Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
bentrovati! Solo “pochi giorni fa” ci salutavamo per la pausa estiva, augurandoci buone vacanze… ed invece eccoci qua di nuovo!
Sono rientrata da poco dalla mia home away from home in Liguria, che come ormai saprete è il mio rifugio estivo, ed una delle prime cose che ho fatto è stata proprio organizzarmi per riaprire il blog con i preferiti di agosto, come al solito!
Vi confesso che, a differenza di altri anni in cui qualche giornata di maltempo e qualche sera un po’ più vuota mi sono servite a portarmi avanti con i post di settembre, quest’anno mi sono presa una vera e propria pausa anche dal computer.
Non lo credevo possibile, ma rispetto ad altri anni ho sentito una necessità ancora maggiore di staccare da tutto, comprese tante cose che amo ed alle quali però avevo dato tutte le mie energie. Il mio desiderio è stato ampiamente soddisfatto: come vedrete, non avrei potuto chiedere di più a questo meraviglioso mese di agosto.
Questo settembre sul blog forse sarà un po’ più spontaneo e meno programmato di altre volte, ma sappiamo tutti per esperienza che ricreare corpo e mente porta con sé nuove energie e tanta creatività, quindi pian piano arriverà tutto: prima i recap sulle letture estive, poi (ahinoi) qualche primo sguardo all’autunno, e tante recensioni di libri che non vi ho ancora raccontato, più le altre rubriche che caratterizzano questo spazio.
Nel frattempo, vediamo insieme questo mese super speciale: già luglio mi aveva dato tante soddisfazioni… raccontiamoci insieme agosto!
Il libro del mese
Nel 1945 l’Europa cerca di risollevarsi dalle macerie della Seconda Guerra Mondiale. La dottoressa Anna Freud, figlia del celeberrimo padre della psicologia, è la prima ad intuire che, tra tutte le emergenze che richiedono al più presto di venire affrontate, ve n’è una non propriamente considerata: le persone che sono uscite dai campi di concentramento, la cui esistenza è stata scoperta da poco, sono profondamente traumatizzate, e un intervento di tipo psichiatrico tarda ad arrivare.
I più sofferenti di tutti sono i bambini: non solo essi si sono ritrovati a vivere un’infanzia che definire sconvolgente sarebbe un eufemismo, ma in moltissimi casi hanno perso le loro famiglie e hanno solo… loro. Coloro che vengono dal medesimo campo, infatti, hanno spesso fatto gruppo tra di loro: i più grandi si occupano dei più piccoli ed insieme si bada al cibo ed alla sopravvivenza.
Anna Freud decide di fondare una serie di “case d’accoglienza senza punizione”, dette così per distinguerle dai temibili collegi o conventi, diretti da suoi fidati collaboratori specializzati in psicologia e gestiti da una serie di professionisti che possano provvedere all’educazione, all’istruzione, al reinserimento in società dei bambini.
La più famosa di queste case diventa Lingfield, in Inghilterra, su una proprietà rurale di Sir Benjamin, un nobile di mezza età che dopo la guerra decide di vivere solo in poche stanze con la sua famiglia, di cedere ad Anna Freud ed ai suoi la villa per tutto il tempo necessario e di collaborare come giardiniere. Lingfield è diretta da Alice Goldberg, pupilla della dottoressa – e forse per questo destinataria dei casi più difficili – e vera e propria protagonista di questo romanzo.
Quello che aspetta Alice e la sua squadra è un compito immenso: essi dovranno essere genitori, cuochi, insegnanti, psicologi, educatori a tutto tondo, nonché abili detective per poter trovare in giro per il mondo i genitori di questi bambini sperduti, ammesso che siano ancora vivi.
I primi ospiti di Lingfield sono provenienti da quello che i tedeschi avevano sempre pubblicizzato come un “lager modello”, un rifugio per ebrei ricchi, e che invece si rivela uguale in tutto e per tutto agli altri campi di concentramento. Quando poi arrivano dei piccoli provenienti da Auschwitz, i racconti dell’orrore si fanno all’ordine del giorno, come sottolinea Alice stessa:
“Sono stati quelli passati per Auschwitz i più sfortunati? O quelli tenuti nascosti e lasciati soli? Esiste la possibilità di una graduatoria degli eventi scioccanti provocati dalla guerra? È mai accaduto prima a dei bambini quello che stiamo scoprendo adesso? Perfino la parola ‘traumi’ appare insufficiente, inadeguata a rappresentarli, se consideriamo la facilità con cui tendiamo a usarla per inconvenienti incomparabilmente minori. Da ora in poi, o ne inventiamo un’altra, o diciamo ‘trauma’ solo in presenza di fatti di questa gravità.”
Se solo il mio cuore fosse pietra è una storia vera. L’autrice, Titti Marrone, professoressa universitaria, aveva già pubblicato nel 2003 un libro non-fiction dedicato a due piccole ospiti di Lingfield, Andra e Tati, due bambine sfuggite ad Auschwitz, ed al loro cuginetto, Sergio, ucciso brutalmente da quelle bestie che si credevano scienziati e facevano esperimenti sui bambini.
Questa è invece una sorta di biografia romanzata di tante persone le cui esistenze sono ampiamente documentate. L’ho trovata a Varazze in uno scaffale di offerte della Feltrinelli, in mezzo a tanti gialli decisamente più da ombrellone, ed ho proprio avuto la sensazione che questa storia “mi chiamasse”. Pur non considerandomi più credente da un po’, credo che tutti coloro che come me hanno lavorato o lavorano ancora nell’educazione si siano sentiti almeno una volta (altro che una…) come i famosi “servi inutili” della Bibbia. Questo romanzo non nega questa sensazione, anzi, vi affonda:
“Avrebbero affrontato con loro le paure, immaginato risposte a domande nemmeno fatte, interpretato pianti e silenzi, prevenuto smarrimenti. Avrebbero sbagliato e rimediato agli errori, perdendosi e ritrovandosi in mezzo ad insidie mai conosciute prima da nessuno. Avrebbero fatto tutto senza cercare encomi, onori, gloria, convinte di non fare niente di speciale.”
Eppure, per quanto Alice ed i suoi si siano sentiti piccoli ed impreparati davanti alla sfida che la Storia stessa aveva posto loro davanti, il loro operato è ricordato come qualcosa di straordinario. A Lingfield è stata abbracciata un’idea di istruzione vera e piena, che puntava a ricostruire dalle fondamenta un piccolo individuo spezzato; sono state gettate importanti basi per la psicologia infantile, perché tanti dei comportamenti di questi bambini – neurotipici ma traumatizzati – sono invece ricorrenti in bimbi affetti da patologie; sono state riunite famiglie che a causa della guerra si erano ritrovate persino su due lati opposti dell’oceano.
L’unica “nota stonata” che purtroppo mi trovo a sottolineare, non come critica al libro ma come osservazione riferita all’attualità, è il fatto che Alice, Anna Freud e gli altri abbiano dovuto spesso scontrarsi con le comunità ebraiche europee, che insistevano per mandare intere famiglie, o persino bambini orfani da soli, in Palestina. Alcune famiglie ebraiche avevano già un’attività in Europa e vi sono tornate felicemente dopo la guerra; tante altre, però, come sappiamo, hanno partecipato al nascente stato di Israele. So che è un argomento molto delicato e credo di non averne neanche mai parlato su questi schermi, ma io penso che sia stato un grande errore della nostra società occidentale, che non si può “promettere una terra” dove c’è già un altro popolo, e che quello in atto da più di 70 anni sia – di nuovo - un genocidio. L’uomo non impara mai… ed è così che il popolo che ha subito una delle più grandi e violente ingiustizie della storia è diventato a sua volta oppressore di qualcun altro.
Se solo il mio cuore fosse pietra è davvero tutto tranne che una lettura che “passa e va”. Sono contenta di averla fatta in un periodo di vacanza, per potermi così concentrare meglio. Ve la consiglio di cuore.
Il film del mese
Rocco, Guido ed i suoi genitori sono stati per anni una bella famiglia. Almeno finché il padre non ha scoperto il tradimento della madre, l’ha cacciata ed ha fatto sì che i rapporti con i figli si interrompessero. La donna è poi morta prematuramente e Guido, appena concluso il liceo, ha reagito fuggendo via per fare l’animatore turistico sulle navi da crociera.
Rocco, il figlio rimasto, è restato tutta la vita tra le campagne emiliane conducendo una routine semplice, tra il lavoro e l’assistenza al padre, che si è fatto giorno dopo giorno sempre più difficile e rancoroso.
Una sera, l’anziano genitore chiede a Rocco di far tornare al paese Guido, che a suo dire è responsabile di aver distrutto quel che restava della sua famiglia; poco dopo, però, egli muore. Guido si presenta solo al funerale e il primo istinto di Rocco, che si è sentito per anni abbandonato ed intrappolato nel ruolo di caregiver, è quello di prenderlo a pugni.
I due fratelli, però, non restano arrabbiati l’uno con l’altro tanto a lungo, anzi, ben presto rievocano insieme i tempi che furono e soprattutto rimpiangono di non aver mai fatto un viaggio on the road che avevano programmato. L’occasione, volendo, ci sarebbe: il padre ha chiesto che le sue ceneri vengano portate sulla tomba della ex moglie, a Cervia, e prendendo le due vecchie moto che ci sono in garage ci si potrebbe impiegare qualche giorno.
Guido all’inizio rifiuta, adduce motivazioni lavorative, ma ben presto salta fuori che la carriera soddisfacente di cui egli parla continuamente è in realtà un mezzo bluff.
Ha inizio così un viaggio che sembra la versione un po’ parodistica di Easy rider in mezzo alle campagne del centro Italia. Tra un divertimento ed una disavventura, Guido rivelerà a Rocco un grande segreto, e Rocco si renderà conto che ha anche lui una sua parte di colpe per quanto riguarda l’allontanamento del fratello.
50 km all’ora è una di quelle commedie italiane che viene venduta come “senza pretese” e invece, nonostante le sonore risate all’interno della sala in più momenti del film, lascia più di qualcosa su cui riflettere.
L’idillio della campagna emiliana, popolata da personaggi che rivelano subito il loro lato comico, lascia ben presto il posto ad un dramma familiare causato prima da un genitore iracondo ed incapace di perdonare e poi da due fratelli che, un po’ senza volerlo e per motivi diversi, finiscono per ricordare due Peter Pan troppo cresciuti.
In realtà questo film non è un “preferito di agosto”, nel senso che ha rappresentato la mia ultima puntata al cinema prima della trasferta ligure, e l’atmosfera ha preparato un po’ sia me che gli altri spettatori alla stagione vacanziera. Poi ammetto che agosto è stato un mese in cui mi sono presa una pausa non solo dal computer ma anche da altri tipi di schermi, anche perché vedrete nella sezione “foto del mese” che ho passato un buon numero di serate tipicamente estive all'aria aperta. Da settembre vedremo che cosa ci proporrà la nuova stagione cinematografica…!
La musica del mese
Agosto chiama… viaggi! Immagino che molti di voi sappiano che sono un tipo da macchina e treno e che io e gli aerei, come diceva Francesco Pannofino in una fiction di qualche anno fa, “non abbiamo motivo di non andare d’accordo per la semplice ragione che ci ignoriamo a vicenda”. Però dieci anni fa ho avuto un’occasione di sdrammatizzare questa mia paura vestendomi da hostess insieme alle altre per il finale del saggio, tratto dal musical Catch me if you can (potete ascoltarlo qui). Fun fact: nel novembre dello stesso anno abbiamo riproposto quello stesso brano in occasione di una manifestazione in un centro commerciale, e come ospite d’onore c’era Stefano De Martino!
Agosto chiama anche tormentoni estivi: due anni fa abbiamo concluso il primo tempo sulle note della Jerusalema (potete ascoltarla a questo link, ma credo che la conosciate bene!).
La poesia del mese
Per il mese di agosto ho scelto un componimento di Philip Larkin dal titolo Gli alberi, che sembra abbracciare tutta la stagione “verde”, dal rifiorire di maggio al presentimento dell’autunno. Agosto è il culmine di questo meraviglioso verdeggiare, e sembra infinito, ma è solo una stagione come le altre, purtroppo destinata a passare.
Sugli alberi spuntano le foglie
come qualcosa che sta per essere detto;
i germogli freschi si allentano e si distendono
in una verdezza simile al dolore.
Forse quelli nascono di nuovo
mentre noi invecchiamo? No, muoiono anche loro.
Il trucco annuale di apparire nuovi
è scritto in fondo a venati anelli.
Eppure si dibattono, inquieti castelli
ancora grandi e folti a ogni maggio.
Morto è l’anno passato, sembrano dire,
e s’incomincia di nuovo e daccapo ancora.
Le foto del mese
Questo primo ricordo appartiene a fine luglio, ma non avevo fatto in tempo a caricarlo un mese fa! Sabato 27 luglio si è rinnovata la bellissima tradizione varazzina – e non solo – del concerto all’alba: è stata un po’ dura ritrovarsi alle 5.15 sul molo, ma i musicisti (già sentiti l’anno scorso) sono stati bravissimi, il programma sul tema del “blu in musica” molto vario e… poi è salita una bellissima alba, un vero spettacolo!
Un’altra tradizione a cavallo tra i due mesi è quella dei “lumini in mare”, un autentico spettacolo… da qualche anno anche più sostenibile, perché le candele messe in mare erano tutte composte da ingredienti biodegradabili!
Le giornate sulla spiaggia quest’anno sono state anche più calde del solito: soprattutto nella prima metà del mese le temperature sono state veramente fuori norma, e l’afa serale ci ha fatto sentire più nella nostra cara Lombardia che in riva al mare. La seconda metà del mese il caldo è stato quello un po’ più ventilato dell’estate ligure, fortunatamente. I bagni quest’anno sono stati lunghi, e fortunatamente certe mattine l’acqua era davvero stupenda!
Le serate del 7 e dell’8 di agosto sono state animate dalle “Notti in blu”, tra teatro, musica, grandi classici, tribute band, esibizioni di danza. Il centro storico è stato decorato ovunque con palloncini blu!
In agosto abbiamo avuto due compleanni di famiglia – mia madre e mio fratello – così ogni tanto ci siamo concessi una cenetta fuori per festeggiare. Da bravi abitudinari andiamo sempre nei nostri soliti posti di fiducia, però ogni tanto il menù cambia e proviamo qualcosa di nuovo. Questo, per esempio, è un antipasto di stoccafisso al verde su purea di patate e carote.
La serata di Ferragosto non sono mancati i fuochi d’artificio della tradizione! Non sono per niente brava a scattare foto “in corso d’opera”, ma questa mi è venuta abbastanza bene…
Il 19, dopo un’intera giornata di temporali che hanno rinfrescato, siamo riusciti a fare una gita a Savona, girando anche il gigantesco mercato del lunedì!
E così ci tocca salutare anche agosto!
C’è sempre qualcosa di strano, di poetico e di malinconico per me negli ultimi giorni di questo mese. Si torna con gioia e ritrovate energie alla propria prima casa ed alla vita di sempre, ma si saluta anche una seconda casa che è comunque un importante punto di riferimento. Chi ama il mare come me, poi, non se ne stufa mai, ed è sempre un po’ dispiaciuta nel salutarlo.
Settembre, però, mi permette di vivere meglio la mia città dopo le fughe estive, ed è una bella coda dell’estate. Pian piano si ritornerà alle solite abitudini…
Mi piacerebbe saperne qualcosa di più sulla vostra estate e sulle vostre vacanze… scrivetemi pure quel che vi va, anche solo un saluto! Mi fa piacere risentirvi dopo questa lunga pausa…
Intanto grazie mille per la lettura, ci risentiamo in settembre con le solite rubriche :-)
Di Titti Marrone ho letto "Meglio non sapere", ambientato nello stesso contesto storico.
RispondiEliminaÈ stata una lettura molto dura. Ma è un libro che mi sento di consigliare.
Lo conosci?
Ciao Claudia! Ho visto che è una delle pubblicazioni precedenti dell'autrice e che il tema è lo stesso ma non l'ho letto... immagino che sia una lettura molto dura, ma grazie per il consiglio.
EliminaUn mese molto ricco, ma anche molto caldo. Nei prossimi giorni, nuovo periodo di vacanze per festeggiare un bel evento.
RispondiEliminaBuon mese di settembre.
Un mese caldo sicuramente! :-) Buone vacanze settembrine, allora!
EliminaNon mi convince il film, chissà.
RispondiEliminaIo l'ho trovato simpatico, magari migliorabile ma non male, vedi tu se ti ispira :-)
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