lunedì 11 febbraio 2019

ANTIGONE

La famosissima tragedia greca in scena al Teatro Elfo Puccini




Cari lettori,
con il post odierno torniamo ai nostri “Consigli teatrali”. 

Buona parte di voi, ormai, conosce la mia passione per il teatro greco. 
Su questo blog ho già scritto molto a questo proposito, soprattutto nella sezione Donne straordinarie, ed ho parlato, in modo particolare, delle figure femminili raccontate dal drammaturgo Euripide.


Oggi, invece, torno a parlare di Sofocle, autore che avevo già trattato presentandovi Elettra, e vi recensisco Antigone, spettacolo che è stato in scena al Teatro Elfo Puccini nel corso dell’ultima settimana di gennaio.
La rappresentazione, molto fedele al testo greco e ricca di avvenimenti drammatici, ha destato tante emozioni in me e tra gli altri spettatori in sala. Vediamo insieme quali!



Una famiglia maledetta



Chi conosce già un po’ di storia e cultura greca sa bene che Antigone, la protagonista dell’omonima tragedia, proviene da una famiglia che ha già dovuto affrontare una serie di tragedie. 

Ella, infatti, è figlia di Edipo, re di Tebe, l’uomo che si è trovato, suo malgrado, ad uccidere suo padre ed a sposare sua madre. Le conseguenze di questa scoperta sono state terribili: egli si è accecato per la disperazione, e non molto tempo dopo è morto; Giocasta, la moglie-madre, si è suicidata.


La maledizione del padre, purtroppo, è già ricaduta sui figli maschi, Eteocle e Polinice. Essi, infatti, si sono inizialmente messi d’accordo per governare Tebe un anno a testa, ma, allo scadere del suo tempo, Eteocle si rifiuta di consegnare la città a Polinice, che muove un attacco contro la città.
Alla fine del terribile scontro, però, entrambi i fratelli giacciono al suolo morti.


La corona viene offerta a Creonte, fratello della defunta Giocasta, che prende una terribile decisione: egli, infatti, farà seppellire con onore Eteocle, che era il re di Tebe, ma non Polinice, che ha voluto attaccare la città. 

Questa decisione è il motore di un’ulteriore tragedia, che ha per protagonista proprio Antigone.
Ella, infatti, decide comunque di raccogliere dal campo il corpo di Polinice e di dargli degna sepoltura, nonostante la sorella Ismene, che insieme a lei è l’unica sopravvissuta al massacro della famiglia, provi in tutti i modi a convincerla a desistere.

Antigone compie il suo atto pio e sovversivo allo stesso tempo, ma le guardie di Creonte la catturano. Il nuovo re non ha pietà per la nipote (nonché futura nuora) e la condanna a morte, non sapendo che questa decisione porterà morte e distruzione non solo alla fanciulla, ma anche a se stesso ed alla sua famiglia.



La funzione del coro



Uno degli elementi che mi ha particolarmente colpito di questa rappresentazione è il fatto che non solo gli episodi dialogati, in cui gli attori interagiscono, siano fedeli al testo greco, ma lo siano anche gli stasimi, ovvero quei piccoli discorsi di intermezzo tra un episodio tragico e l’altro, che anticamente venivano cantati dal coro.


Essi sono resi di volta in volta in modo diverso: qualcuno è più fedele all’usanza del teatro greco di ripetere in coro tutto il discorso muovendosi per il palcoscenico, altri sono resi in maniera più originale. 
Tutti, però, affrontano tematiche riguardanti la tragedia in corso, e non sempre questo accade (per esempio, alcuni stasimi delle opere di Euripide, rispetto a quelle di Eschilo e Sofocle, sono molto lirici e un po’ più liberi come argomento).

Il parodo, ovvero l’ingresso del coro, è recitato in gruppo da tutti gli attori in scena e rievoca la guerra tra Eteocle e Polinice. 

Il primo stasimo vede alcuni dei protagonisti intenti a riordinare uno scenario di guerra e distruzione ed a dialogare con un personaggio femminile che ha la funzione di voce narrante, e pone al centro della scena la capacità dell’uomo di compiere azioni grandi, sia in positivo che in negativo. 

Il secondo è letto da un’attrice, come se fosse una lettera, e risulta essere una riflessione molto amara su come un improvviso delirio possa sconvolgere la mente umana fino alla follia. 

Il terzo è cantato dalla voce narrante, con l’accompagnamento del pianoforte, ed è una celebrazione della potenza dell’amore. 

Il quarto è recitato da alcuni personaggi ed è una sorta di elegia funebre per Antigone, che viene paragonata ad alcune sfortunate dee ed eroine. 

Il quinto, infine, che vede di nuovo la presenza di tutti i personaggi sul palcoscenico, è un’invocazione per il dio Bacco, patrono di Tebe, al quale si chiede di proteggere la città: purtroppo, però, la tragedia si è già consumata.



Tra scenografie tradizionali e costumi più moderni



La scenografia di questo spettacolo è piuttosto essenziale: un telo bianco-beige copre quasi tutta la scena, una sorta di piccola collina in fondo simula il campo di battaglia, un monumento di fattura antica sulla sinistra viene prima distrutto in guerra e poi ricostruito per ordine di Creonte, un pianoforte sulla destra viene suonato nel corso di alcuni stasimi, alcune percussioni sull’estrema sinistra vengono utilizzate dalla voce narrante e servono a dividere tra di loro le varie parti della tragedia.


Mi è già capitato di assistere ad alcune tragedie greche, come per esempio "Le troiane", ed in effetti la scelta di un’ambientazione piuttosto spoglia è decisamente tra le più gettonate.

Il motivo di questa scelta è di carattere quasi filologico: gli antichi greci, infatti, non disponevano di particolari scenografie, anche perché molti episodi avvenivano al di fuori della scena e venivano soltanto raccontati.


La scelta dei costumi, invece, è abbastanza moderna: solo la donna che funge da voce narrante indossa una lunga gonna che potrebbe ricordare un abito antico, e l’indovino Tiresia è interpretato da un’attrice che indossa una tunica nera. Gli altri personaggi hanno abiti quasi contemporanei: un completo composto da camicia e gonna per Ismene, giacca e pantaloni per Emone e Creonte, tenuta da cacciatore per la guardia, un bel vestito rosso (forse simboleggiante il martirio) per Antigone. 

Il contrasto con la scenografia tradizionale, tuttavia, non è stridente, anzi, mette in luce il fatto che la storia narrata potrebbe essere ancora attuale.



L’insegnamento della tragedia



Nel momento in cui Antigone è condannata a morire di fame e di stenti murata viva in una caverna, è come se ricominciasse la catena di lutti e di tragedie che sembrava essersi interrotta con l’elezione di Creonte (definita simbolicamente “un raggio di sole” all’inizio della rappresentazione).

Tiresia mette in guardia il re, che, persuaso da lui e dalla voce narrante, decide di tornare sulla sua decisione e di liberare Antigone, che è stata appena imprigionata.

La sua speranza, tuttavia, è vana: la fanciulla, incapace di sopportare una lenta morte, si è soffocata con un lembo della sua veste, e, accanto alla caverna, il suo promesso sposo Emone, figlio di Creonte, si è trafitto con la spada.
Di fronte a questa visione, Euridice, madre del ragazzo, si getta sulla spada del figlio, accusando il marito, che resta così il più solo ed il più infelice degli uomini.


Con ogni probabilità, tre sono i principali insegnamenti che Sofocle voleva trasmettere consegnando ai posteri un epilogo così tragico.

Il primo è la classica massima dell’antica Grecia “non considerare un uomo fortunato finché non hai visto il suo ultimo giorno”: Creonte, infatti, si ritrova in un giorno a perdere tutto ciò che ha di più caro, comprese delle invidiabili fortune.

Il secondo è l’invito a sottostare alle leggi degli dei e ad essere pii: il mancato rispetto di un morto, infatti, ai tempi veniva considerata una grave empietà, punibile con l’ira divina.

Il terzo, infine, è l’ammonimento a non compiere nemmeno un atto crudele, specie se fatto coscientemente ed in modo gratuito, perché esso ritornerà indietro moltiplicato per mille volte.


Per quanto si tratti di grandi “cavalli di battaglia” della letteratura greca, non si può fare a meno di notarne l’attualità.




Ora tocca a voi!
Conoscete questa famosa tragedia? L’avete vista rappresentata?
Avete visto qualche altro spettacolo classico che mi consigliate?
Purtroppo io ho visto la rappresentazione proprio nell’ultimo giorno della sua tappa al Teatro Elfo Puccini, ma so che la compagnia Atir, che l’ha messa in scena, è molto attiva a Milano, quindi spero che per chi è interessato ci saranno altre occasioni.
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


6 commenti :

  1. Sofocle è un manuale per come vivere.
    Ciao Silvia.

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  2. Cara Silvia, purtroppo io non conosco per niente questa tragedia greca.
    Ciao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
    Tomaso

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    1. Ciao Tomaso! Spero che prima o poi ti capiterà! Buona settimana 😀

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  3. Tu, cara Silvia, come sempre, hai riassunto benissimo questa tragedia che, come dici bene anche tu, è attuale e per nulla da sottovalutare. la storia con la s maiuscola non la conducono gli uomini, sebbene convinti di farlo, la storia la conduce Dio, che, al contrario degli dei dell'antica Grecia, è un Dio benevolo e paziente. Buon pomeriggio
    e grazie.
    sinforosa

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    1. Ciao Sinforosa! Grazie mille per la tua analisi. Certo gli dei dell'antica Grecia erano completamente diversi dal dio del Cristianesimo, ma tra le antiche norme religiose dei classici si possono comunque trovare grandi lezioni di civiltà e buonsenso. Buon pomeriggio!

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