giovedì 23 giugno 2022

DALLA PARRUCCHIERA

 Storytelling Chronicles: giugno 2022



Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento di giugno con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling Chronicles”!


Per i tre mesi estivi, la nostra amministratrice Lara ha pensato ad un’organizzazione un po’ più libera rispetto al nostro solito: ci ha lasciato tre “compiti delle vacanze”, uno per ogni mese, senza però obbligarci a pubblicare nel mese esatto.


Voi però sapete ormai che io sono piuttosto precisina, così ho pensato di proporvi comunque in giugno ed in luglio i “compiti delle vacanze” corrispondenti, mentre in agosto farò la solita chiusura del blog (anche se non è escluso che recuperi il terzo tema in settembre).


Il compito di giugno era decisamente intrigante: “Il giorno 14 giugno, ore 16.50, guardate alla vostra destra: il primo oggetto che il vostro occhio osserverà, sarà il protagonista del vostro racconto”.


Ecco, ammetto di non averlo fatto proprio apposta, dal momento che il calendario di giugno è, ehm, pienotto. Vi dico solo che ho appeso il calendario del Wwf in cucina, che la foto di giugno è quella di un cucciolo di leoncino ed io ogni volta che lo guardo penso “Ecco giugno, un mese da leoni”. Fatto sta che il 14 sono riuscita ad incastrare la parrucchiera, e così alla mia destra, ma pure alla mia sinistra, in alto e in basso, c’erano solo attrezzi da lavoro, lavandini, specchi e caschi. Ho pensato così di ambientare il mio racconto proprio in un negozio di acconciature. So che teoricamente il nostro “Summer Countdown” è finito, ma ne è uscito fuori comunque un racconto tutto dedicato all’attesa dell’estate. Vi lascio alla mia storia Dalla parrucchiera, sperando che vi piacerà!



DALLA PARRUCCHIERA


Ancora due colpetti di forbice e potrò alzarmi, pensa Martino con un leggero sospiro d’impazienza. Non aveva previsto di passare dalla parrucchiera quel pomeriggio, ma il martedì non c’è mai molta gente e lui ha proprio bisogno di una risistemata. Mentre si guarda allo specchio, egli non può fare a meno di notare che oggi Sarah ha utilizzato una tecnica nuova per il suo solito taglio da dieci euro. Con i capelli riportati tutti a sinistra ed ancora bagnati, sembra davvero un vecchietto pronto per la villeggiatura… cosa che in effetti è.

Tutti pensano che i pensionati abbiano tempo da buttare via, giornate infinite ed uno strano, ingiustificabile desiderio di tenere occupati con le loro richieste per nulla urgenti gli altri, che invece hanno tanto da fare, perché lavorano ed il loro tempo è contato.


Invece Martino ripensa spesso con nostalgia ed una punta di rimpianto alla sua bottega di falegname, quella che ha dovuto chiudere subito dopo il suo pensionamento perché suo figlio ha studiato altro e comunque si sa che l’artigianato svolto con metodi tradizionali non rende più. Se chiude gli occhi, mentre le forbici di Sarah continuano a lavorare, riesce a risentire tutti i suoni dei suoi vecchi attrezzi: ognuno aveva una sua particolare sonorità, come gli strumenti di un’orchestra sinfonica che non va mai fuori tempo. Gli piacerebbe ritrovarsi ancora lì a tagliare con precisione un'asse di legno, a ripassare con la carta vetrata una punta piena di spigoli, a piantare chiodi tra lastre perpendicolari ed iniziare a vedere che si sta lentamente componendo lo scheletro di un mobile. Non che ora non lo faccia mai; semplicemente non è la stessa cosa. Un tempo era un lavoratore, ora è un pensionato hobbista.

A casa sua ci sono due garage; nel primo c’è la sua vecchia utilitaria, al quale egli cerca di allungare la vita il più possibile; il secondo ha ospitato per qualche anno la macchina nuova da neopatentato di Alessandro, suo figlio, ed ora è diventato una sorta di laboratorio. Lì Martino può rivivere tutte le gioie e le fatiche della sua professione, componendo mobili per casa sua, o per amici e parenti, in tutta tranquillità… almeno così credeva all’inizio. Da quando Alessandro è diventato padre, egli ha scoperto di essere stato appena assunto per una professione molto più complessa e totalizzante: il nonno.


Quest’autunno Gioia compirà sei anni; Gabriele, invece, ha appena spento quattro candeline. E questo martedì Martino ha una gran fretta perché domani mattina lui, la moglie ed i nipotini si metteranno in macchina circondati da valigie piene di utile e (molto più) futile, galleggianti a forma di fenicottero rosa, sporte di spesa avanzata che è un peccato non portarsi da casa e borse termiche piene di acqua e di succhi. Direzione Riviera Ligure, per quindici giorni di relax (la sola parola gli fa ridere e spostare la testa, che Sarah prontamente gli raddrizza), in attesa che anche i genitori dei bambini inizino le tanto sospirate ferie. La vigilia della partenza è sempre un momento frenetico, soprattutto quando ci sono di mezzo i bambini, ma Martino si sente felice: anche lui, proprio come i suoi nipoti, adora il mare. Solo, ogni tanto, negli ultimi giorni, prova una strana sensazione. Come se avesse tre desideri da chiedere ad un fantomatico genio della lampada.



Vorrei che i miei nipotini, qualche volta, smettessero di correre e di saltarmi intorno per sedersi ad ascoltare qualche storia del loro vecchio nonno.

Per una volta, mi piacerebbe andare in vacanza con mia moglie da solo, come ai vecchi tempi. Magari sui monti, a prendere un po’ d’aria fresca dopo tutto quel sole e quella salsedine.

Spero che i miei mobili resteranno nelle case dei miei ex clienti per generazioni, anche quando della mia bottega non sarà rimasto nemmeno il ricordo.


* * *


Tra effetto balayage, shampoo e taglio oggi ci vorrà un po’, considera pensierosa Giuditta. Mentre osserva Sarah girare intorno a lei con spatola e stagnole, pronta ad impacchettare i suoi capelli una ciocca sì e due no per regalare delle sfumature di castano ramato ai suoi lunghi capelli neri, si rende conto che la radio è stranamente spenta. Eppure lei ha continuato a canticchiare per tutta la durata dell’operazione tricologica. Non riesce a togliersi di testa quella canzone che si intitola Più felice che mai e invece forse non ha molto a che fare con la felicità. Non è un brano sereno e spensierato, uno di quelli che ti capita di sentire in radio ad inizio giugno, la solita sequela infinita di feste, falò sulla spiaggia ed amori improvvisi. Happier than ever è una canzone sul sollievo, sulla sensazione di aver “scansato un fosso” - come diceva la nonna di Giuditta -, di essersi liberati da una situazione tossica.


Al centro della storia c’è la relazione di una donna con l’uomo sbagliato, ma Giuditta è single da più di due anni e davvero non sa spiegarsi perché nelle ultime settimane si sia ritrovata a cantare quella canzone con tanto sentimento – rabbia, se vogliamo dargli un nome. Proprio ora, però, mentre Sarah la obbliga a non avere nulla da fare ed a pazientare, si chiede se le parole del brano, specie dell’ultima strofa (un vero colpo al cuore) non si possano riferire anche a situazioni diverse dalla relazione amorosa. Ad un gruppo di amici che tale non è, per esempio.

Subito dopo la fine della sua storia con Lorenzo, Giuditta si era sentita molto sola. Si era fatta prendere dallo sconforto, dai discorsi retorici su quanto è difficile rifarsi una vita sentimentale (o anche solo dalle amicizie) dopo i trenta, da una sensazione di vuoto che la terrorizzava. Certo, c’erano la sua famiglia d’origine, le sue due amiche del cuore, il suo lavoro da impiegata in un ufficio con qualche collega un po’ anziana e rassicurante con cui si era sempre trovata bene, ma tutto questo, all’improvviso, non le bastava.


Un po’ per noia ed un po’ per tristezza, si era fatta trascinare da un vecchio amico di Lorenzo, forse rattristato dalla loro rottura, ad una serata con una compagnia del paese piuttosto vasta: persone che in parte conosceva dall’adolescenza e che in parte non aveva ancora avuto occasione di incontrare. A poco a poco Giuditta era integrata nel gruppo – o almeno così le sembrava – e per lei era iniziata una lunga serie di serate divertenti, vacanze programmate nelle località più esclusive d’Italia e d’Europa, domeniche fuori porta tra grigliate, gite ed altro ancora. Le piaceva sentirsi ancora come una studentessa universitaria a caccia di indipendenza nel tempo libero; le sembrava di aver trovato nuove amicizie femminili a portata di mano, con le quali condividere la sua quotidianità; si era persino divertita a flirtare con un ragazzo del gruppo.

Ben presto, però, la situazione aveva iniziato a prendere un’altra piega. E lei per troppo tempo aveva chiuso gli occhi volontariamente davanti a ciò che non andava.


Non ho niente a che fare con te, no, perché io non tratterei mai me stessa così male. Ancora le parole di quella canzone che tornano a tormentarla. È che purtroppo non è facile rendersi conto progressivamente che per le persone che tu consideri ormai care sei una sorta di presenza in più, utile a fare numero, ma della quale nessuno, in fondo, sente la mancanza quando non c’è. Tu mi hai fatto odiare questa città. Giuditta si è resa conto, giorno dopo giorno e suo malgrado, dell’imbarazzante chiusura mentale di tante delle persone di quel giro, delle loro battutacce medioevali, della loro pruderie camuffata da ironia, e si è chiesta per mesi se davvero tutti i suoi concittadini siano così o se si tratti soltanto di una sfortunata coincidenza. Tu eri il mio tutto, e tutto quel che hai fatto è stato rendermi incredibilmente triste. Ormai Giuditta stava iniziando a considerare quelle persone come una sorta di “chosen family”… ed invece si è ritrovata a doversi difendere dalle cattiverie, a scoprire profondi disaccordi all’interno della compagnia stessa, a dover fare finta di divertirsi all’ennesima serata di finta allegria, avendo peraltro la sensazione di non essere l’unica a recitare. Quindi non sprecare il tempo che non ho. Soltanto ora che il dispiacere per la rottura con Lorenzo si è definitivamente dissolto, Giuditta comprende di aver sempre avuto una vita piena, con un lavoro che le piace, poche persone fidate, tanti interessi. E di non avere più tempo per la ricerca di un divertimento a tutti i costi con persone che non si sforzano neanche di conoscerla meglio. E non provare a farmi sentire male, potrei parlare di tutte le volte che ci sei stato quando ho avuto bisogno di te, ma avrei una pagina vuota, perché non l’hai mai fatto. Perché alla fine lei c’è stata sempre per quei cosiddetti amici, ma ha dovuto affrontare da sola i momenti di dolore e di sconforto. Non c’è nulla di peggio di quando ti rendi conto di essere sempre andata incontro a qualcuno con energia positiva ed entusiasmo, e di aver ricevuto in cambio indifferenza nel migliore dei casi, una sonora porta in faccia in tutti gli altri.


Mentre Sarah toglie i quadratini di stagnola sotto il getto del lavandino e le restituisce i suoi capelli in colorazioni diverse, Giuditta sente che nello scarico stanno finendo anche la rabbia ed il dispiacere. Per la prima volta dopo tanto tempo si sente cresciuta, sicura e pronta ad iniziare un nuovo capitolo. E l’inizio dell’estate è il momento migliore per ricominciare. È stufa di pseudo divertirsi a Ibiza e Mykonos finendo poi per litigare tutti i giorni perché si è in troppi e tanto diversi. Quest’anno mare in tranquillità con le sue due amiche vere.




Vorrei godermi finalmente la libertà di essere me stessa con le persone che amo, o anche da sola, facendo quel che voglio quando voglio.

Mi piacerebbe avere dei momenti di pace quest’estate in cui mi godo il momento, vivendo appieno un periodo tanto atteso, invece di essere sempre presa dall’ansia di dover dimostrare agli altri che mi sto divertendo.

Spero di ricordare per sempre queste mie sensazioni, perché mi sa che sì, un fosso l’ho scansato davvero.


* * *


Un taglio veloce e dopo potrò tornare a casa, pensa Veronica. Mentre Sarah le poggia sulle spalle la mantellina colorata, ella guarda il suo riflesso nel lungo specchio rettangolare, dai capelli bagnati alle scarpe da ginnastica semi nascoste sotto i jeans.


Lavora con i libri e la cultura, quindi in ufficio le è consentito essere informale. Anche perché è l’ultima ruota del carro. “Hai solo ventisei anni e tutto il tempo che vuoi per fare esperienza”, le dicono. Il che significa che ha ancora poco più di tre anni per tentare con gli stage a quattrocento euro al mese, poi nel giro di una notte passerà da troppo giovane a troppo vecchia.


Nella casa editrice dove lavora adesso è riuscita a strapparne quattrocentotrentatré, che le accreditano ogni due mesi perché evidentemente non vale la pena di emettere un assegno così misero e così di frequente. Ora che è arrivata l’estate vorrebbe rilassarsi, ma non può. I suoi sei mesi scadranno proprio con l’inizio di agosto, e la sua responsabile le ha detto di non aspettarsi nulla nel mese per eccellenza delle ferie, ma che “Vedrai, per settembre ci sarà sicuramente bisogno di te, insomma, io sono ottimista”. A Veronica piacerebbe considerare l’attestato di stima della sua responsabile come una garanzia di essere richiamata, ma già una volta ci è caduta ed il risultato è stato un mese trascorso a piangere davanti al telefono che non squillava.


Ella sa di non avere più molto tempo a disposizione per tentare di entrare in una casa editrice come impiegata vera e propria. Se continua a fare stage per altri tre anni, dopo i trenta diverrà quella che “se non è stata assunta c’è un perché” (ha amiche più grandi a cui questa frase è stata ripetuta più volte durante i colloqui) e dovrà mettersi a cercare in altri settori, sperando che siano meno complessi di quello dell’editoria. Oppure si dovrà inoltrare nel campo minato del libero professionismo e della partita IVA.


Desidererebbe con tutte le sue forze proseguire nel suo attuale posto di lavoro. O meglio, questo è quello che le suggerisce l’istinto di sopravvivenza che pulsa in lei come una bestia affamata, soprattutto le notti in cui non riesce a dormire pensando che solo l’altroieri aveva a che fare con le sessioni estive ed ora ha paura di essere, in un certo senso, già troppo grande. In realtà, se chiude gli occhi ed ascolta solo le forbici di Sarah che si muovono ritmicamente, si rende conto che la sua parte emotiva, più sincera, non vuole sempre fortemente quel posto. Il viaggio sui mezzi pubblici è abbastanza lungo e scomodo; più volte si è ritrovata a dover rimandare impegni importanti per un problema che le è stato rovesciato addosso all’ultimo minuto; è dovuta venire a presidiare l’ufficio persino il 2 giugno (che si tratti di una casa editrice monarchica?). Inoltre, ella da tempo ha capito che non è proprio tutto oro ciò che luccica. In nome della lettura e della cultura, fini generalmente considerati “alti” ed importanti, ella ha visto colleghi e responsabili giustificare dei mezzi… come minimo discutibili.


Nonostante tutto questo, Veronica vorrebbe rimanere. Perché crede ancora che sia possibile lavorare nel mondo dei libri e della cultura cercando di restare fedeli a se stessi. Perché avere un posto dove, pur con i soliti alti e bassi, le cose nel complesso funzionano la fa sentire adulta ed indipendente. Perché – e questo è quello che le costa di più ammettere – anche se questo posto non è il top, questo posto è meglio, meglio di tante cose che nei suoi due anni e mezzo da neolaureata ha già visto: i colloqui truffa, le giornate “di prova” non pagate con sparizione annessa, i contratti recisi da un giorno all’altro senza preavviso, il mobbing.


E mentre Sarah tira fuori spazzola tonda e phon per sistemarle la piega, ella vorrebbe tanto dare un taglio a tutte le sue preoccupazioni. I suoi desideri sono come una marea discontinua, fatta di onde che cozzano l’una contro l’altra.



Vorrei avere la forza di dirmi che nelle prossime sei settimane farò semplicemente del mio meglio, e che poi mi merito le vacanze.

Mi piacerebbe staccare ad agosto con serenità, anche se mi accontenterò della casa in montagna con mamma e papà, perché già mi vergogno a non essere indipendente, figuriamoci a chiedere i soldi per un viaggio.

Spero che l’estate mi insegnerà a vedere il mio futuro con meno paura e più fiducia in me stessa.



* * *


È solo martedì, pensa Sarah spazzando il pavimento del negozio. Il martedì dei parrucchieri è il lunedì della maggior parte delle persone, ma questo per lei non è un problema, anzi, si ripete questa frase con una velata allegria. È solo martedì e lei ha già portato a casa un ottimo risultato per quanto riguarda i suoi due lavori.

Sì, perché Sarah sa bene di essere sia una parrucchiera che una collezionista di storie. Le legge tutte negli occhi dei clienti, tra un tic nervoso con la gamba che denota impazienza, un sospiro soddisfatto mentre scorre l’acqua del lavandino ed uno sguardo fisso ma assente allo specchio.

Oggi crede di averne sentite tre davvero interessanti; tre classici, se vogliamo, ma proprio per questo sempre attuali.

Manca esattamente una settimana al Solstizio d’Estate ed all’inizio della stagione delle giornate infinite, dei tramonti pieni di speranze, delle serate tiepide e piene di luci. Sarah sa che i clienti lo sentono, perché giugno è il mese in cui, in assoluto, raccoglie più storie. E stasera, proprio all’inizio di una settimana che sa già le regalerà moltissime emozioni, vorrebbe anche lei esprimere i tre desideri che i suoi clienti hanno espresso durante il pomeriggio.



Vorrei che Martino trovasse il coraggio per abbracciare una nuova fase della sua vita e si godesse tutto quello che il suo presente può offrirgli, senza nostalgia per ciò che non può ritornare.

Spero che Giuditta comprenda che essere felici e voler dimostrare a tutti di esserlo (anche a se stessi) sono cose ben diverse, e che duecento sconosciuti che riempiono la tavola non hanno lo stesso valore di due veri amici.

Spero di vedere tornare Veronica sorridente dalla montagna, consapevole che, qualunque cosa accadrà, la sua vita è molto più grande della decisione altrui di farla lavorare o meno.



Con un ultimo sorriso soddisfatto, Sarah dà tre mandate alla porta del negozio e si allontana nella notte. Tiepida e piena di luci. E di promesse di storie.



FINE




Eccoci arrivati alla fine!

Come sempre, aspetto i vostri commenti per sapere che cosa ne pensate! Vi invito anche a leggere, come al solito, gli altri post con il banner della rubrica Storytelling Chronicles… così scoprirete qual è l’oggetto o il luogo prescelto dalle mie compagne d’avventura!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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