nella società che vada oltre i ruoli tradizionali.
Una delle più apprezzate maestre della scuola, però, una sera è vittima di un incidente. Fervente femminista, sarebbe dovuta restare insieme alle altre manifestanti, ma, non si sa come, si è allontanata dal gruppo, ed è stata ritrovata in una casa abbandonata, stesa sul pavimento di legno, con un’importante ferita alla testa. Non è morta, ma le sue condizioni restano gravi, e la guarigione sembra un processo difficile.
Clara, insieme a Ugo e su istruzione dei suoi superiori – che, manco a dirlo, le intimano di attenersi ai fatti e di non volare troppo con la fantasia – si ritrova all’ospedale a raccogliere le testimonianze di due genitori sconvolti, di un fratello atterrito e silenzioso e di un gruppo di manifestanti femministe decisamente spaventate ed in preda al senso di colpa. L’ipotesi prevalente degli inquirenti, infatti, è che la donna sia stata aggredita non per un motivo personale o legato al lavoro, ma proprio come esponente del gruppo femminista.
Qualche giorno prima dell’aggressione, infatti, le manifestanti si erano scontrate con un gruppo di uomini, giovani nobili dalle idee fortemente conservatrici. Proprio il più arrabbiato di loro è stato appena arrestato dal tenente Saporito e dai suoi e si sta ostinando in un atteggiamento molto strano: nega di aver fatto del male alla vittima, e sostiene di essere stato altrove quella sera, ma non vuole rivelare il nome di chi confermerebbe il suo alibi…
Di questo autore avevo letto un paio di anni fa I delitti della salina (a questo link la recensione), il romanzo di presentazione del romanzo di Clara Simon, che indagava anche il passato e l’incontro tra i suoi genitori, e mi era molto piaciuto. Il misfatto della tonnara è il terzo volume della serie che la vede protagonista: mi manca all’appello il secondo, Il complotto dei Calafati, che prima o poi recupererò sicuramente.
Clara non si è mai avvicinata ai gruppi di femministe, presa com’è sempre stata (anche giustamente, eh) a dividere il mondo tra poveri in difficoltà e ricchi privilegiati come lei che a suo parere dovrebbero aiutare chi annaspa. Quando si avvicina a questo mondo, comprende però che ci sono sofferenze che accomunano tutte le donne, anche quelle di classe sociale più agiata: c’è chi non può vivere liberamente la sua vita sentimentale perché è una vedova con figlia ed un nuovo legame farebbe vacillare la sua posizione, chi sceglie di proseguire con il suo lavoro ed i suoi interessi e perde l’uomo che aveva dichiarato di amarla, chi è terrorizzata all’idea di perdere per sempre la sua buona reputazione. Potremmo dire che questo romanzo, dal punto di vista della protagonista, è la storia di una donna che non sa ancora di essere femminista, di una giornalista dedita unicamente alla lotta dal punto di vista della classe sociale che si trova a scoprire quello che oggi chiameremmo “intersezionalità”.
Accanto a lei ci sono Ugo ed il tenente Rodolfo, due uomini dall’ideologia molto simile alla sua, che a differenza sua, però, non hanno mai avuto problemi nell’affermarla (e anche qui Clara è costretta a rendersi conto delle difficoltà derivanti dall’essere donna). Entrare in un bar ritrovo di giovani rampolli annoiati di ultra destra è per loro una dura prova (lo sarebbe anche per me), però devo ammettere che si tratta di alcune delle scene più divertenti del romanzo.
Nel recensire I delitti della salina vi avevo raccontato che tra i tre protagonisti c’è aria di triangolo sentimentale, e confermo quello che avevo già detto: i due uomini sono entrambi attratti da Clara; lei secondo me non se n’è ancora resa conto per bene, ma credo che per lei Ugo sia più un amico ed un alleato, mentre per il tenente Rodolfo i sentimenti sono sicuramente più complessi. Purtroppo credo che quest’ultimo dettaglio sia ben chiaro anche al povero Ugo. Comunque, neanche stavolta l’autore si sbilancia. Vediamo come proseguirà la serie…
Ricordo anche di aver trovato il primo romanzo sicuramente ben scritto ma un po’ lento e forse molto descrittivo in alcune parti. Questa volta, forse per i temi trattati o forse perché I delitti della salina presentava molti personaggi e situazioni, la lettura è scorsa fin troppo in fretta.
Vi farò sapere quando trovo in biblioteca anche Il complotto dei Calafati…
Madre d’ossa, di Ilaria Tuti
Il male segreto del commissario Teresa Battaglia ormai è impossibile da nascondere. Da qualche settimana, ormai, i segni dell’Alzheimer precoce dal quale la donna è affetta si sono verificati anche in presenza della sua squadra investigativa, ed in particolare del suo braccio destro Massimo Marini, che teme di perdere quella superiore che per manifestargli affetto non fa altro che maltrattarlo in modo burbero.
Teresa, inoltre, è stata recentemente sconvolta da un avvenimento che l’ha riportata al passato. Giacomo Mainardi, il primo serial killer che ella ha catturato da giovane, ha ammesso di aver ucciso Sebastiano, l’uomo che è stato suo marito, il mostro che la picchiava regolarmente e che le ha provocato un aborto spontaneo. Un frammento di osso di Sebastiano è stato trovato all’interno di un mosaico situato in un luogo di culto friulano. Teresa sapeva che le sue terre custodivano tanti segreti, ma non si sarebbe mai immaginata che riguardassero lei.
Dopo questa scoperta – e la confessione di Giacomo di aver agito per ordine di un ipotetico “mandante” - Teresa è stata messa parzialmente a riposo, in attesa che la dirigenza decida che cosa ne sarà di lei. Un giorno, però, proprio Massimo Marini viene convocato da lei in un luogo boschivo molto al di fuori dei centri abitati. Lo spettacolo che si trova davanti il giovane ispettore è a dir poco inquietante: la nebbia dell’alba si sta a poco a poco sollevando tra gli alberi della foresta, a terra qualcuno ha composto il simbolo di una spirale con dei sassi chiari… e poco distante c’è Teresa Battaglia che tiene in braccio il cadavere di un ragazzo che sembra dissanguato.
Solo per un attimo, Marini pensa che Teresa si sia ammalata al punto da diventare violenta; poi, però, si rende conto che la donna è in uno dei suoi momenti di lucidità ed ha effettivamente ritrovato una vittima di omicidio.
Sul luogo del delitto arriva subito tutto il resto della squadra, che insiste perché Teresa si riposi e si faccia da parte. La donna, però, sente confusamente un legame tra questo ritrovamento ed alcuni suoi vecchi casi che avevano lasciato in lei una sensazione di mistero. In effetti, il ragazzo morto apparteneva alla popolazione resiana, che lei e Marini avevano conosciuto indagando sul caso della Ninfa dormiente (a questo link la recensione). Qualcosa non va in quella famiglia: il padre è duro e sfuggente, la madre è misteriosamente sparita, la sorellina sembra una donna in trappola più che una ragazza.
Giorno dopo giorno, il nuovo caso si sovrappone ai vecchi e, chiunque sia l’assassino, sembra che si tratti di qualcuno che vuole a tutti i costi chiamare a sé Teresa: un braccialetto che la commissaria aveva perso viene ritrovato addirittura tra le catacombe, e, pochi giorni dopo, il cadavere di un uomo che le aveva fornito informazioni su un vecchio caso viene ritrovato in un santuario piuttosto sperduto. È come se il male arrivasse dai luoghi storici del territorio, da posti che per tutti rappresentano un passato da conservare e rispettare.
In effetti, nascosta tra resti antichi non meglio identificati, c’è una “madre d’ossa” che sta per avere un bambino e che, come una matriarca, sembra dirigere le operazioni criminali…
Dopo una lunga (lunga, lunga) attesa dovuta alla lista giustamente infinita, Madre d’ossa è arrivato a me sul finire di quest’inverno. Chi come me ha letto Figlia della cenere saprà bene che il romanzo si è concluso in un crescendo di misteri, sia per quanto riguarda le indagini che per Teresa stessa. Madre d’ossa mantiene quel che aveva promesso: i delitti, i misteri, i colpi di scena si moltiplicano capitolo dopo capitolo, anzi, oserei dire pagina dopo pagina.
La cosa più inquietante è il fatto che Teresa stessa non è più lucida, quindi la sua mente è un ulteriore tassello da interpretare. Spesso le capita di compiere dei gesti apparentemente senza motivo (risistemare camera sua in modo inspiegabile, cercare un oggetto che sembra non c’entrare in quel momento) perché il suo inconscio le sta suggerendo un collegamento che sfugge persino a lei. Quando i momenti di lucidità tornano, però, sono sconvolgenti. Sono sincera: Teresa Battaglia non è una di quelle protagoniste che ho amato subito, anche perché lei non è proprio una campionessa nel farsi amare, però, sul lungo corso, si è rivelata una delle più interessanti e meno scontate.
Grazie – o malgrado – lei, il buon Massimo Marini si sta liberando del carico di dolore e sta molto maturando, sia come professionista che come giovane padre di famiglia.
Il protagonista assoluto di questa serie era e resta il Friuli Venezia Giulia: Ilaria Tuti è una espertissima conoscitrice della sua terra, dalla geografia alla storia, dalle antiche religioni pagane all’arte romana e cristiana, dal folklore antico alle tradizioni moderne, e lo dimostra bene nei suoi romanzi, mescolando tutti questi elementi con grande maestria.
Inutile dire che è un romanzo che si divora e che non so bene se ci sarà un futuro investigativo per Teresa Battaglia, considerate anche le sue condizioni di salute, ma l’autrice fa sperare di sì… e ci spero anche io.
Cosa vi ispira di più? La giornalista immersa nella Sardegna di inizio XX secolo o la poliziotta divisa tra contemporaneità e mondo antico?
Io spero che ci siano presto nuove uscite che riguardino entrambe!
Fatemi sapere se conoscete queste autrici, se avete letto qualcosa, che ne pensate.
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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