Due romanzi di Alice Basso
Cari lettori,
oggi, per la nostra rubrica “Letture… per autori”, sono contenta di tornare e parlarvi di Alice Basso e della sua protagonista di maggior successo, la ghostwriter Silvana (Vani) Sarca. Il primo romanzo della serie che la vede protagonista, L’imprevedibile piano della scrittrice senza nome, è stata una delle più belle letture dello scorso autunno (trovate la recensione nei preferiti del mese dello scorso novembre), e qualche mese fa vi ho raccontato (in questo post) anche Scrivere è un mestiere pericoloso e Non dirlo allo scrittore, rispettivamente secondo e terzo romanzo della serie.
Oggi sono proprio felice di dirvi le mie impressioni a proposito del quarto e del quinto e (per ora?) ultimo romanzo. Non vi nego che scrivere questo post potrebbe essere un esercizio quasi catartico per me: non credo di avere ancora assimilato del tutto la conclusione di un’avventura libresca che si è rivelata senza dubbi una delle migliori degli anni 2020 e 2021. So di arrivare un po’ in ritardo, ma ne è valsa assolutamente la pena! Vani Sarca è uno di quei personaggi in grado di andare oltre l’hype del momento, perché la storia, al di là dello stile molto ironico e scorrevole che è senz’altro accattivante, poggia su solide basi narrative (non a caso l’autrice, come la protagonista, fa parte del mondo dell’editoria) e propone delle tematiche per niente scontate.
Vi lascio alle recensioni, sperando davvero di interessarvi ed incuriosirvi!
La scrittrice del mistero
Il romanzo presenta fin dalla prima pagina una Vani Sarca davvero insolita: da meno di ventiquattr’ore lei e il commissario Berganza sono a tutti gli effetti una coppia, ed il suo proverbiale cinismo sembra essere andato in standby, almeno per un po’. In compenso è comparsa una serie di disturbi psicosomatici da felicità, primi tra tutti degli spiacevoli crampi allo stomaco che si presentano ogni volta che il commissario si fa sentire al telefono, sorride o semplicemente compare nei suoi pensieri.
Nonostante le premesse, la loro prima cena a due sta procedendo con tranquillità, ma una telefonata imprevista gela l’atmosfera: è Riccardo Randi, lo scrittore ex fidanzato di Vani. Egli, però, non vuole parlare con lei, bensì con il commissario.
Su suggerimento di Enrico, lo spietato editore e datore di lavoro di Vani, egli ha pensato di rivolgersi ai due, ed in particolare al commissario ed alla sua squadra, perché da settimane riceve delle spaventose minacce: oggetti insanguinati e persino un coniglio morto. Ci si potrebbe chiedere chi mai potrebbe odiare così tanto un uomo di libri, professore universitario e scrittore, ma già ad una prima analisi risulta che i nemici di Riccardo sono fin troppi. Tra ricercatori che hanno perso il posto di docente universitario che è spettato a lui (non si sa quanto per meriti e quanto per amicizie e raccomandazioni), aspiranti scrittori che si occupano del suo stesso genere ma non hanno avuto il medesimo successo, donne maltrattate in ogni modo (la stessa Vani gli ha portato rancore a lungo e con tutte le ragioni) e parenti di studentesse che si sono legate un po’ troppo al loro professore, l’elenco è davvero desolante, e porta Vani a chiedersi più volte se Riccardo non sia, in definitiva, un uomo tanto di successo quanto solo.
Mentre il commissario inizia ad indagare con la discrezione che si deve avere in un’indagine “ufficiosa”, Vani non può fargli costantemente da spalla come vorrebbe: la attende uno dei temuti e rognosi incarichi da ghostwriter che puntualmente le assegna Enrico. Questa volta, però, forse la consegna è meno antipatica di altre che l’hanno preceduta: si tratta di scrivere un romanzo giallo/noir d’intrattenimento, del tipo che alterna inseguimenti e scene d’azione a incontri passionali. Vani non va matta per questo tipo di libri, che ritiene buoni soltanto per non annoiarsi durante un lungo viaggio o una giornata in spiaggia, ma preferisce comunque questo incarico ai manuali di auto aiuto di stampo sovrannaturale, ai libri di cucina ed alle tante altre disavventure libresche in cui si è dovuta imbarcare per colpa di Enrico. C’è solo un problema: l’autore di cui ella dovrebbe essere l’ombra, che si firma con lo pseudonimo di Henry Dark, è in realtà di origini italiane, è stato compagno di scuola del suo editore e forse i due hanno delle vecchie ruggini da adolescenti che non hanno ancora risolto.
Se Non ditelo allo scrittore ha rappresentato il punto di svolta della serie di Alice Basso, in La scrittrice del mistero troviamo una Vani Sarca molto cambiata. La donna completamente sola, dedita solo al suo lavoro e dominata da sarcasmo e cinismo non è del tutto scomparsa, ma si ripresenta in una versione sorprendente. A Vani, che aveva fatto del se solo mi importasse qualcosa la sua bandiera, ora per la prima volta importa di tante persone: del commissario, con il quale c’è un’intesa non convenzionale ma preziosa; di Morgana, Laura ed Irma, il suo gruppetto di amiche quanto mai insolito; forse persino di Riccardo, con il quale si è creata una sorprendente tregua, e della sorella Lara, che ha dei grossi problemi con il marito Michele e per la prima volta tiene in considerazione l’opinione di Vani.
Chi però teme di trovare il personaggio snaturato non ha alcuna ragione di preoccuparsi: sia in amore che in amicizia che in famiglia, Vani ha le sue particolarissime (e spesso super divertenti) modalità d’azione. Il suo modo di fare sarcastico e fortemente empatico resta la sua cifra distintiva, ma non è più utilizzato come corazza, bensì accettato con naturalezza, insieme ai nuovi e sorprendenti sentimenti che ella sta imparando a vivere. Come già vi avevo anticipato recensendovi Non ditelo allo scrittore, Vani ha sofferto tanto, anche se non l’ha dato a vedere, il fatto di essere considerata “diversa” o “impegnativa” per la sua grande intelligenza, per i suoi interessi, per la sua sensibilità: in questo romanzo ella apprende la meraviglia dell’essere se stessa con le persone che le vogliono davvero bene.
Io forse sono meno incline al perdono di lei: nel vedere Riccardo minacciato, disperato e spettinato più del solito ho provato un poco onorevole senso di soddisfazione (chi ben ricorda il primo romanzo saprà perché). In compenso devo dire che Lara mi ha sorpreso in positivo: attraverso gli occhi di Vani mi era sempre sembrato il tipo di ragazza con cui non credo andrei d’accordo molto facilmente, ma le pagine che la riguardano sono ricche di riflessioni sul rapporto di coppia e la vita familiare davvero vere e profonde.
Non ho potuto fare a meno di passare subito alla lettura del capitolo successivo… e sono certa che, quando leggerete La scrittrice del mistero, capirete perché.
Un caso speciale per la ghostwriter
Una delle più grandi certezze di Vani è andata in fumo in pochi minuti: Enrico, il suo editore, uno squalo calcolatore con un registratore di cassa al posto del cuore, ha appena fatto una follia. In seguito ad uno spiacevole problema lavorativo accaduto proprio a casa sua, problema che lui sapeva gli sarebbe costato il posto di lavoro, egli ha abbandonato i suoi ospiti uscendo dall’appartamento senza né giacca, né telefono, né soldi, né documenti… e sparendo.
Nei primissimi giorni Vani non se ne rende conto, perché lavora da casa ed è presa da varie incombenze. Quando però la contattano sia Antonia, la fidata segretaria che per una vita è stata come una seconda madre per Enrico, che Olga, una stagista sottopagata che ha subito le vessazioni del suo capo fin troppo a lungo ma è sempre stata costretta dalle circostanze ad essere la sua ombra, ella capisce che c’è un serio problema.
Ben presto nell’ufficio di Enrico si riuniscono tutte le persone in qualche modo legate a lui: Vani, con il commissario Berganza al seguito; Olga e Antonia; Riccardo, che negli anni è diventato il suo unico amico. L’ipotesi che Enrico sia morto la notte stessa della sua sparizione è terribile, ma purtroppo è anche plausibile: dove mai potrebbe andare un uomo del tutto privo di soldi, documenti, telefono, persino di un indumento in più per coprirsi? L’alternativa, conoscendo vita ed abitudini dello scomparso, ha dell’incredibile: da qualche parte potrebbe esserci una persona di fiducia, qualcuno magari al di fuori dell’ambito lavorativo, dalla quale egli si è rifugiato, ottenendo non solo protezione, ma anche segretezza.
Vani e il commissario, coordinatori di quella che è ormai un’improvvisata squadra d’indagine, partono da una prima ricognizione dell’agenda di Enrico e da lì, con l’aiuto dell’altro, scoprono aspetti dell’uomo che Vani non si sarebbe mai immaginata, tra sentimenti sepolti in un lontano passato, situazioni familiari complesse ed un rapporto sofferto ma sorprendente con il mondo dei libri.
I due, sulla scia di questa indagine, arrivano addirittura a fare il loro primo viaggio insieme, prima a Londra, sentendosi un po’ Sherlock Holmes, e poi, di ritorno, nelle Langhe. Non c’è tempo, però, per godersi le vacanze: Enrico va assolutamente ritrovato entro il giorno in cui il suo licenziamento diventerà effettivo ed arriverà il nuovo – già temuto – dirigente delle Edizioni L’Erica.
Sono moltissimi i temi trattati in Un caso speciale per la ghostwriter, ma io credo che i più importanti siano tre.
Il primo è, come in La scrittrice del mistero, il concetto di “famiglia per scelta” che Vani sta imparando a conoscere grazie al commissario, alle sue amiche ed alle persone che le sono care. Questa volta Vani deve affrontarne la declinazione più dolorosa: il momento in cui, pur non volendo, si finisce per ferire qualcuno a cui si vuole bene, e la rabbia e il dispiacere travolgono entrambi. Sulle prime Vani ha la tentazione di tornare ad essere la cinica disinteressata di prima, ma non tutti i mali vengono per nuocere.
Il secondo sono le varie problematiche del mondo dell’editoria e del lavoro culturale in generale, già esposte con grande lucidità ed ironia negli altri romanzi della serie, ma ma qui presentate con una vena polemica che non posso fare a meno di approvare con tutto il cuore. I tagli al personale ed al budget mascherati da “flessibilità e voglia di cambiamento”, i tanti modi di sfruttare chi è appassionato di scrittura o chi vuole lavorare in ambito umanistico, le scelte aziendaliste più bieche compiute con la scusa della “bellezza della cultura”: queste ed altre sono le accuse rivolte a chi manovra i fili di questo universo libresco (e forse non solo).
Il terzo e più importante è il cambiamento, in moltissime declinazioni. Purtroppo qui iniziano le dolenti note: anche Vani Sarca, dopo essere diventata una versione diversa e migliore di se stessa, ci saluterà, perché, come dice Alice Basso stessa, le storie finiscono. E in tutta onestà non sono ancora proprio sicura di avere salutato a dovere questa serie, che mi è rimasta nel cuore. Fatevi un regalo, leggetela!
Eccoci arrivati alla fine!
Come forse avrete capito, questa volta non sono mancate le lacrime, anche se di gioia e soddisfazione per la conclusione di letture così belle.
Sono curiosa di conoscere il vostro parere, perché so che tra voi “colleghi blogger” sono in tanti i fan di Vani! Fatemi sapere che ne pensate di questi due romanzi… o anche dei primi della serie, se avete appena cominciato!
Se invece non conoscevate ancora i romanzi di Alice Basso… spero proprio di avervi incuriosito!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Ciao Silvia, come sai anch'io ho adorato questa serie e ho apprezzato moltissimo l'evoluzione del personaggio di Vani e tutti i temi trattati nei cinque libri. Sei stata fortunata a poter leggere quarto e quinto libro di seguito... io ho dovuto aspettare un anno ;-)
RispondiEliminaCiao Fra! Eh sì, lo so che questa serie ti piace tanto :-) Un anno è un sacco di tempo tra questi 2 libri, considerati i colpi di scena... io sono stata fortunata, dai!
EliminaHo sentito parlare di questa serie e dopo questa tua recensione mi incuriosisce ancora di più!
RispondiEliminaCiao Nicole! Allora spero proprio che ti piacerà!
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