I PICCOLI POEMI IN PROSA #4
Cari
lettori,
per
la nostra rubrica “Il momento dei classici”, quarto appuntamento
con l’analisi dei Piccoli poemi in prosa.
Dopo la presentazione del poeta, i pensieri su Parigi e la ricerca
dell’ideale, questa quarta sezione dell’opera pone
al centro dell’attenzione le persone. Nello specifico, Baudelaire
indica qui i suoi “eroi”, che ovviamente sono del tutto sui
generis.
Vediamo
insieme quali sono gli esseri umani che il poeta considera un
esempio!
I
PROGETTI
“Oggi
ho avuto, in sogno, tre domicili nei quali ho trovato un uguale
piacere.
Perché
costringere il mio corpo a cambiare luogo, dal momento che
la
mia anima viaggia così velocemente? Ed a che pro mettere in atto dei
progetti,
dal
momento che il progetto è esso stesso una gioia sufficiente?”
Il
protagonista di questo piccolo poema è un uomo che si gode una bella
passeggiata per Parigi e si diverte ad immaginare il luogo ideale
dove lui e la donna amata potrebbero trascorrere una vita felice.
Egli passa davanti ad un parco ed immagina la bellezza della sua
amata in un grande palazzo circondato da un giardino privato; poi
ammira un’incisione in una bottega e si lancia in un sogno ad occhi
aperti degno di Gauguin, tra mari tropicali, piccole case in legno e
canti d’uccello; torna, infine, nel suo quartiere e si rende conto
di quanto gli piacerebbe la vita semplice di una pensione a
conduzione familiare.
Nessuno
di questi tre progetti soddisfa pienamente l’uomo, che,
razionalmente, sta bene dov’è; solo l’idea di poter sognare una
vita diversa, però, sembra soddisfarlo.
Baudelaire,
qui, ricorda molto Leopardi: come l’attesa del momento felice è
spesso più godibile della felicità stessa, così i progetti di
cambiare vita finiscono per essere più soddisfacenti di un reale
mutamento.
Personalmente, leggo anche una velata critica, forse anche
autocritica, del poeta nei confronti di tutti coloro che si lamentano
di frequente ripetendo di voler cambiare vita ma poi rimangono nella
loro comfort zone.
LA
BELLA DOROTEA
“Nell’ora
in cui perfino i cani gemono dal dolore sotto il sole che morde,
quale
potente motivo fa dunque andare così l’affascinante Dorotea,
bella
e fredda come il bronzo?”
L’ispirazione
per la composizione di questo piccolo poema è venuta a Baudelaire
dopo un viaggio in un’isola tropicale. Egli ha osservato la
bellezza delle donne locali, i loro lunghi capelli dai toni quasi
blu, la loro pelle ambrata ed il loro fascino esotico, e si è reso
conto di come, spesso, esse avvicinassero i giovani francesi, meglio
se ufficiali in divisa, e cercassero di sedurli, spinte dalla
disperazione e dal bisogno di soldi.
Al
centro di questa storia c’è la bella Dorotea, giovane donna
dall’aria misteriosa, che cammina sulla spiaggia ad un’ora del
giorno decisamente troppo calda da sopportare per chiunque. È facile
immaginare che ella sia uscita di casa proprio per incontrare di
nascosto un ufficiale francese, che cercherà di affascinarla
raccontandole di Parigi e delle sue meraviglie.
Dorotea, però, ha un
unico obiettivo: ella, infatti, vuole ottenere al più presto dal suo
spasimante del denaro, in modo da poter riscattare la sua sorellina,
che è una bambina, ma è già costretta dalle circostanze a
lavorare.
In
questo piccolo poema si intrecciano curiosamente sia le atmosfere
esotiche e sognanti di cui spesso Baudelaire scrive, e che ho
trattato nel post relativo all'ideale, e le tematiche sociali protagoniste della seconda sezione dell'opera.
La storia di Dorotea, infatti, sebbene sembri lontana e
collocata in un leggendario “altrove”, non è poi così diversa
da quella di tante prostitute parigine che il poeta frequenta
abitualmente.
GLI
OCCHI DEI POVERI
“I
canzonieri dicono che il piacere rende l’anima buona ed il cuore
tenero.
La
canzone aveva ragione quella sera là, per quello
che
mi riguarda. Non soltanto mi ero intenerito a causa di quella
famiglia
di occhi, ma mi sentivo un po’ vergognoso per i nostri bicchieri
e
le nostre caraffe, più grandi della nostra sete.”
Due
sono le tematiche chiave di questa storia: la pietà del poeta nei
confronti dei poveri e l’incomprensione tra amanti.
Il
protagonista ha appena trascorso con la donna amata una bellissima
giornata, che gli è sembrata addirittura corta. I due decidono di
passare la serata in un bar di lusso del centro, tra pareti decorate,
camerieri in livrea che servono bevande elaborate e mobili raffinati.
Ad
un certo punto, il poeta nota una famiglia di poveri, padre e figli
di diverse età, che osservano con grande meraviglia il bar. Nei loro
occhi egli legge lo stupore di fronte alla ricchezza che dà
spettacolo di se stessa ed il desiderio di fare parte anch’essi di
ciò che stanno guardando. Non c’è alcun giudizio negli occhi di
queste persone, che sembrano buone di cuore, eppure il poeta
immediatamente si vergogna della sua possibilità di vivere nel
lusso.
Le
sue riflessioni, però, vengono immediatamente stroncate dalla donna
amata, che esprime il suo fastidio per i poveri, da lei ritenuti dei
guardoni, e chiede che vengano allontanati.
Al
poeta non resta che concludere amaramente che, nonostante la
splendida giornata trascorsa, egli si sente molto più vicino a quei
poveri bistrattati che alla sua donna…
UNA
MORTE EROICA
“La
mia piuma trema, e delle lacrime di un’emozione sempre
presente
mi montano agli occhi intanto che cerco di descrivervi questa
indimenticabile serata. Fancioulle mi ha dimostrato, in una maniera
perentoria,
irrecusabile,
che l’ebbrezza dell’arte è la più adatta di tutte le altre
a
sfuggire i terrori dell’abisso; che il genio può recitare la
commedia
sul
bordo della tomba con una gioia che gli impedisce di vederla, perduto
com’è
in
un paradiso che esclude ogni idea di morte e di distruzione.”
Questo
piccolo poema è tra i più lunghi della raccolta e narra la storia
di Fancioulle, un bravissimo mimo ed attore, alla corte di un
Principe di un regno immaginario.
Egli,
pur lavorando per il sovrano ed essendo da lui stimato, non può
chiudere gli occhi di fronte al suo dispotismo e, per questo motivo,
si unisce ad alcuni congiurati e progetta di rovesciare la monarchia.
Grazie
ad una delazione, però, il Principe viene a sapere della congiura e
condanna a morte tutti gli uomini coinvolti. Egli è però
intimamente addolorato per Fancioulle e gli chiede di esibirsi per
lui e per la corte un’ultima volta.
Pur
essendo in punto di morte, Fancioulle non delude il Principe, e
regala a tutti i presenti una delle sue migliori esibizioni, se non
la più bella in assoluto. Egli, per pochi minuti, affascina se
stesso e gli altri con la sua stessa arte, dimenticando la sua
terribile condizione e facendola scordare ai suoi spettatori.
Il
Principe, resosi conto di quello che sta accadendo, convoca un suo
paggio e gli chiede di emettere un suono con il fischietto. L’effetto
è purtroppo immediato: Fancioulle viene subito restituito alla
gravità del presente e, incapace di sopportarlo, cade sul
palcoscenico e muore sul colpo.
La
morte eroica di Fancioulle è per il poeta una testimonianza
di come l’arte possa allontanare la paura della morte e persino
vincerla, anche se per poco. Quando però non c’è più spazio per
l’attività artistica, quando si viene obbligati a troncarla
bruscamente, è la vita stessa a venire soffocata.
LA
MONETA FALSA
“Gli
avrei quasi perdonato il desiderio di criminalità giocosa del quale
lo
ritenevo decisamente capace; avrei trovato singolare, curioso, che
egli
si divertisse a mettere nei guai i poveri; ma non gli perdonerò mai
l’inettitudine
del suo calcolo. Non si è mai scusati dall’essere maligni, ma c’è
qualche merito nel sapere che lo si è; ed il più irreparabile dei
vizi
è
fare il male per stupidità.”
Come
ne Gli occhi dei poveri, ancora una volta il poeta è costretto
a rendersi conto che le persone intorno a lui non hanno la sua
medesima sensibilità nei confronti delle classi sociali più basse.
Egli
sta attraversando una piazza con un amico, che è tutto attento a
controllare le sue monete, dividendole tra argento ed oro. I due sono
fermati da un mendicante, e l’amico del poeta gli fa una
considerevole offerta.
Il
protagonista rimane interdetto e loda il suo compagno per la sua
generosità, ma quest’ultimo ammette senza rimorsi di avergli dato
una moneta falsa. Il poeta è sconcertato: perché fare un gesto del
genere? Perché tanta cattiveria nel truffare una persona? Perché
mettere nei guai un povero, che potrebbe anche finire in prigione se
trovato in possesso di una falsa moneta?
Le
fantasie del protagonista hanno una fine quando l’amico, senza
vergogna, confessa di averlo fatto per fare bella figura e, nel
contempo, per liberarsi di un oggetto pericoloso.
La
stupidità e la banalità del male disgustano il poeta, che non
riesce a perdonare all’amico un atto così vigliacco e gratuito.
IL
GIOCATORE GENEROSO
"Nel
corso del gioco, questo piacere sovrumano, avevamo interrotto
a
più intervalli le nostre frequenti libagioni, e devo dire che avevo
giocato
e
perduto la mia anima, in parte legata a lui, con un’indifferenza
ed
una leggerezza eroica. L’anima è una cosa così impalpabile,
così
spesso inutile, ed a volte così fastidiosa che non provavo,
riguardo
a questa perdita, che un po’ meno emozione di quanto avrei provato
perdendo
la mia carta d’identità durante una passeggiata."
Questo
“piccolo poema” è ispirato al Faust ed all’idea del
diavolo tentatore. Quando il protagonista di questa storia incontra,
quasi per caso, Satana, non è per niente spaventato, anzi, si sente
stranamente attratto da lui.
Il
Diavolo lo conduce in un luogo calmo e piacevole al tempo stesso e,
tra cibo e bevande, i due giocano a carte. Com’è ovvio, in palio c’è l’anima del protagonista, ma quest’ultimo non è affatto
turbato.
Rispetto
all’Amore, alla Ricchezza ed alla Gloria, che Baudelaire
personifica in un altro piccolo poema e dipinge
come dei veri e propri demoni, il Diavolo sembra un Essere
intelligente, colto, perfino dotato di una curiosa sensibilità: egli
afferma addirittura di incontrare ogni tanto Dio e di salutarlo
cordialmente “come farebbero due vecchi gentiluomini”.
Non
è la prima volta che Baudelaire dimostra simpatia ed affetto per
personaggi tutt’altro che raccomandabili, ma in questo caso c’è
quasi una sorta di identificazione con Satana, che sembra deciso a
dimostrare al protagonista della storia che tutto sommato è un
buon Diavolo. Egli, infatti, promette al poeta che, in cambio
della sua anima, lo solleverà dalla Noia e dal Male di Vivere che lo
schiacciano e lo tormentano ogni giorno.
Inutile
dire che, per quanto il protagonista desideri credere alle parole del
Diavolo, non ne è pienamente convinto. Egli spera con tutto il cuore
che Satana mantenga la sua parola, ma dentro di sé sa che nessuno,
nemmeno un’entità divina (o diabolica), potrebbe liberarlo dallo
Spleen, contro il quale è condannato a lottare ogni giorno.
LA
CORDA
“Le
illusioni – mi diceva il mio amico – sono così tante, forse,
quanti sono
i
rapporti degli uomini tra di loro, o degli uomini con le cose. E
quando
l’illusione
svanisce, cioè quando noi vediamo l’essere o il fatto tale come
esiste
di
fronte a noi, noi proviamo un bizzarro sentimento, complicato a metà
dal
rimorso
per il fantasma scomparso, a metà per la sorpresa quasi godibile
davanti
alla novità, davanti al fatto reale.”
L’amico
che sta raccontando una triste storia a Baudelaire è il poeta
impressionista Edouard Manet.
Egli
racconta al poeta il suo incontro con un ragazzino al quale si era
affezionato, che era stato per lui modello, aiutante, figlio
adottivo. Crescendo, tuttavia, il ragazzo aveva mostrato
un’inclinazione pericolosa per l’alcool e per la cattiva strada.
Un
giorno, egli aveva commesso un piccolo furto, e Manet, molto deluso
dal ragazzo, l’aveva minacciato di rimandarlo dai suoi genitori.
Quella stessa sera, tornando a casa, aveva scoperto con orrore il
corpo del suo giovane amico, che si era impiccato per la vergogna ed
il rimorso.
La
storia sarebbe già sufficientemente triste, anche per gli standard
baudelairiani, ma Manet ci tiene a sottolineare di non aver ricevuto
la delusione più cocente dal ragazzo, bensì dalla madre, che a lui
era parsa sconvolta da un dolore senza parole.
Quest’ultima,
infatti, aveva voluto a tutti i costi impossessarsi della corda che
il figlio aveva usato per uccidersi, ed il pittore, convinto che
fosse la follia di una madre disperata, l’aveva accontentata. Egli,
però, aveva poi scoperto con sgomento che la donna aveva deciso di
“far fruttare” la morte del figlio vendendo piccoli pezzi di
corda come una reliquia…
La
corda è sicuramente uno dei
piccoli poemi più forti da leggere, perché evoca immagini che
lasciano senza parole.
Io credo che questa storia faccia riferimento,
ancora una volta, al difficile rapporto che Baudelaire aveva con la
madre, la quale, ai suoi occhi, era indifferente di fronte alle
sofferenze del figlio. Forse il poeta temeva che lei non avrebbe
pianto nemmeno in caso di una sua prematura morte.
LE
VOCAZIONI
"L’aria
poco interessata degli altri tre compagni mi diede da pensare che
quel
piccolo era già un incompreso. Lo guardavo attentamente; egli
aveva
negli occhi e nella fronte qualcosa di precocemente fatale
che
allontana generalmente la simpatia, e che, non so perché,
eccitava
la mia, al punto che ebbi per un istante l’idea bizzarra
che
io potessi avere un fratello che non conoscevo."
I
protagonisti di questa storia sono quattro ragazzini, che, dopo aver
giocato insieme, si siedono sull’erba e si mettono a chiacchierare.
Il
primo, chiaramente destinato a diventare un uomo mondano e di
successo, racconta di essere stato portato a teatro dai suoi genitori
e di essere rimasto colpito dalla ricchezza dei palazzi signorili,
dallo scintillio delle feste, dall’eleganza delle signore.
Il
secondo, che coltiva già una vocazione sacerdotale, si perde a
guardare le nuvole cerca di dimostrare agli altri che esse sono gli
occhi di Dio che osserva la terra.
Il
terzo, infine, dongiovanni in erba, narra le emozioni che ha provato
nel dormire insieme alla sua tata.
L’ultimo
dei quattro, che dimostra di avere una profonda sensibilità, ammette
di non sapere bene che cosa lo appaga, a parte, forse, l’idea di
vivere giorno per giorno, scoprendo ogni giorno persone nuove e
luoghi diversi. Un’idea che, però, gli piace molto, è quella di
poter vivere come i suonatori ambulanti, vivendo della propria arte e
girando il mondo.
Il
poeta rivede se stesso in quel ragazzino sognatore, così vicino ai
suoi coetanei e, al contempo, già così diverso da loro. Il suo
punto di vista coincide infatti con quello dell’autore, da sempre
combattuto tra il male di vivere e la ricerca di un ideale.
Come
sempre, aspetto le vostre opinioni!
Conoscevate
questi piccoli poemi? Quale vi è piaciuto di più?
Che
ne pensate finora di questo progetto dedicato a Baudelaire?
Fatemi
sapere!
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)
Cara Silvia, una bella carrellata di esempi, grazie di averceli fatte vedere.
RispondiEliminaCiao e buona giornata con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Ciao Tomaso! Sono contenta che ti siano piaciuti. Buona giornata!
Elimina