giovedì 17 novembre 2022

GIALLI NOVEMBRINI

 Due romanzi di Valerio Varesi ed Abir Mukherjee




Cari lettori,

bentrovati all’appuntamento con le nostre "Letture...a tema"!

Oggi parliamo di romanzi gialli, ed in particolare di due libri che ho letto addirittura sotto l’ombrellone, e di cui purtroppo non vi avevo ancora fatto la recensione. Uno è nostrano, ed è l’ultimo capitolo delle avventure del commissario Soneri, del quale vi ho parlato più volte, per esempio in questo post; un altro è internazionale, ed è stata per me una buona scoperta.


Si è trattato di due letture fatte al caldo (fin troppo, a volte), ma, come scoprirete, almeno uno di essi si adatta perfettamente al clima autunnale, tra nebbie e freddi (anche se quest’anno abbiamo avuto una stagione anomala, e solo ora fa capolino un po’ di fresco…). Scopriamo insieme quale!



Reo confesso. Un’indagine del commissario Soneri, di Valerio Varesi


Ottobre 2020, un momento molto delicato, tra il desiderio di una “ripartenza” dopo il durissimo lockdown primaverile ed il ritorno del Covid con la “seconda ondata” ormai imminente. Il commissario Soneri, che è stato fermo troppo a lungo per i suoi gusti, è tornato in servizio in ufficio, facendo tappa da Alceste solo a pranzo (la sera c’è il coprifuoco…) e lamentandosi ad ogni piè sospinto della mascherina, che all’aperto non gli consente nemmeno di fumare i suoi amati sigari.


Un pomeriggio di ottobre inoltrato, quando ormai la nebbia ed il freddo stanno invadendo la città, egli è a passeggio per il Parco della Cittadella della sua amata Parma, quando si rende conto che c’è un barbone addormentato sulla panchina. Pensando che sia un po’ troppo presto per dormire, e temendo che l’uomo stia male, egli lo riscuote e prova a parlargli, ma ha una sorpresa: lo sconosciuto non è né malato né addormentato né un barbone, bensì aspettava il suo arrivo.


Roberto Ferrari – questo il nome dell’uomo – era certo, conoscendo di fama il commissario Soneri, che quest’ultimo gli avrebbe prestato aiuto vedendo una persona in difficoltà, e riteneva che questo fosse il modo migliore per avvicinarsi e parlargli.


La confessione che deve fare al commissario è terribile: egli ha ucciso un uomo, Giacomo Malvisi, figlio piuttosto indegno di un commercialista, noto quasi ovunque per truffe e piccoli raggiri. Ferrari afferma di essere stato tra le vittime del faccendiere e di averlo ucciso in un impeto di rabbia e di vendetta.


Il commissario, sempre attento e riflessivo, non nega l’ascolto a Ferrari, anche se si sente piuttosto perplesso. In effetti, il corpo di Malvisi viene ritrovato poco dopo in quello che era il suo studio, e ci sono tutti i segni di una morte violenta.


Ferrari ha confessato, quindi non ci sarebbe neanche bisogno di fare un’indagine: tutto sarebbe finito prima ancora di cominciare. Come avrete intuito, però, non è così per il commissario Soneri. Egli, come sempre poco propenso a condividere le sue riflessioni se non ne è assolutamente sicuro, sente che qualcosa non va. Non solo la confessione è stata fornita spontaneamente senza alcun motivo apparente, ma qualcosa, nell’atteggiamento del Reo confesso, gli fa pensare che egli voglia dirgli dell’altro, che ci sia una sorta di sottotesto.


Per questo motivo, egli prende due decisioni. Il primo è quello di chiedere alla sua compagna, l’avvocatessa Angela Cornelio, di prendere Ferrari tra i suoi assistiti. Angela all’inizio è titubante, perché non le piace l’idea di mescolare lavoro e vita privata, ma alla fine acconsente, e già dopo pochi giorni il commissario nota in lei un atteggiamento reticente, come se Ferrari, diventato suo cliente, le avesse confessato qualcosa che ella è tenuta a non ripetere per via del segreto professionale, anche e soprattutto al commissario.


La seconda, come già capitato altre volte, è quella di indagare in modo non ufficiale, cercando di comprendere se oltre agli affari poco puliti di Malvisi a cui già aveva accennato Ferrari ce ne siano degli altri, ancora più sporchi e vergognosi. Gli verranno in aiuto non solo i fidati componenti della sua squadra, ormai legati a lui da un lungo rapporto di stima ed amicizia, ma anche uno stravagante personaggio, Sbarazza, un nobile decaduto dalle strane abitudini notturne.



Reo Confesso. Un’indagine del commissario Soneri è la sedicesima avventura del poliziotto emiliano, ed è ambientata in un periodo delle nostre vite davvero particolare: quello in cui sembrava che l’incubo del Covid fosse stato intenso ma breve, ed invece non era ancora finito. La Parma di Soneri, così cara ai lettori di Valerio Varesi, qui è sicuramente un po’ in tono minore: Alceste e gli altri ristoratori cari al protagonista si sono dovuti adattare con tavolini all’aperto o take away serali, i parchi e le aree verdi si riempiono di giorno per via di palestre chiuse e attività sportive ferme ma nelle notti d’autunno sono ancora più silenziosi ed inquietanti del solito, per le strade si avverte una tranquillità venata di paura.


Tutto questo influisce sull’umore del commissario, che, sì, non ha mai avuto un carattere “pronto per il Carnevale di Rio”, come si suol dire, ma nemmeno è mai stato così insofferente come in questo romanzo. Nella prima parte del libro, quel che lo fa soffrire di più è proprio la situazione pandemica, che destabilizza la quotidianità di un uomo abitudinario come lui. Nella seconda, invece, quel che lo mette più in crisi è il comportamento di Angela, che chiaramente gli nasconde qualcosa: egli, da un punto di vista razionale, sa bene che la compagna deve mantenere la riservatezza professionale, tanto più che è stato lui a chiederle di prendere Ferrari come cliente; emotivamente, però, fatica a sostenere questa situazione delicata. Personalmente, io trovo che questo romanzo abbia messo in luce alcune fragilità del commissario – che non è tutto d’un pezzo come vuole sembrare – ed abbia, allo stesso tempo, rivelato dei punti di forza inaspettati di Angela. Nonostante le pagine più leggere delle quali ella è spesso protagonista, tra fughe d’amore non programmate e piccole follie nelle quali coinvolge il commissario, Angela è una donna forte e perseverante, intelligente e sensibile, e qui gestisce una situazione complessa tenendo in equilibrio sia il suo dovere professionale che l’atteggiamento contrastante del compagno (che, insomma, prima le chiede una cosa e poi si lamenta perché la fa… ).


I momenti di leggerezza sono insospettabilmente regalati da Sbarazza, un personaggio davvero originale. Conosciuto da Soneri in un romanzo che devo ancora leggere, egli è un nobile decaduto che si è rovinato per la sua passione per l’arte ed ha l’insolita abitudine di fare da osservatore tra i locali notturni, bevendo dai bicchieri che hanno abbandonato le donne e immaginando le vite delle signore il cui posto ha appena occupato. Una consuetudine che potrebbe sembrare morbosa, ma che Varesi descrive con insolita delicatezza.


Una “indagine-non indagine” del nostro commissario, che, come avrete già capito, si rivela molto più complessa del previsto.



L’uomo di Calcutta, di Abir Mukherjee


Il protagonista di questo appassionante giallo storico è Sam Wyndham, un soldato britannico che, pur essendo ancora giovane, ha già tante storie dolorose alle sue spalle. Egli, come tanti altri, qualche anno prima si è dovuto imbarcare per la Grande Guerra con il cuore pesante, ed è tornato in Inghilterra da vincitore, dopo tante privazioni e disavventure, per scoprire che la sua giovanissima moglie è morta di malattia e che ha perduto anche parte della sua famiglia.


Deluso, solo e sfiduciato, egli è ripartito per l’India, unendosi alle milizie che controllano la colonia inglese. È lì che lo ritroviamo nel 1919, nel corso di un luglio torrido, con la qualifica di Capitano e tanti incubi che lo tormentano nelle sue notti, trascorse tra una pensioncina non proprio lussuosa e le fumerie d’oppio.


Un giorno, egli si ritrova in un quartiere malfamato per un delitto che sembrerebbe incongruo. Il luogo è tra i più umili della città, e la casa di fronte alla quale è stato ritrovato il cadavere è un bordello popolare. Il corpo, però, è quello di un uomo dell’alta società, vestito con abiti eleganti ed immediatamente riconosciuto da qualche autorità. Il fatto che gli sia stata tagliata la gola di notte e che gli sia stato infilato in bocca un bigliettino che minaccia tutti gli inglesi, ordinando loro di lasciare l’India, mette subito in allarme i capi di Sam. Quello a cui pensano subito gli inquirenti, infatti, è un’uccisione dimostrativa, un assassinio ad opera degli indiani ribelli che da tempo lottano per l’indipendenza. In particolare, Sam ed i suoi ricevono l’ordine di cercare, in collaborazione con altre forze armate, un pericoloso terrorista, capo dei ribelli, che, dopo una lunga latitanza, sembra essere tornato a Calcutta.


Sam non è ancora del tutto integrato a Calcutta, i demoni del suo passato lo tormentano e talvolta ha nostalgia dell’Inghilterra, però è un uomo giusto e si rende conto che l’indagine non è gestita in modo proprio ortodosso. Innanzitutto, molti suoi colleghi inglesi, ed anche qualche superiore, nutrono dei forti pregiudizi contro gli indiani, che sono ritenuti in ogni caso inaffidabili, e spesso anche dei criminali. Sam, invece, non può fare a meno di apprezzare sempre più, giorno dopo giorno, l’ispettore di origini indiane che gli è stato affidato, acuto ed affidabile, nonché molto più amichevole nei suoi confronti di tanti connazionali. Un’altra persona con cui egli si ritrova a collaborare volentieri è la segretaria della vittima, una ragazza per metà inglese e per metà indiana per la quale egli inizia ben presto a nutrire dei sentimenti.


Dopo un’azione rocambolesca in cui lo stesso Sam rischia la vita, il terrorista e capo dei ribelli che tutti stavano cercando viene trovato in una zona paludosa fuori Calcutta. Le alte sfere si dicono soddisfatte, ma Sam, per quanto diffidente nei confronti dell’uomo, comprende di avere di fronte una persona che crede davvero in quello per cui lotta e che mai avrebbe commesso la sciocca imprudenza – e la crudeltà gratuita – di uccidere qualcuno puramente a scopo dimostrativo. Dev’esserci sotto qualcosa di più grosso, conclude il Capitano. Qualcosa che potrebbe riguardare proprio chi sta puntando il dito contro gli indigeni con tanta furia.



Ho trovato L’Uomo di Calcutta tra i Brividi in giallo dati in omaggio alla Conad la scorsa estate, ed ammetto di aver aspettato un po’ per leggerlo (troppe letture nella TBR e tempo che non basta mai… ditemi che non sono l’unica!), ma devo dire che, per essere una lettura “trovata per caso”, mi sono ritrovata molto soddisfatta.


Dopo alcuni capitoli iniziali un pochino più lenti, la lettura si rivela sempre più scorrevole, sia dal punto di vista dell’intreccio giallo che da quello dell’ambientazione storica, che diventa sempre più vivida pagina dopo pagina. Voi sapete che la componente historical mi conquista praticamente sempre, sia nei gialli che nei romance, e ne L’Uomo di Calcutta l’India del 1919 è descritta con abbondanza di particolari, non solo geografici, ma anche sociali, economici, politici.

La sensazione che ha il lettore è quella di conoscere questo mondo insieme a Sam. All’inizio il nostro protagonista è perso, con la testa ancora in Europa ed in guerra, con il corpo fiaccato e dipendente da sostanze ed il cuore spezzato; a poco a poco, però, egli recupera lucidità ed impara, se non ad apprezzare, almeno a conoscere il suo nuovo mondo, con l’atteggiamento di chi sente di non avere niente da perdere, e quindi non ha altra scelta di fronte a sé se non ricominciare da capo.


Forse per questo egli si trova subito ad avere rapporti difficili con i suoi connazionali che sono arrivati in Inghilterra da padroni, imponendosi sugli indigeni, e non fanno alcuno sforzo di collaborazione. A venirgli incontro sono invece altri outsider come lui, tra chi appartiene a due etnie e non si sente parte di nessuna e chi avrebbe potuto vivere in un palazzo nobiliare indiano ed invece ha scelto di sporcarsi le mani lavorando per la sua nazione fianco a fianco con gli inglesi.


Personalmente quel poco che conoscevo della colonizzazione inglese in India lo avevo appreso dai romanzi di Salgari, che, per quanto siano dei classici, contengono comunque tanti elementi di fantasia. Devo dire che questo romanzo mi ha istruito un bel po’ in materia. Ho particolarmente apprezzato l’incontro/scontro tra il Capitano ed il capo dei ribelli: un confronto tra uomini seri da due parti opposte della barricata, che mi ha ricordato, in un certo senso, certe pagine de Il giorno della civetta.



So che L’uomo di Calcutta è solo il primo romanzo di una serie di gialli storici dell’autore, sempre con il capitano Sam Wyndham come protagonista. Per il momento non li ho ancora letti (So many books, so little time…), ma mi riservo di prenderli in considerazione più avanti!




Sono contenta di questi due gialli un po’ “cupi”, mi sembrano l’ideale per il periodo (al di là del fatto che io li ho letti quando c’erano 40 gradi, ma pazienza…)!

Fatemi sapere se avete letto questi romanzi e che cosa ne pensate.

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)


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