La famosissima tragedia greca in scena al Teatro Elfo Puccini
Cari
lettori,
con
il post odierno torniamo ai nostri “Consigli teatrali”.
Buona
parte di voi, ormai, conosce la mia passione per il teatro greco.
Su
questo blog ho già scritto molto a questo proposito, soprattutto
nella sezione Donne straordinarie, ed ho parlato, in modo
particolare, delle figure femminili raccontate dal drammaturgo
Euripide.
Oggi,
invece, torno a parlare di Sofocle, autore che avevo già trattato
presentandovi Elettra, e vi recensisco Antigone, spettacolo
che è stato in scena al Teatro Elfo Puccini nel corso dell’ultima
settimana di gennaio.
La rappresentazione, molto fedele al testo
greco e ricca di avvenimenti drammatici, ha destato tante emozioni in
me e tra gli altri spettatori in sala. Vediamo insieme quali!
Una
famiglia maledetta
Chi
conosce già un po’ di storia e cultura greca sa bene che Antigone,
la protagonista dell’omonima tragedia, proviene da una famiglia che
ha già dovuto affrontare una serie di tragedie.
Ella, infatti, è
figlia di Edipo, re di Tebe, l’uomo che si è trovato, suo
malgrado, ad uccidere suo padre ed a sposare sua madre. Le
conseguenze di questa scoperta sono state terribili: egli si è
accecato per la disperazione, e non molto tempo dopo è morto;
Giocasta, la moglie-madre, si è suicidata.
La
maledizione del padre, purtroppo, è già ricaduta sui figli maschi,
Eteocle e Polinice. Essi, infatti, si sono inizialmente messi
d’accordo per governare Tebe un anno a testa, ma, allo scadere del
suo tempo, Eteocle si rifiuta di consegnare la città a Polinice, che
muove un attacco contro la città.
Alla
fine del terribile scontro, però, entrambi i fratelli giacciono al
suolo morti.
La
corona viene offerta a Creonte, fratello della defunta Giocasta, che
prende una terribile decisione: egli, infatti, farà seppellire con
onore Eteocle, che era il re di Tebe, ma non Polinice, che ha voluto
attaccare la città.
Questa decisione è il motore di un’ulteriore tragedia, che ha per protagonista proprio Antigone.
Questa decisione è il motore di un’ulteriore tragedia, che ha per protagonista proprio Antigone.
Ella,
infatti, decide comunque di raccogliere dal campo il corpo di
Polinice e di dargli degna sepoltura, nonostante la sorella Ismene,
che insieme a lei è l’unica sopravvissuta al massacro della
famiglia, provi in tutti i modi a convincerla a desistere.
Antigone
compie il suo atto pio e sovversivo allo stesso tempo, ma le guardie
di Creonte la catturano. Il nuovo re non ha pietà per la nipote
(nonché futura nuora) e la condanna a morte, non sapendo che questa
decisione porterà morte e distruzione non solo alla fanciulla, ma
anche a se stesso ed alla sua famiglia.
La
funzione del coro
Uno
degli elementi che mi ha particolarmente colpito di questa
rappresentazione è il fatto che non solo gli episodi dialogati, in
cui gli attori interagiscono, siano fedeli al testo greco, ma lo
siano anche gli stasimi, ovvero quei piccoli discorsi di intermezzo
tra un episodio tragico e l’altro, che anticamente venivano cantati
dal coro.
Essi
sono resi di volta in volta in modo diverso: qualcuno è più fedele
all’usanza del teatro greco di ripetere in coro tutto il discorso
muovendosi per il palcoscenico, altri sono resi in maniera più
originale.
Tutti, però, affrontano tematiche riguardanti la tragedia
in corso, e non sempre questo accade (per esempio, alcuni stasimi
delle opere di Euripide, rispetto a quelle di Eschilo e Sofocle, sono
molto lirici e un po’ più liberi come argomento).
Il
parodo, ovvero l’ingresso del coro, è recitato in gruppo da tutti
gli attori in scena e rievoca la guerra tra Eteocle e Polinice.
Il
primo stasimo vede alcuni dei protagonisti intenti a riordinare uno
scenario di guerra e distruzione ed a dialogare con un personaggio
femminile che ha la funzione di voce narrante, e pone al centro della
scena la capacità dell’uomo di compiere azioni grandi, sia in
positivo che in negativo.
Il secondo è letto da un’attrice, come
se fosse una lettera, e risulta essere una riflessione molto amara su
come un improvviso delirio possa sconvolgere la mente umana fino alla
follia.
Il terzo è cantato dalla voce narrante, con
l’accompagnamento del pianoforte, ed è una celebrazione della
potenza dell’amore.
Il quarto è recitato da alcuni personaggi ed è
una sorta di elegia funebre per Antigone, che viene paragonata ad
alcune sfortunate dee ed eroine.
Il quinto, infine, che vede di nuovo
la presenza di tutti i personaggi sul palcoscenico, è un’invocazione
per il dio Bacco, patrono di Tebe, al quale si chiede di proteggere
la città: purtroppo, però, la tragedia si è già consumata.
Tra
scenografie tradizionali e costumi più moderni
La
scenografia di questo spettacolo è piuttosto essenziale: un telo
bianco-beige copre quasi tutta la scena, una sorta di piccola collina
in fondo simula il campo di battaglia, un monumento di fattura antica
sulla sinistra viene prima distrutto in guerra e poi ricostruito per
ordine di Creonte, un pianoforte sulla destra viene suonato nel corso
di alcuni stasimi, alcune percussioni sull’estrema sinistra vengono
utilizzate dalla voce narrante e servono a dividere tra di loro le
varie parti della tragedia.
Mi
è già capitato di assistere ad alcune tragedie greche, come per
esempio "Le troiane", ed in effetti la scelta di un’ambientazione
piuttosto spoglia è decisamente tra le più gettonate.
Il
motivo di questa scelta è di carattere quasi filologico: gli antichi
greci, infatti, non disponevano di particolari scenografie, anche
perché molti episodi avvenivano al di fuori della scena e venivano
soltanto raccontati.
La
scelta dei costumi, invece, è abbastanza moderna: solo la donna che
funge da voce narrante indossa una lunga gonna che potrebbe ricordare
un abito antico, e l’indovino Tiresia è interpretato da un’attrice
che indossa una tunica nera. Gli altri personaggi hanno abiti quasi
contemporanei: un completo composto da camicia e gonna per Ismene,
giacca e pantaloni per Emone e Creonte, tenuta da cacciatore per la
guardia, un bel vestito rosso (forse simboleggiante il martirio) per
Antigone.
Il
contrasto con la scenografia tradizionale, tuttavia, non è
stridente, anzi, mette in luce il fatto che la storia narrata
potrebbe essere ancora attuale.
L’insegnamento
della tragedia
Nel
momento in cui Antigone è condannata a morire di fame e di stenti
murata viva in una caverna, è come se ricominciasse la catena di
lutti e di tragedie che sembrava essersi interrotta con l’elezione
di Creonte (definita simbolicamente “un raggio di sole”
all’inizio della rappresentazione).
Tiresia
mette in guardia il re, che, persuaso da lui e dalla voce narrante,
decide di tornare sulla sua decisione e di liberare Antigone, che è
stata appena imprigionata.
La
sua speranza, tuttavia, è vana: la fanciulla, incapace di sopportare
una lenta morte, si è soffocata con un lembo della sua veste, e,
accanto alla caverna, il suo promesso sposo Emone, figlio di Creonte,
si è trafitto con la spada.
Di
fronte a questa visione, Euridice, madre del ragazzo, si getta sulla
spada del figlio, accusando il marito, che resta così il più solo
ed il più infelice degli uomini.
Con
ogni probabilità, tre sono i principali insegnamenti che Sofocle
voleva trasmettere consegnando ai posteri un epilogo così tragico.
Il
primo è la classica massima dell’antica Grecia “non considerare
un uomo fortunato finché non hai visto il suo ultimo giorno”:
Creonte, infatti, si ritrova in un giorno a perdere tutto ciò che ha
di più caro, comprese delle invidiabili fortune.
Il
secondo è l’invito a sottostare alle leggi degli dei e ad essere
pii: il mancato rispetto di un morto, infatti, ai tempi veniva
considerata una grave empietà, punibile con l’ira divina.
Il
terzo, infine, è l’ammonimento a non compiere nemmeno un atto
crudele, specie se fatto coscientemente ed in modo gratuito, perché
esso ritornerà indietro moltiplicato per mille volte.
Per
quanto si tratti di grandi “cavalli di battaglia” della
letteratura greca, non si può fare a meno di notarne l’attualità.
Ora
tocca a voi!
Conoscete
questa famosa tragedia? L’avete vista rappresentata?
Avete
visto qualche altro spettacolo classico che mi consigliate?
Purtroppo
io ho visto la rappresentazione proprio nell’ultimo giorno della
sua tappa al Teatro Elfo Puccini, ma so che la compagnia Atir, che
l’ha messa in scena, è molto attiva a Milano, quindi spero che per
chi è interessato ci saranno altre occasioni.
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)
Sofocle è un manuale per come vivere.
RispondiEliminaCiao Silvia.
...Come tanti autori classici, del resto! Buona giornata.
EliminaCara Silvia, purtroppo io non conosco per niente questa tragedia greca.
RispondiEliminaCiao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Ciao Tomaso! Spero che prima o poi ti capiterà! Buona settimana 😀
EliminaTu, cara Silvia, come sempre, hai riassunto benissimo questa tragedia che, come dici bene anche tu, è attuale e per nulla da sottovalutare. la storia con la s maiuscola non la conducono gli uomini, sebbene convinti di farlo, la storia la conduce Dio, che, al contrario degli dei dell'antica Grecia, è un Dio benevolo e paziente. Buon pomeriggio
RispondiEliminae grazie.
sinforosa
Ciao Sinforosa! Grazie mille per la tua analisi. Certo gli dei dell'antica Grecia erano completamente diversi dal dio del Cristianesimo, ma tra le antiche norme religiose dei classici si possono comunque trovare grandi lezioni di civiltà e buonsenso. Buon pomeriggio!
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