lunedì 22 luglio 2019

STORIE DI FANTASIA E DI MITOLOGIA

I PICCOLI POEMI IN PROSA   #5




Cari lettori,
per la nostra rubrica “Il momento dei classici”, quinto appuntamento con I piccoli poemi in prosa di Baudelaire. Dopo la presentazione dell'artista, Parigi e la societàla ricerca dell'ideale e gli antieroi del poeta, la sezione odierna è piuttosto fantasiosa.


Come nella terza sezione dell’opera, quella dedicata all’ideale, il poeta immagina situazioni fantastiche, alcune delle quali sono ispirate alla mitologia greca.

Dall’ebbrezza alla malinconia, dall’amore al lutto, il poeta, come un aedo della classicità, evoca con il solo potere della sua parola degli incredibili scenari, che ora cercheremo di approfondire insieme.



IL TIRSO



Il tirso è la rappresentazione della vostra evidente dualità, maestro potente e venerato, caro Baccante della Bellezza misteriosa ed appassionata. […]
Il bastone è la vostra volontà, dritta, ferma ed indistruttibile; i fiori sono la passeggiata della vostra fantasia intorno alla vostra volontà; è l’elemento femminile che esegue, intorno a quello maschile, le sue prestigiose piroette.”


Questo brano è dedicato a Franz Liszt, compositore e virtuoso del pianoforte molto importante nel panorama del XIX secolo. Baudelaire, che nella sua arte dimostra spesso di aver superato il romanticismo a favore di alcune tematiche che già anticipano il Novecento, in questo “piccolo poema” non nasconde la sua ammirazione per un musicista tipicamente romantico.

Come già fatto altre volte, egli sceglie di descrivere la musica dello stimato compositore utilizzando una metafora. Un oggetto che, a suo parere, la descrive bene è il tirso, un bastone ornato di fiori che utilizzavano i sacerdoti del mondo greco e romano. Esso è infatti composto da due elementi che sembrano tra loro contrapposti: il legno e la decorazione floreale. Entrambi, però, concorrono nella formazione di un manufatto unico, che, in tempi lontani, è stato addirittura ritenuto sacro.


Altrettanto sacra, per il poeta, è l’immortalità della musica di Liszt, che egli definisce cantore dell’eterno piacere e dell’angoscia eterna. Baudelaire lo saluta con questo piccolo poema, dovunque egli sia.



INEBRIATEVI



Bisogna essere sempre ebbri. È tutto lì: è l’unica questione.
Per non sentire l’orribile fardello del tempo che spezza le vostre spalle e vi spinge verso la terra, bisogna che vi inebriate senza tregua.
Ma di cosa? Di vino, di poesia o di virtù, a vostro piacere. Ma inebriatevi.”


La protagonista di questo breve poemetto è una vecchia e cara amica di Baudelaire: la sensazione di ebbrezza. Come già detto nei post precedenti, una delle più grandi paure del poeta è quella del tempo che fugge, senza più tornare, obbligando gli uomini a vivere ed a sottostare alla sua “dittatura”. 

L’unico modo per ribellarsi a quello che egli dipinge come un pesante destino è fuggire allontanando la propria mente dal mondo terreno e rifugiandosi in una sorta di “altrove ideale” (del quale abbiamo parlato nel terzo post).

In questo senso, gli alleati più cari del poeta sono la poesia e purtroppo l’alcool (per tacere di altre sostanze). Quanto alla virtù, essa rimane, nella sua mente, un obiettivo ancora da raggiungere, che però non esclude possa giovare a qualcun altro.



DI GIÀ!



Io soltanto ero triste, inconcepibilmente triste. Simile ad un prete che non sente
più il contatto con la sua divinità, io non potevo, senza una straziante amarezza,
staccarmi da questo mare così infinitamente variegato nella sua
stupefacente semplicità, e che sembrava contenere in sé e rappresentare
attraverso i suoi occhi, i suoi profili, le sue malattie ed i suoi sorrisi,
gli umori, le agonie e le estasi di tutte le anime che hanno vissuto, che vivono
e che vivranno!”


La voce narrante di questa struggente storia è un marinaio, che è ormai per mare da moltissimi giorni insieme ai suoi compagni. Essi non vedono l’ora di avvistare anche soltanto un piccolo lembo di terra; sono stufi di mangiare cibo salato, di vedere il sole che si tuffa nel mare, di venire sballottati a tutte le ore del giorno.

La terra, infine, compare, anche se non è ancora casa, bensì un luogo sconosciuto da esplorare. Tutti i marinai sono eccitati e pronti a mettere i piedi in terra.


Solo il protagonista, che è un alter ego del poeta, è preso da un incredibile sconforto. Egli, infatti, si sente al sicuro sull’acqua, che trova ad un tempo mutevole e rassicurante. 

La terra, a suo parere, è fortemente idealizzata dai suoi compagni di viaggio, ma è anche il luogo della realtà, con tutti i problemi, le preoccupazioni, le sopraffazioni. Soltanto restando sul mare, a suo parere, è possibile continuare a sognare e ad inseguire l’ideale.



LE FINESTRE



Quello che si può vedere al sole è sempre meno interessante rispetto a ciò che succede da dietro un vetro. In quel riquadro nero o luminoso si vive la vita, si sogna la vita, si soffre la vita.”

Il poeta compie una distinzione tra la possibilità di affacciarsi ad una finestra aperta durante una giornata di sole e quella di osservare la realtà durante la notte, tramite una finestra chiusa e la luce di una candela.

La seconda opzione è più congeniale al poeta, che attraverso la finestra vede passare, come su un palcoscenico, uomini e donne dei quali non sa nulla. La sua fantasia di scrittore entra in gioco ed egli può divertirsi a creare delle storie, anche immaginarie, per quei personaggi.


Non vi nascondo che questo piccolo poema mi ha fatto tornare in mente un incontro di qualche tempo fa con lo scrittore Maurizio De Giovanni, che ha affermato di aver inventato proprio in questo modo il personaggio di Sara



IL DESIDERIO DI DIPINGERE



L’uomo può essere infelice, ma è felice l’artista straziato dal desiderio!
Io sogno di dipingere colei che mi è apparsa così raramente e che è fuggita così veloce, come una bella cosa da rimpiangere che sta dietro il viaggiatore
tornato nella notte. Quanto tempo è passato da quando ella è scomparsa!”


Dopo una serie di componimenti dedicati ad altre tematiche, Baudelaire torna su uno dei temi che più ha trattato: l’amore/odio nei confronti della donna, descritta quasi sempre come un’entità sensuale e pericolosa.


La donna a cui egli si riferisce in questo piccolo poema è, con ogni probabilità, una ragazza dai capelli lunghi e neri, dalla pelle bianchissima e dalla bocca rossa. A giudicare dalla descrizione, si tratterebbe di una sorta di Biancaneve; le parole che utilizza il poeta, però, fanno pensare a tutto tranne che ad una principessa Disney.

Egli la dipinge tramite le parole, evocando un sole nero, una luna piena, l’antro rosso di un mostro. Il risvolto pericoloso della bellezza della donna è messo fortemente in risalto, ed ancora una volta al poeta non resta che soccombere.



I BENEFICI DELLA LUNA



Tu subirai eternamente gli effetti del mio bacio. Tu sarai bella alla mia maniera.
Tu amerai ciò che io amo e chi mi ama: l’acqua, le nuvole, il silenzio e la notte;
il mare immenso e verde; l’acqua informe e multiforme; il luogo dove non sarai;
l’amante che non conoscerai; i fiori mostruosi; i profumi che fanno delirare; i gatti che si addormentano sui pianoforti, e che gemono come le femmine,
con una voce roca e dolce!”


Questo brano sembra essere una naturale continuazione di quello precedente, dal momento che egli si sta rivolgendo alla donna amata. Ella, come lui, è una persona lunatica, inquieta, sempre in cerca di ciò che non ha, amante di tutto ciò che è bello e doloroso allo stesso tempo.


Il poeta immagina che la Luna, divinità silenziosa ed implacabile, abbia scelto la donna amata fin da bambina, rendendola, a tutti gli effetti, una sua protetta.
Se così non fosse, egli non sarebbe lì con lei in quel momento, provando un sentimento di adorazione nei suoi confronti.

Come già fatto in altri poemi in prosa, Baudelaire immagina le gesta delle divinità pagane appartenenti all’epoca classica. Afrodite è quella al quale egli si riferisce di più, invocandola e disprezzandola allo stesso tempo. 

In questo caso, invece, la protagonista è Artemide/la Luna, anche se la divinità descritta ha poco a che fare con la gemella cacciatrice di Apollo. Ella, con i suoi atteggiamenti ed i suoi discorsi, sembra invece la personificazione del Decadentismo, movimento letterario che spesso Baudelaire anticipa inconsapevolmente.



QUAL È QUELLA VERA?



Ho conosciuto una certa Benedicta, che riempiva l’atmosfera di ideale,
ed i cui occhi riprendevano un desiderio di grandezza, di bellezza, di gloria e di tutto ciò che fa credere all’immortalità...”


Questa “trilogia al femminile” si conclude con una storia davvero surreale, per niente estranea allo stile di Baudelaire. 

Il poeta racconta infatti di aver conosciuto una ragazza, una certa Benedicta, che corrispondeva in tutto e per tutto al suo ideale di donna. Purtroppo, ella è malata e, in breve tempo, viene a mancare.

Il poeta stesso contribuisce alla sepoltura della ragazza, aiutando gli addetti delle pompe funebri a rovesciare terra sopra la bara. Proprio in quel momento, però, egli si accorge della presenza di un’altra Benedicta, una ragazza uguale a quella morta, che afferma di essere lei “quella vera”.

Il poeta, terrorizzato dalla circostanza, indietreggia fino a restare incastrato nella terra che ha appena smosso, ritrovandosi così, a suo dire, incastrato nell’ideale.


La trovata macabra e piuttosto grottesca può lasciare esterrefatto chi non ha letto, per esempio, I fiori del male; tuttavia, basta la lettura di qualche poesia della raccolta per rendersi conto che, per Baudelaire, scherzare sulla morte è un modo per esorcizzarla, quasi per tenerla lontana. 
Allo stesso tempo, egli, con questa storia tutt’altro che realistica, vuole sottolineare la vacuità del tanto desiderato ideale, il quale spesso si scioglie come neve al sole per lasciare posto allo spleen, il male di vivere saldamente insediato nel cuore del poeta.




Che ne dite? Vi piace questa sezione dell’opera così creativa?
Che cosa ne pensate del progetto finora?
Spero che continuiate ad apprezzare questi post un po’ più “tecnici” e letterari… personalmente mi piace molto scriverli!
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)

4 commenti :

  1. Il fatto che ti piaccia scrivere questo genere di post si vede e contagia! È questa è una sezione interessante, non conoscevo i versi che hai riportato e mi è piaciuto leggerli!

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    1. Ciao Angela! Sono felice di trasmettere la mia passione per questa materia che mi ha conquistato fin dal secondo anno di Università :-) Questa è sicuramente la sezione più interessante per i lettori più fantasiosi!

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  2. È sempre bello leggerti, ti ho già detto più di una volta che sai scrivere-raccontare in modo appassionato e interessante.
    Tornando al post è curioso constatare quanto il poeta abbia nei confronti della figura femminile un amore-odio-timore-venerazione che lo ha accompagnato per tutta la vita. Bravissima Silvia e grazie per questo genere di articoli.
    sinforosa

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    1. Ciao! Grazie di cuore per le belle parole.
      Purtroppo Baudelaire è stato un po' "deluso" dalle prime due donne della sua vita. La mamma si è risposata con un generale, e tra patrigno e figliastro i rapporti erano davvero pessimi (il generale era un tipo un po' marziale, non aveva niente in comune con un letterato…). La sua governante, invece, è morta prematuramente. Insomma, entrambe lo hanno ferito tanto, ma involontariamente, e questa è una contraddizione che lui "indirizzerà" a tutte le donne che cerca di amare.

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