lunedì 27 gennaio 2025

27 GENNAIO: GIORNATA DELLA MEMORIA

 Due letture a tema




Cari lettori,

iniziamo la settimana con una ricorrenza molto particolare ed importante: quella della Giornata della Memoria.


Un anniversario ahinoi discusso negli ultimi tempi, perché nel mondo non hanno mai smesso di esserci conflitti e genocidi, in particolare in Palestina. È tragico pensare che chi un tempo è stato oppresso ora sia diventato oppressore: è la terribile lezione del ciclo della violenza, e l’uomo sembra non impararla mai.


Di questi tempi, mi sembra più opportuno che mai informarsi ed istruirsi. Per questo motivo, oggi, per le nostre “Letture...a tema”, ho scelto due romanzi che potremmo accostare al genere giallo, ma che presentano, come tema fondamentale, il ricordo della Seconda Guerra Mondiale e dell’Olocausto.


Uno dei due è l’ultima uscita di Maurizio De Giovanni, autore che sapete essere tra i miei preferiti. L’altro, invece, esula un po’ dalle mie solite letture: abituata a leggere gli autori italiani targati Sellerio, stavolta mi sono cimentata con un’opera internazionale!



Volver- Ritorno per il commissario Ricciardi, di Maurizio De Giovanni


Avevamo lasciato il commissario Ricciardi nel pieno del primo Natale di guerra (a questo link trovate la recensione di Soledad) e lo ritroviamo nel luglio del ‘40, quando ormai anche l’Italia è diventata parte attiva del conflitto.


Ricciardi si è visto costretto a fare quel che non avrebbe mai immaginato. Suo suocero, il cavalier Giulio Colombo, pur essendo cristiano osservante da anni, è di famiglia ebraica. Di conseguenza, lui, la moglie e perfino la piccola Marta, figlia del commissario e della scomparsa Enrica, sono stati inseriti nelle liste di chi è discriminato e potrebbe essere deportato da un momento all’altro. Nel 1940 non si conosce ancora la terribile realtà dei campi di concentramento, ma anni ed anni di condannati al confino sono bastati ad instillare una grande paura.


Così per il commissario è giunto il momento di cambiare vita. Lasciato (per ora o per sempre) il posto in polizia, e con esso Napoli, egli è tornato a Fortino, nel Cilento, ed è tornato ad essere il barone di Malomonte. Con sé ha portato la piccola Marta, la fedelissima governante Nelide ed i suoceri Giulio e Maria.


Avrebbe tanto voluto avere con sé anche il fedele amico di sempre, il dottor Modo, ormai andato in pensione. L’uomo, però, è da sempre un fervente antifascista e negli ultimi anni è entrato a fare parte di un gruppo di rivoluzionari. Egli rischia la vita ogni giorno, è sopravvissuto per un soffio ad una retata – grazie ad un salvataggio per mano di un giovane collega dell’ospedale che riteneva una spia e che invece fa parte dei suoi – e non vuole mettere a repentaglio la vita di amici innocenti facendosi seguire fino a Fortino.


A Napoli è rimasto anche il brigadiere Maione, più triste e sconfortato che mai. La vita ha riservato già delle amarezze a lui ed alla moglie Lucia, prima tra tutti la morte violenta del primogenito Luca (che aveva scelto di fare il poliziotto come il padre). Niente però li aveva preparati allo scoppio della guerra in Italia e soprattutto alla reazione entusiastica dei loro quattro figli, imbevuti fino al midollo di retorica fascista e convinti che il conflitto sia qualcosa di “nobile e giusto”. Maione sente che questa volta non basta rimproverare i figli, perché l’ideologia fascista si è radicata in loro troppo a fondo, e teme che tanti altri ragazzi d’Italia la pensino come loro.


Il commissario Ricciardi vorrebbe godersi il pseudo-idillio tra le montagne cilentane, esattamente come cercano di fare i suoi suoceri, ma il pensiero della guerra lo affligge e lo rattrista, ed ogni angolo della sua terra gli ricorda un’infanzia ed un’adolescenza molto sofferte.


C’è in particolare un fantasma che lo tormenta: quello del suo “primo morto”, del primo uomo che ha visto in versione spettro, quando era ancora un bambino. Si tratta dell'ombra di un giovane accoltellato che si era accasciato tra le vigne della tenuta dei Malomonte. Il piccolo Ricciardi, ancora bambino, aveva assistito a quella strana apparizione ed aveva chiesto spiegazioni alla madre, la quale, con sua grande disperazione, aveva capito che suo figlio era afflitto dalla sua medesima condanna: quella di vedere i fantasmi di chi è morto in modo violento, destinati a restare sulla Terra finché giustizia non è fatta.


Quello spettro è ancora lì, tra le vigne e la campagna: non si è mai trovato un colpevole. Ricciardi lo sogna mentre ripete “Tutti quei morti ammazzati, e io ancora senza giustizia”. Il pensiero di questo suo primo caso insoluto si fa così pressante che il commissario inizia a credere di essere stato chiamato a Fortino per questo: per chiudere il cerchio, per risolvere il caso che ha aperto le porte alla sua dannazione.


Non è un caso facile, perché è un cold case, si tratta dell’omicidio di un pover’uomo e l’archivio della polizia di Fortino conserva poche e frammentarie informazioni sulla vicenda, che alla fine è stata archiviata. Eppure il mistero di quella morte tra le vigne nasconde dei segreti che riguardano sia il passato che il futuro dei baroni di Malomonte.


Nel frattempo, Nelide, oberata di lavoro perché “il signorino” non si occupa degli affari di Fortino e della gestione di campi e proprietà, affida Marta alle cure di Filomena, la sorella maggiore della defunta Rosa, una signora molto anziana e sordomuta che ha l’abitudine di cucire sotto un grande albero. Nelide non sa perché, ma Marta è felice di stare tranquilla accanto a Filomena. L’anziana donna, in realtà, non è mai stata sorda, solo muta. E può comunicare benissimo con la bambina, che non ha ereditato dal padre la dannazione di vedere i morti, ma è nata con il dono di poter sentire i pensieri dei sordomuti. Così le racconta una lunga storia…



Non ho inserito Volver nei preferiti di gennaio solo perché i suoi precedenti Caminito e Soledad sono già parte di un post di quella rubrica, ed è giusto che nei preferiti sia inserito un po’ di tutto (per esempio, questo giovedì penso proprio che vedrete una raccolta di racconti). Volendo però fare una scelta meno ponderata e più di cuore, vi direi sinceramente che qualsiasi cosa riguardi la storia del commissario Ricciardi va di diritto tra i miei preferiti.


Caminito, Soledad e Volver fanno parte di quella che Maurizio De Giovanni ha definito una trilogia, arrivata dopo quella che sarebbe dovuta essere la conclusione della serie (Il pianto dell’alba, di cui trovate la recensione a questo link). Dopo aver fatto sì che il commissario Ricciardi andasse incontro alla tragica morte di Enrica ed allo scoppio della guerra, l’autore sembrava intenzionato a salutare il suo personaggio, ma fortunatamente ha cambiato idea.

Volver, come gli altri due, come tutti i romanzi del commissario Ricciardi, è una storia che si divora, che ti fa fare nottata, che ti porta direttamente in un altro mondo.


In questo caso, poi, l’ambientazione è diversa dalla caotica Napoli anni ‘30 a cui noi lettori siamo stati abituati: ci spostiamo a Fortino, dove tutto è più lento, la guerra sembra lontana, l’atmosfera è quasi onirica. Eppure è proprio lì che si crea un ponte tra passato e presente e si compie l’idea di “ritorno”, non solo fisico ma anche soprattutto spirituale.


Ancora una volta Maurizio De Giovanni ha annunciato la sua intenzione di chiudere con Ricciardi, forse una volta per tutte. È vero che tante questioni rimaste in sospeso trovano una loro conclusione in questo romanzo, ma altre no. Due su tutte: Livia (vecchia amica del commissario, da sempre innamorata di lui) che vuole tornare dall’Argentina ed il segreto di Marta, che Ricciardi ancora non sa.


Non so, questa volta (l’autore mi perdonerà) non credo al 200% alla tesi “la serie è finita qui”. Siamo già stati smentiti una volta. Vedremo…



Il crimine del buon nazista, di Samir Machado de Machado


La storia ha inizio nell’ottobre del 1933, a bordo di un dirigibile LZ 127 Graf Zeppelin, che è partito dall’Europa e sta sorvolando il Brasile.


Sono tempi in cui gli aerei di linea non sono ancora proprio una realtà collaudata ed i ricchi notabili europei preferiscono spostarsi con queste sofisticate ed enormi aeromobili.


A parte il capitano, suo figlio che è il timoniere e l’equipaggio, sono pochi gli ospiti di rilievo del dirigibile. Innanzitutto c’è Bruno Brückner, che potremmo considerare il protagonista di questa storia: un funzionario della polizia berlinese, e membro del partito nazista. Poi la baronessa Van Hattem, alcoolista e fervente sostenitrice del partito; il medico Karl Vöegler, che ha raggiunto il successo professionale con discutibili (per usare un eufemismo) studi sull’eugenentica; l’inglese William Hay, ricco di famiglia fannullone e provocatorio.


Durante la prima cena insieme mentre sorvolano il Brasile, i tre compagni di viaggio di Brückner si divertono a mettere in difficoltà un quarto passeggero, un certo Otto Klein, che ha raccontato di aver appena avuto un importante scatto di carriera: da proprietario di un piccolo emporio è diventato un importatore su scala internazionale. I tre commensali, sotto lo sguardo piuttosto critico di Bruno (che sembra aver aderito al nazismo più per dovere professionale che per una vera lealtà alla causa), prima insinuano che Klein sia stato promosso perché ha fatto qualche favore sporco al partito, poi cambiano registro e addirittura affermano che sia un ebreo sotto copertura. L’uomo, indignato, abbandona la cena, ed i tre, in apparenza soddisfatti del loro atteggiamento da bulli, riprendono tranquillamente la discussione a proposito dell’ “arte contemporanea degenerata”.


Bruno va a dormire e passa una notte tranquilla, ma al risveglio ha una brutta sorpresa. La porta del bagno degli uomini è chiusa dall’interno, ed Otto Klein non è nella sua cabina. Il commissario di bordo ha il passepartout ed è così che fa un’amara scoperta: il cadavere dello scomparso è proprio nella toilette chiusa.


Bruno avverte subito un odore di mandorla amara e comprende che l’uomo si è ucciso – o è stato ucciso – con il cianuro. Il capitano del dirigibile, nonostante la sua posizione fieramente antinazista, comprende che il funzionario di polizia è l’unico a bordo che può fare luce sul mistero (nonché, probabilmente, l’unico che non agirebbe con fanatismo). Al nostro protagonista non resta dunque che tentare di fare luce su un mistero che non ha niente di scontato.



Questo romanzo breve (sono meno di 200 pagine) di Samir Machado de Machado può a tutti gli effetti considerarsi una “scoperta”. L’ho trovato in biblioteca, al banco delle novità, dove spesso mi capita di trovare dei casi editoriali di narrativa generale molto acclamati sul web. Il crimine del buon nazista è invece un titolo che non avevo mai sentito, che ho portato a casa con me per curiosità e che mi ha molto sorpreso.


La prima impressione, leggendo sia la quarta di copertina che le prime pagine, è quella di un “Assassinio sull’Orient Express”, ma in dirigibile. E in effetti, pur non conoscendo l’autore, mi è sembrato di intuire un intento di omaggio, innanzitutto al genere del giallo, e poi ad altri titoli noti della letteratura e del cinema (ad un certo punto un personaggio fa una sorta di parodia del famoso discorso “Ho visto cose che voi umani...”).


La scrittura è fin dall’inizio ironica e brillante, ma c’è una vena di satira ed aspra critica sociale che secondo me si comprende appieno solo alla fine. Questa è un’indagine che finge di appoggiarsi ai ruoli tradizionali del romanzo giallo, e poi li stravolge. Non anticipo niente, ma credo che rimarrete sorpresi fino alle ultime pagine.


Per quanto riguarda il tema odierno, la morte di Otto Klein è doppiamente sconvolgente non solo per l’assassinio a bordo, ma anche perché nella cabina della vittima viene ritrovato un passaporto con un nome ebraico. E di discriminazione nei confronti degli ebrei si parla molto, ma ancora di più si narra di quella contro gli omosessuali. Personalmente non lo sapevo, ma ve n’erano molti all’interno dello stesso partito nazista, ed Hitler, approfittando del marasma durante la Notte dei lunghi coltelli, li fece uccidere, parlando di un’operazione di “pulizia interna” ed ovviamente eliminando così dei rivali pericolosi.


Vi basta un weekend per questa storia breve e folgorante. Personalmente ve la consiglio!





Queste sono le mie scelte per la Giornata della Memoria del 2025!

Fatemi sapere quali sono i vostri consigli di lettura in merito, se vi va. Nel frattempo vi lascio i link a qualche altro post a tema:


- Racconto “Una bambola rotta” (Link)


- Due letture: “Un caso maledetto” di Marco Vichi e “Scolpitelo nel vostro cuore” di Liliana Segre (Link)


- Canzoni contro la guerra (Link)


- La Giornata della Memoria in poesia (Link)


- I classici del 27 gennaio (Link)


Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


1 commento :

  1. Ciao Silvia.
    Anch'io ho letto e leggerò ( ancora nella giornata di oggi, e non solo) libri a tema. È importante ricordare e continuare a parlare di ciò che è accaduto 80 anni fa ma farlo deve giustamente essere un monito affinché non chiudiamo gli occhi davanti alle nefandezze e ai crimini che vengono compiuti oggi.
    Proprio ieri ho letto un libro che riporta delle commoventi lettere di alcuni bambini che vivono nei campi profughi in Palestina. Conto di parlarne sul blog al più tardi domani; ovviamente di per sé è un libro che non ha a che fare con l' olocausto ma io vorrei parlarne proprio perché lo sterminio e il massacro dei palestinesi non può e non deve essere ignorato o sminuito.

    Un caro saluto

    RispondiElimina