Favole in musica e teatro civile al Carcano
Cari
lettori,
inauguriamo
Dicembre con uno dei nostri “Consigli teatrali”!
Oggi,
infatti, vi presento uno spettacolo teatrale che ho visto durante
l’ultima settimana di Novembre, al Teatro Carcano di Milano, in
occasione della Giornata Internazionale per l’eliminazione della
violenza contro la donna.
Si
tratta di Barbablù, un monologo in parte recitato ed in parte
cantato, per la regia di Moni Ovadia, con l’attore e cantante Mario
Incudine come unico protagonista e con il musicista Antonio Vasta.
Vediamo
insieme la rappresentazione un po’ più nel dettaglio!
Musiche,
costumi, scenografie
Quando
si apre il sipario, allo spettatore si presenta una scenografia
decisamente originale. Alle due estremità del palcoscenico ci sono
due oggetti sui quali si siederà Barbablù: a destra un trono
pretenzioso, a sinistra una semplice valigetta.
Al
centro, invece, ci sono tanti elementi che sembrano non avere un
senso logico: una piccola finestra con delle dorature, un grande
libro, un paio di manichini, un quadro, uno specchio, un vestito
d’epoca.
Due
soltanto sono i personaggi che attraversano questa scena.
Nella
metà anteriore del palcoscenico c’è Barbablù, che racconta in
prima persona la sua storia, indossando e togliendo di volta in volta
degli abiti medioevali. La scelta di questi costumi non è casuale:
quello che per noi è ormai un personaggio delle favole, infatti,
sembra essere ispirato ad un uomo storicamente esistito.
Si trattava
di un nobile del XV secolo, vissuto a Nantes, ricco e potente, temuto
e rispettato da tutti, fino alla terribile scoperta dei cadaveri
delle sue mogli ed all’esecuzione avvenuta nel 1440.
Nella
metà posteriore del palcoscenico, invece, c’è un musicista di
eccezionale bravura: Antonio Vasta. Durante lo spettacolo, egli
esegue dal vivo le musiche, composte dallo stesso Mario Incudine, e
sorprende lo spettatore con la varietà di strumenti proposti: non
solo la classica tastiera, ma anche la fisarmonica, lo xilofono,
persino una sorta di cornamusa.
Le
sette mogli di Barbablù
La
favola di Barbablù è passata alla storia per essere una delle più
crude, macabre e spaventose del mondo. L’intreccio della fiaba è
costruito in modo che per il lettore ci sia un vero e proprio shock:
all’inizio della storia, infatti, Barbablù è semplicemente un
marito schivo e burbero, e la vicenda è raccontata attraverso gli
occhi della moglie, che, un giorno, quasi per caso, trova la
stanzetta nella quale sono custoditi i sette cadaveri.
Lo
spettacolo è invece raccontato in maniera diversa: è lo stesso
Barbablù, pochi giorni prima del patibolo, a rievocare, uno dopo
l’altro, gli spettri delle sette donne che egli ha allontanato
dalla sua vita...e dalla loro.
Rosa,
Viola, Margherita, Gelsomina, Dalia, Iris, Erica: tutte le sue mogli
portano il nome di un fiore, e, proprio come delle pianticelle
indifese, sono state crudelmente strappate alla loro esistenza.
Barbablù
ripensa a tutte le cause scatenanti della morte delle fanciulle,
cause che allo spettatore, minuto dopo minuto, sembrano sempre più
le giustificazioni di un pazzo.
Non
ci sono donne in scena: nei ricordi dell’uomo spuntano tante voci fuori campo (alcune delle quali appartenenti ad attrici note,
come Lella Costa ed Amanda Sandrelli). La storia di ogni moglie, di
ogni vittima, è rappresentata dagli oggetti in scena, che Barbablù,
mentre racconta, tinge di rosso, ogni volta in modo differente, così
come diverse tra loro erano le donne che egli afferma di aver “amato”.
Lo
spettatore non può fare a meno di notare come tante delle
giustificazioni di Barbablù (“usciva di casa senza il mio
permesso”, “leggeva e scriveva di nascosto”, “aveva degli
amici uomini”, “chiacchierava di continuo”…) si sentono fin
troppo spesso al telegiornale quando si verifica un caso di
femminicidio.
L’ottava
moglie e la “curiosità”
Dopo
questa serie di efferati delitti, Barbablù inizia ad essere
osservato con diffidenza in paese, e su di lui cominciano a circolare
strane leggende. A questo punto, però, entra in scena (sempre con
una voce fuori campo) quella che è a tutti gli effetti la
protagonista della favola: Primula, l’ottava moglie.
Ella
è in cerca di una vita tranquilla e di una posizione rispettabile ed
accetta di buon grado di sposare Barbablù. Dopo tre anni fin troppo
pacifici per i suoi gusti, però, l’uomo, stufatosi della donna,
decide di metterla alla prova: parte per un lungo viaggio e le affida
un mazzo contenente le chiavi di tutte le porte del castello.
Naturalmente
Primula viene subito attratta dalla chiave più piccola, l’unica
che il marito le ha proibito di usare, ed è così che ella trova la
cantina segreta di Barbablù e chiama in soccorso i suoi fratelli
cavalieri.
A
proposito di Primula, la donna che lo porterà ad una fine talvolta
persino invocata, Barbablù fa un’amara riflessione. Quando la
favola era stata scritta, la sua morale era: attenzione alla
curiosità, può nuocere. In altre parole, se Primula non avesse
avuto l’idea (ignobile!vergognosa!) di voler capire che cosa
aprissero le chiavi di casa sua, forse il suo matrimonio con Barbablù
sarebbe stato ancora lungo e pacifico.
Questa
morale, sulle prime, ci fa giustamente inorridire. Poi, però,
pensando ai casi di violenza e femminicidio, a tutte le
giustificazioni che spesso vengono fornite all’assassino ed a tutti
i “se l’è cercata” che vengono rivolti alla vittima, siamo
costretti a renderci conto che a volte ci tocca ancora ascoltare
considerazioni di questo tipo…
Il
fantasma di Barbablù
Le
riflessioni su Primula e sulla sua curiosità (tanto criticata, ma
anche chiave per salvarsi la vita) portano Barbablù ad avvisare il
suo pubblico: egli è stato giustiziato ed è andato all’Inferno,
ma non è affatto morto.
Barbablù
vive ogni volta che una donna resta sola ad affrontare una violenza
familiare, quando il responsabile di un sopruso non viene punito, nei
casi in cui si minimizzano i femminicidi, ogni volta che un
uomo si sente in dovere di far notare ad una donna una “presunta
inferiorità”.
Il
monologo finale dello spettacolo è intenso ed anche un po’
scioccante, ma lascia allo spettatore parecchi spunti sui quali
riflettere.
Purtroppo
lo spettacolo è rimasto al Teatro Carcano solo dal 19 al 24
novembre, ed io stessa sono riuscita a vederlo solo l’ultimo giorno
disponibile. Ritengo però doveroso segnalarvelo, sia per un
contributo tardivo alla Giornata Internazionale contro la violenza
sulle donne, sia perché è uno spettacolo che vale davvero la pena
di vedere. Spero tanto che possa far tappa in altri teatri ed altre
città!
Voi
conoscete questo spettacolo? Potrebbe interessarvi?
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)
Deve essere stato davvero bello, tosto, attuale.
RispondiEliminaCome usare un'antica fiaba/leggenda/verità per parlare dell'oggi.
Interessante la messa in scena, con oggetti e voci fuori campo. E le metafore dei fiori.
Moz-
Ciao Moz! Il cuore dello spettacolo è proprio questo… utilizzare una storia che è stata inizialmente scritta come "favola" per parlare di tematiche d'attualità. Anche a me sono piaciuti gli elementi che hai sottolineato!
EliminaCara Silvia, ,oggi è sempre difficile fare dei ragionamenti, io cerco di dimenticare.
RispondiEliminaCiao e buono settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Ciao Tomaso! Ti capisco… a volte, sentendo dei terribili casi di cronaca, ti verrebbe voglia di dimenticare tutto. Però è bene raccontare certe storie...per far sì che non si ripetano. Buona settimana anche a te!
EliminaQuesta storia è sempre stata terribile, ricordo di un libretto che la illustrava e che solo a guardarlo mi metteva i brividi. Purtroppo ancora oggi ci sono in giro troppi Barbablù.
RispondiEliminaLo spettacolo deve essere stato molto intenso e carico di significati. Grazie a te per averci fatto partecipi.
sinforosa
Ciao Sinforosa! Anche io ricordo un libretto della mia infanzia con tanto di illustrazioni… e rammento bene di essere stata scioccata dalla scoperta dei cadaveri! D'altra parte, quale bambina delle elementari si aspetterebbe un simile sviluppo narrativo?
EliminaCome dice Mario Incudine, infatti, questa storia non è per bambini, ma per adulti. Come giustamente hai sottolineato, ci sono ancora in giro troppi Barbablù!
Il teatro si conferma come una delle forme d'arte maggiormente capaci di sensibilizzare e far pensare. Ho assistito recentemente a un monologo teatrale, scritto da Roberto Mercadini, sul tema della disabilità. Illuminante.
RispondiEliminaCiao.
Ciao Andrea! Io amo andare a teatro… ed anche il mio blog ha una sezione piuttosto ampia dedicata alle recensioni teatrali!
EliminaAspettavo questo post con trepidazione.
RispondiEliminaWow, wow e ancora wow!
Questo spettacolo mi sarebbe piaciuto tantissimo. È proprio nelle mie corde.
Grazie per avermi permesso di immaginarlo, come se fossi seduta in platea!
Ciao Claudia! Sono proprio contenta che la mia recensione ti abbia interessato! Spero tanto che lo spettacolo arriverà dalle tue parti :-)
Eliminaquesto sarebbe uno spettacolo che andrei a vedere con molto interesse!! tra l'altro non lo conoscevo, quindi grazie :)
RispondiEliminaCiao Angela! Spero, allora, che riuscirai a vederlo! Sono contenta di averti interessata :-)
Eliminadeve essere molto interessante, già il tuo post lo è! Grazie
RispondiEliminaCiao Chiara! A me è piaciuto molto, te lo consiglio :-) Sono contenta che il mio post ti abbia interessato!
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