Storytelling Chronicles: ottobre 2021
Cari lettori,
benvenuti all’appuntamento di ottobre con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles”!
L’anno scorso avevamo dedicato questo mese alle atmosfere spettrali da Halloween ed ero stata ben felice di proporvi un racconto da brivido, intitolato “L’incubo” (che trovate qui).
Quest’anno la nostra amministratrice Lara ci ha fatto scegliere, con un trabocchetto piuttosto ingegnoso, un paio di cliché autunnali. A me sono capitati il colore arancione e le foglie!
La mia scelta odierna costituisce una novità: per la gioia delle mie compagne d’avventura che me l’hanno chiesto più di una volta, ho deciso di provare a scrivere un sequel di uno dei miei racconti. La storia in questione è Ricominciare, un chick lit scritto a luglio in esplicito omaggio alla Kinsella, che trovate in questo post.
Elisabetta (o Betty, per chi già la conosce), una maestra con la passione per la scrittura, ed Enrico, un giornalista senza peli sulla lingua, questa volta lasciano il paese di mare toscano dove vivono per un weekend fatto di atmosfere autunnali e rivelazioni. Buona lettura!
L’UNICA VERITÀ CHE CONOSCO
Okay, niente panico. Niente panico.
Se la didascalia su Amazon lo definisce uno “zaino pratico e capiente” ci sarà pure un motivo, no? Ora mi siedo, impilo e piego nuovamente tutto, e con un po’ di pazienza riuscirò a chiuderlo.
Ma perché mi faccio sempre convincere?
“Dai Eli, non puoi mancare! Giorgio conosce benissimo il Monferrato! Non fare la pigra, non puoi perderti questo weekend!”
Io non volevo fare la pigra, dannazione. Solo che l’estate, la mia stagione preferita, è terminata, e in questo periodo dell’anno sono sempre un pochino giù di corda. Due weekend fa lo stabilimento dove abbiamo l’ombrellone di famiglia ha definitivamente smontato tutto e chiuso i battenti fino alla prossima Pasqua, ed io pensavo semplicemente di rilassarmi questo weekend. Le prime settimane di ripresa della scuola sono state a dir poco frenetiche, e… insomma, che ci sarebbe stato di male a passare un paio di giorni un po’ tranquilli? Che c’è di malvagio in una mattinata passata a scrivere per il mio sito di racconti, in un pomeriggio al parco a godersi gli ultimi soli, in una cena tranquilla nella pizzeria sotto casa?
Okay, lo ammetto. Forse sono un po’ pantofolaia. Ma a me l’idea di questo weekend nel Monferrato sarebbe piaciuta di più se fossimo andati meno all’avventura. Non dico un hotel a cinque stelle, ma un semplice bed and breakfast come tanti sarebbe stata così una cattiva idea?
E invece no: Giorgio, il fidanzato di Francy, nonché appassionato di montagna e trekking, ci porta in una specie di casa diroccata trovata su non so quale Air BnB.
Ecco perché, non contenta di aver passato la mattinata a correre dietro ai bambini facendo educazione motoria in ben due classi, adesso mi ritrovo a fare ulteriore fatica fisica per chiudere questo mega zaino ordinato in settimana, che sul sito sembrava di un bel color zucca ed invece, a guardarlo, assomiglia più ad un mucchio di foglie trascinate dal vento, travolte dal fango e pestate da una ventina di paia di stivali.
Ho dovuto mettere dentro pure il sacco a pelo, per la miseria. In che razza di posto andiamo, se non ci sono nemmeno i letti fatti?
Mi rifiuto di infilare solo cose pratiche, comode e calde in questa sottospecie di mostro fatto a mo’ di zaino. È un weekend con gli amici, avremo di sicuro in programma un bel sabato sera ed andremo a degustare vini del Monferrato (anche perché credo che ad un certo punto ne avrò bisogno).
In fondo che peso vuoi che tengano un paio di bei vestiti da mezza stagione? Quanto alle collant, è una verità risaputa che si spaccano sempre quando sei fuori casa, e poi fino all’ultimo momento non si sa mai quale sia più adatta al vestito che indossi ed al tipo di serata che ti aspetta, giusto? Non voglio certo rovinarmi il look con una calza a rete fuori luogo. Una color carne? Sì, ci vorrà. Reprimo un brivido di freddo psicosomatico all’idea delle influencers che le dipingono come il demonio e stanno a gambe nude e sandali pure in gennaio, ed infilo una quinta bustina nello zaino. Mi sa che le decolleté con il tacco squadrato occupano troppo spazio, ma come posso portare quelli a rocchetto se c’è il rischio di andare sullo sterrato?
Va bene, va bene. Relax. Fai un bel respiro, Eli. Sarà un weekend fantastico e ti divertirai. Mi guardo allo specchio. Il sudore mi sta colando dalla fronte e mi sento già stanca. Chi ha detto che partire il venerdì sera dopo una settimana di lavoro è rilassante probabilmente passa i weekend alle terme con un trolley griffato.
Con un ennesimo sbuffo, mi ficco sotto la doccia prima che Francy e Giorgio siano costretti ad aspettarmi.
Mezz’ora e un paio di perdite della pazienza dopo, sono pronta per chiudere il mio appartamento e salire sulla macchina di Giorgio. Solo che ad attendermi non c’è l’utilitaria scura che mi aspettavo, ma una specie di scassone basso e lungo, color grigio indefinito. E alla guida c’è Enrico.
Certo che questo venerdì sta andando di bene in meglio.
* * *
Devo essere onesta.
Da quel giorno di luglio in cui io ed Enrico ci siamo trovati sotto l’ombrellone a discutere della riapertura del mio sito di racconti e della mia partecipazione al concorso letterario, l’ho un po’ rivalutato.
Pensavo che fosse uno sbruffone che vuol far sapere a tutti di essere sempre sul pezzo con l’attualità e la politica, che schifasse chi ha dei gusti nazional popolari e che, di conseguenza, io gli stessi antipatica. Quel giorno sotto l’ombrellone, però, tra un giornale ed un caffè, era stato lui, con poche parole di riflessione, a darmi la spinta giusta per fare quello che dentro di me già sapevo fosse giusto.
Ammetto che è stato gentile a venire, un mesetto fa, alla premiazione del concorso. Non lo credevo possibile, ma Ricominciare ha vinto il primo premio della categoria “Narrativa in rosa”. È stata una serata magnifica in cui sono stata attorniata dall’affetto di parenti ed amici, e mi ha sorpreso che arrivasse anche Enrico. Era in ritardo ed era l’unico dell’angolo stampa senza cravatta, ma quel che conta è il pensiero, no? Quella sera, poi, esibiva un sorriso quieto e soddisfatto che contrastava con i suoi soliti ghigni strafottenti, come se anche lui fosse fiero di me.
Quindi sì, insomma. So che è una brava persona. Però nella vita di tutti i giorni è insopportabile.
“Ciao Betty! Non mi aspettavo che venissi anche tu, principessina. Che hai messo nello zaino, l’abito lungo?” è il suo esordio appena ho finito di piazzare lo zaino nel bagagliaio più che stipato, ho salutato Francy e Giorgio e mi sono accomodata piuttosto di malavoglia sul sedile anteriore.
“Senti chi parla” replico piccata per il fatto che ha quasi azzeccato il contenuto del mio bagaglio. “Sei sparito per settimane! Che dovevi fare, il portavoce del Presidente della Repubblica?”
“Si chiamano Elezioni Amministrative, sai com’è” è la sua risposta. “Che c’è, hai sofferto la mia mancanza?”
Sarà un lungo weekend.
* * *
Le mie già esili speranze che qualcuno si ribellasse all’insana idea di Giorgio di darci all’avventura e proponesse un Bed and Breakfast all’ultimo minuto si sono infrante quando abbiamo raggiunto l’altra macchina di partecipanti ed ho notato che Paola e Marco avevano lasciato il piccolo Daniele dai nonni. Nemmeno la scusa del pargolo che potrebbe avere freddo ed ammalarsi… miseriaccia.
Il viaggio è andato nel migliore dei modi possibili, nel senso che Enrico ci ha esasperato per due ore con una sorta di comizio sui risultati delle amministrative ma almeno sa guidare piuttosto bene e siamo arrivati sani e salvi. Anche il venerdì notte è trascorso senza troppi danni: la casa era grande, isolata e con i letti privi di biancheria, come temevo, ma era anche ben riscaldata. C’era una sala da pranzo ampia con un grande tavolo e un bel piano cottura; Giorgio e Francy hanno improvvisato un risotto alla zucca, abbiamo passato la serata tra digestivi e partite a carte e finalmente mi sono un po’ rilassata.
Il sabato mattina si presenta come un capolavoro. Ci siamo svegliati di buon’ora e, seguendo le istruzioni del nostro ospite esperto della zona del Monferrato, abbiamo iniziato il nostro percorso di trekking tra i colli.
Mi aspettavo di avvertire la stanchezza dopo poco tempo e di rimpiangere il mio progetto di un weekend casalingo, invece sto bene. È mattinata inoltrata e il sole è a metà strada tra alba e zenit: i raggi trasversali cadono sul bosco di aceri che stiamo attraversando, creando una luce aranciata dai toni magici.
Possono farmi tutte le battute che vogliono sulla mia omonima regale Betty e sul mio essere principessina, ma la verità è che, mentre mi fermo a raccogliere foglie dal giallo brillante al rosso cupo ed osservo i giochi di sole e foglie, mi sento proprio come Aurora nel bosco. Mi hanno sempre accostata a Merida per i lunghi capelli ricci color rosso mattone, ma la regale fanciulla adottata dalle tre fatine è proprio la preferita del mio cuore. Quell’angolino là in fondo, poi, sembra proprio il punto in cui lei e Filippo si mettono a guardare il tramonto. Che voglia di cantare So chi sei, vicino al mio cuor ognor sei tu; so chi sei, di tutti i miei sogni il dolce oggetto sei tu… Ecco, ti pareva che qualcuno non mi facesse pat-pat sulla spalla. Una non può neanche restare davanti ad una ringhiera panoramica a sognare in pace…!
È Enrico. Ci avrei scommesso.
“Lo so, non sono il principe Filippo, mi dispiace.”
Odio quando mi legge nella mente.
“E allora perché hai disturbato il mio sogno ad occhi aperti?”
“Perché gli altri sono andati avanti. Già sei lenta e fai giri a vuoto, vuoi proprio perderti!”
“Non sono lenta!”
Il suo solito sguardo sornione al di là degli occhiali mi conferma che forse è il caso di sognare di meno e camminare di più.
“Va beh, ho capito. Andiamo. Spero che al termine di questo percorso ci siano un bel piatto di agnolotti e un fiasco di vino gigante.”
“Stasera vedrai, Betty” replica Enrico, all’improvviso misterioso. “Sono sicura che ti piacerà. Portati il tuo vestito lungo da principessa, poi mi dirai.”
* * *
Enrico non scherzava. A pranzo ce la siamo cavata con uno spuntino, ma, dopo una doccia ed un po’ di relax, finalmente stiamo per concederci un sabato sera degno di questo nome.
“Non vorrai mettere quelle” mi dice Francy con uno sguardo obliquo mentre ci cambiamo nell’unico stanzino della casa che contiene uno specchio antico e tutto a macchie.
“E perché non dovrei?” rispondo, con un’alzata di spalle. “Avrò tanti mesi di freddo e gelo per mettere le collant nere e coprenti o in varie fantasie.”
“Ho capito, ma… quelle color carne? Sotto a questo vestito elegante? Coi tacchi? Non riesci a stare senza?”
Col cavolo, penso mentre mi aggiusto l’abito che ho scelto. Ho fatto bene a portare quello arancio; è adeguato alla giornata appena trascorsa e con i tacchi neri sta benissimo. Non voglio rovinare la soddisfazione per una mise perfetta stando tutta curva perché crepo di freddo. E insomma basta, la calza color carne non è mica l’anticamera dell’Inferno!
“Sai che ti dico, Francy? È il mese di Halloween. I mostri vanno affrontati.”
E, incurante della sua faccia dubbiosa, mi infilo le collant senza altri indugi.
Devo ammettere che stasera Giorgio si è superato. Il sole è appena tramontato quando scolliniamo con le macchine ed arriviamo in vista della Cantina con cucina dove ceneremo. I filari di viti stanno cambiando colore e siamo attorniati di foglie tra il verde cupo ed il giallo. La vendemmia è terminata e l’uva è tutta nei laboratori nel piano interrato della cantina, che il proprietario ci mostra prima di condurci nella zona dedicata alla degustazione di vini.
Prendiamo posto in un’ampia sala rettangolare con parquet, circondati da botti decorative, su alti sgabelli intorno a tavolini rotondi, e assaggiamo un meritatissimo calice di vino come aperitivo in attesa che sia pronto il nostro tavolo per la cena.
Wow, finalmente! Il bouquet è… come si dice? Persistente. O magari no. Forse bisognerebbe dire che è delicato e floreale, dal momento che è un bianco da antipasti. Non ho mai capito granché di vino, a parte quella volta che mio cugino ha cercato di farmi una conferenza sull’importanza della composizione chimica e dell’assenza di solfati. O solfiti? Non è che mi ricordi troppo. La verità è che il vino mi piace ma essenzialmente procedo per tentativi e offerte al supermercato. E poi, qualunque vino sia, è già un progresso. L’anno scorso, a quest’ora, stavo a sorseggiare succhi detox (ecco, quella sì che è l’Anticamera dell’Inferno) con il mio ex fidanzato Flavio. Ho un piccolo sospiro di frustrazione, come mi capita ogni volta che ripenso a lui, ma tutti sono occupati a pucciare verdurine nella bagna cauda e nessuno se ne accorge.
“Allora, Enrico, che ne dici? È un buon punto di partenza per i tuoi prossimi servizi?” esordisce Marco in tono casuale.
Devo essermi persa qualche pezzo. Enrico è sempre stata la penna corrosiva delle pagine di politica interna. Che gliene frega delle vigne?
“Diciamo di sì, dai” risponde Enrico con un tono sommesso non da lui. Sbaglio o c’è un’ombra di malinconia nel suo sguardo?
“Non prendertela” aggiunge Giorgio, confortante. “Si tratta solo di un paio di mesi di Purgatorio. E poi ti è capitato adesso, con la stagione delle sagre e delle vigne. Pensa se ti fosse successo a Natale, dai!” termina con un sorriso che mi sembra più incoraggiante che davvero positivo.
“Poteva andare peggio” annuisce Enrico, con l’aria di chi vuole dare ragione a tutti i costi al suo interlocutore e cambiare argomento.
Ah, ma non mi dite! Il signor Colleziono Comizi all’improvviso ha perso la sua baldanza?
“Scusate, che è successo? Non capisco a cosa vi riferiate” dico infine cautamente. Capisco che è un argomento delicato, ma non mi sembra corretto condividerlo solo con metà tavolo.
Enrico alza lo sguardo dal suo bicchiere, con lo sguardo di chi vorrebbe nuotarci dentro. Se continua così mi farà preoccupare veramente.
“Succede, cara Betty, che qualcuno ti ha dato ragione. Che evidentemente parlo troppo. O scrivo troppo. In ogni caso, il mio capo mi ha spedito per due mesi ad occuparmi della sezione Tempo Libero. Quindi stasera siete tutti ospiti del mio primo pezzo sulle vigne del Monferrato, il posto ideale dove trascorrere un weekend di ottobre” conclude con un certo sarcasmo, imitando una pubblicità.
Per un attimo cala il silenzio. Accidenti, Enrico si è beccato una sospensione punitiva. Sapendo quanto tiene al suo lavoro, in questi giorni non dev’essere stato per niente bene. Ecco perché per un po’ non si è fatto vedere nel gruppo.
Non mi rendo nemmeno conto di non aver risposto alla sua amara confessione finché Paola non rianima l’atmosfera esclamando: “Dai, andiamo a cena, ormai il tavolo sarà pronto!”
Come ad un segnale convenuto, scendiamo tutti dalle nostre altissime seggiole rubate ad un talk show pomeridiano e ci avviamo verso la cena vera e propria.
Mentre mi passa di fianco, Enrico dice a mezza voce: “Ah, a proposito, Betty. Bel vestito. Meno le calze, eh.”
Ecco, lo sapevo.
* * *
Deve essere uno scherzo. Deve essere un dannatissimo scherzo.
Quando Giorgio ci ha detto che avremmo passato il sabato notte in un posto diverso da quello del venerdì, io pensavo che si riferisse ad un’altra baita persa nel nulla. Non sono stata brava ad adattarmi? Non era abbastanza rustico per loro?
Invece, a quanto pare, Giorgio smania dalla voglia di farci passare la domenica un po’ più in alta quota. Ecco perché, dopo la cena, ci siamo inerpicati con le macchine su una stradina tutta curve – non ho mai benedetto tanto l’esistenza del sedile anteriore – e siamo arrivati qui. In un campeggio, per la miseria. In due tende sottili come carta velina, in mezzo alle altre.
“Eli, che faccia da funerale!” mi prende in giro Francy, mentre mi vede posare sconsolata il mio zaino su una specie di giaciglio con cuscino che in teoria dovrebbe essere un letto. Ci siamo divisi le due tende tra maschi e femmine, come alle elementari.
“Ogni tanto, ricorda al tuo fidanzato che non è l’Indiana Jones del Monferrato”.
“Oh, quante storie. Abbiamo mangiato benissimo e bevuto ancora di più. Se ti conosco, tra meno di mezz’ora hai perso coscienza.”
Due ore dopo, sto ancora fissando il soffitto. Soffitto, vabbé. Qualcosa di spiovente che in teoria dovrebbe proteggerci dalle intemperie e che invece mi ha fatto ascoltare con esattezza ogni singola goccia della fastidiosa pioggerella che è scesa per quasi mezz’ora. Fa un freddo degno del Cocito. Non faccio che ripensare con fitte di rabbia e nostalgia a quando avevo 19 anni ed ho accuratamente evitato tutte le vacanze con amici nei campeggi di montagna per starmene spiaggiata a Marina di Carrara con gli altri refrattari della compagnia come me. Ecco dov’è giusto stare per spassarsela: in riva al mare, a prendere tutto il sole che c’è. Qualcuno prima o poi mi spiegherà quale insana passione lo anima, dopo un anno trascorso a soffrire il freddo, a fuggire dal mare proprio quando arriva la bella stagione ed a saltellare come una capra tra i monti, indossando il pile a luglio.
Meno male che nel mio mostro-zaino sono riuscita ad infilare un plaid di rinforzo: starei battendo i denti se avessi solo il sacco a pelo. Però non è bastato: il vino è arrivato in fondo, ed ora mi tocca fare quel che non vorrei mai fare. Ma che ho fatto io di male nella vita?
Nessuno può vedermi, per fortuna. Con il mio pigiama a zucche di Halloween, il plaid lilla elettrico avvolto sulle spalle a mo’ di stola elegante e gli scarponi infilati alla bell’e meglio, attraverso il più rapidamente possibile la strada che separa la mia tenda dalla roulotte con i bagni. Un milione di foglie secche rese scivolose dalla pioggia mi si è appiccicato sotto le scarpe, ma alla fine ce l’ho fatta.
“Maledetti campeggi” mugugno a mezza voce mentre chiudo la porta della roulotte. “Maledetto freddo, maledette idee da Indiana Pipps, maledettAAAH!”
Una specie di saetta arancione mi è passata tra le gambe a tempo record, ha strusciato qualcosa di peloso sul mio pigiama e poi è sparita dietro ad un cespuglio. Due occhi gialli brillano nel buio e sembrano schernirmi. Una volpe.
“Perfetto” dico tra me e me sconsolata. “Io, un milione di stelle e una volpe. Caso mai volessi passare dai racconti alle poesie.”
“Beh, fammelo sapere, non vedo l’ora di leggerle” mi risponde una voce nel buio.
* * *
Faccio un salto che quasi mi fa schizzare fuori i piedi dagli scarponi per la sorpresa. Non sono pronta ad affrontare pure uno sconosciuto nel buio!
Ma dietro di me, con il cappuccio tirato su e l’immancabile sigaretta, c’è Enrico.
“Ma che fai? Fumi con tutte queste sterpaglie? Sei pazzo?”
“Tranquilla, ho il portacenere tascabile.”
“Hai delle abitudini davvero disgustose!”
“Grazie, cara, lo so. Tu invece? Cercavi l’ispirazione per il racconto di ottobre?”
Chissà mai perché finiamo sempre per parlare dei miei racconti.
“In realtà non so ancora che cosa proporre, sai? Ho già letto su qualche sito dei racconti dedicati all’autunno. A leggerli, sembra che tutti siano partiti per il weekend con noi: luce aranciata, foliage, castagne, vini...”
“Beh, colore arancione e foglie non mi sembrano cattive idee. Prendi questa nottata, per esempio. Paté di foliage color merda sotto gli scarponi e una volpe di un bell’arancione che ti passa tra le caviglie. E poi, il tuo splendido pigiamino. Il tutto dietro ad un cesso pubblico. Questo sì che è un Instagram-verità. Alla faccia degli autumn aestethics.”
Sbuffo, anche se vorrei ridere. E ti pareva che non avesse da ridire anche sui cliché dell’autunno.
“In realtà stavo pensando alla pioggia” mi sorprendo a confessare. Perché quest’uomo mi tira sempre fuori i pensieri con le tenaglie? “Una pioggerella d’autunno come quella che abbiamo appena sentito sopra le nostre teste. L’altro giorno stavo ascoltando Kathy’s Song di Simon e Garfunkel ed ho pensato che potesse essere la colonna sonora perfetta.”
“Sai che ti dico Betty? In questi giorni vorrei scrivere della pioggia anche io. O magari della tempesta, che mi sembra un tema più appropriato.”
C’è di nuovo un fondo di tristezza nei suoi occhi, come qualche ora fa alla cantina. All’improvviso mi rendo conto che lui mi ha sempre invitato a parlare del mio modo di scrivere ma io non gli ho mai chiesto niente sul suo lavoro.
“Mi dispiace per quello che ti è successo al giornale” esordisco, non sapendo bene da dove iniziare.
“Oh, sai com’è. Me la sono cercata.” risponde stringendosi nelle spalle.
“Cosa intendi dire? Mi hai sempre dato l’impressione di essere scrupoloso nel tuo lavoro. Sicuramente ci tieni.”
“Forse anche troppo. Diciamo che ho scoperto qualcosa di non tanto piacevole su una giunta della zona che si stava ripresentando alle Amministrative da favorita e con tanto di fanfara. Poniamo il caso che il mio capo mi abbia chiesto di non alzare i toni su questa faccenda, perché uno degli assessori in questione è legato al mondo del giornalismo. E immaginiamo che...beh, che io non abbia potuto fare niente per l’articolo da mandare in stampa, ma poi abbia aperto il mio blog e me ne sia fregato.”
Ecco di nuovo i lampi verdi d’ironia intorno alle sue pupille. Non me n’ero resa conto, ma mi erano mancati.
“Mi hanno detto che ho reagito come un adolescente, che ho voluto tenere il punto. Ma ormai sai come la penso. La verità deve venire a galla, soprattutto se fai questo mestiere, in particolare se sei contro la censura. Bisogna ribellarsi, anche a 36 anni e con un contratto a tempo indeterminato – il Sacro Graal, citando il tuo amico Indiana Jones. Preferisco pagarla, piuttosto che scrivere canzoni a cui non posso credere, con parole che tagliano e stravolgono i versi.” termina citando proprio Kathy’s Song.
All’improvviso sento qualcosa di inedito all’altezza dello sterno. Come un pugno bello forte che mi fa accelerare i battiti del cuore. Mi sento boccheggiare, ho caldo e lancerei via pure il plaid. So perché mi sento così. So bene che cosa significa avere 30 anni o poco più, essere nell’età in cui tutti ti credono una persona matura e stabile e sentire invece il costante bisogno di reinventarsi, riaffermarsi, rimettere in gioco se stessi ed i propri valori per dimostrare che la vita non ci ha cambiato, che siamo ancora noi. E soprattutto so bene cosa significa la scrittura come atto di libertà. È stato lui a ricordarmelo tre mesi fa. Forse ora tocca a me.
“Enrico, ti ricordi quando mi hai detto che non avrebbe dovuto importarmi del parere degli altri? Che se i miei racconti piacevano a me, se ritenevo necessario scriverli, era una ragione sufficiente? È così anche per te. Tu non hai sbagliato. Tu sei stato coraggioso, accidenti!”
Enrico mi fissa come se non credesse a quello che sta sentendo, io invece continuo a parlare a macchinetta, non sapendo neanche da dove mi vengono tutte quelle parole.
“Mi avevi anche detto che saresti stato perfetto come cattivo in uno dei miei racconti. E invece devo deluderti. Tu non sei cattivo, tu sei vero! Molto più vero di tante cose e persone che ho incontrato o conosciuto.”
Non mi sono neanche resa conto di aver guardato le pupille di Enrico tutto il tempo. Pupille che all’improvviso sembrano aver perso il loro velo di malinconia. Poi il mio sguardo cade sulle lenti degli occhiali, sul suo naso, sulla sua bocca sottile e sulla corta barba un po’ brizzolata sul mento. E infine non vedo più niente e sento solo le sue labbra sulle mie.
E così vedi, sono arrivata a dubitare
di tutto ciò che un tempo ritenevo vero.
Me ne sto sola senza alcun credo,
l’unica verità che conosco sei tu.
E mentre guardo le gocce di pioggia
che ondeggiano sui loro stanchi percorsi e muoiono
so che sono come la pioggia
ma grazie a te io non svanisco.
FINE
Eccoci arrivati in fondo!
So di essermi dilungata un po’ - anche più del mio solito – ma Enrico e Betty mi hanno portato dove volevano loro e non ho potuto fare a meno di seguirli!
Potete trovare Kathy’s Song di Simon&Garfunkel, la colonna sonora di questo racconto, a questo link.
Vi ringrazio moltissimo per la lettura e per l’attenzione.
Al prossimo post :-)
Ciao Silvia, Betty ed Enrico mi stanno molto simpatici e sono contenta di averli ritrovati! Complimenti per il racconto e per la tua capacità di saper spaziare molto bene tra generi diversi!
RispondiEliminaCiao Fra! Grazie mille, sono davvero contenta che questo ritorno di Enrico e Betty ti sia piaciuto! :-)
EliminaSono stata anch'io in un weekend di Ottobre in mezzo a vigne e castelli, solo che in Toscana. Ma l'atmosfera meravigliosa credo sia la stessa e mi è molto piaciuta la storia di Enrico e Betty. Sono due bei caratterini, non c'è che dire.
RispondiEliminaCiao Tania! Di sicuro anche in Toscana è molto bello :-) Eh sì, con Enrico e Betty non ci si annoia mai, o almeno spero!
EliminaMa come finisce così? Noi lettori vogliamo il seguito. Io sono curiosa adesso, come va avanti?
RispondiEliminabellissimo racconto, divertente, scorrevole, si legge e cinsi sente vicino alla protagonista. Sembra di essere accanto a lei mentre brontola contro il mondo per l'idea del fine settimana in natura.
Complimenti,
a presto
Ciao Christine! Anche a me piacerebbe proseguire, ma vediamo dove mi porterà l'ispirazione nei prossimi mesi :-) Grazie mille per tutte le belle parole! Eeh sì, Betty brontola... ma alla fine sotto sotto è contenta!
EliminaAdoro Enrico e Betty, i loro battibecchi, l'ironia, sono opposti ma come calamite che continuano ad attrarsi. Bella l'ambientazione, il ritmo e il finale, wow. Bravissima
RispondiEliminaCiao Giusy! Eh sì, gli "enemies to lovers" sono una delle mie categorie di romance preferite, sapevo che prima o poi sarei caduta in tentazione! Felice che ti piaccia :-)
EliminaCiao Fede! Come dicevo prima, mi piacerebbe continuare a scrivere di Enrico e Betty, ma tutto dipende dall'ispirazione e dai temi dei prossimi mesi. Sono super contenta che ti piacciano così tanto!
RispondiEliminaWow wow e stra wow! Semplicemente stupendo questo racconto. Si legge tutto d'un fiato con un sorriso costante stampato sulla bocca. Betty mi ha conquistata fin dalla prima battuta ed Enrico non è stato da meno! Arguti, spiritosi, ma anche profondi a loro modo. Due note importanti che ho amato: 1. L'inno alle calze color carne è stato geniale; 2. AMO SENZA RISERVE la fiaba de La Bella Addormentata 🤩😍 Tematica rispettata alla perfezione, davvero super complimenti, mi sono divertita ed emozionata!!! Alla prossima!!!
RispondiEliminaCiao Anne Louise! Sono felice di leggere la tua recensione così piena di emozioni! Mi sto affezionando pure io a Betty ed Enrico 😂 magari ricompariranno su questi schermi! La Bella Addormentata piace tanto anche a me, e le calze color carne... Pure, anche se mi prendono in giro peggio di Betty!
Elimina