I primi due volumi della saga di Rick Riordan
Cari lettori,
iniziamo la settimana con un po’ delle nostre “Letture...per autori”!
Non so se vi ricordate, ma tra i miei buoni propositi per il 2024 c’era quello di provare almeno ad iniziare la seconda saga di Rick Riordan, quella dedicata agli eroi dell’Olimpo. Per chi non lo sapesse, nel 2022 ho letto ed adorato la serie di Percy Jackson e gli dei dell’Olimpo, recuperata con più di un decennio di colpevole ritardo, ma poco importa se si tratta di qualcosa di così bello e piacevole.
Mese dopo mese e lettura dopo lettura, solo alla fine dell’anno scorso mi sono decisa ad iniziare gli Eroi. So che questa serie non è stata accolta in modo uniforme: la critica ha avanzato dubbi, i fan hanno finito per amarla più della precedente.
Sicuramente, rispetto agli Dei, questa è una saga per ragazzi che hanno iniziato a crescere: lo stile è più impegnativo, i volumi sono più lunghi, i riferimenti mitologici si moltiplicano. Ma Rick Riordan è un professore e mi piace pensare che abbia creato queste differenze tra le due serie proprio con un intento didattico.
Oggi vediamo meglio insieme i primi due volumi!
L’eroe perduto
Un giorno, per caso, un ragazzo tardo adolescente, Jason Grace, si sveglia su un pullman, in pieno Nevada, insieme ad una turbolenta scolaresca.
Non ricorda assolutamente niente, a parte il suo nome. Sa solo di non aver mai visto quel posto e quelle persone. Eppure tutti sostengono di conoscerlo, e che lui è sempre stato lì, a trascorrere l’estate in quella colonia punitiva per ragazzi difficili. Accanto a lui ci sono Leo Valdez, un simpatico ragazzo di origini ispaniche che sostiene di essere il suo migliore amico, e Piper McLean, una bella ragazza bruna che lo tiene per mano e gli ricorda che è la sua fidanzata da mesi.
Mentre Jason sta ancora tentando di riprendersi, i ragazzi della colonia vengono attaccati da quelle che si rivelano delle creature del vento. Allora accadono due cose incredibili: la prima è che Jason si ritrova nel taschino una moneta dorata con un’effigie romana che si trasforma in una lancia; la seconda è che il direttore della colonia si tramuta in un satiro e salva tutti quanti, con attenzione particolare per loro tre.
In un attimo Jason, Leo e Piper si ritrovano, portati in salvo, al Campo Mezzosangue, il mitico luogo dove Percy Jackson ed altri ancora prima di lui hanno scoperto di essere dei semidei. Tuttavia, rispetto alla storia di Percy, ci sono due problemi. Il primo è che Jason non è accolto favorevolmente come Piper e Leo, bensì con ostilità: persino lo stesso Chirone, maestro e nume tutelare dei semidei, lo guarda, afferma “Tu dovresti essere morto” e fa riferimento ad uno strano giuramento. Il secondo è che Percy è sparito da settimane, e la sua fidanzata Annabeth lo sta cercando disperatamente.
I primi tempi al campo sono momenti di scoperta di sé e delle proprie origini. Leo, che non ha mai avuto un padre ed ha perso la madre, di professione meccanico, in un incendio nella sua officina, scopre di essere figlio di Efesto. Piper, che è in conflitto con la sua femminilità dopo anni di convivenza con il padre – un attore bellissimo, ricco ma malinconico – ma è molto romantica, non può che essere figlia di Afrodite. Tutto è più complicato per Jason, che di notte sogna una strana Lupa parlante e non sa spiegarsi i simboli romani che ha sul braccio. Le sue origini sembrerebbero avere a che fare con l’antica Roma, ma la dirigenza del campo continua ad essere evasiva.
Una notte, però, gli appare in sogno Giunone, la regina degli dei in forma romana: dice di essere stata imprigionata – in un luogo che Jason pensa di aver già visto in passato – e che ben presto accanto a lei risorgerà una creatura mostruosa. Quando accadrà, sarà il via per gli avvenimenti di una grande profezia che l’Oracolo di Delfi ha pronunciato alla fine della guerra contro i Titani: Sette mezzosangue alla chiamata risponderanno. Fuoco o tempesta il mondo cader faranno. Con l’ultimo fiato un giuramento si dovrà mantenere, e alle Porte della Morte, i nemici armati si dovran temere.
Quando il sogno si dissolve, Jason corre ad informare Chirone e gli altri, che all’inizio sono dubbiosi, perché Era/Giunione ha sempre detestato gli eroi. Tuttavia, alla fine si decreta che Jason, Piper e Leo, in cima al drago di metallo Festus, debbano partire per una missione di salvataggio. Nel frattempo, Annabeth continuerà a cercare il povero Percy…
Avevamo parlato di elementi mitologici che si moltiplicano, giusto? Ecco, la serie degli Eroi dell’Olimpo presenta una curiosa – e super interessante – commistione tra il mondo greco e quello romano. Esiste una versione romana del Campo Mezzosangue, ma le due realtà sono state divise da secoli per delicatissime ragioni che pian piano il lettore scoprirà, così come verrà a sapere il vero, folle piano di Era/Giunone, che sta giocando d’azzardo per salvare dei e semidei da un terribile destino.
Archiviata la guerra contro Crono ed i Titani, al centro della serie precedente, questa volta il nemico da affrontare sono i Giganti, guidati dalla madre terra Gea. Un nemico pericolosissimo, che può essere sconfitto solo se eroi e dèi andranno d’accordo… tutti gli eroi, ovviamente, sia i greci che i romani.
È stato strano leggere un libro di Percy senza Percy, ma il ragazzo è in un luogo che scopriremo presto. Nel frattempo, devo dire che Jason non mi è dispiaciuto: è un po’ rigidino, un po’ vecchio stampo… insomma, oggi forse diremmo reazionario, ma è anche così che l’impero romano è stato ricordato: come uno Stato popolato da guerrafondai. Però Jason è anche forte, leale, gentile, un vero amico. Insomma, è un personaggio che credo darà soddisfazioni.
Bello anche che la protagonista femminile di questo romanzo sia Piper, un personaggio che dà valore ai sentimenti ed alle emozioni senza essere sdolcinata. Annabeth mi è sempre piaciuta, ma a volte assomigliava un pochino troppo ad Hermione Granger, tra studio e razionalità. Lei forse è più originale. Il mio cuore, comunque, va a Leo, che solo in apparenza è un simpaticone imbranato… leggendo scoprirete che è molto di più.
Mi è piaciuta moltissimo anche l’idea che, per un motivo che scoprirete, i semidei stavolta non debbano guardarsi solo dai mostri, ma anche da dei mortali crudeli tornati dal regno degli Inferi per intercessione dei Giganti: Medea, il Re Mida… ed altri ancora.
Per me un ottimo inizio di serie, promosso!
Il figlio di Nettuno
Percy Jackson ha dormito per settimane, forse mesi. Si è risvegliato sulla West Coast americana, inseguito dai mostri. Di se stesso sa solo che è un semidio – è quello che gli ripetono le creature che lo perseguitano – e che è innamorato di una ragazza di nome Annabeth, di cui però non ricorda nulla. Così come non sa da dove proviene e perché è lì. Dopo giorni e giorni di fortunosa sopravvivenza, una mattina, tentando di sfuggire a due donne serpentesche lungo uno stradone statale, trova una vecchia signora che chiede l’elemosina e due ragazzi che sembrano fare da bodyguard ad una porta segreta.
In realtà si tratta di Giunione mascherata, che vuole mettere alla prova Percy, e di Frank Zhang e Hazel Lavesque, due reclute del Campo Giove per semidei romani. Non appena vedono arrivare Percy con in braccio la dea mascherata, riconoscono un loro simile che sta tentando disperatamente di sfuggire ai mostri e corrono subito in soccorso. Dopo aver ingaggiato una lotta con le Gorgoni, i tre eroi e la dea riescono a superare il piccolo Tevere ed arrivare al Campo Giove. Qui Giunione rivela a Percy che egli è figlio di Nettuno, dio del mare, e che la sua presenza tra i semidei romani è fondamentale per una importante missione. Poi sparisce nel nulla.
A Percy si presenta una visione incredibile: il campo Giove gli ricorda vagamente qualcosa che sa di conoscere, ma è molto più grande ed organizzato in modo quasi militaresco. Inoltre il luogo è protetto e non ci sono solo semidei adolescenti, ma anche un’intera città con eroi adulti e le loro famiglie… un Paradiso dove potrebbe portare Annabeth, se solo se ne ricordasse il volto. Ci sono anche dei lati negativi, però: egli ha il vago ricordo di un luogo più rilassato, con una dirigenza più amichevole, mentre qui la disciplina è militare e le alte sfere sono diffidenti. In particolare l’unico pretore rimasto, Reina, continua a chiedere a Percy se sa qualcosa di Jason, il suo collega scomparso nel nulla, e sostiene di averlo già visto in un’altra occasione, nel corso di una missione nel mezzo del Mare dei Mostri.
Percy non ha alcun ricordo, ma comprende di essere stato molto stimato ed apprezzato nel luogo da cui proviene. Qui invece nessuno sembra far caso ad un figlio di Nettuno, anche perché i Romani non amano molto il mare. Gli unici amici che Percy riesce a farsi sono proprio Hazel e Frank, due personalità rimaste ai margini del gruppo per motivi differenti, ed in più appartenenti alla quinta coorte, la più modesta e sfortunata del Campo.
Hazel è un vero mistero: pur avendo soli tredici anni, sembra una ragazza già matura, e, non si sa come, nasconde nelle tasche delle pietre preziose, che però perde continuamente e si affretta a nascondere. In realtà la ragazza è figlia di Plutone, proviene da un altro tempo, è ritornata alla vita da pochi anni dopo decenni negli Inferi e perdere pietre preziose che porteranno del male a chi le raccoglie è la sua maledizione.
Frank, di origine in parte canadese ed in parte cinese, proviene da un’antichissima famiglia nobile, che però ha avuto solo sfortune. La madre, alto ufficiale, è morta in Iraq, e la nonna, prima di affidarlo al Campo Giove, le ha dato due indicazioni perlomeno ambigue. La prima è di tenersi stretto sotto i vestiti un misterioso pezzo di legno, perché dalla sua conservazione dipende anche la sopravvivenza di Frank. La seconda è che lui ha il dono di famiglia e può “essere quello che vuole”.
Frank continua a ritenersi solo sfortunato ed abbandonato a se stesso, almeno finché Marte, la divinità più importante del Pantheon romano, non irrompe in una festa del campo, riconoscendolo come suo figlio ed affidandogli una missione.
Già, perché in Alaska un Gigante del mare ha imprigionato Thanatos ed aperto le Porte della Morte (proprio quelle della Grande Profezia), creando un caos tra morti e vivi. Per ingaggiare la battaglia contro di lui è necessario un figlio di Marte, accompagnato da un figlio di Nettuno che sia un vero rivale per il Gigante (Percy) e da qualcuno che conosca l’Alaska (Hazel, che ci è stata nella sua “prima vita”).
I tre partono per una missione che sembra più che altro una lotta contro i propri fantasmi. Per Hazel, che torna in una casa dove ci sono solo orribili ricordi di morte e sventura. Per Frank, che si ritrova a fare il capo militare come i suoi genitori, e non avrebbe mai voluto. Per Percy, che continua a sognare l’East Coast, Annabeth, il suo amico del cuore Grover ed un ragazzo ispanico sconosciuto tutti presi a costruire una barca di metallo.
Il figlio di Nettuno è la versione speculare di L’eroe perduto: se nel primo volume c’era Jason in mezzo ai semidei greci, qui il nostro Percy si deve confrontare con un nuovo Campo ed una nuova realtà. È il gioco d’azzardo che ha fatto Giunone: per far sì che Greci e Romani tornino a collaborare dopo secoli di guerre ed altrettanti secoli di oblio, e si possano alleare contro i Giganti, la soluzione migliore era inserire il più eroico e carismatico eroe romano tra i Greci, e viceversa.
Pian piano, mettendo insieme i due romanzi, la squadra dei Sette semidei si sta componendo, ma ci sono ancora dei punti oscuri, soprattutto per quanto riguarda Annabeth e la sua evasività, però credo che saranno risolti nel prossimo volume, dedicato proprio a lei ed alla madre Atena.
Sarò sincera: i punti forti di questo romanzo sono tanti, devo dire che mi ha convinto ancora più del precedente.
Frank e Hazel, tanto per cominciare. Già le caratterizzazioni e le storie personali di Leo e Piper mi avevano colpito, mi sembravano più articolate di quelle di Percy e Annabeth. Ma Frank e Hazel meriterebbero un loro romanzo, sono protagonisti di storie incredibili ed emozionanti. Due così non potevano che trovarsi.
Poi, la descrizione del Campo Giove e del mondo romano, e di tutte le sostanziali differenze tra greci e latini. Da una parte le Case suddivise per genitore divino perché i greci amavano stare con anime affini e, qualora non fossero disponibili, amavano anche la solitudine; dall’altra le coorti ben organizzate con semidei tutti diversi perché l’importante per i romani era fare squadra e proteggersi a vicenda. Da entrambe le parti ludi di guerra ed allenamenti, ma poi in un caso si finisce sotto il portico con Dioniso e un bel po’ di spirito epicureo, nell’altro i pretori restano distaccati ed in posizione di comando. Da una parte tante piccole realtà che restano isole e c’è difficoltà di cooperazione, esattamente come le polis greche hanno finito per trovarsi isolate; dall’altra una realtà super organizzata con parte civile e parte militare, che però teme di veder scoppiare la bolla che si è conquistata a causa dei nemici esterni.
Davvero, davvero, ma davvero interessante. Così come interessante è il campionario di ulteriori creature divine, mostri di origine romana, giganti minacciosi, divinità minori. Le conoscenze dell’autore sono infinite, alla faccia del pregiudizio degli americani che “non sanno niente di cultura classica”.
E questo è quanto, per ora!
Inutile dirvi che una parte di me frigge dalla voglia di leggere gli altri tre romanzi. Però nel momento in cui vi scrivo ho ritirato dalla biblioteca due thriller per cui ero in lista da mesi, vorrei pensare al racconto di febbraio, c’è pur sempre il buon proposito di leggere un classico ogni due mesi, il lunedì e giovedì sera sono sempre a scuola di danza e, non ci crederete, ma dovrei anche lavorare :-)
Insomma, vedremo. Magari andranno a finire tra le letture estive quando ho più tempo, e bene così.
Intanto fatemi sapere se avete letto anche voi questa serie e che cosa ne pensate!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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