Un giro alla mostra di Palazzo Reale
Cari lettori,
non potrei essere più contenta di inaugurare febbraio con il ritorno dei nostri “Consigli artistici”!
Fedele ai buoni propositi per il 2023 (che vi avevo raccontato un po’ meglio in questo post), sono riuscita ad incastrare una delle mostre milanesi che mi interessano in questo periodo: quella dedicata a Hieronymus Bosch ed agli artisti a lui affini.
Erano un po’ di mesi che non attraversavo le stanze quiete di Palazzo Reale e devo dire che ogni volta che torno mi rendo conto che è una sensazione che mi è mancata. Inoltre, dopo un paio di visite nel weekend, ammetto che, se è possibile, sfruttare le giornate un po’ più brevi sul lavoro ed andare in settimana è la scelta migliore.
Oggi vi porto con me in un giretto virtuale attraverso la mostra, tra le foto scattate da me ed i principali temi dell’esposizione! Mi spiace che, in quest’ultimo periodo, alcune opere verranno riportate in anticipo alla sede originaria… ma si tratta di poche, per fortuna!
… un altro Rinascimento?
La mostra racconta, per immagini e per temi, la produzione artistica di Bosch, artista olandese vissuto tra la fine del 1400 e del 1500, mentre in Italia fioriva il Rinascimento classicheggiante che tutti noi abbiamo presente e l’imperatore Carlo V creava il suo impero “sul quale non tramontava mai il sole”.
La tesi che vuole dimostrare questa mostra è che Bosch, invece di lasciarsi conquistare dalle lezioni di prospettiva e simmetria che stava dando Firenze e dalla glorificazione del potere (temporale e religioso) che ha caratterizzato l’inizio dell’epoca moderna, sia andato per una sua strada del tutto originale.
Mi sentirei di dire che, a grandi linee, la mostra riesce a dimostrare come valida la tesi che propone. Osservando le opere di Bosch, infatti, non si può non notare le macroscopiche differenze con gli artisti rinascimentali più celebri, soprattutto con gli italiani.
La prima sala della mostra, che ha il compito di introdurci all’autore, mostra Le tentazioni di Sant’Antonio, un tema perfettamente in linea con i tempi: l’esecuzione, però, è del tutto originale. La composizione di edifici e persone non è armoniosa, ma evoca una sensazione di disordine, quasi di angoscia. Le figurine umane sembrano caricaturali, ben lontane dai ritratti rinascimentali più celebri: uno stile che altrove, al massimo, potrebbe essere concesso nella parte della pala che raffigura i dannati, ma mai in quella che ritrae il santo. Infine si nota subito l’abbondanza di un elemento molto caro a Bosch, che accompagna il visitatore per tutta la mostra: le creaturine fantastiche. Ci sono pesci vestiti con mantelli rossi, animali a metà tra la balena e l’elefante che volano in cielo, uccelli con volti antropomorfi ed altro ancora.
Certamente la straordinaria fantasia di Bosch colpisce fin da subito il visitatore e lo spinge a pensare che quella dell’autore sia davvero un’altra idea di Rinascimento rispetto a quella classica italiana.
Tuttavia gli organizzatori della mostra, nella seconda saletta dell’esposizione, ci mettono davanti ad un però, ad una serie di opere rinascimentali effettivamente affini all’idea di Bosch. Un codice vergato da Leonardo Da Vinci e riempito di creature fantasiose; alcune colonne prese da un edificio del Sud Italia, caratterizzate sia da capitelli corinzi che da piccoli volti inquietanti lungo i fusti; due scudi che rappresentano battaglie greco-romane, uno di epoca classica e l’altro di epoca rinascimentale, piuttosto lontani dai canoni tradizionali dell’armonia.
Si tratta di opere “ponte”, che testimoniano che, per quanto sia difficile pensarlo, un collegamento tra la Cappella Sistina dipinta da Michelangelo e il dissacrante Giudizio Universale di Bosch c’è, per quanto labile.
Si tratta di produzioni artistiche figlie dello stesso tempo, di due secoli che da un lato celebravano la rinascita culturale ed il ritorno alla classicità dopo il lungo Medioevo, ma dall’altro erano testimoni di svariati atti di violenza e repressione quotidiana. Entrambe le facce – l’equilibrio e lo spavento – sono state rappresentate.
Il sogno e la fantasia
Le sale centrali dell’esposizione presentano una serie di tematiche che sono state care al pittore e ad altri artisti che erano in qualche modo a lui affini, come Albrecht Dürer (di cui vi avevo parlato qui), Jan Bruegel il Vecchio, Peter Bruegel il Vecchio ed altri ancora.
Una litografia di Durer che presenta uno scenario in riva al mare con un mostro marino, o altre opere di ispirazione più classica che rappresentano un classico somnium (una fanciulla e/o una coppia che dormono), testimoniano che sia Bosch che altri artisti hanno tratto ispirazione da tematiche tradizionali per lasciare posto alla fantasia.
Il tema di Gesù che discende al Limbo abbattendo le porte dell’Inferno, per esempio, è sicuramente stato replicato in più occasioni, ma un dipinto di un seguace di Bosch presenta un’esecuzione estremamente originale, tra l’enorme volto con la bocca che inghiotte i dannati, la legione di creaturine che resta sotto la porta divelta da Gesù e la moltitudine di modi con cui vengono rappresentate le anime del Limbo.
Da simili opere, come si può notare girando la mostra, qualcuno prenderà spunto per alcune edizioni illustrate della Commedia dantesca (che nel corso del Cinquecento acquistò sempre più fama), ed anche per il simbolo delle storiche edizioni Aldo Manuzio.
Sono molto fantasiose anche delle litografie di Peter Bruegel il Vecchio, ritraenti delle allegorie dei sette peccati capitali. A me è piaciuta molto quella sulla superbia, con tanto di pavone.
La stregoneria e la critica alla Chiesa ed alla religione
Una sala dell’esposizione mi ha riportato alla mente una mia lettura particolarmente impegnativa di novembre: La Chimera di Sebastiano Vassalli, di cui vi avevo parlato in questo post.
Si tratta di una sezione dedicata alla stregoneria: in essa, le cosiddette “streghe” sono dipinte come donne vecchie ed orribili, che fanno del male a bambini ed animali e sottomettono creature mostruose costringendole a diventare i loro servitori. È una rappresentazione funzionale alla caccia alle streghe, che purtroppo non si era arrestata nell’illuminata epoca rinascimentale e che sarebbe diventata sistematica nei decenni della Controriforma. Sappiamo bene che nella realtà le “streghe” che subivano il processo ed il rogo erano, nella maggior parte dei casi, ragazze anche giovani e belle, solitamente ree di non essersi integrate in qualche modo nella comunità o di essere odiate da qualche potente del paese (ed Antonia, la protagonista di Chimera, che non è un personaggio inventato ma una persona realmente esistita, ne è un esempio).
C’è un buon numero di quadri in questa sala, ma curiosamente qui Bosch sembra tirarsi indietro, come se su questo tema avesse “lasciato il posto” a qualche collega. Non credo proprio che sia una coincidenza.
La sala immediatamente successiva, infatti, mostra con una certa onestà e brutalità quel che Bosch pensava della Chiesa (e quindi, possiamo supporre, anche della persecuzione religiosa contro le streghe). Le sue opere sono davvero dissacranti: in una sua tela ci sono una suora ed un frate che viaggiano mezzi svestiti nella tasca di una creaturina, nel suo Giudizio Universale vengono riservate dure pene agli esponenti del clero, non di rado ci sono immagini in cui essi vengono proprio messi alla berlina.
Non ho potuto fare a meno di pensare che, se Bosch fosse stato italiano e si fosse azzardato a dipingere anche solo un decimo di queste immagini, avrebbe fatto la bella fine delle streghe di cui sopra. Forse i paesi nordici sono più tolleranti, dal momento che egli è morto di malattia in un’età che per i tempi era considerata matura. Comunque secondo me ha avuto un bel coraggio!
La “camera delle meraviglie” e gli arazzi
Le ultime due sale della mostra raccontano l’influenza che ha avuto Bosch su altre realtà.
La penultima è un ambiente che contiene quattro giganteschi arazzi ispirati allo stile dell’artista, tra giardini di delizie, elefanti arrivati in dono dall’Africa e costumi dell’epoca.
L’ultima è invece una sorta di tentativo di riprodurre le Wunderkammer, le camere delle meraviglie che sarebbero diventate tanto popolari in Europa nel XVIII secolo, ma che già ai tempi di Bosch iniziavano a diffondersi. Tra vecchi strumenti musicali, oggetti curiosi, animali impagliati, statue classiche ed un quadro dell’Arcimboldi, ce n’è davvero per tutti i gusti.
Con questa ultima sala si conclude il nostro percorso alla scoperta di Bosch!
Devo dire che sono rimasta conquistata: è un artista incredibile, se si avesse il tempo si potrebbe analizzare ogni sua opera per ore, e si coglierebbero sempre nuovi dettagli. La mostra resterà a Palazzo Reale fino al 12 marzo!
Fatemi sapere se ci siete stati, se vi è piaciuta, se vi interesserebbe fare un giro.
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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