giovedì 28 settembre 2023

I PREFERITI DI SETTEMBRE 2023

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese



Cari lettori,

siamo agli sgoccioli di settembre!

Ogni anno questo mese mi fa un po’ “paura” perché la fine dell’estate mi ha sempre messo malinconia e poi quasi sempre questo periodo coincide con nuove avventure lavorative e relative incognite. Forse però, anno dopo anno, sto imparando a tenere botta su una serie di cose… almeno meglio di prima.


Il ritorno alla realtà dopo un lungo periodo di stacco e di relax non è sempre una passeggiata, però questo mese mi consente di vivere di nuovo bene la mia città dopo che sono stata a lungo altrove (anche a causa del caldo pazzesco che la rende poco vivibile), di godere di un clima perlopiù piacevole, di riprendere quelle attività che amo e che avevo interrotto – danza – o ridotto – blog – durante l’estate.


Ve ne parlo meglio oggi! Ecco tutto quello che mi è piaciuto, dai libri ai film, dalla musica alla poesia alle foto del periodo!



Il libro del mese


Come vi avevo anticipato in un booktag di inizio mese, il romanzo che ho scelto per il post di oggi è Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin, un libro che in realtà ho letto in agosto, in pieno periodo di vacanza, ma che non mi andava di inserire tra i post ordinari di letture per autori o per tema… perché merita un angolo speciale.


Questo romanzo è ambientato in un piccolo paese in Borgogna e protagonista della storia è Violette Toussaint, la custode del cimitero. È una donna originale e nessuno capisce che cosa ci faccia lì, perché sembra portare la vita in quel luogo di morte: indossa abiti colorati (soprattutto rosa) sotto a cappotti neri che porta per rispetto a chi è in lutto, adotta gli animali delle persone anziane che sono morte sole, ha arredato il suo appartamento alle porte del cimitero con tutti i ninnoli di cui le fanno omaggio i visitatori, ha trasformato il cortile sul retro in un orto, la saletta d’ingresso di casa sua è un salottino per chiunque abbia bisogno di the e conforto, è in rapporti d’amicizia con tutto il personale del cimitero e si dedica al suo lavoro con un entusiasmo che desta quasi delle perplessità.


Un giorno arriva al cimitero un uomo che si presenta come un commissario di polizia e fa un’insolita richiesta. Egli ha con sé una lettera della madre recentemente scomparsa, che gli chiede di non seppellire l’urna con le sue ceneri nella tomba di famiglia, accanto al marito, bensì di porla sopra a quella di un uomo, un avvocato, di cui il poliziotto non ha mai sentito parlare prima.


Violette, che solitamente è molto brava a lasciare che le persone si confidino, dando loro conforto e rassicurazione senza far trapelare nulla di se stessa, con quest’uomo che presto diventa un amico si ritrova a parlare molto di sé.


Indagando insieme, proprio come in un’inchiesta, sulla madre del commissario e  sull’avvocato sepolto lì da anni, scoprono la storia di due persone che hanno voluto amarsi con ostinazione, anche se entrambe hanno tradito, non sono state corrette con se stesse e con il loro prossimo ed hanno nascosto ai più una parte importante di sé.


Chi cela di più di sé, tuttavia, è proprio Violette. Il suo arrivo al cimitero qualche anno prima non è stato casuale, ma è stato causato da eventi drammatici che si svelano al lettore a poco a poco: ascoltare la sua storia è come scendere in un Inferno dantesco che, passo dopo passo, si fa sempre più stretto, buio e profondo.


La motivazione che Violette adduce sempre è quella di un brutto divorzio da Philippe Toussaint, un uomo senza arte né parte che non ha mai voluto lavorare sul serio né contribuire alla vita familiare, un eterno Peter Pan che l’ha sfruttata e poi un giorno se n’è andato per sempre, con la scusa di “fare un giro in moto”.


Quello che nessuno sa, nemmeno gli amici più cari che lavorano gomito a gomito con lei ogni giorno, è che quel cimitero custodisce un altro segreto: quello di una morte ingiusta e contro natura di cui Violette non si è mai fatta una ragione. E forse è arrivato il momento di trovare la verità dopo molti anni.



Mi verrebbe da dire che Cambiare l’acqua ai fiori segue tre linee narrative ben precise: il presente di Violette, il suo passato e la storia di Irène e Gabriel (i due amanti del passato).


La terza è quella che mi ha coinvolto relativamente meno, però ho comunque apprezzato molto le pagine che vedono protagonisti i due “amanti per la vita”, perché è veramente difficile raccontare una storia di questo tipo senza espedienti narrativi che ormai sono diventati clichés tipici dei romance, o creando due personaggi lontani dagli stereotipi. L’autrice riesce benissimo in entrambe le cose, il che è notevole.


Quanto a presente e passato di Violette, all’inizio sembrano essere in netta contraddizione. Da una parte una sorta di oasi di pace in un posto dove di certo la gente non va per stare allegra: un cimitero trasformato in una sorta di giardino, la casa del custode che è diventata un salottino dove transitano i sentimenti di tutti, il sole impietoso che in estate rende roventi le tombe ma fa crescere anche pomodori e lattuga per la comunità di quel piccolo mondo. Vi assicuro che tornare al cimitero dopo aver letto questo romanzo fa uno strano effetto…

Dall’altra una storia terribile: Violette è nata già abbandonata, non è mai stata amata dal marito, ha sempre dovuto lavorare – anzi, direi quasi combattere – per avere i soldi necessari per una vita dignitosa ed è stata provata da una tragedia.


Più si procede con la lettura, però, e più ci si rende conto che queste due parti non sono in contrasto l’una con l’altra. Violette ha trovato la sua dimensione in un cimitero, insieme a persone che, dopo aver perso i loro cari, hanno capito il valore della vita di per sé e senza condizioni, perché secondo me lei l’ha sempre saputo. È un personaggio che ha dovuto imparare sulla sua pelle che cosa vuol dire vivere nel momento in cui l’essere vivi è l’unico bene: quando stava per morire da neonata ed invece un termosifone l’ha fatta vivere, quando era sola e senza mezzi a lottare per la sopravvivenza sua e di chi diceva di amarla, quando è stata sbeffeggiata e trattata come se non valesse niente. Anche al cimitero ella insegna ai suoi “pazienti” addolorati a vedere la vita in un luogo di morte.


È un romanzo che ferisce e che guarisce allo stesso tempo, che ti dà una coltellata in pancia e poi in qualche modo ti risana. Personalmente lo consiglio davvero a tutti.



Il film del mese


La quattordicesima domenica del tempo ordinario ha inizio a Bologna, proprio nel 2023. Marzio Barreca e Samuele Nascetti, amici in gioventù separati dalla vita, ormai settantenni, si incontrano, su insistenza del primo, nell’ufficio del secondo, che è direttore di banca.


Marzio è un uomo di spettacolo che non è mai riuscito a riscuotere il successo che desiderava ed è diventato famoso più per le sue ospitate sopra le righe in qualche programma e per le sue continue risse che per la sua musica. Egli vuole un finanziamento da Samuele per tentare di tornare sulla cresta dell’onda. Il vecchio amico cerca di fargli capire che sta inseguendo un sogno ormai morto, ma, quando Marzio lo insulta, lo mette alla porta dicendo che non ha idea di quello che sta passando.


Samuele, infatti, ha due figli ed uno di loro, a soli 36 anni, sta morendo per un grave tumore. Nel momento in cui il ragazzo si spegne, egli, sopraffatto dal dolore, si toglie la vita.


Al funerale di Samuele e di suo figlio Marzio reincontra Sandra, la donna che era stata sua moglie e che egli ritiene responsabile della rottura definitiva con Samuele. Anche lei versa in cattive acque ed ha la casa pignorata, così i due decidono di farsi compagnia per qualche giorno nella casa di Marzio. L’incontro è occasione per rievocare il passato dei tre protagonisti.


La “cornice” contemporanea è solo all’inizio ed alla fine del film. Il cuore della pellicola è la gioventù di Marzio e Samuele, due amici inseparabili che avevano formato un duo, i Leggenda, e sognavano di andare a Sanremo. Marzio, in quegli anni, aveva sposato Sandra, ma il matrimonio non funzionava a causa della gelosia ossessiva e limitante di lui. I sogni di gloria s’erano spenti presto, ed il tradimento di Sandra con Samuele aveva dato il colpo definitivo ad un mondo che forse esisteva solo nella mente di Marzio.



Devo dire che la storia de La quattordicesima domenica del tempo ordinario mi ha piuttosto sorpreso. Leggendo la trama online e le recensioni, sembrava che fosse una storia simile alle tante sul genere “due ragazzi ed una ragazza”. Ma guardando il film si comprende che non è la storia di una donna contesa (anche perché, ancora, nel 2023?).


Questa è la storia di un uomo che ha tentato in tutti i modi di far aderire il mondo reale e le persone che aveva intorno ad un suo sogno, fallendo miseramente perché non ha mai trovato il coraggio di aprire gli occhi e vedere le cose com’erano.


Marzio a modo suo tiene alle persone, specie a Samuele e Sandra che sono la sua vita, ma il suo è l’affetto/l’amore di una persona tossica che ha bisogno di aiuto.

Con Samuele c’è il sogno in comune di una vita per la musica: un sogno che per Samuele è un tentativo serio, ma che non può prescindere dal “sistemarsi” con un lavoro sicuro nel caso non riesca, e che per Marzio è invece l’unica ragione di vita, al punto che egli non sostiene affatto il suo amico – anzi, diciamo pure che lo prende proprio in giro - nel momento in cui egli inizia a fare carriera in banca.

Con Sandra c’è il grande amore nel quale però ella smette presto di credere, perché Marzio litiga con qualunque uomo osi guardarla, fa scenate imbarazzanti ovunque, addirittura le mette i bastoni tra le ruote al lavoro perché la licenzino e sotto sotto è contento che le abbiano trovato un tumore perché, da malata, avrà bisogno di lui.


È per questo, secondo me, che non si può parlare di tradimento e di contesa: Samuele e Sandra si avvicinano tra loro perché entrambi hanno appena buttato fuori dalla loro vita Marzio, e sanno di aver fatto bene perché è un uomo che calpesta gli altri e li usa a suo piacimento, ma provano una nostalgia insopprimibile. E poi “stanno insieme” (dal film sembra semplicemente che mettano in giro la voce) perché è l’unica cosa che ferirebbe davvero Marzio, l’unica cosa che lo farebbe uscire dalle loro vite.


I film di Pupi Avati mettono sempre in scena un’umanità imperfetta, fragile, peculiare. Credo di averne visti un po’ anche per questo: non ci sono mai storie stereotipate, si va sempre nel profondo dell’animo umano. In questo caso egli ha portato sullo schermo un protagonista che è rimasto al “baretto magico” dove andava dopo la scuola a mangiare il gelato, che quando dorme parla con il fantasma del padre che non ha mai conosciuto, che si ostina a vedere il mondo come dovrebbe essere per lui ed alla fine fa male a se stesso ed agli altri. È un personaggio con cui è veramente difficile empatizzare, almeno per me, però lo sguardo del regista non è giudicante, anzi, il finale forse suggerisce che, quando tutto va male, forse l’unica cosa che resta sono i sogni.



La musica del mese


Fra i dischi di Taylor Swift che non ho ancora menzionato in questo percorso dedicato a lei c’è Midnights, l’album uscito lo scorso autunno. Ne avevo parlato più nel dettaglio in questo post dell’anno scorso.


Il brano che preferisco di quest’album è You’re on your own, kid (che trovate qui), una canzone che incarna molti dei pensieri di paura del futuro, cambiamento e rinascita che accompagnano il periodo settembrino.


Questo brano è la storia di una protagonista femminile che spesso si è sentita diversa e non accettata, provando un senso di solitudine. Crescendo in un paese di provincia con le sue regole ed i suoi sistemi sociali, se n’è accorta subito:


L’estate se n’è andata, ma il desiderio rimane

faccio finta che vada bene con i più simpatici di loro

aspetto pazientemente, lui mi noterà

è ok, siamo gli amici migliori del mondo

insomma…

Lo sento nella tua voce, stai fumando con gli altri ragazzi

tocco il mio telefono come se fosse la tua faccia

non ho scelto questa città

sogno di andarmene

c’è solo una persona che potrebbe farmi restare

per tutti i miei giorni…


Dai gavettoni alle braci del camino” (metafora che indica il passare delle stagioni e degli anni), la protagonista fa del suo meglio per crearsi un’identità. Vorrebbe amicizia ed amore, ma quelle persone non sono giuste per lei. Finalmente trova la sua strada lavorativa e scopre la grande città, ma capisce di non essere l’unica ad aver coltivato questo desiderio e di essere per conto suo in un mondo adulto difficile ed indifferente. Ci mette tutta se stessa sia nei suoi doveri che nel privato, ma alla fine comprende che il bene più importante è essere stata fedele a se stessa.


Ho dato il mio sangue, sudore e lacrime per questo,

ho dato delle feste ed affamato il mio corpo

come se potessi essere salvata da un bacio perfetto,

gli scherzi non erano divertenti, ho preso i soldi e me ne sono andata,

i miei amici da casa non sapevano che dire,

mi sono guardata intorno in un vestito sporco di sangue

e ho visto qualcosa che loro non possono portare via,

perché ci sono state pagine svoltate ad ogni ponte che si è rotto

ogni cosa che perdi è un passo che fai,

quindi fai i braccialetti dell’amicizia, cogli l’attimo, gustatelo

non hai motivi per avere paura

sei per conto tuo, bambina, sì, puoi affrontare anche questo

te la sai cavare da sola, bambina, lo hai sempre fatto


Alla fine di ogni ritornello è come se la frase You’re on your own, kid, you always have been cambiasse lentamente significato.

Da “sei da sola, bambina, lo sei sempre stata” con accezione negativa, arrivando pian piano a “te la sai cavare da sola, perché lo hai sempre fatto”.


È buffo, un anno fa ho difeso Midnights dai suoi detrattori perché lo ritenevo un disco all’altezza dei suoi lavori precedenti e al primo impatto mi era sembrato un album con una pluralità di temi molto profondi. Dopo un anno, però, mi rendo conto che la chiave di questi temi – che pure ci sono – è una soltanto: scegliere se stessi.



La poesia del mese


Per il mese di settembre ho pensato ad una poesia di Charles Bukowski dal titolo Il cuore che ride.


La tua vita è la tua vita.

Non lasciare che le batoste la sbattano

nella cantina dell’arrendevolezza.

Stai in guardia.

Ci sono delle uscite.

Da qualche parte c’è luce.

Forse non sarà una gran luce

ma la vince sulle tenebre.

Stai in guardia.

Gli dei ti offriranno delle occasioni.

Riconoscile, afferrale.

Non puoi sconfiggere la morte ma puoi sconfiggere

la morte in vita, qualche volta.

E più impari a farlo di frequente, più luce ci sarà.

La tua vita è la tua vita.

Sappilo finché ce l’hai.

Tu sei meraviglioso, gli dei aspettano

di compiacersi in te.



Le foto del mese


Gli ultimissimi giorni d’agosto ero appena tornata a casa dalle vacanze e c’è stata una burrasca che sembrava davvero di “fine estate”. Non è stato così: la prima metà di settembre è stata ancora piuttosto calda. Ho sfruttato le ore mattutine per ricominciare a fare le mie solite passeggiate ed ho visto che i giardinetti del Comune sono pieni di bellissime aiuole con fiori di vetro multicolori.



Nel tentativo – non troppo riuscito, lo ammetto – di convincermi che l’estate è finita o quasi, ho messo qualche decoro autunnale nella mia casetta. Niente di che: qualche tovaglietta, candela, cartoline con paesaggi di stagione che ho appeso ai vari armadi… però devo dire che è stato abbastanza per cambiare l’atmosfera. In generale, questo mese mi sono dedicata molto alla mia casetta, perché ho avuto per più giorni gli operai in casa per un paio di lavori, uno che rimandavo da troppo ed uno per cui era necessario aspettare la fine dell’estate. Credo di aver scelto un buon periodo e sono soddisfatta!



Il weekend del 16-17 è stato un pienone di sagre! Venerdì sera e domenica a pranzo sono stata con la mia famiglia a Villa Fiorita per la festa di una lista civica di cui fa parte anche mia zia. Sabato mattina sono stata alla celeberrima “Festa del Gorgonzola” di Gorgonzola! Era decisamente troppo tempo che non andavo…



...il 17 mattina, invece (prima dell’abbuffata), ho girato per la prima volta le bancarelle alla festa del Santo Patrono di Carugate. Molto carino! Mi sono piaciute anche le macchine d’epoca…



Con questo tiramisù che mi è riuscito particolarmente bene volevo dirvi che… oggi, proprio oggi compio 34 anni! Ogni anno la cifra fa un po’ più paura, non ve lo nascondo. Ormai sono decisamente nel mondo degli adulti, anche se non sempre ne sono consapevole, ahah :-) I 33 anni sono stati una montagna russa con tanti alti e purtroppo anche qualche basso, moltissime novità ed un mare di momenti intensamente vissuti. Pian pianino apriamo un nuovo capitolo… e vediamo che cosa mi porterà!




Ecco il mio settembre!

Sembra ieri che ero tornata dalle vacanze… ed invece se n’è già andato un mese ben pieno! Fatemi sapere com’è stato il vostro…

Grazie per la lettura, ci rileggiamo in ottobre :-)


1 commento :

  1. Che tiramisù! E nuovamente Auguri ;)
    Il film? Non conosco, ma forse vedrò..

    RispondiElimina