Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese
Cari lettori,
ultimissimo giorno di luglio e “Preferiti del mese”!
Sapete che questo mese e quello di agosto sono per me di stacco e rallentamento tra un anno lavorativo ed un altro, e quindi, già solo per questo, sono dei gran bei mesi :-)
Questo luglio, poi, come vedrete, è stato ricco di festeggiamenti in famiglia, sole e mare (anche se non sempre il tempo ci ha assistito), belle giornate in compagnia, tempo per lettura e scrittura.
Vediamo insieme tutto quello che mi è piaciuto, dai libri ai film, dalla musica alla poesia alle foto del periodo!
Il libro del mese
Questa storia ha inizio nel 1944, in piena Seconda Guerra Mondiale, dopo lo spartiacque dell’8 settembre ‘43, la nascita della Resistenza e mesi interi di una vera e propria guerra civile all’interno dell’Italia.
L’Ospedale Niguarda da tempo sta beffando i fascisti, nascondendo ebrei, omosessuali ed oppositori politici che sarebbero destinati ad un triste destino (al tempo si immaginavano imprigionamento e confino, poi si è scoperta la terribile realtà dei lager). Sono mesi che medici ed infermieri “fanno morire” in reparti di isolamento i perseguitati, agevolando in realtà la loro fuga.
Tra loro c’è Maria Peron, un’infermiera di trent’anni nubile, per i tempi considerata già “zitella” ed interamente devota al suo lavoro. Un giorno di aprile, la suora caposala le comunica: “Peron, da questo momento lei è in ferie”. Maria sulle prime non comprende, ma poi una terribile realtà si fa spazio nella sua mente: i fascisti hanno capito tutto e stanno arrivando. Dopo una fuga dall’ospedale e per i campi che potremmo definire rocambolesca, Maria riesce a rifugiarsi dall’amica più vicina, che è sposata ad un uomo che ha contatti con i partigiani.
A Maria piacerebbe tornare in provincia dalla sua famiglia, ma dentro di sé sa che non è possibile: i fascisti hanno nomi e cognomi di tutti, e andrebbero a cercarla lì, prendendosela non solo con lei, ma anche con i suoi. La via di fuga più sicura sembra essere quella della montagna, tra i partigiani: un’infermiera serve “come il pane”.
Maria ha qualche perplessità nei confronti dei partigiani, che sono bollati come “comunisti”, mentre lei è sempre stata una donna di Chiesa dalle posizioni politiche moderate, ma si rende anche conto che questo è l’unico modo per salvare se stessa e la sua famiglia, ed essere persino utile a qualcuno.
Dopo un viaggio in treno con documenti falsi ed una faticosa salita in montagna – manco a dirlo, con vestiti inadatti, gli unici che le sono rimasti – Maria arriva in Val D’Ossola e viene integrata al battaglione comandato da Dionigi Superti, una figura quasi “mitica” che si è già distinta per delle azioni di cui tutti parlano. In un primo momento ella fa riferimento a lui per il suo lavoro, poi, quando Superti viene chiamato altrove, si rivolge al Capitano Mario Muneghina.
Maria si rende conto ben presto che la situazione è disperata: le attrezzature mediche sono scarsissime, l’infermeria è una tenda di fortuna, ogni settimana o quasi accade qualcosa di drammatico che costringe il gruppo a spostarsi. Per fortuna ci sono paesi di montagna poco distanti che sono abitati quasi esclusivamente da parenti di partigiani e forniscono tutto l’aiuto che possono… ma non sempre raggiungerli è una passeggiata, e non sempre quei poveri civili possono privarsi anche dell’essenziale.
Ella ancora non lo sa, ma questo sarà solo l’inizio del suo anno da partigiana, fatto di continue tragedie (rappresaglie, fughe disperate per i boschi, attacchi dei fascisti, perdita dolorosa di pazienti ed amici, tradimenti di persone che ella riteneva fidate ed altro ancora) ma anche di crescita, della scoperta di un’inaspettata forza dentro di sé, e di un incontro che le cambierà la vita per sempre. Maria si innamorerà, ricambiata, di Laurenti, un ragazzo più giovane di lei che fa parte di un gruppo di georgiani, poveri soldati sbalzati in Europa occidentale dalla Russia. Immigrati di cui nessuno si è voluto occupare, tantomeno il governo, e che hanno finito per unirsi ai partigiani.
Maria – Nata per la libertà è arrivato tra le mie mani al termine di una mattinata molto bella, sabato 12 aprile, alla Biblioteca di Vignate. Sono stata molto contenta di conoscere Amalia Frontali, autrice che si occupa principalmente di historical romance e che ho conosciuto qualche anno fa. Il mio romanzo preferito tra i suoi è La chioma di Berenice (trovate la recensione a questo link), ma mi sono piaciuti tanto anche Mia cara Jane… (a questo link) e La gemma di Ceylon (a questo link).
Con questo romanzo Amalia Frontali ha cambiato sia modalità di pubblicazione (con la NUA Edizioni invece che in self) che ambientazione storica (dall’epoca regency al 1944/45). La peculiarità delle sue storie, che me le fa apprezzare tanto, è rimasta però la stessa: l’autrice, infatti, racconta sempre qualcosa di realmente esistito (la guerra civile in Sri Lanka; le imprese dell’egittologo italiano Giovanni Belzoni; l’unico e sfortunato amore di Jane Austen) e su questi fatti costruisce una trama, di fantasia e verosimile allo stesso tempo. Nel caso degli altri tre romanzi che ho letto, la componente romance era predominante; qui, per quanto ci sia la nascita di una storia d’amore, sono gli eventi della Resistenza ad essere il cuore.
Maria Peron è davvero esistita, così come Laurenti, Dionigi Superti, il Capitano Mario e la maggior parte dei personaggi di questa storia. Amalia Frontali, oltre a raccontare con molti particolari realistici quel che è effettivamente accaduto in quel suo anno di partigiana, dà vita anche alla voce di una donna che tutto avrebbe pensato tranne che trovarsi lì. Viviamo l’insicurezza di Maria, che prima della guerra era data quasi “per scontata” all’ospedale ed è proprio nelle ristrettezze che si rende conto di quanto il suo lavoro sia essenziale; la sua bassa autostima e la sua convinzione che per lei sia troppo tardi per trovare l’amore, spazzate via dall’incontro con Laurenti; la forza e la determinazione che riesce a tirare fuori quando ritiene che una decisione sia la più giusta per i suoi pazienti, checché ne dicano i comandanti.
È un romanzo che, come tutti quelli sulla Resistenza, dà vita a tanti ed importanti discorsi sulla pace, sull’attualità di una festa come il 25 aprile, sulla necessità di ricordare ogni anno cos’è successo in Italia in quel periodo. A questo link vi ho raccontato un po’ meglio l’incontro con l’autrice.
È una lettura che mi ha dato tanto… e spero che vorrete darle una possibilità!
Il film del mese
La storia ha inizio a Roma, ai giorni nostri. Il regista in persona, Ferzan Özpetek, invita a casa sua tutte le attrici che sono state protagoniste dei suoi film, più qualcuna con cui non ha mai lavorato ma con cui gli piacerebbe collaborare, ed organizza un pranzo in terrazza.
Le donne sono incuriosite da questa sorta di festa che sembra più che altro una convocazione ufficiale, ed infatti il regista comunica di aver portato loro il copione di un film che gli piacerebbe realizzare con tutte loro. Non ha intenzione di procedere, però, senza la loro adesione e soprattutto senza la loro lettura partecipata, con tanto di correzioni e di nuove proposte.
Insieme alle attrici ed al regista, ci immergiamo nella storia raccontata. Il film comincia nel 1974 in una rinomata sartoria che confeziona abiti per il cinema e per il teatro. Le proprietarie sono Alberta e Gabriella, due sorelle che hanno perso presto la loro famiglia ed hanno dovuto fare carriera da sole. Alberta è rigida, severa ed ha rinunciato a tutto per il lavoro; Gabriella un tempo era la sorella dal carattere più affabile e generoso, ma da quando è andata incontro ad una tragedia – che pian piano troverà il coraggio di raccontare – è dedita solo all’alcoolismo.
Sono moltissime le donne che lavorano in sartoria, dalle apprendiste alle esperte ricamatrici, dalla tingitrice all’addetta alla mensa.
Tutte hanno un importante fardello personale da portarsi dietro: chi è madre single di un figlio che non sa dove sistemare mentre lavora; chi ha un figlio già grande, incapace però di relazionarsi col mondo, al punto da non uscire più dalla propria camera; chi è vittima di un marito violento e chi ha capito tutto ma non sa come aiutarla; chi non riesce a non ripensare al passato e chi invece ha paura del futuro.
Per tutte la sartoria è un importante punto di riferimento, a volte persino una casa più sicura della propria.
Una prova importante, però, sta per bussare alla loro porta, e proprio in un periodo già pieno di lavoro. La famosa costumista Bianca Vega, che lavora con registi di primissimo piano, vuole collaborare con loro per i costumi di un nuovo film, ed in particolare per gli abiti della protagonista femminile, che dovrà essere vestita con eleganza e modernità al tempo stesso.
In breve tempo le dipendenti della sartoria si trovano a dover obbedire ad una cliente e ad un capo sempre più esigenti, Bianca ed Alberta. Ma tutto cambierà quando la prima non si sentirà più apprezzata come una volta dal regista e la seconda incontrerà nuovamente un suo vecchio amore.
Si è fatto un gran parlare di Diamanti quest’inverno. Io l’ho visto solo di recente, in streaming, e devo dire che l’hype mi è sembrato meritato. È una grande storia corale al femminile e, allo stesso tempo, una riflessione sul cinema fatta da chi lo vive ogni giorno.
Il film sulla sartoria prende vita davanti ai nostri occhi, grazie agli interventi delle attrici e del regista seduti in terrazza: un personaggio che avrebbe dovuto essere presente non può partecipare, e così risulta “morta troppo presto”; qualcuna cerca di defilarsi ma il regista la convince a restare, e quindi ci sarà una parte anche per lei; le vicende di alcune delle protagoniste cambiano tempi e modalità proprio sotto i nostri occhi.
È un film nel film, sul concetto di creazione: mentre le attrici cercano di dare vita alla pellicola, le protagoniste di quest’ultima cercano di creare l’abito perfetto.
E mentre nascono sia il film che l’abito, la vita va avanti, e tutti i personaggi sono chiamati ad essa, nonostante il loro volersi chiudere nella sartoria (o nel mondo del cinema: ci sono entrambi i piani) e dimenticare i loro problemi.
Credo che il regista con questo film abbia voluto chiudere tanti capitoli ed omaggiare le attrici con cui ha lavorato e quelle con cui non aveva ancora avuto occasione di collaborare finora. Penso però che abbia ancora molto da dire, quindi vedremo che cosa ci proporrà prossimamente!
La musica del mese
Per una serie di motivi, la prima settimana di questo luglio mi sono ritrovata a riguardare un po’ di vecchie foto e mi è tornato in mente qualche ricordo dei primi anni Duemila e della mia adolescenza. In particolare mi sono ritrovata a canticchiare una canzone estiva che credo si adatti perfettamente al nostro “viaggio in macchina vintage” di questo 2025.
Si tratta di Infinito di Raf. Chi se la ricorda? Se avete voglia di riascoltarla, o se eravate troppo piccoli, potete risentirla qua.
L’ironia del destino vuole che
io sia ancora qui a pensare a te
nella mia mente flash ripetuti, attimi vissuti con te
è passato tanto tempo ma
tutto è talmente nitido, così chiaro e limpido
che sembra ieri…
...E adesso che farai?
Risposi: “Io non so”
quel tuo sguardo poi,
lo interpretai come un addio.
Senza chiedere perché
da te mi allontanai
ma ignoravo che
in fondo non sarebbe mai finita…
...Mai, ovunque tu sarai
ovunque io sarò
non smettere, no mai,
se questo è amore,
è amore infinito!
La poesia del mese
Per il mese di luglio, fatto di sole e delle ultime distese di fiori prima che la canicola bruci tutto, ho pensato ad un componimento di Eugenio Montale, dal titolo Portami il girasole.
Portami il girasole ch’io lo trapianti
nel mio terreno bruciato dal salino,
e mostri tutto il giorno agli azzurri specchianti
del cielo l’ansietà del suo volto giallino.
Tendono alla chiarità le cose oscure,
si esauriscono i corpi in un fluire
di tinte: queste in musiche. Svanire
è dunque la ventura delle venture.
Portami tu la pianta che conduce
dove sorgono bionde trasparenze
e vapora la vita quale essenza;
portami il girasole impazzito di luce.
Le foto del mese
La prima metà del mese è stata piuttosto casalinga, tra dogsitting (i miei zii erano partiti per la montagna ed Otto era “senza genitori”), sistemazione degli armadi (non vi dico cosa c’era nel settore “danza” dopo il saggio), tempo per la lettura e la scrittura. Il weekend del 5 e del 6 è stato di festeggiamenti perché il 4 c’è stato l’anniversario dei miei genitori e l’8 il compleanno di mio papà. Ho preparato questo tiramisù alle pesche, un esperimento che è stato molto più gradito del previsto!
Sapete che voglio essere sincera con voi e quindi non vi nascondo che in questo primo pezzo del mese ho avuto anche a che fare con qualche piccolo guaio casalingo (notare la bellissima lampada rotta in alto a sinistra) ed ho dovuto salutare per sempre una persona di famiglia a cui volevo bene. Purtroppo la vita è anche questo, no? In un modo o in un altro, ci si reincontrerà…
Verso metà mese sono arrivata a Varazze con il resto della family per la solita trasferta ligure estiva, ed almeno per la prima settimana il tempo è stato favorevole. Tra sole e mare, ho anche rivisto vecchi amici e partecipato a qualche serata musicale divertente!
L’ultima decade del mese invece il tempo è stato piuttosto perturbato, tra mare mosso, vento forte e temporali improvvisi. Da un lato sono rimasta un po’ delusa, dall’altro ne ho approfittato per fare qualche cosa che di sicuro non faccio quando ci sono le ondate di caldo. Lunedì 21 mi sono unita ad un gruppo organizzato dal Comune per fare il tour delle “vecchie mura” di Varazze. Siamo stati affiancati da due guide molto brave ed abbiamo visto delle zone (interne e di proprietà della parrocchia) solitamente inaccessibili al pubblico. Per un pomeriggio, ho fatto un tuffo nel passato!
La mattina di giovedì 24 ho scoperto un altro pezzetto di Varazze che non conoscevo: la strada alta e le basse montagne appena dietro la città. È una camminata tranquilla che possono fare tutti, ideale per una mezza giornata di maltempo. E, una volta arrivati nel punto più alto, la vista di Varazze dall’alto è davvero splendida!
Per la serie “blogging verità”, ecco a voi la magnifica tromba d’aria che ci ha allietati un giorno all’ora di pranzo… proprio l’ideale per una bella giornata di luglio!
Ecco, un mio desiderio per agosto è che il tempo torni ad essere quello della settimana centrale di luglio, e prometto che non mi lamenterò del caldo :-)
Scherzi a parte, sono soddisfatta di queste settimane, e spero di potervi raccontare qualcosa di bello anche il prossimo mese. Questo è il penultimo post prima della pausa estiva: ci aggiorniamo lunedì con i saluti di rito.
Nel frattempo, fatemi sapere com’è andato il vostro luglio e quali sono i vostri programmi per l’estate!
Grazie per la lettura, ci risentiamo in agosto :-)
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