giovedì 4 dicembre 2025

IL MERCANTE DI VENEZIA

 Recensioni classiche: Shakespeare #6




Cari lettori,

per il nostro “Momento dei classici”, benvenuti all’ultimo appuntamento del nostro percorso alla ri-scoperta di Shakespeare!


È stato un percorso bimestrale, quindi relativamente breve, ma per me intenso! Come sapete, ho scelto questo progetto letterario per il 2025 perché mi sono resa conto di non aver letto quasi nessuna opera per intero di questo autore, che non ha davvero bisogno di presentazioni. Ho visto rappresentati alcuni suoi drammi o commedie, ne ho letti altri “a pezzi” a scuola, altri ancora sono stati una completa novità per me.


Oggi concludiamo il percorso con una black comedy che avevo studiato per bene quando andavo a scuola e che sono stata felice di riprendere per intero: Il mercante di Venezia.


Prima di parlare insieme dell’opera, però, vi lascio i link alle “puntate precedenti”:


1) Gennaio/febbraio: Romeo e Giulietta, a questo link;


2) Marzo/aprile: La tempesta, a questo link;


3) Maggio/giugno: Molto rumore per nulla, a questo link;


4) Luglio/agosto: Re Lear, a questo link;


5) Settembre/ottobre: Le allegre comari di Windsor, a questo link.


E ora, senza altre chiacchiere, passiamo all’ “ultima puntata” del percorso!



Un ricco mercante in difficoltà


Antonio è un ricco mercante veneziano, noto a tutti in paese per la sua generosità. Egli presta soldi senza interesse e senza un vero e proprio termine, così che molti si rivolgono a lui, sapendo che ha grande disponibilità finanziaria e non solo. Quello che per lui è un servizio “di carità cristiana” si attira le ire del vicino quartiere ebraico, ed in particolare di chi pratica usura. Uno tra tutti, Shylock, il più noto tra gli strozzini della città, non fa altro che litigare con Antonio e prenderlo a male parole ogni volta che i due si incrociano per strada. Shylock, che è avido e pensa molto più ai soldi che alle persone, ignora che la sua stessa figlia Jessica non ne può più di stare sola in casa con lui e sta pensando di fuggire con il suo giovane fidanzato Lorenzo, un ragazzo cristiano della cerchia di amici di Antonio.


Il nostro protagonista, però, è una persona che ha due debolezze, due “difetti fatali” che, messi insieme, gli causano una grandissima malinconia (appartiene all’archetipo teatrale dell’uomo “malinconico”, esattamente come un importante personaggio di Molto rumore per nulla ed altri shakespeariani).


La prima è una certa spregiudicatezza negli affari, che si traduce in una scelta che potremmo considerare folle: Antonio ha messo tutte le sue ricchezze in mare, nella speranza di scambi ed investimenti che lo possano ripagare due o anche tre volte tanto. Purtroppo egli non ha avuto l’accortezza di conservare quasi nulla per le emergenze, e le notizie che arrivano da lontano non sono tra le più confortanti: le barche rischiano seriamente di affondare.


La seconda è il suo amore, che egli è molto bravo a mascherare con l’amicizia, per il giovane Bassanio, un nobile di Venezia. Egli, considerati i tempi, non può, ovviamente, vivere questo sentimento, e così, per dimostrargli il suo amore, non riesce a far altro che aiutarlo ad essere felice con la donna che ha scelto.


Per aiutarlo a corteggiare Portia, la dama di Belmonte, egli ha però bisogno di liquidità, di cui non dispone più. E quindi a chi chiedere aiuto? Chi è l’unico più ricco di Antonio in città? Purtroppo si tratta dell’odiato Shylock…



Un nemico in cerca di vendetta


Il mercante di Venezia è un’opera shakespeariana che, inaspettatamente, dà molto spazio all’antagonista.


In Romeo e Giulietta i veri nemici sono i genitori dei due ragazzi, con il loro “farsi la guerra” a vicenda, eppure sono in scena pochissimo; Re Lear può essere moralmente grigio, ma non c’è alcun dubbio che le sue prime due figlie e uno dei generi siano crudeli fino al midollo, e dicono poche battute che li qualificano subito; nelle commedie gli antagonisti sono buffi o comunque perdonabili, visto che tutto finisce bene.


Invece questa è una “commedia nera” che indaga le differenze tra bene e male e lascia anche – secondo me giustamente – aperta qualche questione.


Shylock è senza dubbio un personaggio negativo, un uomo che quando l’unica figlia fugge pensa alle gemme che ha portato con sé, una persona che non spende nemmeno un ricordo per la moglie venuta a mancare, un usuraio che non ha nessuna compassione delle persone che stringe nella sua morsa.


Eppure Antonio, che già era nel mirino di Shylock per la sua molto apprezzabile generosità che gli faceva concorrenza, non può fare a meno di aizzarlo ancora di più con insulti ed offese, soprattutto su base discriminatoria. A quel tempo era tristemente normale essere razzisti nei confronti di persone di altre etnie o religioni, ma Shakespeare, che come tutti gli artisti era molto previdente, comprende e fa sapere al lettore che questo è sbagliato, un atteggiamento che porterà solo altro male.


Da qui il notissimo monologo in cui Shylock si chiede se gli ebrei siano poi così strani, perché se hanno fame mangiano, se hanno sonno dormono, se vengono feriti sanguinano, se vengono offesi soffrono… esattamente come tutte le altre persone.


E così, la difficoltà di Antonio, unita alla sua incapacità di dire di no a Bassanio (che ammette candidamente di aver già sperperato troppi soldi, e avrebbe potuto anche evitare, no?), diventano il casus belli perché Shylock possa vendicarsi.


L’uomo, in modo del tutto inaspettato, non chiede la restituzione di un’enorme somma di denaro. Egli si appiglia ad una legge caduta in disuso ma mai del tutto cancellata – l’equivalente dei codicilli legali che scovano oggi i nostri avvocati – e sceglie, come pattuito, una libbra della carne di Antonio. Ed è ovvio che punterà al cuore, uccidendo così l’odiato rivale.



Due donne che tornano protagoniste della loro storia


Mentre Antonio firma il patto che potrebbe costargli la vita, Bassanio, insieme al suo inseparabile servo Graziano, parte per Belmonte, deciso a conquistare Porzia.


La donna, orfana di padre, non solo non può muoversi dal castello di famiglia, ma il caro genitore le ha lasciato in eredità un gioco crudele: un indovinello che i suoi corteggiatori devono risolvere per poterla sposare.


Tre piccoli forzieri, con altrettanti lucchetti; uno d’oro, uno d’argento, uno di ferro. Soltanto uno dei tre contiene il ritratto di Porzia, solo uno consentirà al corteggiatore di sposare la ragazza (ovviamente senza nemmeno considerare la sua volontà). E c’è un ulteriore vincolo: chi perderà la gara non potrà corteggiare o sposare altre donne, ma dovrà “lasciare il cuore lì”.


È un’impresa rischiosissima, ma Bassanio non è amico di Antonio per niente, e condivide con lui la stessa spregiudicatezza. Chi è prudente e saggia, invece, è Porzia, che segretamente spera di restare da sola, perché trova che l’indovinello lasciato da suo padre attiri solo prepotenti e sbruffoni. Quando incontra Bassanio, però, per la prima volta ella vede anche qualche pregio, come la bontà d’animo di fondo e l’importanza data ai sentimenti.


Bassanio riesce a risolvere l’indovinello dei tre forzieri e c’è un doppio matrimonio, sia quello suo con Porzia che quello di Graziano con Nerissa, serva a cui la padrona è legatissima. Proprio mentre si sta organizzando il matrimonio, però, arriva la notizia che le navi di Antonio sono affondate, e soprattutto che i termini dell’accordo con Shylock sono scaduti.


Bassanio, pochi minuti dopo il matrimonio, parte alla disperata, deciso a salvare l’amico. E ancora non lo sa, ma sarà la novella moglie, insieme alla cara Nerissa, a prendere in mano le redini della situazione, dopo tanti anni di reclusione e di sottomissione alle scelte altrui.



Un legal thriller prima del tempo


Porzia e Nerissa si travestono da uomini e arrivano a Venezia presentandosi come “un giovane giudice e il suo segretario”.


Tutti cascano nel tranello (e qui il dramma si fa di nuovo commedia), ma più di tutti ci casca Shylock, che accoglie con gioia un giudice “straniero e fresco di studi”, perché egli sa bene che sia il Doge che tutti i notabili di Venezia sono apertamente a favore di Antonio.


E in effetti, all’inizio, “il giudice Porzia” sembra dare tutte le ragioni a Shylock, perché se c’è scritto che la libbra di carne dev’essere, così sarà. Ma… c’è un ma: sul contratto non c’è nessuna menzione del sangue. Se Shylock farà cadere anche solo una goccia di sangue, passerà dalla parte del torto. E così, l’uomo che sperava di vincere con l’applicazione indiscutibile della legge si ritrova beffato dalla legge stessa…


E c’è ancora un altro appiglio contro Shylock: egli è un cittadino straniero e ha attentato alla legge di un veneziano, quindi sarebbe punibile con la pena di morte. Ma Antonio non vuole versare sangue, così chiede due condizioni alternative: la consegna dei beni di Shylock a Jessica e Lorenzo, che sono ufficialmente marito e moglie, e la conversione dell’uomo al cristianesimo.


Che dirvi? Non so voi, ma a me un po’ di amarezza resta. Il passaggio dei beni a figlia e genero avrebbe potuto essere anche una richiesta ragionevole (lasciando però almeno qualcosa all’uomo per sopravvivere), ma la conversione al cristianesimo significa che Shylock non potrà far parte né della comunità ebraica – che era casa sua – né di quella cristiana – che comunque lo disprezza. 

Sarà un indigente respinto da tutti per tutta la vita (anche se possiamo supporre che la figlia avrà pietà di lui). È di fatto un’uccisione dell’anima: sarebbe bastata la restituzione dei beni ottenuta tramite usura.


E poi l’opera si conclude con uno “scherzo” che Porzia e Nerissa fanno ai novelli mariti a proposito degli anelli nuziali. Bassanio e Graziano ci cadono come due pere cotte e non fanno proprio la parte degli sposi affidabili.


In definitiva, c’è una risoluzione serena e senza spargimento di sangue (persino le ricchezze per mare di Antonio si salvano miracolosamente), ma tutti sono ingranaggi di una società comunque corrotta, e la serenissima Venezia non fa proprio la migliore delle figure, anzi, mostra tanti dei suoi punti deboli.


Forse è questo il motivo principale per cui quest’opera, insieme a Measure for measure (che dovrei ancora leggere), è considerata, come già dicevo, “commedia nera”…




E così siamo alla fine!

Mi dico sempre che questo genere di post è abbastanza impegnativo per me… ma ad essere sinceri, una volta che mi concentro, mi sembra quasi che si scrivano da soli. Ogni tanto è proprio un sollievo tornare nella propria “comfort zone” di quel che si è studiato, visto che per lavoro dobbiamo tutti reinventarci, chi poco e chi tanto.

Non ho ancora pensato a un progetto letterario che potrebbe farci compagnia l’anno prossimo… per ora sono contenta di aver concluso questo!

Vi ringrazio moltissimo per avermi seguito fin qui e vi invito a scrivermi tutto quello che mi va.

E da settimana prossima… si parte con i post prenatalizi!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 1 dicembre 2025

APPIANI: NEOCLASSICISMO A MILANO

 Un tour della mostra di Palazzo Reale




Cari lettori,

diamo il benvenuto a dicembre con i nostri “Consigli artistici”!


Come già vi anticipavo nei Preferiti di novembre, questo mese, com’è ormai tradizione, sarà speciale. Questa settimana ci saranno ancora post ordinari (oggi questo percorso artistico, giovedì l’ultima tappa del progetto su Shakespeare); dall’8 al 22 dicembre avremo cinque post del nostro tradizionale "Christmas Countdown"… e poi ci daremo appuntamento a dopo Natale per la solita classifica di fine anno ed i preferiti di dicembre.


Nonostante un po’ di stanchezza dovuta al periodo prefestivo ed ai tanti impegni, creare contenuti in questo periodo mi diverte particolarmente e non vedo l’ora di condividerli con voi!


Tornando a oggi, in questo autunno sono riuscita a ritagliarmi dei pomeriggi liberi per andare nella mia sempre amata Milano e vedere qualche mostra a Palazzo Reale.


In ottobre vi ho parlato dell’esposizione monografica su Leonora Carrington a questo link e della mostra gratuita a tema arte e informatica qui.


Oggi invece vi porto in una bellissima sezione del Palazzo per la mostra monografica su Andrea Appiani, uno dei nomi più importanti del neoclassicismo italiano, diventato persino il “pittore di Napoleone”.


Facciamo una gita insieme!



Il ritratto ed i soggetti sacri


Il primo amore di Andrea Appiani è il ritratto, sia degli altri che di se stesso. 

Una sua opera giovanile lo ritrae in scala di grigi, con pochi tratti essenziali e le parti del corpo inferiori e superiori che sembrano quasi scomparire. Anche se egli è passato alla storia come pittore, questo ritratto, considerato l’aspetto, i modi e l’atteggiamento pensoso, sembra collocarlo tra i pensatori illuministi del suo tempo.



Uno dei suoi maestri, fonte anche di un fidato confronto nel corso dell’età adulta, è stato proprio Giuseppe Parini, letterato di punta del Secolo dei Lumi. Appiani lo ritrae sia in veste tradizionale…



che in versione allegorica. In questa tela Atena, dea della razionalità, ed Apollo, patrono delle Arti e delle Muse, lo incoronano insieme ad un angelo alato. Il Pegaso in secondo piano è simbolo di uno spirito libero e creativo, di un genio che non si può controllare. È curioso che una simbologia molto simile (il cavallo selvaggio) sia presente anche in tante opere di Leonora Carrington, artista che, per tanti motivi, non potrebbe essere più diversa da Appiani, ma che per puro caso si ritrova a “condividere” con lui Palazzo Reale e, a quanto pare, non solo…



Altri soggetti per lui importanti nel primo periodo della sua formazione artistica sono quelli di carattere religioso. Infatti, anche se la mostra propone moltissime tele di Appiani, è necessario precisare che egli è stato un artista stimatissimo anche per i suoi affreschi. 

Ho scoperto, con mia grande sorpresa, che ci sono resti di sue opere di genere religioso in molte chiese e ville della mia zona, da Monza a Cinisello. Altri suoi affreschi sono stati purtroppo distrutti dai bombardamenti che Milano ha subito negli anni ‘40, ma la mostra conserva molti schizzi preparatori. Angeli e santi sembrano essere il soggetto più gettonato.



Tra le tele di carattere religioso, invece, mi ha colpito molto questa Madonna con Bambino. Fin qui abbiamo parlato di Illuminismo, ma la delicatezza di questi volti mi fa quasi pensare ad un anticipo di Romanticismo (che comunque, come vedremo, ci sarà, dal momento che l’artista è vissuto tra Settecento e Ottocento).



Mitologia e letteratura greca


Da buon artista neoclassico, Appiani considera come soggetto privilegiato le storie della mitologia e della letteratura greca e latina. Anche se negli ultimi anni egli si dedicherà molto di più a ritrarre persone importanti per la storia e per la politica, egli non abbandonerà mai del tutto la sua passione per il mondo classico. L’esposizione mette in luce il suo grande amore per le storie dei grandi protagonisti della mitologia.


In una bellissima sala della mostra ci sono quattro dipinti che ritraggono dei momenti della vita di Ares e Afrodite, da quelli più importanti e drammatici, dal tradimento con Adone alla rabbia del dio tradito…



a quelli più quotidiani, come la toeletta della dea della bellezza, attorniata dalle sue ancelle ed amiche.



Quattro (per me splendidi) dipinti rettangolari hanno per protagonista Europa, la principessa di Tiro e regina di Creta per la quale Zeus si tramutò in un toro.



La coppia composta da Apollo e Artemide, fratello e sorella, sole e luna, è sempre fonte d’ispirazione per Appiani, anche se, nei dipinti che li vedono protagonisti, spessi essi cedono ai loro istinti peggiori e non danno certo il buon esempio. Mentre Artemide punisce Atteone, cacciatore reo di averla osservata mentre faceva il bagno…



Apollo cerca di catturare la povera Dafne, che di lì a poco verrà tramutata in una pianta dal padre.



Appiani ama riprodurre su tela soprattutto le dee, e proprio per questo motivo, in età più matura, non può mancare la più importante di tutte: Era/Giunone, la regina, moglie di Zeus/Giove.



Napoleone ed altri notabili dell’epoca


Come già detto, la maturità dell’artista è caratterizzata da un sostanziale cambio di soggetto: dalla materia religiosa e classica alle figure di potere. 

Ci sono alcuni quadri in cui personaggi militari, come, ad esempio, questo generale, vengono ritratti con delle fattezze che sembrano quelle degli antichi condottieri greci, dalla postura al naso importante.



La figura che più affascina Appiani, quella a cui si dedicherà con passione, è quella di Napoleone… e forse non dovrebbe sorprenderci! L’ambizione e il desiderio di conquista di questo generale arrivato dalla periferia della Francia, che in pochi decenni diventa imperatore e padrone di mezza Europa, lo avvicinano molto a figure di rilievo dell’antichità, come i re di Atene o di Sparta, o Alessandro Magno. 

Questi due ritratti giovanili di Napoleone e della sua prima moglie Giuseppina sono diventati così celebri che io stessa sono sicura di averli visti su diversi libri di scuola…



...così come di sicuro tutti voi avete visto questo ritratto di “Napoleone Re d’Italia”. 

Forse, però, non sapete che Appiani ha dipinto questo quadro come parte di una coppia. Accanto a Napoleone prende posto Francesco Melzi d’Eril, viceré d’Italia. Ora che ho visto entrambi i dipinti dal vivo, posso dirvi che secondo me Appiani ha colto perfettamente lo spirito dei due personaggi. 

Con tutto il rispetto per il viceré Melzi, è evidente che si tratti di un solerte funzionario, e niente di più. Un uomo certamente stimato da alcuni suoi contemporanei, ma non destinato a passare alla storia. Nello sguardo di Napoleone, invece, c’è proprio la furia di chi ha un disegno di potere e non ha nessuna intenzione di fermarsi… nel bene e nel male. E infatti, tra i due, noi studiamo il secondo…



Oltre a generali e politici, Appiani ritrae molti nobili di epoca napoleonica. Personalmente mi sono piaciuti molto i ritratti femminili, tra vesti delicate e preziosi gioielli.



Appiani a Palazzo Reale


Come già vi dicevo, la mostra ha luogo in un’ala di Palazzo Reale che forse non avevo mai visto e che mi ha stupito moltissimo, tra le ricchissime tappezzerie…



e i soffitti da lasciare senza fiato!



Non poteva esserci luogo migliore per ospitare un’esposizione di Andrea Appiani, che ha lavorato anche a Palazzo Reale. Egli, infatti, ha creato degli affreschi a mo’ di arazzo che possiamo ammirare ancora oggi...



ed altre opere che purtroppo sono state distrutte da un bombardamento a Milano nel ‘43. Sfortunatamente sono rimasti solo disegni preparatori di questo grande affresco di “Napoleone in trono”, con l’imperatore assiso sul trono, ritratto con l’iconografia solitamente utilizzata per Zeus/Giove. I suoi due grandi amori (l’epoca classica e quella napoleonica) in un’opera sola… e possiamo solo immaginarla.



Non c’è più traccia nemmeno dei “Trionfi di Napoleone”, che un tempo ornavano la Sala delle Cariatidi. Gli allestitori della mostra, però, li hanno riprodotti su dei pannelli con retroilluminazione, così, per chi visita la mostra, è possibile almeno farsi un’idea di com’era la sala prima del ‘43.





Avete tempo fino all’11 gennaio per visitare la mostra!

Ci sono ancora tutte le vacanze di Natale, se pensate di fare un salto a Milano… spero proprio di avervi incuriosito!

Sono molto contenta di questa “stagione di mostre” autunnale e spero che anche l’inverno e la primavera mi porteranno dei bei pomeriggi a tu per tu con l’arte.

Fatemi sapere se siete stati alla mostra o se vi piacerebbe andare!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 27 novembre 2025

I PREFERITI DI NOVEMBRE 2025

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori, 

siamo agli ultimi giorni di novembre e come al solito ecco il recap del mese, fra libri e film, musica, poesia e foto! 

Si è trattato di un mese molto pieno: un po' di extra lavorativi (pure nel weekend), novità a scuola di danza (stiamo iniziando ad impostare la prima musica dello spettacolo di quest'anno), qualche impegno fuori casa anche per staccare, il freddo improvviso che ha colto di sorpresa tutti. 

Ma vediamo insieme com'è andata!



Il libro del mese


Domenica 29 ottobre 1922, il giorno dopo l’inizio della marcia su Roma. 

Benito Mussolini ha rischiato di finire in carcere, invece quei giorni hanno definitivamente sancito la sua salita al potere. Tutti si fanno da parte per far sì che egli diventi il Duce, persino un re troppo fragile per esercitare il suo ruolo. 

C’è una sola persona che continua ad esercitare una strenua opposizione: Giacomo Matteotti, importante esponente del partito socialista. Un uomo che proviene dal paesino di Fratta Polesine, ha dalla sua parte una grande fetta della popolazione più umile, è integerrimo e non ha mai mancato alla parola data. Un leader, in tutto e per tutto opposto a Mussolini. Una persona che il Duce considera un ostacolo pericoloso alla sua scalata al successo.


2022, Mosano sul Naviglio, Milano. Al Liceo Classico Torquato Tasso il professor Panzeri sta tenendo una lezione sull’importanza dell’imminente ricorrenza del 25 Aprile, quando qualcuno lo interrompe con fastidio, anzi, con rabbia. 

Il professore è senza parole: a parlare è stato Massimo, detto Mas, uno dei migliori studenti della classe. Un ragazzo che spesso sta in disparte, forse per il carattere introverso, forse per la prematura scomparsa della madre, un’amatissima maestra che è stata portata via troppo presto da un brutto male.


L’intervento di Mas viene contenuto dal pronto intervento della rappresentante di classe, ma lascia attoniti i compagni di classe. Uno in particolare, detto Mago, si scusa con Mas, dicendogli che gli dispiace di non averlo mai considerato e che non sapeva che egli “fosse dei loro”. Mas non comprende; all’intervallo, però, Mago gli presenta Rubo, un ragazzo delle classi alte, e Talia, una bella ragazza bruna di cui Mas si innamora subito. I due fanno parte di un gruppo di giovanissimi di estrema destra e hanno contatti con altri giovani della provincia (e anche di altre province, grazie a internet).


Mas è felice di aver trovato dei nuovi amici ed un possibile amore, e si sente rassicurato riconoscendo in loro le stesse idee di nonno Italo, mancato subito dopo mamma Velia, così si unisce al gruppo. 

Ben presto Mas e i suoi amici iniziano a compiere degli atti di vandalismo in giro per Mosano sul Naviglio, appendendo striscioni, strappando bandiere, distruggendo le corone in onore dei partigiani. Qualche volta i quattro riescono a fuggire: altre volte, però, le forze dell’ordine li individuano.


A nulla serve la preoccupazione del padre, che già soffre molto per la vedovanza, così come non sortisce nessun effetto l’indignazione pubblica per la presenza sul territorio di neofascisti minorenni: al contrario, Mas si esalta e si sente finalmente importante.


Dopo qualche mese, però, l’ingranaggio inizia a rompersi. 

Mas viene beccato da solo e la sindaca pensa ad una pena esemplare: alcune domeniche di lavoro e pulizia della città insieme ad un gruppo locale di ecologisti. Mas si trova faccia a faccia con tutte le persone che ha sempre disprezzato, prime tra tutte Sere e Vale, una coppia lesbica di attiviste… eppure, inaspettatamente, si trova bene, e capisce di averle odiate per partito preso.


A questi incontri, poi, egli ritrova lo zio Giacomo, fratello della defunta mamma Velia, con il quale aveva perso i contatti dopo il funerale. L’uomo è professore di storia ed invita il nipote ad un ciclo di conferenze su Matteotti, dicendogli che non ha niente in contrario nel sentire anche il suo parere, sicuramente diverso dalla maggior parte degli altri partecipanti all’evento.


Pian piano Mas si rende conto che le persone da lui ritenute “diverse” e “odiate” sono in realtà tolleranti nei suoi confronti, non lo giudicano per le sue idee differenti, anzi, riescono pure a farci dell’ironia sopra. Al contrario, non appena egli prova a mettere in dubbio qualcosa con Mago e Rubo, il rapporto d’amicizia sembra incrinarsi, ed anche la neonata storia d’amore con Talia traballa…



Amore nero è stata per me una lettura speciale, per molti motivi differenti. Mauro Raimondi e Marco Erba, entrambi scrittori e professori, sono due miei concittadini che conosco di persona da anni. Ho partecipato più volte alle conferenze ed alle “passeggiate storiche” per Cernusco di Mauro Raimondi (e così ho scoperto che viviamo in un paese pieno di storia), così come ho preso parte alle presentazioni dei libri di Marco Erba ed ai festival letterari che egli ha organizzato proprio qui negli ultimi anni.


Vi lascio a questo link le recensioni dei libri di Mauro Raimondi sulla storia di Cernusco, e a questo link la recensione di Quando mi riconoscerai, uno dei primi romanzi di Marco Erba.


Amore nero alterna dei capitoli storici che raccontano la storia di Giacomo Matteotti ad altri contemporanei che hanno per protagonista il giovanissimo Mas. Conoscendo le competenze e gli stili di scrittura di entrambi, suppongo che i primi siano opera di Mauro Raimondi ed i secondi di Marco Erba. L’intreccio tra le due storie risulta sempre più importante man mano che il romanzo va avanti: esattamente come Mussolini mostra il suo volto feroce prima perseguitando e poi facendo uccidere Matteotti, così Mas si rende conto della vera faccia delle ideologie che ha abbracciato.


Il sottotitolo del romanzo, “Sei fascista o sei solo arrabbiato?”, è la domanda chiave che a un certo punto si deve fare il protagonista.


Mas è un ragazzo che è stato costretto a diventare grande troppo presto: ha perduto prima la madre, che si è spenta giorno dopo giorno, e poi nonno Italo, che, essendo già anziano, non ha retto alla perdita dell’amata nuora. La rabbia per le grandi ingiustizie che la vita gli ha riservato si è trasformata in un desiderio di restituire il male agli altri, nel bisogno di un capo forte che gli indichi la via, nella necessità di essere incluso in un gruppo – qualunque gruppo – per non sentirsi mai più solo.


Questa è una storia di formazione ed è giusto che, come target, sia consigliata ai ragazzi, ma… credetemi, di questi tempi è una lettura importantissima anche per gli adulti.


È una lettura che consiglio anche ai miei cittadini cernuschesi: riconoscerete benissimo le strade, le piazze, i luoghi della nostra Cernusco! “Mosano sul Naviglio” è casa nostra…



Il film del mese


Francia, XVIII secolo. Marie – Jeanne Bécu, figlia ribelle di una serva, intelligente e studiosa ma intollerante all’autorità, riesce con molta fatica a completare gli studi nel collegio di suore dove è stata iscritta dal padrone della madre.


Nei primi tempi anch’ella va a servizio, poi, sfruttando il suo carattere forte, la sua conversazione brillante e l’ascendente che ha sugli uomini, riesce a diventare in pochi anni una delle cortigiane più note di Francia.


All’inizio della storia, ella è molto conosciuta tra gli uomini più importanti del paese, ed ha una sorta di famiglia: convive con il suo protettore, il conte Jean-Baptiste Du Barry. La relazione tra i due è ovviamente molto infelice: lui la fa prostituire e non manca di alzare le mani su di lei. Tuttavia Jeanne resiste, non solo perché non sa in che altro modo vivere e procurarsi del denaro, ma soprattutto perché lo scopo della sua vita è diventato essere una buona madre per Adolphe, un ragazzo di cui sarebbe solo la matrigna, ma che lei considera come il figlio che non ha avuto.


Un giorno, il maresciallo De Richelieu, un anziano libertino che vive a Versailles, la nota e ha un’idea: la donna potrebbe la candidata ideale per diventare la nuova amante di Re Luigi XV. La regina, che fa una vita ritirata, è molto malata, e l’uomo in grado di trovare una nuova compagnia femminile ad un re di fatto rimasto solo potrebbe guadagnare moltissimo in quanto a onori e carriera.


Il conte Du Barry, desideroso a sua volta di guadagnare i favori del re, accetta. Luigi XV, appena vede Jeanne, e soprattutto la sente parlare, se ne innamora. L’uomo ha trent’anni in più di lei, è famoso per aver avuto molte amanti, ha delle figlie femmine che disapprovano la sua condotta e un unico nipote (il futuro Luigi XVI) che è l’unica sua speranza di avere un erede legittimo, eppure nulla costituisce un vero ostacolo al sentimento che nasce tra i due protagonisti.


Quando la regina consorte muore, Luigi XV propone a Jeanne di sposare Du Barry, in modo da poter restare a Versailles senza che nessuno opponga questioni morali, e di diventare la sua favorita. Jeanne è a sua volta innamorata del re ed accetta.


Tanti ostacoli però sbarreranno il loro cammino, dalla morte prematura di Adolphe all’ostilità della giovanissima Maria Antonietta, dagli intrighi di corte agli ultimi difficili anni del re…



Jeanne Du Barry – La favorita del re è uno degli ultimi film che ha fatto Johnny Depp, uno dei pochissimi per i quali è stato selezionato dopo la brutta vicenda giudiziaria che l’ha visto protagonista insieme all’ex moglie. E devo confessarvi che, guardando il film, ho pensato che è davvero un peccato che non sempre i grandi artisti siano anche grandi persone. Perché le interpretazioni sue e dell’attrice (e regista del film) Maïwann sono state eccezionali. C’era grande chimica tra i protagonisti, e l’ultima parte del film mi ha proprio commosso.


È un film a metà strada tra lo storico e il romantico, la storia di un uomo che ha tutto tranne che la libertà e di una donna che ha avuto una vita difficilissima, eppure ha sempre dichiarato di amare tanto la sua esistenza (persino, si dice, sul patibolo, dov’è finita durante la Rivoluzione Francese, in quanto simbolo di libertinaggio e di lusso regale). Due esistenze in gabbia che, nonostante tutto, si sono riconosciute e trovate.


Due ore di film sono volate. Se siete amanti del genere storico, o delle storie romantiche, ve lo consiglio!



La musica del mese


Mi sono accorta che sono arrivata quasi in fondo al nostro “viaggio in macchina” alla scoperta della musica italiana un po’ più vecchiotta… e non vi ho parlato di una delle mie canzoni preferite dei primi anni 2000, Lo zingaro felice di Alex Britti! Potete ascoltarla a questo link.


Oggi è un giorno nuovo, dice la televisione

Il futuro è un mistero tranne qualche previsione

E se è vero che il passato fa lo scemo e s’è nascosto

Io lo cercherò per dirgli “Sei passato troppo presto”


C’è uno zingaro felice dentro il cuore di ogni donna

Quando la natura esplode e ti chiameranno mamma

C’è uno zingaro nascosto dentro un cane senza razza

Se lo incontrerai per strada non negargli una carezza


Così, come viene,

Tanto per dire che ho un amico in più

Così, ci conviene

Per sopportare un boccone che non va giù

Così che tutto il resto non c’è più



La poesia del mese


Novembre è un mese dedicato ai nostri cari defunti, che porta sempre con sé un po’ di malinconia (e forse l’anticipazione del periodo natalizio serve a molti per scacciare proprio questa tristezza). Nel corso degli anni vi ho proposto varie poesie su questo tema, ma mi pare di non aver ancora messo tra i preferiti uno dei componimenti che amo di più in assoluto, la N°100 di Charles Baudelaire:


Alla serva dal gran cuore che t’ingelosiva,

e che dorme il suo sonno sotto un’umile aiuola,

dovremmo qualche volta portare un po’ di fiori.

I morti, i poveri morti hanno grandi dolori;

e quando, potatore di vecchi alberi,

Ottobre soffia il suo malinconico vento attorno ai loro marmi,

essi devono trovare i vivi ben ingrati,

a dormire, come fanno, al caldo, sotto le coperte,

mentre che essi, divorati da neri incubi,

senza compagni di letto, senza poter chiacchierare,

vecchi scheletri gelati rosi dai vermi,

sentono sgocciolare la neve dell’inverno,

il secolo andar via, senza che amici o familiari

pensino a rimpiazzare i brandelli che pendono dalla loro grata.


Se una sera, quando il ceppo sibila e canta,

tranquilla io la vedessi sedersi nella sua poltrona;

se una notte azzurra e fredda di Dicembre

la trovassi rannicchiata in un angolo della mia stanza

e, seria, venuta dal suo letto eterno,

covare il ragazzo fattosi grande col suo occhio materno:

che cosa potrei rispondere a quest’anima pia,

vedendole cadere lacrime dalle palpebre vuote?



Le foto del mese


I primi giorni di novembre sono riuscita a ritagliarmi un pomeriggio per tornare a Milano dopo qualche settimana ed andare a Palazzo Reale per vedere la mostra di Appiani! Ve ne parlerò sicuramente settimana prossima, prima di passare ai post prenatalizi. 



Ne ho approfittato anche per fare due passi in via Torino, fare una merenda e guardare le vetrine… e ho rivisto anche la chiesetta di Santa Maria presso San Satiro! 



In ottobre vi mostravo uno scatto di un servizio fotografico del nostro saggio dello scorso giugno. In queste settimane, invece, sono arrivate le foto scattate in scuola qualche settimana prima dello spettacolo. Questa foto, con il gruppo classico e quello moderno riuniti per Footloose, è già incorniciata! Sembra di aver appena concluso, e invece siamo già in pista per ricominciare... 



Come dicevo, novembre mi ha portato anche qualche impegno piacevole: una serata a teatro con Neri Marcoré e le sue cover di cantautorato, qualche pranzo fuori, i primi mercatini prenatalizi, domani sera una cena con letture di Stefano Benni. Non sono stata con la videocamera puntata tutto il tempo, ma sono comunque felice e grata di aver avuto un autunno molto ricco.

 


Eccomi qui, nel cuore di un novembre sempre piuttosto intenso, e anche in uno dei posti più belli di Milano. Sono contenta di aver ritagliato degli spazi per me e sono pronta per un Dicembre (spero) più soft.



Per ora ci salutiamo... e salutiamo anche novembre! Si avvicina Dicembre, uno dei miei mesi preferiti da vivere qui sul blog. La prima settimana vi recensirò la mostra di Appiani e concluderò il progetto su Shakespeare. Poi, a partire dall'Immacolata, inizierà il Christmas Countdown, tra booktag a tema, recensioni di letture prenatalizie e racconti; e poi ancora ci daremo appuntamento dopo Natale per il recap del 2025 e i preferiti di Dicembre...


Ci sarà tanto da raccontarci, insomma! Per ora godetevi l'ultimo weekend di novembre...

Grazie per la lettura, ci rileggiamo in Dicembre :-)