lunedì 17 novembre 2025

LETTURE... TRA OFFICE E SPORT ROMANCE

 Due ebook in rosa




Cari lettori,

nuovo appuntamento con le nostre "Letture... a tema"!


Oggi utilizzo questo ultimo spazio del 2025, prima dello speciale di dicembre (quando la rubrica è sempre inclusa nel “Christmas countdown”), per raccontarvi due ebook romance presi grazie ad un’iniziativa di promozione gratuita.

Sono due letture di qualche mese fa, le ultime, tra quelle dei mesi caldi, che non vi avevo ancora raccontato. Già mi porterò nell’anno prossimo qualche recensione arretrata dell’autunno… 


Tra un office romance di un’autrice italiana ed uno sport romance americano a tema arti marziali, spazieremo molto nel mondo del rosa!


Parliamone meglio insieme…



Dicono di lei, di Arianna Ciancaleoni


La giovane Frida Rossetti è un’imprenditrice conosciuta, anzi, temuta: amministratore delegato di un’azienda di pentole, coperchi ed altre suppellettili per la cucina, è il capo indiscusso del suo piccolo regno.


Tutti la temono, dai suoi diretti sottoposti agli stagisti che restano pochi mesi. Il rumore dei suoi tacchi crea il panico, il suo ingresso a passo deciso in qualche ufficio è solitamente preambolo di una sfuriata e tutti sanno che un solo singolo errore può comportare il licenziamento.


È per questo motivo che, quando il posto da contabile si libera, nessuno vuole occuparlo. O meglio, non c’è alcuna persona disponibile tra gli interni… o tra chi fa parte di aziende vicine, o che hanno collaborato con quella di Frida, e la conoscono di fama.


Ma Flavio Zara, giovane laureato in Economia, non sa niente del mondo delle pentole ed ha un gran bisogno di un nuovo lavoro, dal momento che l’azienda in cui si trova naviga in cattive acque. Egli non si aspetterebbe una risposta immediata ad uno dei centomila curriculum che ha inviato alla disperata… e invece è proprio Frida a contattarlo per un colloquio.


Flavio si rende conto subito di avere di fronte una donna severa e temuta, e ad un certo punto si convince persino che ella lo caccerà via a male parole. Inaspettatamente, però, il posto è suo.


Il nostro protagonista non si perde d’animo e, giorno dopo giorno, cerca di fare il suo lavoro con la precisione e l’impegno che lo contraddistinguono, imparando ben presto che il timore nei confronti di Frida è un sentimento comune e che tutti sono tristemente abituati.


Quello che egli non sa è che Frida si sente estremamente sotto pressione ogni singolo giorno. A causa della famiglia d’origine che ha molte aspettative su di lei, del suo ruolo di capo che spesso le sta stretto, del senso di solitudine che prova perché non ha amici e, anzi, tutti parlano male di lei, non solo sul lavoro.


Da un giorno all’altro, poi, il suo matrimonio con Ernesto, un ballerino e influencer che puntava più che altro a sistemarsi e, ora che è ricco e famoso, non ha più bisogno di lei, finisce. Frida perde anche il suo unico punto fermo al di là del lavoro e diventa ancora più aspra con i suoi sottoposti.


Flavio, però, è una persona attenta, e pian piano si rende conto che Frida nasconde molto sotto la superficie. Compreso un segreto un po’ imbarazzante: nonostante ella sia la regina delle pentole, non è proprio un asso in cucina. Urge l’intervento di Flavio, con la sua ricetta delle polpette…



Aah, gli office romance! 

Lo ammetto, questo romanzo è riuscito a conquistarmi e divertirmi proprio per come è pensato e scritto, perché non si tratta del mio trope preferito. Sono sempre stata dell’idea che mischiare amore e lavoro non sia una buona idea (specie se c’è di mezzo una dinamica di potere), e la tipologia di personaggio “capo insopportabile”, uomo o donna che sia, mediamente mi provoca l’orticaria. 

È stato così anche per Frida, almeno per i primi capitoli, finché non mi sono resa conto di quanto fosse una donna sola, chiusa in se stessa, in costante allerta sia per via del suo ruolo che a causa delle delusioni subite. Ciò non toglie che alcune volte, specie con Flavio, ella sia davvero troppo cattiva…


Come forse avrete intuito, questo è anche un grumpy x sunshine, ed è anche piuttosto inutile dirvi che chi porta il sole (e la buona cucina) è lui. Flavio è un uomo davvero sensibile e paziente… uno di quelli che raramente si trovano al di fuori dei libri, o forse appartengono proprio ad un altro tempo!


Scherzi a parte, ho trovato questa lettura davvero divertente e simpatica, ideale per un paio di pomeriggi di svago. Se siete fan dell’office romance, ve lo consiglio!



Invidia – Fighting Envy, di Jennifer Miller


La protagonista di questa storia, Rowan Martin, è una ragazza che da tempo ha imparato a cavarsela da sola.


Cresciuta con un padre assente ed una madre violenta e crudele che non perdeva occasione per rinfacciarle qualsiasi cosa, ella ha sempre avuto l’unico conforto del fratello Tyson. Non appena sono diventati maggiorenni, essi hanno iniziato subito a lavorare ed a condividere un appartamento da soli, lontani da tutti coloro che le avevano fatto del male.


Negli ultimi tempi, però, ci sono state parecchie complicazioni. Innanzitutto Tyson, a causa di una questione minore nella quale però si è lasciato trascinare, è stato condannato a qualche mese di detenzione. Rowan, già disperata perché il fratello è il suo unico punto fermo, ha poi scoperto di essere rimasta incinta del fidanzato Jason, con il quale, però, il rapporto è molto altalenante.


L’uomo, infatti, è scostante: sparisce per giorni, torna all’improvviso pretendendo mille attenzioni, la tratta spesso con freddezza, a volte non prova nemmeno a capirla. Rowan, però, non è mai riuscita a togliersi dalla testa le cattiverie di sua madre e la convinzione che nessuno potrà mai amarla davvero, quindi si accontenta.


Una sera, a Rowan si rompono le acque. Jason la accompagna in ospedale piuttosto svogliatamente, la lascia all’ingresso con la scusa del parcheggio e le promette che la raggiungerà entro pochi minuti. Come però Rowan, sotto sotto, temeva, egli se ne approfitta per dileguarsi e non rispondere nemmeno al telefono.


La povera ragazza si ritrova a dover affrontare il travaglio completamente sola. Ed è proprio in ospedale che ella fa un incontro inaspettato.


Jackson Stone, lottatore professionista di MMA (Arti Marziali Miste), è in Pronto Soccorso per un piccolo incidente capitato in palestra: qualcuno dei suoi ha picchiato un po’ troppo duro. Non appena vede Rowan all’accettazione, riconosce in lei la sorella di Tyson, il ragazzo che per mesi ha frequentato la sua palestra e che, da un giorno all’altro, è sparito. Non ha più avuto notizie di lui e si chiede perché egli non sia insieme alla sorella che sta partorendo.


Jackson si presenta a Rowan e scopre che non solo Tyson è in carcere, ma che anche il padre del bambino sembra essere scomparso. Egli non ha cuore di lasciare sola la ragazza, così, dopo essersi fatto medicare, assiste al parto ed alla nascita della piccola Lily.



I giorni successivi non sono facili per Rowan: la scomparsa di Jason, che poi ella ritroverà per caso al supermercato con tanto di moglie, della quale ovviamente egli non aveva mai parlato; la depressione post partum; la lenta abitudine alla nuova routine con Lily; il graduale rientro al lavoro.


Per fortuna ella può sentire regolarmente Tyson, che sta per terminare la sua pena, ed ha accanto due persone: una premurosa vicina di casa che si occupa di Lily ed è per lei molto più madre di quanto non sia stata la sua, e Jackson, per il quale inizia a provare dei sentimenti…



Avevo Invidia da molto tempo nel mio Kindle, e, come forse sapete, i mesi caldi, tra spostamenti e tempo libero in più, mi consentono di dedicare un po’ più tempo non soltanto ai cartacei che ho in TBR, ma anche agli ebook che periodicamente scarico e poi lascio lì… a “prendere polvere”, metaforicamente parlando.


Proprio come l’altro romanzo di cui vi ho parlato oggi, anche questo non è esattamente il mio sottogenere preferito: leggo sport romance solo ogni tanto, e, in ogni caso, preferisco altri sport alla lotta e dintorni. Se non altro perché, quando lo sport protagonista è questo, il personaggio maschile è quasi sempre un tipo del genere “sono grosso e molto protettivo”, e credo che ormai abbiate intuito che preferisco tipi meno fisicati ma più ironici e… moderni (non solo nei romanzi, direi).


Jackson rientra in questa categoria: è sicuramente un bravo ragazzo, però a volte è più un bodyguard che una effettiva compagnia. Comunque, considerato il personaggio di Rowan, con le sue insicurezze e il suo bisogno di protezione, l’incastro tra i due protagonisti risulta convincente, ed il progressivo avvicinamento tra i due è romantico, spesso anche dolce.


Invidia è il primo volume di una serie intitolata Deadly Sins, “Peccati capitali”. Jackson, infatti, condivide la palestra con cinque amici storici, ed il sesto è – suppongo – Tyson, che già in questo romanzo dichiara di voler tornare a lottare non appena sarà di nuovo libero.

Credo che gli altri volumi della serie abbiano per protagonisti gli altri amici del gruppo, con trope differenti (anche se ovviamente quello dello sport resta).


A meno che non ci sia un’altra promozione gratuita com’è successo con Invidia, non credo che proseguirò la serie. È stata una lettura carina e piacevole, ma come dicevo questi trope non sono tra i miei preferiti, ed ho paura che alla lunga le storie potrebbero ripetersi un po’.


In caso dovessi leggere qualcos’altro di questa autrice, ve lo racconterò!




Questo è quanto per i miei consigli di lettura odierni!

Conoscete questi romanzi? Avete letto qualche libro di queste autrici? Ditemi un po'... 

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 13 novembre 2025

RICETTE MEDITERRANEE

 Un primo e due secondi... non solo per l'autunno




Cari lettori,

torna la rubrica “Menù e ricette”!


Gli anni scorsi, in questo periodo, vi ho proposto delle ricette tipicamente autunnali (per esempio a questo link o a questo), con funghi, zucca ed altre verdure di stagione.


Quest’autunno, invece, la mia cucina è stata un po’ anomala. L’orto di papà ci ha regalato le ultime melanzane, ho trovato più di una volta pomodori buoni e saporiti nonostante la fine dell’estate… e così le ricette che ho cucinato la maggior parte delle volte hanno avuto un sapore decisamente mediterraneo.


Oggi vi propongo un primo e due secondi che possono essere tranquillamente considerate dei piatti unici, specie se con un po’ di pane. Per chi, anche ora che si stanno avvicinando i mesi più freddi, non rinuncia ai sapori dell’estate!



Fettuccine speziate con sugo di melanzane


Ingredienti a persona


- 150 gr circa di fettuccine/tagliatelle secche con spezie nell’impasto (io ho utilizzato quelle allo zafferano e curcuma di un pastificio ligure). Nel caso le spezie non piacessero, vanno benissimo delle tagliatelle classiche, o “paglia e fieno” per una piccola variante.

- Una decina di ciliegini/datterini (o uno/due pomodori grandi)

- Mezza melanzana grande (o una mignon)

- Misto per soffritto surgelato (cipolla, carote, sedano)

- Olio

- Sale

- Parmigiano o pecorino a piacere


Preparazione


- Lavare i pomodorini (o il pomodoro) e tritarli nel mixer.

- In una padella antiaderente versare un filo d’olio, un pugno di misto per soffritto e la polpa di pomodoro.

- Lavare e spellare la melanzana, togliere i semi (se sono in grande quantità) e tagliarla a tocchetti. Aggiungerla al sugo e cuocere a fuoco basso.

- Quando il sugo è a buon punto, far bollire abbondante acqua salata. Al momento del bollore, versare le fettuccine e farle cuocere 5/6 minuti.

- Far saltare le fettuccine nel sugo.

- Servire ben caldo e aggiungere, a piacere, parmigiano o pecorino grattugiato.



Feta al forno


Ingredienti a persona:


- Un panetto di feta da 200 gr

- Due pomodori ramati

- Mezza cipolla dorata

- Olio

- Erbe aromatiche a piacere (Basilico, origano, rosmarino)

- Pane per accompagnare


Preparazione:


- Lavare i pomodori e affettarli a grandi fette rotonde.

- Disporli sul fondo di una pirofila (va benissimo uno stampo da plumcake o uno rotondo piccolo). Coprire tutta la superficie.

- Lavare la cipolla, tagliarla a metà, affettare una metà a fettine o spicchietti e disporli sopra ai pomodori. Io vi consiglio di usarne mezza a persona per un sapore più delicato; se vi piace, o la cipolla è proprio piccola, potete usarla intera.

- Estrarre la feta dalla confezione, sciacquarla e disporla sul letto di verdure.

- Condire con olio d’oliva ed erbe aromatiche a piacere.

- Cuocere in forno preriscaldato a 180° per 45 minuti.

- Servire ben caldo con del pane per accompagnare.



Uova in Purgatorio “a modo mio”


Ingredienti a persona:


- Due uova

- Un pomodoro ramato (o 100 gr di polpa di pomodoro)

- Olio

- Cipolla surgelata a dadini

- Origano

- Pane per accompagnare


Preparazione:


- Lavare il pomodoro e tritarlo nel mixer.

- Versare il composto in una padella antiaderente insieme all’olio, all’origano e ad un pugno di cipolla surgelata.

- Cuocere il sugo a fuoco basso.

- Quando il sugo è cotto, rompere le due uova nella padella e continuare con la cottura finché gli albumi non diventano bianchi ed il tuorlo non è parzialmente cotto (come un uovo in camicia).

- Servire ben caldo con del pane per accompagnare.




Spero che queste ricette vi portino un po’ di sole… anche nel grigiore di novembre!

Fatemi sapere se avete già fatto delle ricette simili e come vi sono venute. Se vi va, condividete qualche vostra ricetta autunnale!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


lunedì 10 novembre 2025

GIALLI E THRILLER PER UNA SERATA NOVEMBRINA

 Due romanzi della Sellerio




Cari lettori,

per la nostra rubrica “Letture...a tema”, oggi vi propongo due romanzi della Sellerio che ho letto ormai qualche tempo fa. Il primo è un thriller sulla malavita organizzata e sul programma protezione testimoni nato dalla penna di Giampaolo Simi, l’altro è un giallo brillante che ha per protagonista uno stravagante “detective e ladro per caso”, creato da Martin Suter.


Ho pensato che entrambe queste letture, tascabili ma non proprio leggere (soprattutto la prima), fossero l’ideale per queste buie serate di novembre, un ponte tra l’atmosfera spooky di Halloween ed i mesi più freddi.


Vediamole meglio insieme!



Rosa elettrica, di Giampaolo Simi


Rosa è una giovane poliziotta dall’esistenza piuttosto solitaria.


Da piccola ella ha avuto un’infanzia felice insieme al fratello Diego, e ad un certo punto ha anche creduto di avere un superpotere: quello di riparare, o far ripartire da soli, gli oggetti elettrici. Quando poi una dimostrazione con i compagni di scuola è fallita, ella si è resa conto che il suo “superpotere” era soltanto un trucchetto del fratello. Da allora, però, le è rimasto il soprannome Rosa elettrica.


Oggi Rosa è una donna che vive in un minuscolo appartamento in cima ad un palazzo non proprio prestigioso, sente la sua famiglia solo una volta ogni tanto, vive di surgelati e precotti e ha avuto poche relazioni, che però non sono andate a buon fine. Al momento ha solo uno spasimante, un dj che la definisce “irraggiungibile”, perché Rosa non gli ha raccontato niente di se stessa.


L’unica vera novità della sua vita è uno scatto di carriera, che però comporta notevoli responsabilità: dopo anni da poliziotta “ordinaria”, Rosa sta per occuparsi per la prima volta del Programma Protezione Testimoni.


La storia ha inizio in un centro di recupero gestito da un ordine religioso, perché il “protetto” di cui Rosa si occuperà deve innanzitutto disintossicarsi. 

Daniele Mastronero, noto a tutti come Cocìss, è un temibile capobanda, un uomo descritto da tutti come una crudele macchina da guerra. Ma quel che vede Rosa è ben altro: un ragazzo che ha compiuto 18 anni il mese scorso, analfabeta, abbandonato da tutti (compresa la sua stessa famiglia), in piena crisi di astinenza. Un ragazzo che fin da bambino ha compreso soltanto il linguaggio della droga e della violenza.


Cocìss, fedele soldato della causa della malavita, non avrebbe mai scelto di collaborare, tantomeno di pentirsi, se non fosse avvenuta una tragedia. Un uomo della cosca avversaria alla sua è stato ucciso a colpi d’arma da fuoco di fronte ad un ristorante. L’azione, però, è avvenuta in pieno giorno, così, oltre all’uomo, sono rimaste a terra anche due bambine, figlie di civili che non c’entrano niente. Tutti hanno attribuito la paternità della sparatoria a Cocìss; egli ha negato più e più volte, dicendo di non essere stato lì quel giorno, ma nessuno gli ha creduto.


A questo punto egli si ritrova sul collo sia, ovviamente, gli uomini della cosca avversaria, sia i suoi, che non gli perdonano di aver “infranto le regole” uccidendo due bambine innocenti.


Il piano prevede un soggiorno del ragazzo presso il centro di recupero per qualche giorno e poi, quando egli starà meglio, una consegna su strada agli agenti del reparto speciale che si occuperanno di nasconderlo.


Rosa passa i giorni in comunità di recupero contando le ore e sperando di tornare al più presto alle sue vecchie e noiose mansioni. 

Ma quando si mette in macchina con Cocìss, niente va come previsto. Le persone che attendono il testimone non sono quelle che Rosa si aspettava: c’è qualcosa che non va. La sensazione a pelle che ha la ragazza è che gli uomini del suo capo siano stati in qualche modo bloccati, e che al suo posto ce ne siano altri, che non vogliono certo scortare Cocìss in un luogo sicuro.


Rosa reagisce d’istinto, scappando via con la macchina e facendo perdere le proprie tracce. Per la prima notte, ella nasconde Cocìss nel suo piccolo appartamento, ma è chiaro che questa non può essere una soluzione. 

Ormai, di fatto, sono latitanti entrambi… e forse c’è qualcuno che potrebbe aiutarli a far luce sull’assassinio delle due bambine…



Rosa elettrica non è una lettura per stomaci deboli. Se preferite i gialli un pochino più leggeri, in cui si fa dell’ironia o ci sono delle parentesi rosa o di costume, vi consiglio di passare direttamente all’altro romanzo di cui vi parlo oggi.


La protagonista della storia è una giovane donna che forse non ha fatto pace del tutto con l’età adulta e si sente molto sola rispetto al passato. E forse proprio in virtù di questo sentimento di solitudine riesce a vedere non solo oltre le apparenze, ma anche oltre quel lato di Cocìss che tutti vedono.


Certo, questo romanzo è tutto tranne che sentimentale o pietistico, però l’autore è molto bravo a far capire che Cocìss è un colpevole (perché ha sbagliato, e anche tanto) ma è, in un certo senso, anche una vittima dell’ambiente che lo circonda, e, si vedrà più in là, anche delle persone che avrebbero dovuto proteggerlo fin da bambino. La prima che lo protegge per davvero, in senso umano, e non solo legale, è proprio Rosa.


Il che ci porta dritti all’altro tema importante del libro: la corruzione all’interno delle forze dell’ordine ed il fatto che, in alcuni reparti (come quello super delicato della protezione testimoni), una persona onesta e alle prime armi come Rosa non sappia davvero di chi potersi fidare.


È una lettura da pugno nello stomaco, ma se siete degli amanti di questo genere di giallo/thriller… sono sicura che non vi deluderà!



Allmen e le libellule, di Martin Suter


Nel cuore della Svizzera, tra palazzi antichi e distese di campi che d’inverno si coprono di neve, i nobili vivono proprio come ai vecchi tempi.


Johann Friedrich von Allmen, da tutti chiamato per cognome, è uno di essi, anche se ha un segreto, quello che probabilmente nascondono molti altri suoi colleghi nobili: è al verde.


Non è stato facile dilapidare l’eredità paterna, ma Allmen, prima con costosissimi studi all’estero – per il puro gusto di vivere un’esperienza altrove, visto che egli non pensava di certo al lavoro – e poi con uno stile di vita molto opulento, ci è riuscito.


Anche ora che egli ha quarant’anni ed i soldi rimasti sono pochissimi, Allmen continua a vivere al di sopra delle sue possibilità… con qualche accortezza. 

Per esempio, tutte le mattine passa delle ore al solito bar dei nobili del luogo, scroccando il giornale, e ordinando solo una tazza di caffelatte, sulla quale il barista gli fa un prezzo di favore. Oppure, per permettersi una costosa vita notturna, egli si fa mantenere da donne ricche ed annoiate. 

Persino il castello è suo solo formalmente: ormai gli è rimasta solo la dépendance, che condivide con Carlos, il suo maggiordomo e amico. Ma di lasciare la casa paterna… ovviamente non se ne parla.


Allmen, ovviamente, non vuole farsi vedere dagli altri nobili mentre lavora e si guadagna il pane. Ma da tempo ha trovato un escamotage per niente legale: furti d’arte in giro per l’Europa, con la complicità di un ricettatore/antiquario. Ne ha bisogno, perché non è soltanto al limite dell’indigenza: egli deve pure molti soldi ad un usuraio.


Una sera, Allmen incontra Joëlle, la figlia di un ricchissimo finanziere. Ella solitamente vive in America, dov’è cresciuta con la madre, ma per un periodo ha deciso di sfruttare la casa paterna e di visitare la Svizzera. 

Allmen passa la notte a casa della donna e ne approfitta per vagare indisturbato mentre lei dorme. Si imbatte subito in un’opera d’arte straordinaria: cinque coppe di vetro soffiato di Émile Gallé, impreziosite da delicate libellule.


Allmen non resiste e si impadronisce di una delle coppe, ripromettendosi di completare il furto in una notte successiva. Infatti Joëlle, piuttosto dimentica anche di se stessa, non si occupa certo di andare in quelle sale marginali del suo palazzo dove il padre custodisce le opere d’arte.


Nei giorni successivi, però, accadono due avvenimenti sconvolgenti. Il primo è che, durante la seconda notte trascorsa dalla donna, Allmen va a controllare nella sala delle coppe e… trova quella che aveva rubato perfettamente a posto. Come è possibile? Si tratta di una copia identica o l’antiquario suo complice ha restituito la coppa al padre di Joëlle?


Il secondo è un triste ritrovamento. Entrando nel negozio dell’antiquario per chiedere spiegazioni in proposito, Allmen trova il suo corpo ormai senza vita sulla poltrona. Temendo di essere incriminato non solo per i furti d’arte, ma anche per l’omicidio, Allmen fugge di nascosto, e, insieme a Carlos, che è clandestino ed ha avuto una vita difficile, elabora un piano non solo per trovare l’assassino del suo complice, ma anche per riuscire a uscirne pulito…



Come dicevo prima, se invece di un thriller senza fiato sulla malavita organizzata preferite un giallo più leggero e brillante, Allmen e le libellule è quello che fa per voi.


Questo dandy quarantenne che vive tra i castelli in Svizzera è quanto di più lontano da un commissario di polizia – e infatti commette anche dei reati , ma è comunque un personaggio molto acuto e, anche se a modo suo, sta comunque dalla parte dei buoni. È un furbo che vuole, come dice egli stesso, “marinare la vita” e guadagnarsi qualche soldo beffando chi è ancora ricco per davvero (e magari lo deride perché lui invece è ricco per finta…), ma non farebbe del male a nessuno.


Sua saggia controparte è Carlos, che ha vissuto una vita davvero amara in gioventù, sa cosa vuol dire lottare per sopravvivere, ed è un ottimo amico per il suo ex datore di lavoro, che, per quanto si creda chissà chi come tanti nobili, dentro di sé non si stima affatto, perché sa che avrebbe potuto fare una vita dorata senza esagerare e invece non è stato in grado di fermarsi.


Il giallo coglie di sorpresa il lettore, che è a già a metà libro, ma è comunque un intreccio interessante.


Ho visto che ci sono altri “casi” con Allmen protagonista (ormai questo primo volume è di circa 15 anni fa). Non escludo di leggerne qualcun altro in futuro!




Queste sono le due letture a cui ho pensato per questo periodo novembrino!

Che ne dite? Conoscete gli autori? Avete letto i romanzi?

Cosa ne pensate? Fatemi sapere!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


giovedì 6 novembre 2025

LEONORA CARRINGTON

 Un tour della mostra a Palazzo Reale




Cari lettori,

il post di oggi è un ritorno autunnale ai “Consigli artistici” dopo l’estate!


Sono tornata a Palazzo Reale in un bel giorno ottobrino di sole e, anche se l’offerta era piuttosto variegata, ho scelto di vedere per prima una mostra che avevo già adocchiato durante l’estate e che mi ispirava molto: quella di Leonora Carrington, una delle più importanti artiste surrealiste del XX secolo.


Ammetto che non conoscevo Leonora Carrington: ho semplicemente visto online un’anticipazione della mostra e mi sono incuriosita. E ora che l’ho visitata, se dovessi descriverla con una sola parola, userei… illuminante. Mi si è aperto un mondo che non conoscevo ed oggi sono più che felice di parlarvene!



I primi anni dell’artista


Leonora Carrington nasce agli inizi del 1900 in Irlanda, da una famiglia dalle origini composite. Ella viene mandata a studiare in vari collegi cattolici irlandesi e riesce a farsi espellere da tutti quanti per la sua condotta e per le idee che già da ragazza porta avanti con fermezza.

Mentre le istituzioni cattoliche irlandesi cercano in ogni modo di instradarla verso ideologie il più possibile convenzionali, per non dire bigotte, la giovane Leonora vive già in un suo mondo di fantasia: un universo dove fugge tutte le volte che le è consentito.



La serie giovanile di acquerelli Sisters of the moon, che Leonora dipinge quando è ancora minorenne, ne è la prova: una serie di fate e principesse dall’abbigliamento colorato e creativo, che si accompagnano a figure di animali a metà strada tra la realtà e la fantasia, come pavoni dalla coda lunghissima, cavalli bianchi che sembrano quasi unicorni, leopardi domestici.



Leonora è ancora molto giovane quando, visitando una mostra del già noto pittore surrealista Max Ernst, lo conosce e se ne innamora. La coppia diventa una delle più conosciute del mondo dell’arte: i due entrano in un giro di amicizie che comprende tanti importanti intellettuali del tempo, e vanno a vivere in una casa con le mura decorate dalle loro sculture.



I primi anni della loro convivenza sono sereni, come può testimoniare questo dipinto, che richiama l’Oriente in modo molto evocativo…



...oppure questa porta dipinta con figure fantasiose: l’abitazione della coppia era una vera e propria opera d’arte!



Momenti difficili… e l’arte che nasce dal dolore


La felicità di Leonora Carrington e di Max Ernst non dura a lungo. La Seconda Guerra Mondiale scoppia, la Francia viene occupata dai nazisti ed il sogno della giovane coppia si trasforma in un incubo.


Lui è sulla lista dei nemici del nazismo per le sue idee in evidente contraddizione con il totalitarismo, così viene arrestato. Lei, invece, fugge e attraversa la nazione cercando di sfruttare le sue conoscenze e vivendo di espedienti.


Un dipinto dell’artista sembra anticipare la separazione della coppia. Osservando l’opera, che ritrae proprio Carrington ed Ernst, si può notare come lui sia avvolto da qualcosa – a metà strada tra fiamme ed onde – che lo avviluppa completamente, e lei sia appena abbozzata: è rimasta solo la testa, del corpo c’è solo un contorno quasi evanescente. Sullo sfondo c’è un cavallo: vedremo come questi animali, in versione imbizzarrita ed impazzita, diventeranno simboli del suo malessere.



Gli anni della guerra sconvolgono l’umanità intera, e con essa anche Leonora. L’ormai ex compagno Max Ernst riesce a salvarsi da un terribile destino di prigionia e forse di morte, ma fugge lontano, e le strade dei due si dividono per sempre (almeno da un punto di vista privato). Leonora Carrington riesce a sopravvivere alla guerra, ma a caro prezzo, subendo tante angherie, e soprattutto una violenza di gruppo.

Per questo motivo, appena si conclude la guerra, ella viene dichiarata “pazza” (come tutte le donne che a quel tempo avevano subito orrori che avrebbero piegato chiunque) e chiusa in un ospedale psichiatrico, dove le vengono sottoposte delle “cure” che, inutile dirlo, sono ulteriori torture.


Eppure è subito dopo quei terribili momenti che Leonora Carrington crea le sue prime opere memorabili, quelle che ancora oggi sono ricordate come le più importanti. Certo, confusione e dolore regnano sovrani: l’artista non dipinge più se stessa, bensì delle misteriose donne mascherate o delle figure androgine; il cavallo che prima correva libero è diventato un dondolo, forse nella speranza di recuperare l’innocenza perduta dell’infanzia; la camera da letto, un tempo luogo protetto e felice, è posta nel mezzo di una foresta che potrebbe celare dei pericoli.



Anche in questo quadro sul pattinaggio l’elemento dei cavalli imbizzarriti, che corrono in tutte le direzioni, scalciano e si aggrediscono senza una ragione, è simbolo della mente dell’artista, che corre libera e va in luoghi di cui nemmeno lei conosceva l’esistenza (uno di questi cavalli è addirittura sul tetto). 

Si potrebbe credere che questo sia il momento in cui l’artista si è arresa al dolore, ma non penso sia così. I cavalli, infatti, abitano un paesaggio invernale quasi fiabesco, che convoglia una sensazione di calma. Ed è così che, io credo, si è sentita l’artista dipingendo questo quadro: la sofferenza e la paura di impazzire ci sono ancora, eppure ella è finalmente lontana dal male, sia dalla guerra che dall’ospedale psichiatrico. 

E quindi il dolore è libero di correre… ma anche di andarsene.



Questa sezione della mostra comprende un recentissimo filmato, un’intervista a Leonora Carrington quando ella era ormai molto anziana (è morta quasi centenaria). Nonostante tutto quello che la donna ha passato, si vedono ancora grande forza e lucidità, ed il desiderio di godersi quel che di bello le ha dato la vita, come il marito, i figli, l’amore sempiterno per l’arte. Veramente un’intervista commovente.



Leonora Carrington surrealista… ma alle sue regole


La seconda parte della mostra è dedicata alle opere più note di Leonora Carrington, quelle che l’hanno inserita nel novero dei pittori surrealisti del Novecento.

Mentre ella le dipinge, molte cose cambiano nella sua vita: dopo un primo, breve matrimonio con un vecchio amico, che non dura, ella decide di trasferirsi in Messico, nazione che sarà la sua vera casa per il resto dell'esistenza. Lì conoscerà l’artista e fotografo messicano che diventerà il suo secondo marito e il compagno di una vita, avrà due figli, dipingerà le sue opere più famose.


Il suo grande trasferimento assume un significato quasi sacrale per lei. 

Questo è quello che si può dedurre osservando il suo dipinto I quattro elementi: una lunga processione – simbolo del suo incamminarsi verso un nuovo continente – attraversa una bosco animato dal fuoco, una terra rossa popolata da un branco di tori, un fiume solcato da una barca a forma di pesce ed una distesa innevata, per arrivare ad una grotta che dà un’idea rassicurante di rifugio.



Abbiamo parlato di “sacralità”, e in effetti, nonostante la lotta al bigottismo ed alle convenzioni della Chiesa portata avanti fin dalla tenera età, per Leonora Carrington la Bibbia è comunque una fonte d’ispirazione. 

In uno dei suoi quadri più celebri, Le tentazioni di Agostino sono rovesciate in positivo, come visioni che accompagnano il santo e lo aiutano nella stesura delle sue opere, invece che metterlo in difficoltà.



Anche L’Arca di Noè è un episodio biblico celebrato da una tavola lunga e stretta, dove le sfumature rosse sembrano dominare e accentuano la drammaticità del soggetto.



In questa tela, che secondo me è una delle più belle, sono presenti tante delle tematiche più care all’artista: la foresta incantata, luogo di miti e favole da sempre; la processione – anche in un luogo non tradizionalmente sacro – come momento umano di condivisione; l’elemento acquatico in tempesta, solcato da mezzi fantasiosi; il fascino che esercita l’Oriente, rappresentato da una sorta di portale magico sulla destra. 

Questo quadro, Orplied, parola inventata dall'artista, anticipa anche il tema della magia, di importanza fondamentale per la Leonora Carrington più matura.



Un altro quadro che mi ha colpito molto, perché secondo me è importante per comprendere chi fosse davvero l’artista, è questo omaggio al suo ginecologo, l’uomo che l’ha assistita nella nascita dei suoi due figli. L’uomo è messo in chiara contrapposizione con i medici dell’ospedale psichiatrico, che Leonora Carrington non ha mai dimenticato. 

È come se con questa tela affermasse l’importanza cruciale che hanno i professionisti della salute nella vita di una persona, specie in quella di una donna: se un medico (o più medici) non hanno saputo far altro che accusarla di essere pazza e farle del male, lasciandola ancora più miserabile di prima, un medico che credeva davvero nel suo lavoro l’ha aiutata a portare a termine le sue due gravidanze, che comunque ella stessa descrive come una delle esperienze più belle e importanti della sua vita. 

È un importante scardinamento femminista del concetto di “partorire con dolore”, una denuncia della violenza medica che purtroppo alcune donne subiscono ancora oggi.



Magia e misticismo


Il tema della magia è molto presente nella produzione degli ultimi decenni di Leonora Carrington, al punto che l’artista ha addirittura creato dei propri tarocchi con dipinti fatti da lei.



C’è una tela che, in qualche modo, richiama un’atmosfera da “notte di Natale”: ci sono il deserto, un riparo improvvisato, una notte piena di stelle. Eppure al posto di Giuseppe e Maria c’è un’enigmatica coppia dipinta in rosso e blu, invece dei pastori ci sono delle figure incappucciate e soprattutto non c’è nessun bambino, ma solo degli animali liberi di scorrazzare per la tenda, tra i quali spicca una sorta di lupo antropomorfo. 

Ancora una volta, la Bibbia viene reinterpretata secondo la fantasia dell’artista.



Un soggetto particolarmente caro a Leonora Carrington in questa sua fase creativa è la “cucina alchemica”: cucinare, un atto considerato comune – e quasi servile – per le donne, si trasforma in un momento creativo dalle connotazioni magiche. Anche in tarda età, l’artista non ha mai dimenticato la bellezza della cucina di sua nonna, e la omaggia in una delle sue tele più famose (quella che è stata scelta per la locandina della mostra).



Leonora Carrington si dice femminista fino ai suoi ultimi giorni, anzi, più volte afferma che la forza delle donne sarà quella che salverà il mondo degli uomini, fatto di guerra e di sopraffazione. 

La mostra è piena di sue citazioni, forti, poetiche e, in qualche modo, lungimiranti… come tutti i grandi artisti, ella aveva già compreso in che direzione stava andando il mondo. 

Forse aveva davvero qualcosa di magico…




Avete tempo fino all’11 gennaio per fare un salto a Palazzo Reale e dare un’occhiata alla mostra… e ve lo consiglio con tutto il cuore!

Per me è stata veramente una bella esperienza, emozionante oltre che istruttiva. Leonora Carrington è un’artista che vale la pena di conoscere meglio, per tanti motivi, che spero di avervi raccontato per bene.

Fatemi sapere se vi ho incuriosito o se ci siete già stati!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)