giovedì 10 novembre 2022

CINEFORUM AUTUNNO 2022

 Recensione di tre film visti




Cari lettori,

è con una certa contentezza che oggi, dopo troppi troppi mesi, riprendo in mano la nostra rubrica dei “Consigli cinematografici”!


Tra 2018 e 2019 ho scritto molto per questa rubrica e sono riuscita a frequentare abbastanza spesso sia il cineforum del mercoledì all’Agorà di Cernusco che il Cinema Teatro San Giuseppe di Brugherio.


Poi sappiamo che il Covid ha prima cancellato e poi ridotto al minimo le mie abitudini cinematografiche. Ammetto che forse avrei dovuto fare qualche sforzo in più l’anno scorso, ma tra il lavoro che fortunatamente non è mancato ed i tanti impegni sportivi alla sera (dopo che anche la scuola di danza è stata chiusa troppo a lungo) ho finito per guardare solo un film ogni tanto, giusto per avere qualcosa di cui parlarvi nei nostri “Preferiti del mese”.


Questo settembre un po’ lento mio malgrado, però, mi ha aiutato a tornare al cinema un po’ più spesso, e così oggi vi vorrei parlare di tre film completamente diversi tra loro, che però mi sono piaciuti veramente tanto.


Se il buon proposito è quello di riprendere pian piano le buone abitudini cinematografiche, posso dire che siamo partiti con il botto!



Elvis


Il film ha inizio con un flashback (non trovate che sia una passione del regista Baz Luhrmann? Anche Moulin Rouge è una retrospettiva). Il Colonnello Tom Parker, storico manager di Elvis Presley, viene ricoverato in ospedale per un attacco cardiaco, e si lamenta con lo spettatore di come la debolezza del suo cuore sia dovuta anche alle molte critiche che ha ricevuto negli ultimi anni. In moltissimi, infatti, lo hanno accusato di essere il responsabile dell’auto-distruzione e poi della morte di Elvis, ma, a suo parere, le cose non stanno così.


La voce narrante del Colonnello Parker/Tom Hanks ripercorre tutta la vita del cantante, a partire dalle origini e dal loro primo incontro.


Da ragazzo, Elvis è un fenomeno curioso: un ragazzo attratto dalle sonorità jazz e blues, tipiche degli artisti di colore, che però risulta costantemente un pesce fuor d’acqua in mezzo agli altri bianchi come lui, dediti al country o comunque a melodie più vecchio stile. Quando il Colonnello Tom Parker lo incontra, comprende subito di avere davanti un fenomeno del tutto nuovo, sia per quanto riguarda lo stile musicale che le reazioni del pubblico (Elvis è passato alla storia per essere il primo artista a suscitare una sorta di delirio tra le ragazze, prima ancora dei Beatles). Egli lo assume come spalla per il proprio artista di punta country, ma è chiaro fin da subito che ormai la vera star è lui.


Da quel momento in avanti, è tutto in ascesa: il primo tour in giro per l’America, l’acquisto di auto di lusso e di una casa per i suoi genitori, la trasformazione della sua immagine in mito, la creazione del merchandising, la fama sconfinata anche oltreoceano.


Il percorso di Elvis, però, subirà molte battute d’arresto. I problemi con le forze dell’ordine, l’arresto ordinato da un senatore troppo rigido, l’obbligo del servizio militare, la morte della madre alcoolista. Elvis ogni volta tenterà di tornare a galla, e spesso riuscirà, anche grazie ai piani machiavellici del Colonnello Parker. Una volta con il cinema hollywoodiano, un’altra con il matrimonio con Priscilla, un’altra ancora con il ritorno alla sua musica. Ma sarà il suo non troppo fido mentore ad incastrarlo in un accordo che lo inchioda ad un hotel di Las Vegas, un posto che decreterà la sua lenta fine.



Non sono una fan di Elvis Presley e non conoscevo affatto la sua storia, ma devo dire che sono rimasta incollata allo schermo per quasi tre ore di film, ammirando l’incredibile trasformazione di Austin Butler, che sicuramente ha fatto un grande (e meritatissimo) salto di carriera con questa pellicola. Certo per interpretare l’artista in età più matura egli ha avuto bisogno di protesi sia sul viso che sul corpo, ma lo sguardo un po’ sognante ed un po’ dolente è tutto suo, e mi sembra proprio quello di Elvis.


Quanto a Tom Hanks/Parker, egli inizia il film negando le sue responsabilità nella distruzione di Elvis, ma il film dimostra l’esatto contrario. La verità è che il mentore ha dovuto piegare e manipolare la vita della sua creatura per salvare la propria: Tom Parker, il colonnello americano, non è mai esistito. Esisteva Andreas Cornelis Van Kuijk, fuggito dai Paesi Bassi dopo la Seconda Guerra Mondiale (quasi sicuramente per sfuggire a qualche istruttoria), entrato in America senza passaporto, pieno di debiti di gioco a Las Vegas.


Quel che mostra il film è che, per gran parte della sua vita, Elvis non vedrà mai il lato oscuro del proprio manager, anzi, lo considererà un secondo padre e si affiderà a lui per decisioni personali di grande peso. Come già mi è successo guardando Bohemian Rhapsody e Rocketman, ho avuto l’impressione che l’artista fosse estremamente solo, affetto dalla forma peggiore di solitudine: quella di chi è fuori luogo anche in una stanza piena di gente, perché sente che nessuno lo conosce veramente; quella di chi ha una vita così impegnativa e fuori controllo da fare costantemente fatica a dimostrare affetto anche a chi ama veramente (come la moglie e la figlia).


Un appunto finale sulla regia: è la classica di Baz Luhrmann, con musiche, colori sgargianti, molti momenti di intrattenimento. Credo che la si ami o si odi… io personalmente l’ho sempre amata!



Nostalgia


Protagonista di questa storia è Felice, un uomo di circa 55 anni che, dopo ben 40 anni, si decide a tornare a casa sua, a Napoli.


Dall’Italia se n’è andato ancora adolescente al seguito di uno zio costruttore. È stato nel Nord dell’Africa per un po’ svolgendo umili impieghi, poi a poco a poco ha fatto carriera. Ora vive in Egitto, ha una ditta di costruzioni, una casa lussuosa, una bella moglie che fa il medico.


Il suo ritorno a casa, dai contorni temporali poco definiti, è dovuto più che altro ad una sensazione: la madre, anziana e fragile, è sola da troppo tempo. La situazione che Felice trova al Quartiere Sanità non è delle più rosee: la madre ha ceduto la loro vecchia casa di famiglia, vive da sola in un basso senza luce, ha continuo bisogno di assistenza. Egli è spaesato, fatica persino a parlare italiano dopo tanto tempo, ma sente di doversi trattenere per un po’.


Felice prova a prendere per entrambi una casa migliore, ma poco tempo dopo la donna, forse sopraffatta dall’emozione di aver rivisto il figlio, si spegne serenamente. Al funerale, Felice conosce un giovane prete, don Luigi, un uomo che ogni giorno fa il possibile per portare via i ragazzi dalla strada, trasformando la sacrestia in una palestra con la boxe, promuovendo una scuola di musica e mettendo in campo varie iniziative.


Da lui e da altri vecchi conoscenti – come un amico storico della madre – egli cerca di avere notizie di quello che quarant’anni prima era il suo amico del cuore: Oreste Spaziani. La risposta che ottiene è spaventosa: l’uomo non è mai uscito dal Quartiere Sanità, vive blindato e tutti lo chiamano “O’ Malommo”, uomo cattivo, perché è un piccolo boss locale, responsabile della rovina e della morte di molti dei ragazzi che cerca di salvare Don Luigi.


La notizia non sconvolge Felice più di tanto: lui già da tempo conosceva le inclinazioni violente del vecchio amico, a cui è legato da un segreto terribile, la vera causa della sua fuga 40 anni prima. Oreste sa del ritorno di Felice e ci tiene a farglielo sapere, prima bruciandogli la moto, poi con scritte offensive a casa. Il nostro protagonista, però, non si rassegna a comprendere che ormai il passato è passato, ed insiste per cercare un incontro chiarificatore con l’ex amico.



Se Elvis mi ha affascinata e tenuta attaccata allo schermo, Nostalgia mi ha lasciata impietrita. Non vi nego che ho dovuto pensare al finale, e poi mi sono commossa a posteriori.


Felice ha avuto l’adolescenza difficile di un ragazzo della periferia di Napoli… poi però la vita l’ha ripagato con una bella carriera, denaro pulito e in abbondanza, l’amore. Egli, tuttavia, continua a sentirsi come un esule, come un uomo a cui è stata “mangiata la vita”, e non appena rimette piede a Napoli si fa prendere dalla nostalgia che dà il titolo al film: capisce di non aver mai dimenticato la sua terra, così come il dialetto napoletano che a poco a poco riscopre.


E non è nemmeno questo, per quanto comprensibile, il fraintendimento più grande di Felice: egli sbaglia soprattutto con Oreste. Il perché è presto detto: lo vede ancora con gli occhi dell’amicizia, vede ancora due ragazzi degli anni ‘70 su una Vespa. È convinto che guardandosi negli occhi ricorderanno tutto ed Oreste scenderà a più miti consigli; arriva addirittura a dispiacersi per lui e per la sua vita da recluso. Ma non si può essere responsabili per le scelte degli altri, soprattutto se nel frattempo essi hanno smesso di volerti bene.


Non so se questo film proseguirà con la sua corsa verso gli Oscar, ma sinceramente me lo auguro.



L’ombra del giorno


Siamo ad Ascoli Piceno nel 1938, nel pieno del periodo delle leggi razziali. Luciano, il protagonista della storia, è un quarantenne che ha fatto la Grande Guerra, trovandosi costretto ad uccidere per disperazione ed uscendone con una gamba che gli darà sempre problemi. Egli gestisce un ristorante su una delle piazze principali della città, è molto solitario e si sente già vecchio. È simpatizzante del Fascismo ed ha una vecchia amicizia con il camerata Lucchini, rappresentante del partito ad Ascoli Piceno, che lui chiama confidenzialmente Osvaldo.


Un giorno si presenta alla sua porta Anna Costanzi, una ragazza giovane, magrissima, alla disperata ricerca di un lavoro qualunque. Luciano la assume in cucina, ma ben presto si rende conto che la ragazza è colta ed esperta di contabilità, e la sposta in sala, affidandosi a lei anche per parte della gestione del ristorante.


Luciano si innamora quasi subito di Anna, ed il suo sentimento sembra essere ricambiato, ma un evento improvviso rovescia tutte le carte: l’arrivo al locale di un giovane uomo francese, Emile, un giornalista dissidente ricercato dai fascisti, e, ciò che è più importante… il marito di Anna. La quale non si chiama affatto così, bensì Ester, ed è stata costretta ad assumere una nuova identità dopo che la sua stessa famiglia è fuggita dall’Italia per via delle leggi razziali.


Luciano è arrabbiato con Anna/Ester per avergli taciuto di essere sposata, ma accetta comunque di nascondere Emile nella cantina del ristorante. Il periodo terribile in cui essi si trovano, però, farà sì che ad una bugia ne segua inevitabilmente un’altra, che ad un segreto se ne sommi un altro ancora più pericoloso.



So che finora ho parlato più che positivamente dei film che ho visto, ma davvero L’ombra del giorno è quello che mi è piaciuto di più.

È una pellicola solo apparentemente quieta, con un’ambientazione quasi teatrale: tutto accade da dietro il vetro del ristorante, dalla minuscola prospettiva della piazza. Eppure la Storia entra dalle porte e dalle finestre, con tutta la sua orribile potenza.


Luciano è un uomo che in quarant’anni (età che oggi sarebbe considerata ancora da “giovane rampante”) ha visto e sofferto troppo, sia in guerra che in amore, e la sua scelta di stare dalla parte dei più forti è quasi solo per pigrizia e convenienza: non vuole ritrovarsi di nuovo ad imbracciare il fucile, a difendere la propria vita. Eppure, come gli dice Emile, nulla di quello che fa ogni giorno è anche solo lontanamente fascista. Ed è Anna/Ester, con i suoi mille guai, la sua costante lotta per la sopravvivenza, la sua voglia di vivere nonostante tutto, a fargli trovare di nuovo il coraggio di lottare contro le ingiustizie.


Ammetto di essere rimasta sorpresa dalle due interpretazioni degli attori protagonisti: Scamarcio è bravissimo, è ben lontano dai tempi in cui interpretava il rissoso Step; Benedetta Porcaroli è giovanissima ma si è già lasciata alle spalle le critiche per la recitazione un po’ forzata nella serie tv Netflix Baby. Interessante anche il personaggio del professore, interpretato da Antonio Salines.


Quello che mi è piaciuto di più di questo film, però, è ancora qualcos’altro: l’atmosfera romantica, il sentimento profondissimo che si percepisce da mille dettagli. Conosco commedie romantiche – pur apprezzabili – che non sono pervase da questo peculiare romanticismo. Questa è una storia sull’amore che cambia, ed in un contesto non certo da romance tradizionale.




Ecco i miei appuntamenti al cineforum degli ultimi due mesi!

Sia a Cernusco che a Brugherio il programma è molto bello, ma non vi nego che novembre è un mese super pesante e non sempre sono costante come vorrei. Cercherò comunque di trovare il tempo qualche volta di più, sia per continuare a vedere bei film che per rivitalizzare un po’ questa rubrica.

Nel frattempo fatemi sapere se avete visto questi film, se vi sono piaciuti, se me ne consigliate altri in questo periodo.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


4 commenti :

  1. Ciao Silvia, non ho visto i film che hai recensito, ma mi sembrano tutti molto interessanti: personalmente, vedrei molto volentieri Elvis :-)

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  2. Non male, con i primi due film molto quotati e che certamente vedrò, mentre il terzo (passato su Sky) ho al momento scartato.

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    1. Ciao Pietro! Allora, se ne vedrai qualcuno, fammi sapere che ne pensi :-)

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