giovedì 27 aprile 2023

I PREFERITI DI APRILE 2023

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

eccoci arrivati agli ultimissimi giorni di aprile ed ai nostri soliti “Preferiti del mese”!

Definire l’aprile appena trascorso è davvero difficile per me. La sensazione che sto vivendo da qualche settimana a questa parte è quella di stare a bordo di una montagna russa che si innalza e si abbassa moltissimo ed all’improvviso.


Dal punto di vista del lavoro, è stato un mese “corto” per via di vacanze di Pasqua e ponti, ma il calendario dei prossimi 40 giorni mi fa tremare, e poi nel bel mezzo c’è stata la gita, una giornata che allo stesso tempo mi ha fatto tornare a casa stanchissima e raggiante (a proposito di contraddizioni). Quanto a tutto il resto, ho alternato giorni in cui ero perfettamente felice e rilassata, come quelli pasquali al mare e le gite fuori porta per il ponte, giorni in cui mi è sembrato di essere sulla strada giusta per portare a compimento i miei sogni – ci sono state delle belle novità anche a scuola di danza-, e giorni in cui, purtroppo, alcuni miei problemi personali mi hanno portato in dono lacrime, gastrite ed insonnia.


È difficile dirsi di “tenere duro” quando sta per arrivare un periodo molto intenso e si è già parecchio stanchi, ma penso di dovere a me stessa almeno un tentativo. Nessuno è perfetto, ma penso di meritarmi anche di raccogliere i frutti di tutto quello che ho seminato in questa lunga e ricca annata (scolastica e non solo).


Nel frattempo, vediamo insieme libri, film, poesie e canzoni che mi hanno accompagnato!



Il libro del mese


Protagonista di questa storia è Giulia, una donna milanese benestante e realizzata che da tempo lavora come giornalista di moda e costume per una rivista. Il suo profilo è quello della classica “milanese trendy” che chi vive nella mia zona conosce bene: il lavoro come centro della propria vita, giornate frenetiche tra ufficio ed eventi nella grande città, amiche in carriera, tante possibilità economiche.


Questa, però, è solo una facciata. Nel passato di Giulia, e nella sua vita intima, c’è ben altro. La sua infanzia è stata un incubo: il padre, un uomo buono ma senza autorità, se n’è andato presto, risposandosi e costruendo una nuova vita con una donna che non c’entra niente con la madre di Giulia. Quest’ultima, Teresa, è un’egoista in piena regola, dipendente dal gioco e dall’alcool e manipolatrice nei confronti di tutti, soprattutto della figlia. Ancora adesso, a quasi cinquant’anni, a Giulia capita di tornare a casa piangendo dopo aver subito le sue cattiverie. Fortunatamente dal padre e dalla matrigna è sempre ben accetta, e poi c’è Emanuele, il suo fratellastro, la persona più importante della sua vita, che ha ideali completamente diversi dai suoi e vive in campagna con la fidanzata e tanti animali, ma ricambia il suo affetto in modo sincero.


Il conflitto tra quel che Giulia cerca di sembrare e quello che sa di essere nel suo intimo un giorno si fa insopportabile. La mattina del suo 49esimo compleanno, mentre sta facendo colazione, ella ha un attacco di panico in piena regola. In pochi, terribili attimi, Giulia si rende conto di stare per perdere una possibilità che non ha mai considerato: quella di diventare madre. La sua vita sentimentale è da tempo ridotta ad un compromesso un po’ tiepido: ella ha un compagno, Massimo, giornalista come lei, ma la loro relazione, basata sull’indipendenza e sul cercarsi solo per cene, serate e vacanze, all’improvviso sembra non bastarle.


Massimo, sulle prime, è sconvolto dal desiderio di Giulia, che ella non le ha mai esternato, ma, anche se tentennante, poi decide di accettare di diventare genitore insieme a lei. Giulia, da brava milanese in carriera che non perde tempo, affronta la questione di petto: prende appuntamento con i ginecologi più stimati, inizia subito a sottoporsi alle cure ed intraprende un percorso di fecondazione assistita. Quel che ancora non sa è che questa novità nella sua vita metterà in discussione tutto il resto.


Innanzitutto le “amiche”, che non le sono di alcun supporto. Poi il lavoro, che perde consistenza ai suoi occhi giorno dopo giorno: i consigli che ella ha dato per anni a donne come lei iniziano a sembrarle improvvisamente frivoli e superficiali, inutili per chi lotta tutti i giorni contro dolori profondi. Infine i suoi rapporti con la madre Teresa e con Massimo, che crollano a picco.


Teresa inizia a sembrarle quasi gelosa, quasi invidiosa del fatto che, per via del percorso che ella sta compiendo verso la maternità, tutte le attenzioni non siano più riservate soltanto a lei. Massimo, invece, inizia a comportarsi in modo sempre più confuso, ad alternare momenti di affetto e gioia ad altri di manipolazione e cattiveria gratuita.


Giulia, però, non si perde d’animo e, anche grazie all’affetto dei familiari che le vogliono davvero bene e di nuovi amici sinceri, riesce ad andare incontro ad una fase inedita della sua vita.



Non dimenticarlo mai è una delle ultime uscite di Federica Bosco, un’autrice che mi piace fin dai tempi dell’Università e che non smette mai di coinvolgermi. Quello che apprezzo di lei è che, pur continuando a scrivere di temi che restano sostanzialmente gli stessi (amore, relazioni, famiglia, amicizie), lo fa di volta in volta con uno stile diverso, toccando problematiche differenti e sfumature che nei precedenti romanzi non erano state considerate.


Questo romanzo, per esempio, mi ha fatto un certo male. La prima metà, come promesso dalla trama in quarta di copertina, racconta soprattutto le difficoltà di chi decide di diventare madre “ai tempi supplementari”: un tema delicato ma che, almeno per ora, non mi riguarda in prima persona. La seconda metà, invece, pone al centro dell’attenzione gli abusi perpetrati dai narcisisti patologici nei confronti delle loro vittime.


Devo confessarvi che questo, invece, mi riguarda. Ho incontrato una sola persona nella mia vita che corrisponde alla descrizione che gli specialisti fanno di “Narcisista patologico”, una persona che mi era superiore in uno dei primi contesti lavorativi che ho affrontato, solo per una manciata di mesi, e posso assicurarvi che il solo pensiero che qualcuno possa avere una madre o un compagno così mi fa piangere. Sono passati anni, ma quella persona a volte è ancora nei miei incubi. 

Ciò che ho apprezzato di più nella storia di Federica Bosco è il fatto che lei ponga l’accento su tante, tante situazioni reali che si verificano quando una persona del genere ti elegge come sua “vittima”: la paura di un’ombra malvagia che ti osserva e che ti segue, aspettando i tuoi sempre più rari momenti di felicità per rubarteli o rovinarteli; la sensazione di essere defraudata di tutta la propria energia positiva; la consapevolezza che ogni volta che ti prenderai qualche libertà verrai “punita”; la tendenza di questa persona a mettere in mezzo persone che ami pur di fare del male a te; le scenate patetiche che a freddo e da lontano ti fanno quasi ridere, ma da vicino ti rendono incapace di reagire; le giustificazioni del tipo “lo faccio per te, è per il tuo bene, lo hanno fatto anche con me da giovane”. Soprattutto la sensazione che in pochissimi ti credano quando ti stai lamentando di questa persona, perché lui/lei ti rende così emotivamente fragile che gli altri non possono fare a meno di vederti stressata e di dirti, spesso in buona fede, che magari stai esagerando, sei solo stanca, vedrai che le cose andranno meglio.


E invece no, questo non è normale. È una sensazione specifica, orribile, che non auguro nemmeno a chi mi è antipatico, perché se no l’antipatica diventerei io. Credetemi, visto che nel mio caso parliamo di lavoro, negli ultimi anni, tra Covid e mansioni nuove, non sono mancati né stress lavorativo né momenti delicati, ma mai più, nemmeno un solo giorno, ho provato quella sensazione, da quando quella persona è uscita dalla mia vita.


Ecco, chapeau a Federica Bosco per aver raccontato tutto questo. Si sente che è un romanzo in buona parte autobiografico, ma questo suo coinvolgimento personale me la fa apprezzare ancora di più.



Il film del mese


Aprile è stato un mese ricchissimo e, come avrete intuito, tutt’altro che casalingo. Per questo motivo, tra una cosa e l’altra, il cinema, purtroppo, non c’è stato.


Ho pensato così di raccontarvi una commedia che ho rivisto lo scorso sabato e che mi fa sempre ridere, anche se il presupposto su cui poggia è decisamente… amaro.


Protagonista di questa storia è Claudia Maria Lusi (Miriam Leone), una delle tante lavoratrici nell’ambito dei Beni Culturali di questo paese, perennemente precaria ed in difficoltà. Ella ha un piccolo laboratorio di restauro e da tempo sta aspettando alcuni finanziamenti dalla Regione, ma l’attesa di mesi è diventata l’inutile illusione di anni. Al momento, lei e le sue due collaboratrici sopravvivono con la pensione della nonna, vedova molto ricca di un imprenditore, nonché unico membro della famiglia di Claudia dopo l’abbandono della madre.


Una mattina, però, dopo la sua solita colazione abbondante, nonna Birgit muore serenamente. Claudia e le sue due socie stanno per telefonare al medico di guardia, ma poi si rendono conto di essere completamente rovinate senza la pensione della signora. Con la morte nel cuore, esse decidono di nascondere il corpo della nonna nel grande congelatore di casa.


Non hanno fatto i conti, però, con Simone Recchia (Fabio De Luigi), un implacabile Maresciallo della Finanza. Divorziato da una dentista dopo averle imposto una multa salatissima per delle carie curate in nero, egli ha deciso di devolvere tutta la sua vita al lavoro ed impone ai colleghi blitz di sabato e riunioni fino a tarda sera. Un giorno, però, egli irrompe proprio in Regione, per arrestare un funzionario corrotto… proprio quello che, da tanto tempo, sta negando il finanziamento a Claudia.


Simone inizia a passare a trovare Claudia con qualsiasi scusa di tipo finanziario e burocratico, perché non sa come fare a corteggiarla. Lei prima lo asseconda ed esce con lui pur di non farlo restare a casa con il rischio che guardi nel congelatore, poi tenta di scacciarlo malamente, infine si rende conto che – nonostante tutte le sue stranezze – è una brava persona e se ne innamora.


Ma una love story con queste premesse non può portare che guai!



Metti la nonna in freezer mi fa ridere ogni volta che Rai Movie o Rai 3 lo ripassano, però la verità è che è una commedia di denuncia con un fondo molto triste. Claudia ha amato moltissimo la nonna Birgit, che è stata, di fatto, la sua vera madre, eppure è costretta dalle circostanze a compiere un gesto terribile, occultando il suo corpo pur di continuare ad avere i soldi per sopravvivere (sia lei che le sue due socie). Si parla tanto e ovunque del fatto che i 30enni/40enni di oggi sono ancora in buona parte sostenuti da genitori e parenti anziani, perché con la crisi e le varie difficoltà è una generazione più povera di quella che l’ha preceduta, ma questo film sembra dire che finché alle parole non seguiranno i fatti, ci sarà sempre qualche disperato che tenterà di frodare la legge.


Persino l’irreprensibile Simone, che all’inizio del film si dichiara stupito del fatto che tutti gli evasori d’Italia compiano un atto illegale “per dare da mangiare ai propri figli”, verrà costretto a ricredersi.


Riuscire a fare ridere su questi temi, secondo me, è prova di una commedia davvero ben fatta. E, nonostante tutto, leggera e divertente.



La musica del mese


Proseguiamo il nostro viaggio con Taylor Swift!


A gennaio abbiamo riflettuto sulla felicità, a febbraio sull’amore a prima vista, a marzo sulla perdita e sul cambiamento.


Per il mese di aprile vi propongo Daylight, brano di chiusura del settimo CD Lover e mio preferito del disco.


Daylight è una grande metafora: dopo un lungo periodo trascorso in una “lunga notte”, andando avanti alla cieca dopo un momento difficile e destreggiandosi tra persone che non sempre volevano il nostro bene, finalmente si arriva a “vedere il giorno”, cioè ad incontrare qualcuno di importante (o ad apprezzare chi c’è già) ed a mettere se stessi al centro.


La fortuna del disegno dipinge soltanto lo sfortunato

e così sono diventata lo zimbello di tutti

ho ferito il buono e mi sono fidata del malvagio,

cercando di pulire l’aria, ho respirato il fumo […]

Non voglio guardare nient’altro ora che ho visto te

Non voglio pensare a nient’altro ora che ho pensato a te

Ho dormito così tanto in una notte buia di vent’anni

ed ora vedo la luce del giorno, vedo solo la luce del giorno


Questa canzone segna un momento di svolta e di maturità in cui mi sono rivista molto: la consapevolezza che l’amore vero, quello duraturo, non è una fiamma ardente che ti fa sentire come su un’auto in corsa e prossima a schiantarsi (tanto per riferirsi ad una canzone più vecchia di Taylor, Red), ma è caldo ed accogliente come la luce del giorno.


Un tempo credevo che l’amore fosse rosso e bruciante

ma è dorato, come la luce del giorno


Quello che mi piace più di tutto di questa canzone, però, è la conclusione, un piccolo discorso parlato alla conclusione della musica. È da sempre un mantra che cerco di seguire, ma in queste settimane di “montagne russe”, come potrete immaginare, è stato particolarmente importante per me. Trovate Daylight qui.


Voglio essere definita dalle cose che amo.

Non da quelle che odio, non da quelle che mi spaventano,

dalle cose che mi tormentano nel mezzo della notte.

Penso solo che… tu sei ciò che ami.



La poesia del mese


Per il mese di aprile, con tutte le sue contraddizioni e l’arrivo della primavera, ho pensato ad un componimento di Guido Gozzano, dal titolo Speranza.


Il gigantesco rovere abbattuto

l’intero inverno giacque sulla zolla,

mostrando, in cerchi, nelle sue midolla

i centonovant’anni che ha vissuto.


Ma poi che Primavera ogni corolla

dischiuse con le mani di velluto,

dai monchi nodi qua e là rampolla

e sogna ancora d’essere fronzuto.


Rampolla e sogna – immemore di scuri -

l’eterna volta cerula e serena

e gli ospiti canori e i frutti e l’ire


aquilonari e i secoli futuri…

Non so perché mi faccia tanta pena

quel moribondo che non vuol morire.



Le foto del mese


Aprile è stato un mese costantemente… in viaggio! Dal 6 all’11, in occasione delle vacanze di Pasqua, sono stata a Varazze con la mia famiglia, com’è tradizione. Ha piovuto un po’ solo venerdì, per il resto sono state giornate di sole e spiaggia, passeggiate, ottimi pranzetti e relax!



I look di questa primavera, ed in particolare di queste vacanze di Pasqua, sono in buona parte sui toni dell’azzurro!



Il 19, insieme ai miei colleghi, ho portato le classi in gita in Val Camonica! La mattina abbiamo visitato il parco delle incisioni rupestri di Naquane, un posto incredibile che non avevo ancora visto…



...e nel pomeriggio siamo stati in Archeopark, per fare alcune attività legate alla preistoria! Mi sono divertita particolarmente sulla zattera e poi con il tiro con l’arco :-)



Il 22 sono stata con i miei genitori a Cremona, una bella città che merita davvero! Tra seconda colazione con pasticcini, mercato dei fiori, Duomo e battistero, salita in cima alla torre con terrazza panoramica, buon pranzetto in osteria, Museo del Violino e Museo Diocesano è stata una giornata lunghissima… e molto bella! Conto di parlarvi meglio di questo tour in un post :-)



Infine, il 24, sempre in famiglia, sono stata a Bellano! Ho visitato il percorso dell'Orrido che non avevo mai visto (spettacolare!), passeggiato e preso il sole sul lungolago e fatto un pranzetto di pesce. Magari anche queste foto finiranno in un post tutto loro!




Ecco il mio aprile in breve!

Come avete visto, il lato positivo è molto ricco. Quanto a qualche difficoltà che ho avuto ultimamente, conto che pian piano le cose andranno meglio.

Il calendario di maggio mi fa una certa paura, ma farò il possibile per essere costante anche su questi schermi.

Raccontatemi un po’ il vostro aprile!

Grazie per la lettura, ci rileggiamo in maggio :-)


2 commenti :

  1. Un film abbastanza amaro, quasi tragico, praticamente tragicomico, ma perlopiù simpatico.

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