Recensioni classiche 2024
Cari lettori,
bentornati all’appuntamento bimestrale con le nostre “recensioni classiche”!
Come forse qualcuno di voi saprà già, il percorso di quest’anno – o almeno, il buon proposito che finora sto mantenendo – prevede la lettura di un classico ogni due mesi circa, concentrandomi soprattutto sulle opere dei letterati italiani che ho scaricato anni fa dal Kindle e che poi non sono più riuscita a leggere.
Due dei bimestri sono stati dedicati ad una delle scoperte più importanti di quest’anno, Federigo Tozzi, prima leggendo "Con gli occhi chiusi" e poi con "Tre croci ed una sua antologia". C’è stato un post incentrato sulla raccolta di racconti "Fior di passione" di Matilde Serao. L’appuntamento estivo ha avuto per protagonista il teatro di Carlo Goldoni con "Il servitore di due padroni".
Per questo bimestre settembre/ottobre ho pensato a qualcosa di un po’ diverso: la biografia di una grande figura del Novecento italiano.
Poco prima dell’estate avevo letto Alda Merini: l’eroina del caos, di Annarita Briganti. È una lettura che non avrei saputo inserire nelle rubriche di altre mie recensioni “a tema” o “per autore”, e non mi sembrava neanche giusto abbinarla a dei romanzi, proprio perché è qualcosa di diverso.
Mi sarebbe piaciuto dedicarle un post a sé, e così, anche se forse un po’ impropriamente, ho pensato di inserirla qui, tra le recensioni classiche. In fondo, a parte Carlo Goldoni che penso tutti abbiamo studiato a scuola, gli altri post classici di quest’anno vanno alla riscoperta di due autori che, sebbene si siano conquistati un posto nel firmamento della letteratura italiana, non sono poi così studiati come meriterebbero. Mi sembrava giusto inserire in quest’ottica una poetessa, anzi, una poeta – come lei stessa si definiva – che a Milano è una vera e propria istituzione, ha segnato la nostra poesia contemporanea, ma forse in altre zone d’Italia non è stata così conosciuta ed apprezzata.
Ripercorriamo insieme la sua storia insieme ad Annarita Briganti, l’autrice della biografia!
Un’infanzia difficile e la guerra
La vita di Alda Merini è stata difficile fin dall’inizio. Il suo carattere ribelle emerge fin dalla più tenera età ed i suoi genitori, che sono comprensibilmente animati da una mentalità di quei tempi, non riescono a fare fronte alle idee fin troppo moderne di quella che per loro è ancora una bambina. Non la incoraggiano più di tanto nemmeno negli studi, perché desiderano un figlio maschio e, se egli arriverà, non riterranno più necessario provvedere all’istruzione di Alda e della sorella.
Ella non demorde e, grazie al sostegno di un’insegnante, si prepara alla prova di ammissione alla scuola media, ma non riesce a superare il test di italiano. Si rassegna così a frequentare l’avviamento professionale, anche se già allora coltiva il sogno di essere una poeta.
È solo un’adolescente quando scoppia la guerra ed iniziano anni difficili per tutta la famiglia. Da un trasferimento all’altro, sotto le bombe ed in mezzo agli sfollati, i Merini perdono tutto, ma sopravvivono, e riescono a mettere al mondo il figlio maschio che tanto desideravano.
Di questa prima parte della biografia di Alda Merini mi ha colpito molto il fatto che lei stessa descrivesse la sua famiglia durante la guerra come “povera in canna”, e che questa condizione non l’abbia mai spaventata veramente. Nonostante il successo che la poeta ha riscosso già in vita, ella non è mai stata benestante: la sua arte, per quanto molto apprezzata, non le ha mai consentito di arricchirsi, e la sua dimensione ideale è sempre stata quella di un’umile quotidianità. Nella biografia, l’autrice racconta persino di come ella sia stata tra i beneficiari della legge Bacchelli del 1995, che consentì a tanti artisti e letterati di occuparsi della loro arte venendo aiutati da un sussidio. Forse qualcosa che non ti aspetteresti da un personaggio che oggi non ha certo bisogno di presentazioni.
Eppure lei è rimasta per tutta la vita così, una persona di famiglia piccolo borghese che aveva perso tutto con la guerra ma non se ne curava, pensava solo alla sua arte.
Gli amori, la famiglia, i ricoveri
La gioventù di Alda Merini è stata caratterizzata da un primo ingresso nel mondo della letteratura e della poesia milanese, grazie ad amici e conoscenti di quegli insegnanti che avevano sempre creduto in lei. Ella intreccia una relazione anche con un uomo di quel mondo, ma la moglie di lui non concederà mai il divorzio e presto quella passione si spegnerà (anche se rimane per tutta la vita un’affinità stupefacente con la figlia del suo amante).
Il primo dei suoi due matrimoni è un panettiere, un uomo concreto che vorrebbe la classica moglie e madre e – un po’ inspiegabilmente, diciamocelo – sposa invece una “ape furibonda” animata dalla creatività, come spesso Alda Merini è stata definita.
La coppia non funziona: lui reagisce bevendo e diventando violento, lei manifestando i primi segni delle sue difficoltà psicologiche, acuiti dalla frustrazione di una vita non sua.
Sono anni difficilissimi per la poeta: passa più tempo in manicomio che a casa, e tra un ricovero ed un altro concepisce quattro figlie. Sia dal punto di vista della salute mentale che della maternità incontra moltissime difficoltà, anche perché i tempi erano davvero inclementi con una donna che si mostrava instabile nel primo campo e fallibile nel secondo (e sinceramente dovremmo chiederci se adesso invece sono tempi clementi da questi punti di vista… io direi di no).
Tutto ciò che la poeta scrive sul manicomio – quando può, perché spesso le levano anche di mano carta e penna – è una pagina vergognosa per la storia italiana: i maltrattamenti erano all’ordine del giorno e gli elettroshock… meglio non commentare.
Finirà in manicomio anche a Taranto, dopo aver perso il secondo marito, medico e letterato ultra ottantenne, con cui ha trascorso solo quattro anni, che però lei definisce molto felici.
Eppure, nonostante tutti i dolori e le sconfitte, questa biografia è piena di osservazioni sullo spirito gioioso della poeta, su come, nonostante tutto, ella sia stata felice, perché “la vita è meravigliosa proprio perché non è facile”, come dice uno dei suoi amici.
Una persona esclusa dalla società solo perché “diversa” e apprezzata in vita solo da chi aveva grande sensibilità, giudicata male dai benpensanti, additata come moglie e madre problematica, che però si ostinava a coltivare la sua arte in barba a tutto e tutti. Per me, al netto di tutte le fragilità, un esempio.
Il mondo della poesia e dell’editoria
Abbastanza scontato immaginare che una personalità così forte non abbia sempre avuto un buon rapporto con gli esponenti del mondo culturale in cui si muoveva.
Molti letterati italiani del tempo, sia tra gli artisti che tra gli studiosi e gli addetti ai lavori, non le hanno perdonato semplicemente il suo essere così com’è. Donna, meno istruita di altri, “la pazza della porta accanto” (come lei stessa si definiva).
Anche con i suoi editori i rapporti non sono stati sempre rosei: spesso Alda Merini ne parlava male, anche se, a giudicare dalle testimonianze di chi lavorava con lei, si trattava più di una presa di posizione nei confronti del mondo dell’editoria che di un effettiva situazione di scontro con le singole persone, con alcune delle quali c’erano addirittura affetto e stima.
In generale, Alda Merini era lontana da tutta quella parte del mondo letterario ed editoriale che strizzava l’occhio al lato aziendale. La “sua” Milano non è quella degli eventi, del marketing, della promozione del suo lavoro anche in termini di immagine. Certo, si potrebbe obiettare che era pur sempre una donna di altri tempi, che aveva fatto la guerra e che in gioventù si era confrontata con i grandi nomi del Novecento. Però io sono convinta che ci sia stato dietro anche un ragionamento tutto suo: in fondo ella si è distinta fin da piccola per il suo essere “avanti per i tempi” e credo che se avesse voluto abbracciare uno stile editoriale più moderno lo avrebbe fatto. Semplicemente io penso che anche da questo punto di vista abbia voluto essere se stessa, senza scusarsi o giustificarsi.
Le parole dei componenti del suo “cerchio magico”
La seconda parte della biografia raccoglie le testimonianze di quello che Alda Merini considerava il suo “cerchio magico”: il musicista e cantautore Giovanni Nuti, le figlie e la nipote, la studiosa Ave Comin, il fotografo ed artista Giuliano Grittini, persino le lettere scambiate con il cardinal Ravasi.
Questa parte del libro è quella che secondo me mostra in modo più chiaro perché l’autrice abbia scelto di definire Alda Merini “un’eroina del caos”: perché tutto nella sua vita, dagli anni pieni di eventi turbolenti alla quotidianità fatta di casa ed amicizie, era caotico, e solo lei sapeva muoversi con grazia in mezzo a tutto questo disordine.
Il suo appartamento, tutt’altro che ordinato ed a volte troppo piccolo per tutti gli ospiti, era costantemente visitato da personaggi completamente diversi tra loro, legati soltanto dall’amicizia con la poeta. E questo si nota, perché ognuno di essi racconta un “pezzetto” diverso di questa incredibile donna. Nessuno la loda: le figlie ammettono che è stata una madre complicata ed ingombrante da gestire, l’amico bravo a guidare ricorda che con lei certi viaggi sono stati infernali, chi è andato da lei con ammirazione non sempre è stato trattato con i guanti.
Proprio per questo, il ritratto che emerge dell’artista è davvero a 360°, e Alda Merini, come dice la figlia Barbara, è la poeta “di tutti”.
Ho bisogno di sentimenti,
di parole, di parole scelte sapientemente,
di fiori detti pensieri,
di rose dette presenze,
di sogni che abitino gli alberi,
di canzoni che facciano danzare le statue,
di stelle che mormorino agli orecchi degli amanti.
Ho bisogno di poesia,
questa magia che brucia la pesantezza delle parole,
che risveglia le emozioni e dà colori nuovi.
(Da “Io non ho bisogno di denaro”, Alda Merini)
Ecco lo “spazio classico” di oggi!
Spero di essere riuscita a rendere abbastanza bene l’unicità di Alda Merini, ma vi assicuro che la biografia racconta molto di più. E se preferite l’approccio diretto, ci sono sempre le sue opere. Oppure potete fare un giretto in zona Navigli, vicino al ponte che è stato dedicato a lei, e farvi un’idea di quale sia stata la “sua” Milano.
Come sempre, aspetto i vostri pareri e commenti.
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
Ho letto un saggio ultimamente, su Alda Merini, che ne analizzava cinque temi fondamentali presenti nelle sue poesie; molto interessante , come lo è il tuo post per ricordarla.
RispondiEliminaHa avuto una vita piena, anche di cose poco belle ma che non hanno scalfito - anzi forse l'hanno scolpita - la sua anima sensibile.
Buona domenica Silvia
Ciao Angela! Sono contenta di sentire che anche tu hai letto un saggio sulla poeta. Proprio come hai detto tu, ha avuto una vita difficile, eppure ogni volta la sua anima ne è uscita arricchita.
EliminaBuona domenica anche a te!