I PICCOLI POEMI IN PROSA #5
Cari
lettori,
per
la nostra rubrica “Il momento dei classici”, quinto appuntamento
con I piccoli poemi in prosa di
Baudelaire. Dopo la presentazione dell'artista, Parigi e la società, la ricerca dell'ideale e gli antieroi del poeta, la
sezione odierna è piuttosto fantasiosa.
Come
nella terza sezione dell’opera, quella dedicata all’ideale, il
poeta immagina situazioni fantastiche, alcune delle quali sono
ispirate alla mitologia greca.
Dall’ebbrezza alla malinconia,
dall’amore al lutto, il poeta, come un aedo della classicità,
evoca con il solo potere della sua parola degli incredibili scenari,
che ora cercheremo di approfondire insieme.
IL
TIRSO
“Il
tirso è la rappresentazione della vostra evidente dualità, maestro
potente e venerato, caro Baccante della Bellezza misteriosa ed
appassionata. […]
Il
bastone è la vostra volontà, dritta, ferma ed indistruttibile; i
fiori sono la passeggiata della vostra fantasia intorno alla vostra
volontà; è l’elemento femminile che esegue, intorno a quello
maschile, le sue prestigiose piroette.”
Questo
brano è dedicato a Franz Liszt, compositore e virtuoso del
pianoforte molto importante nel panorama del XIX secolo. Baudelaire,
che nella sua arte dimostra spesso di aver superato il romanticismo a
favore di alcune tematiche che già anticipano il Novecento, in
questo “piccolo poema” non nasconde la sua ammirazione per un
musicista tipicamente romantico.
Come
già fatto altre volte, egli sceglie di descrivere la musica dello
stimato compositore utilizzando una metafora. Un oggetto che, a suo
parere, la descrive bene è il tirso, un bastone ornato di fiori che
utilizzavano i sacerdoti del mondo greco e romano. Esso è infatti
composto da due elementi che sembrano tra loro contrapposti: il legno
e la decorazione floreale. Entrambi, però, concorrono nella
formazione di un manufatto unico, che, in tempi lontani, è stato
addirittura ritenuto sacro.
Altrettanto
sacra, per il poeta, è l’immortalità della musica di Liszt, che
egli definisce cantore dell’eterno piacere e dell’angoscia
eterna. Baudelaire lo saluta con questo piccolo poema, dovunque
egli sia.
INEBRIATEVI
“Bisogna
essere sempre ebbri. È tutto lì: è l’unica questione.
Per
non sentire l’orribile fardello del tempo che spezza le vostre
spalle e vi spinge verso la terra, bisogna che vi inebriate senza
tregua.
Ma
di cosa? Di vino, di poesia o di virtù, a vostro piacere. Ma
inebriatevi.”
La
protagonista di questo breve poemetto è una vecchia e cara amica di
Baudelaire: la sensazione di ebbrezza. Come già detto nei post
precedenti, una delle più grandi paure del poeta è quella del tempo
che fugge, senza più tornare, obbligando gli uomini a vivere ed a
sottostare alla sua “dittatura”.
L’unico
modo per ribellarsi a quello che egli dipinge come un pesante destino
è fuggire allontanando la propria mente dal mondo terreno e
rifugiandosi in una sorta di “altrove ideale” (del quale abbiamo
parlato nel terzo post).
In
questo senso, gli alleati più cari del poeta sono la poesia e
purtroppo l’alcool (per tacere di altre sostanze). Quanto alla
virtù, essa rimane, nella sua mente, un obiettivo ancora da
raggiungere, che però non esclude possa giovare a qualcun altro.
DI
GIÀ!
“Io
soltanto ero triste, inconcepibilmente triste. Simile ad un prete che
non sente
più
il contatto con la sua divinità, io non potevo, senza una straziante
amarezza,
staccarmi
da questo mare così infinitamente variegato nella sua
stupefacente
semplicità, e che sembrava contenere in sé e rappresentare
attraverso
i suoi occhi, i suoi profili, le sue malattie ed i suoi sorrisi,
gli
umori, le agonie e le estasi di tutte le anime che hanno vissuto, che
vivono
e
che vivranno!”
La
voce narrante di questa struggente storia è un marinaio, che è
ormai per mare da moltissimi giorni insieme ai suoi compagni. Essi
non vedono l’ora di avvistare anche soltanto un piccolo lembo di
terra; sono stufi di mangiare cibo salato, di vedere il sole che si
tuffa nel mare, di venire sballottati a tutte le ore del giorno.
La
terra, infine, compare, anche se non è ancora casa, bensì un luogo
sconosciuto da esplorare. Tutti i marinai sono eccitati e pronti a
mettere i piedi in terra.
Solo
il protagonista, che è un alter ego del poeta, è preso da un
incredibile sconforto. Egli, infatti, si sente al sicuro sull’acqua,
che trova ad un tempo mutevole e rassicurante.
La terra, a suo
parere, è fortemente idealizzata dai suoi compagni di viaggio, ma è
anche il luogo della realtà, con tutti i problemi, le
preoccupazioni, le sopraffazioni. Soltanto restando sul mare, a suo
parere, è possibile continuare a sognare e ad inseguire l’ideale.
LE
FINESTRE
“Quello
che si può vedere al sole è sempre meno interessante rispetto a ciò
che succede da dietro un vetro. In quel riquadro nero o luminoso si
vive la vita, si sogna la vita, si soffre la vita.”
Il
poeta compie una distinzione tra la possibilità di affacciarsi ad
una finestra aperta durante una giornata di sole e quella di
osservare la realtà durante la notte, tramite una finestra chiusa e
la luce di una candela.
La
seconda opzione è più congeniale al poeta, che attraverso la
finestra vede passare, come su un palcoscenico, uomini e donne dei
quali non sa nulla. La sua fantasia di scrittore entra in gioco ed
egli può divertirsi a creare delle storie, anche immaginarie, per
quei personaggi.
Non
vi nascondo che questo piccolo poema mi ha fatto tornare in mente un
incontro di qualche tempo fa con lo scrittore Maurizio De Giovanni,
che ha affermato di aver inventato proprio in questo modo il
personaggio di Sara.
IL
DESIDERIO DI DIPINGERE
“L’uomo
può essere infelice, ma è felice l’artista straziato dal
desiderio!
Io
sogno di dipingere colei che mi è apparsa così raramente e che è
fuggita così veloce, come una bella cosa da rimpiangere che sta
dietro il viaggiatore
tornato
nella notte. Quanto tempo è passato da quando ella è scomparsa!”
Dopo
una serie di componimenti dedicati ad altre tematiche, Baudelaire
torna su uno dei temi che più ha trattato: l’amore/odio nei
confronti della donna, descritta quasi sempre come un’entità
sensuale e pericolosa.
La
donna a cui egli si riferisce in questo piccolo poema è, con ogni
probabilità, una ragazza dai capelli lunghi e neri, dalla pelle
bianchissima e dalla bocca rossa. A giudicare dalla descrizione, si
tratterebbe di una sorta di Biancaneve; le parole che utilizza il
poeta, però, fanno pensare a tutto tranne che ad una principessa
Disney.
Egli
la dipinge tramite le parole, evocando un sole nero, una luna piena,
l’antro rosso di un mostro. Il risvolto pericoloso della bellezza
della donna è messo fortemente in risalto, ed ancora una volta al
poeta non resta che soccombere.
I
BENEFICI DELLA LUNA
“Tu
subirai eternamente gli effetti del mio bacio. Tu sarai bella alla
mia maniera.
Tu
amerai ciò che io amo e chi mi ama: l’acqua, le nuvole, il
silenzio e la notte;
il
mare immenso e verde; l’acqua informe e multiforme; il luogo dove
non sarai;
l’amante
che non conoscerai; i fiori mostruosi; i profumi che fanno delirare;
i gatti che si addormentano sui pianoforti, e che gemono come le
femmine,
con
una voce roca e dolce!”
Questo
brano sembra essere una naturale continuazione di quello precedente,
dal momento che egli si sta rivolgendo alla donna amata. Ella, come
lui, è una persona lunatica, inquieta, sempre in cerca di ciò
che non ha, amante di tutto ciò che è bello e doloroso allo stesso
tempo.
Il
poeta immagina che la Luna, divinità silenziosa ed implacabile,
abbia scelto la donna amata fin da bambina, rendendola, a tutti gli
effetti, una sua protetta.
Se
così non fosse, egli non sarebbe lì con lei in quel momento,
provando un sentimento di adorazione nei suoi confronti.
Come
già fatto in altri poemi in prosa, Baudelaire immagina le gesta
delle divinità pagane appartenenti all’epoca classica. Afrodite è
quella al quale egli si riferisce di più, invocandola e
disprezzandola allo stesso tempo.
In questo caso, invece, la
protagonista è Artemide/la Luna, anche se la divinità descritta ha
poco a che fare con la gemella cacciatrice di Apollo. Ella, con i
suoi atteggiamenti ed i suoi discorsi, sembra invece la
personificazione del Decadentismo, movimento letterario che spesso
Baudelaire anticipa inconsapevolmente.
QUAL
È QUELLA VERA?
“Ho
conosciuto una certa Benedicta, che riempiva l’atmosfera di ideale,
ed
i cui occhi riprendevano un desiderio di grandezza, di bellezza, di
gloria e di tutto ciò che fa credere all’immortalità...”
Questa
“trilogia al femminile” si conclude con una storia davvero
surreale, per niente estranea allo stile di Baudelaire.
Il poeta
racconta infatti di aver conosciuto una ragazza, una certa Benedicta,
che corrispondeva in tutto e per tutto al suo ideale di donna.
Purtroppo, ella è malata e, in breve tempo, viene a mancare.
Il
poeta stesso contribuisce alla sepoltura della ragazza, aiutando gli
addetti delle pompe funebri a rovesciare terra sopra la bara. Proprio
in quel momento, però, egli si accorge della presenza di un’altra
Benedicta, una ragazza uguale a quella morta, che afferma di essere
lei “quella vera”.
Il
poeta, terrorizzato dalla circostanza, indietreggia fino a restare
incastrato nella terra che ha appena smosso, ritrovandosi così, a
suo dire, incastrato nell’ideale.
La
trovata macabra e piuttosto grottesca può lasciare esterrefatto chi
non ha letto, per esempio, I fiori del male; tuttavia, basta
la lettura di qualche poesia della raccolta per rendersi conto che,
per Baudelaire, scherzare sulla morte è un modo per esorcizzarla,
quasi per tenerla lontana.
Allo stesso tempo, egli, con questa storia
tutt’altro che realistica, vuole sottolineare la vacuità del tanto
desiderato ideale, il quale spesso si scioglie come neve al sole per
lasciare posto allo spleen, il male di vivere saldamente
insediato nel cuore del poeta.
Che
ne dite? Vi piace questa sezione dell’opera così creativa?
Che
cosa ne pensate del progetto finora?
Spero
che continuiate ad apprezzare questi post un po’ più “tecnici”
e letterari… personalmente mi piace molto scriverli!
Grazie
per la lettura, al prossimo post :-)
Il fatto che ti piaccia scrivere questo genere di post si vede e contagia! È questa è una sezione interessante, non conoscevo i versi che hai riportato e mi è piaciuto leggerli!
RispondiEliminaCiao Angela! Sono felice di trasmettere la mia passione per questa materia che mi ha conquistato fin dal secondo anno di Università :-) Questa è sicuramente la sezione più interessante per i lettori più fantasiosi!
EliminaÈ sempre bello leggerti, ti ho già detto più di una volta che sai scrivere-raccontare in modo appassionato e interessante.
RispondiEliminaTornando al post è curioso constatare quanto il poeta abbia nei confronti della figura femminile un amore-odio-timore-venerazione che lo ha accompagnato per tutta la vita. Bravissima Silvia e grazie per questo genere di articoli.
sinforosa
Ciao! Grazie di cuore per le belle parole.
EliminaPurtroppo Baudelaire è stato un po' "deluso" dalle prime due donne della sua vita. La mamma si è risposata con un generale, e tra patrigno e figliastro i rapporti erano davvero pessimi (il generale era un tipo un po' marziale, non aveva niente in comune con un letterato…). La sua governante, invece, è morta prematuramente. Insomma, entrambe lo hanno ferito tanto, ma involontariamente, e questa è una contraddizione che lui "indirizzerà" a tutte le donne che cerca di amare.