giovedì 6 aprile 2023

STORIA DEL NUOVO COGNOME

 Rilettura del secondo volume della tetralogia di Elena Ferrante




Cari lettori,

bentornati all’appuntamento con la nostra rubrica “Donne straordinarie” e con la rilettura del secondo volume della tetralogia di Elena Ferrante, dal titolo Storia del nuovo cognome.


Se ben ricordate, il mese scorso avevo espresso la mia intenzione di fare una rilettura meditata della tetralogia, dopo otto anni e la trasposizione dei romanzi sul piccolo schermo. In questo post vi ho raccontato nuovamente il primo volume della serie, L’amica geniale, che segue le vicende delle due protagoniste, Lila e Lenù, dall’infanzia fino all’adolescenza.


Storia del nuovo cognome affronta la tarda adolescenza e la prima giovinezza delle due, fino ad arrivare alla maternità di una ed alla laurea dell’altra. Il secondo volume è più corposo del primo e gli eventi raccontati non solo sono molti, ma sono anche davvero rilevanti, se non proprio determinanti per la vita adulta delle protagoniste.


Oggi provo a parlarvene ed a dirvi le mie riflessioni!



Il matrimonio di Lila e gli studi di Lenù


L’amica geniale si conclude con il matrimonio di Lila e con lo sgarbo che Marcello Solara compie proprio nel bel mezzo del ricevimento, presentandosi con quelle scarpe su cui Lila aveva passato le sue notti, che lei mai gli avrebbe regalato e che evidentemente il fratello e/o il neo marito gli hanno invece donato a sua insaputa.


Lila parte per Amalfi con il suo completino pastello e la decappottabile di Stefano, tra le lodi e gli applausi di tutti, e la sua partenza getta Lenù nello sconforto. Ella è vittima di quello che i narratori odierni chiamerebbero il “desiderio mimetico”: la sua amica Lila, nei confronti della quale ella si è sempre sentita da meno, ha sposato uno dei migliori partiti del rione, e non solo negli anni ‘60 il buon matrimonio era considerato l’obiettivo di vita di una giovane donna, ma tutti intorno a lei la trattano come una regina. È allora che a Lenù scatta come una molla dentro al cuore: non importa se non è quello che desidero davvero, ma devo farlo anche io, devo anche io raggiungere questo obiettivo.

Così ella svia da quello che è sempre più stato il suo più intimo desiderio (studiare ed allontanarsi dallo “schifo” del rione, da lei stessa definito così) e cerca di sprofondare in tutto quello da cui ha sempre tentato di fuggire: inizia ad incontrare tutti i giorni il fidanzato Antonio, non studia più, bigia la scuola, bighellona per Napoli.


Ancora una volta accade quello che la maestra Oliviero aveva intelligentemente intuito e predetto: Lila e Lenù riescono a dare il meglio di sé nello studio soltanto se, in un modo o nell’altro, affrontano il percorso insieme. Nel momento in cui l’amica non è più interessata a quello che lei sta studiando a scuola, anche la nostra protagonista sembra perdere motivazione.


L’autrice, inoltre, sottolinea con chiarezza quello che può accadere nella mente di una donna intelligente e studiosa quando si rende conto che, sì, i suoi obiettivi sono importanti, tutti le dicono brava, ma, alla fine della fiera, quella sempre applaudita e invidiata è l’amica che ha sposato l’uomo ricco. Lenù vive quel senso di spossatezza, di inadeguatezza di chi si chiede: ma allora cosa studio e mi sacrifico a fare? Certo, con l’età viene anche la maturità e la capacità di dirsi “faccio un determinato percorso per me stessa e per nessun altro”, ma a sedici anni certamente è difficile.


Dopo qualche settimana di sbandamento, Lila torna dal tanto acclamato viaggio di nozze… con un occhio nero e lo sguardo spento. Quello che racconta a Lenù è ben diverso da quello che Lenù si sarebbe aspettato: un inferno di violenze, paura, ricatti. Un minuto dopo il matrimonio, Stefano si è trasformato da fidanzato “ideale” a marito padrone, anzi, è esattamente l’orco delle favole, proprio come suo padre Don Achille, borsanerista e strozzino. E quel che è peggio è che Lenù sente di essere l’unica a comprendere veramente il dolore dell’amica: tutti considerano normale quello che è successo.


Per di più non c’era persona del rione, specialmente di sesso femminile, che non pensasse che lei avesse bisogno di tempo di una bella lisciata. Perciò le botte non avevano fatto scandalo e anzi intorno a Stefano erano cresciuti simpatia e rispetto, ecco uno che sapeva fare l’uomo.

A me invece, a vederla così malconcia ,il cuore andò in gola, l’abbracciai. Quando disse che non mi aveva cercata perché non voleva che la vedessi in quello stato, mi vennero le lacrime agli occhi. Il racconto della sua luna di miele, come si diceva nei fotoromanzi, sebbene scarno, quasi gelido, mi fece arrabbiare, mi fece soffrire.”


Da quel giorno, lentamente, Lenù riprende a studiare, salvando il suo terzo anno per il rotto della cuffia. Lo fa a casa di Lila, per tenerle compagnia e tirarle su il morale, ma anche per non diventare ignorante e brutale come le donne che la circondano, che non hanno esitato a condannare una vittima di violenza.


Purtroppo non tutto fila liscio. Dopo mesi di proficuo studio insieme, Lenù trascina Lila ad una festa organizzata dai figli della sua professoressa di Lettere, la Galiani. Lenù è terrorizzata all’idea che la sua insegnante conosca Lila e la trovi mille volte più brillante di lei, ma, con sua grande sorpresa, si verifica l’esatto contrario. I partecipanti a quella festa non riescono a cogliere l’intelligenza e l’astuzia dell’amica, anzi, vedono solo una giovanissima ragazza povera e poco studiata che ha dovuto sposarsi presto, e non la includono nei loro discorsi. Questo causerà a Lila un fortissimo episodio di gelosia ed invidia che porterà le due ragazze a non parlarsi per mesi.


La serata della festa, per quanto non occupi molte pagine del romanzo, è emblematica: fa comprendere appieno quanto la narrazione della serie sia parziale, come Lenù veda Lila e chi ella invece sia per il resto della società.



L’estate ad Ischia e la figura di Nino


Ciò che invece occupa larga parte del romanzo è l’estate tra la quarta e la quinta superiore, trascorsa ad Ischia da entrambe le nostre protagoniste.


Dopo mesi di rancore di Lenù nei confronti di Lila, le ragazze si reincontrano al matrimonio di Rino e Pinuccia. La sposa è incinta e gli invitati non sanno far altro che commentare in modo malizioso la gravidanza iniziata prima del matrimonio e lanciare frecciatine a Lila per la sua difficile situazione: dopo più di un anno da moglie di Stefano, i figli non sono ancora arrivati, anzi, c’è stato persino un aborto spontaneo.


Lila confida a Lenù che il consiglio del medico sarebbe passare del tempo al mare, e che Stefano ha affittato una casa a Ischia per lei, sua madre e Pinuccia. L’idea di sopportare tutta estate le premure della madre ed i piccoli sciocchi conflitti con la cognata, però, non convince Lila, che decide di pagare Lenù per farle letteralmente da dama di compagnia tutta l’estate.


A Ischia, però, le tre ragazze fanno degli incontri imprevisti: su tutti quello con Nino Sarratore, che Lenù ha sempre amato segretamente, e con il suo amico Bruno Soccavo, compagno di studi. Per qualche settimana, lontano dai mariti, da Napoli e dalle responsabilità, si crea un’atmosfera quasi magica: per la prima volta, le vite travagliate delle protagoniste sono sospese, ed esse si sentono delle adolescenti come tutte le altre.


Poi, pian piano, le cose iniziano a cambiare. Pinuccia si innamora di Bruno, e ciò le causa una crisi profondissima, perché si è appena sposata con un altro, da cui aspetta un figlio. Nino, all’inizio un po’ ambiguo con Lenù, inizia ad indirizzare i suoi favori verso Lila, che di certo non si comporta come farebbe una donna già impegnata, né tantomeno come farebbe una ragazza rispettosa di una sua amica.


Quando ho letto il romanzo per la prima volta, mi sono chiesta come avesse fatto Lila a portare via, letteralmente, Nino alla sua amica. Otto anni dopo credo di essere arrivata ad una conclusione. Lenù, che ha il grande difetto di sentirsi sempre da meno nei confronti delle persone a cui vuole bene, ovviamente non si sente all’altezza di Nino:


Ma io volevo uscire da quel ruolo. Mi pareva di aver capito, grazie all’umiliazione dell’articolo non pubblicato, tutta la mia inadeguatezza. Nino, pur essendo cresciuto come me e Lila nel perimetro miserabile del rione, sapeva far uso dello studio con intelligenza, io no. Dunque basta illudersi, basta affaticarsi. Bisognava accettare la sorte...”


Lenù pende dalle labbra di Nino, dai suoi discorsi di storia contemporanea, di letteratura, di politica. Lila non fa che imitarla, al meglio e più scaltramente: ricomincia a leggere classici, si informa sui quotidiani, chiede a Nino di spiegarle ciò che non capisce. L’autrice fa comprendere che così Lila pensa di raggiungere un triplo obiettivo: vendicarsi di Stefano che l’ha imprigionata in un matrimonio infelice, approfittare di Nino per acquisire conoscenze che non ha e soprattutto portare via all’amica – di cui è segretamente gelosa – qualcuno a cui lei tiene moltissimo.


Quello che a 25 anni mi era già abbastanza chiaro e che a 33 mi è parso cristallino è che Lila, non conoscendo l’ambiente degli intellettuali, non sa di stare andando incontro alla bocca del lupo. Nino è il classico “bluff” che mette insieme ciò che ha studiato (meno di altri) per affabulare e farsi strada, e non è in cerca di una relazione, bensì di una ragazza da plasmare a sua immagine. In questo senso, purtroppo, Lila è una vittima molto più adatta di Lenù, che comunque ha studiato e sa il fatto suo.


Sia come sia, il tradimento di migliore amica e ragazzo amato avviene, ed a quasi 18 anni non c’è niente di peggio. Così, una notte, Lenù decide di vendicarsi di Nino e di autopunirsi a modo suo, vivendo la sua prima esperienza sessuale con l’uomo che Nino più detesta al mondo: il padre di lui Donato.


Sì, sì, che io sia punita per la mia inadeguatezza, che mi accada il peggio, qualcosa di così devastante da impedirmi di fare fronte a stanotte, a domani, alle ore e ai giorni che verranno ribadendomi con prove sempre più schiaccianti la mia costituzione inadatta. Pensieri così, feci, pensieri sopratono di ragazza avvilita.”



Gli anni dell’Università


Dopo l’estate, descritta quasi giorno dopo giorno, gli eventi prendono una piega sempre più rapida. Lila prosegue la sua relazione clandestina con Nino e lavora con avverse fortune nel negozio di scarpe del centro che avrebbero dovuto gestire solo Rino e Stefano e nel quale ovviamente i Solara hanno messo entrambi i piedi e pure il nome sull’insegna.


Lenù, invece, prende la sospirata licenza superiore e, grazie ai contatti della professoressa Galiani, riesce a sostenere un colloquio di ammissione alla Normale. Vinta una borsa di studio per la Facoltà di Lettere, ella inizia una nuova vita a Pisa, lontano dal suo vecchio mondo e da tutti i suoi affetti.


Devo ammettere che questo momento della narrazione mi ha sempre colpito. Mi sono sempre sentita molto vicina a Lenù per vari motivi: pensieri, sentimenti, decisioni. Da questo punto di vista, però, sono molto più simile a Lila, che fatica ad abbandonare i luoghi dov’è nata e cresciuta, che non riesce mai a considerare “casa” un posto che non sia il rione.


Lenù, invece, già da bambina, mentre Lila voleva tornare a casa, voleva camminare fino a vedere il mare, quindi pian piano si adatta alla sua nuova vita.


Per alcuni versi, i suoi anni universitari mi hanno ricordato i miei da pendolare tra la provincia e la città di Milano: la scoperta di una metropoli, la conoscenza di compagni d’Università con i miei stessi interessi culturali, un senso di libertà, crescita, indipendenza.


Per Lenù, però, tutto frana nel momento in cui Franco Mari, il fidanzato con cui aveva avuto una relazione forse non travolgente ma sana e gradevole, completamente diversa da quello che aveva visto accadere per anni al rione, perde il posto alla Normale e la lascia. Innanzitutto ella si rende conto di non avere legato realmente con nessuno, di essere ancora la “Napoli” considerata diversa per il suo accento ed i suoi vestiti popolari.


Poi, ora che il suo percorso accademico giunge alla fine, pur essendo grata a quel mondo che le ha permesso di studiare quello che amava e di uscire dal rione, ne vede tutti i suoi difetti: la tendenza degli accademici a chiudersi nella famosa torre d’avorio, il sapere detenuto come un tesoro prezioso e concesso con il contagocce, le scaramucce dal sapore infantile tra persone coltissime (ad esempio grecisti vs latinisti) mentre al di fuori dell’Università dilaga una pericolosa ignoranza, e soprattutto l’impossibilità, per una ragazza come lei, di proseguire il percorso accademico. Giorno dopo giorno le è chiaro che per ottenere dottorati o posti di assistente è necessario essere innanzitutto uomini, e poi, preferibilmente, figli di professori, o comunque di personaggi colti ed agiati. Le giovani donne come lei, specie se di provincia e di umili origini, sono fortemente indirizzate all’insegnamento, un lavoro di cura visto come “femminile” e “comodo” per chi vuole fare figli. 

Se vi dicessi che questa è la parte del romanzo in cui mi sono rivista di più (amicizie escluse, ho conosciuto persone fantastiche) e che in sostanza in questi decenni non è cambiato niente, mi credereste?



La fuga dal rione


Decisa a non tornare a Napoli per tentare il primo concorso che esce, vincere una cattedra e restare lì a lavorare, Lenù inizia quasi per caso una relazione con Pietro, un timido ragazzo che la corteggia e che poi si rivela essere figlio di un importante professore universitario, già per natura destinato ad una cattedra in letteratura latina.

Fin da subito l’autrice mette in chiaro che Lenù non ama Pietro quanto lui ami lei, ma è attratta dalla possibilità di seguire un futuro professore in un’altra città, di non restare di nuovo sola come le è successo dopo la fine della sua storia con Franco. La madre di Pietro è editrice e le sue conoscenze la portano ben presto alla pubblicazione del suo primo romanzo.


Ma mentre per Lenù tutto va al meglio – o almeno, secondo i suoi piani -, per Lila non c’è pace. La sua storia con Nino, proseguita nella clandestinità per mesi e mesi, si è esaurita con una breve ed infelice fuga e poche settimane di convivenza in uno squallido appartamento. Lila si è sentita improvvisamente rifiutata dall’uomo che credeva di amare; la verità, ovviamente, è che Nino si è reso conto che Lila, nonostante i suoi scarsi studi, è molto più intelligente e scaltra di quello che sembra, e quindi non è la bambola da plasmare che egli si sarebbe aspettato.


Lila, rimasta sola e consapevole di essere incinta, si rifiuta di spostarsi dall’appartamento dove è stata abbandonata, ma, a sorpresa, viene riportata a casa dall’uomo che d’ora in avanti sarà fondamentale per lei: Enzo Scanno, il fruttivendolo, uno dei suoi amici d’infanzia, nonché uno dei pochissimi personaggi maschili davvero positivi della serie. Egli confessa a Lila di averla sempre amata e le propone che la riporterà da Stefano, ma solo finché ella vorrà; poi la porterà via con sé.


Lila accetta, torna a casa da Stefano, gli dà l’erede che egli aspettava tanto, e per qualche anno la maternità regala al matrimonio un’apparenza di quiete. Quando la situazione precipita di nuovo, tra un’amante fin troppo vicina ed il crollo definitivo degli affari di Stefano a favore dei Solara, Lila ed Enzo fuggono insieme.



È così che avviene l’ultimo incontro tra le due protagoniste del romanzo, dopo tanti anni in cui hanno condotto vite separate: al salumificio di Bruno Soccavo, l’amico di un tempo, ormai consumato dagli affari e dalle preoccupazioni. Da una parte Lila, che vive in un quartiere popolare con Enzo e il piccolo Rino, lavora come operaia ed è stanca nell’animo e nel corpo. Dall’altra Lenù, che si è laureata, sta per realizzare – da sola - il sogno di entrambe di scrivere un romanzo ed è fidanzata con un uomo lontanissimo da quelli della sua infanzia ed adolescenza.


Due donne all’opposto, ma entrambe, almeno per ora, fuggite dal rione e da tutto quello che ha tormentato il primo segmento delle loro vite. Almeno finché l’età adulta non le richiamerà, sottoponendole a nuove prove.




Ecco le mie riflessioni su Storia del nuovo cognome!

Mi sono dilungata anche più del previsto, lo so… ma più rifletto su questa storia e più avrei da dire, da scrivere, da pensare. Mi rendo conto che quello che si potrebbe dire su questa tetralogia, da svariati punti di vista (l’Italia di una volta, le questioni socio economiche, l’istruzione, la condizione della donna, i rapporti familiari, le relazioni uomo-donna, le amicizie, la cultura) è davvero sterminato… non mi stupisco che siano state fatte addirittura delle Tesi di laurea!

In questi giorni ho iniziato Storia di chi fugge e di chi resta, il volume che racconta la giovinezza, quella che è più o meno la mia età. Ve ne parlerò prossimamente!

Nel frattempo, attendo i vostri pareri.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


2 commenti :

  1. Che bella riflessione, mi ha fatto venire voglia di rileggere il romanzo, nonostante abbia trovato pesantissima la parte in cui Lenù è all'università e nonostante detesti il 90% dei personaggi, Nino in primis.

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    1. Ciao! Grazie mille, spero che se rileggerai il romanzo ti piacerà di più :-)

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