giovedì 21 novembre 2024

COME IN WITH THE RAIN

 Spazio Scrittura Creativa: novembre 2024




Cari lettori,

benvenuti all’appuntamento con lo Spazio Scrittura Creativa di novembre!


Oggi, dopo un paio di esplorazioni nel mondo della danza (contemporanea e del passato), un personale angolo della poesia ed una fuga nel mondo fantasy di Harry Potter, torniamo a parlare di due argomenti di tutti i giorni: la scuola e le amicizie.


Questa volta ho pensato di scrivere una storia in omaggio alla mia generazione, quella dei millennials, che da qualche anno è entrata nella fase “trentenni nostalgici”: siamo giovani adulti con tante incombenze, poche certezze e pochissime importanti persone con cui coltivare rapporti non sempre facili, eppure una parte di noi è rimasta sui banchi di scuola. Un microcosmo perduto, non solo perché sono passati parecchi anni dalla Maturità (più di 16, nel mio caso) ma anche perché chi come me è tornato a scuola in altre vesti si è reso conto che per gli adolescenti di oggi tante piccole (e grandi) cose sono già diverse.


Quindi torniamo insieme in quel mondo tra il 2003 e il 2008… con la colonna sonora della pioggia novembrina e di una canzone che è proprio di 16 anni fa!



Come in with the rain



Posso tornare ad ogni risata

ma non voglio andare più là

e conosco tutti i passi fino alla tua porta

ma non voglio andare più là


Erano ormai due giorni che la pioggia scrosciava imperterrita. L'acqua scendeva dal cielo e lasciava profondi solchi sui profili delicati delle foglie e dei fiori primaverili. Persino il cielo, che in quel novembre mite era stato sempre azzurro e punteggiato da piccole nuvole bianche, minacciava tempesta e si era velato quasi di nero.


Nella camera da letto del suo appartamento, una giovane donna con un caschetto nero e gli occhi azzurri si era appena allontanata dalla finestra, inforcando gli occhiali dalla montatura colorata. Sedutasi sul letto, ella avvicinò a sé la borsa nera da lavoro, estraendo un pacco di temi ancora da correggere. Decisa a sfruttare la giornata di brutto tempo, posò il blocco di fogli sulla scrivania e vi si sedette davanti con una penna rossa ed una matita.


Aveva assegnato ai suoi studenti un’analisi del testo, un tema d'attualità e la solita traccia personale. Il terzo compito del pacco era quello di Ludovica, una delle studentesse più portate per la sua materia, specializzata nella scrittura di lunghissimi commenti a poesie e romanzi che le erano piaciuti. Per questo motivo Matilde restò sorpresa nel constatare che, stranamente, quella volta la sua alunna preferita aveva scelto la traccia personale, dal titolo «Gli anni più belli? Gioie e difficoltà della vita del liceo.»


Lo stile era sempre pulito, elegante, corretto. Matilde si era ritrovata ben presto conquistata dalla lettura... finché un periodo piuttosto lungo non l'aveva fatta fermare.


«È opinione molto diffusa che noi adolescenti passiamo la maggior parte del nostro tempo dedicandoci a passatempi leggeri e poco impegnativi, come chattare su Whatsapp, usare i social network, passeggiare in centro con gli amici o chiacchierare con un gelato in mano durante le sere d'estate. Siamo spesso accusati di essere persone leggere e poco profonde. Io credo che, nel momento in cui una persona formula questo pensiero, egli commetta una grave ingiustizia. Le attività prima elencate, infatti, non sono dei passatempi per noi: sono l'unico modo che conosciamo per affrancarci dalle nostre famiglie, per avere un nostro spazio indipendente, per iniziare a crescere. Per quanto piccola e frivola, questa è la nostra libertà, la nostra profondità, e gli adulti dovrebbero rispettarla.»


Leggendo i pensieri di Ludovica, Matilde ebbe all'improvviso l'impressione di stare parlando con qualcun'altra. Anche se con vocaboli diversi, ricordava bene di aver già sentito quel discorso.


Matilde sapeva bene dove abitava Olivia: avrebbe fatto la strada fino a casa sua anche ad occhi chiusi. Anche se, in quegli anni, erano cambiate così tante cose che perfino la strada che univa i loro due paesi non era più la stessa, ma era stata rasa al suolo e ricostruita dalle fondamenta. Anche se ormai quella casa, con ogni probabilità, ospitava solo i genitori di Olivia: ella si era trasferita da anni in un appartamento dall’altra parte del paese.


Le sarebbe bastato aspettare che la pioggia diminuisse. Avrebbe preso la vecchia station wagon sulla quale suo padre era solito ascoltare Eros Ramazzotti a tutto volume, che ora era passata in eredità a lei. Avrebbe ascoltato un cd dei Blue durante il breve viaggio, in ricordo dei vecchi tempi. Avrebbe telefonato dal piccolo parcheggio dietro casa di Olivia, chiedendole di poterla vedere.


Se una parte di lei, però, stava già contando i passi e cercando il cappotto, un'altra, più razionale, la tratteneva.

Erano ormai un po' di anni che lei e Olivia si telefonavano brevemente solo in occasione del Natale o dei reciproci compleanni, e non si potevano certo più definire due amiche.


Senza contare che una vocina nell'orecchio, dovuta ad una cattiva abitudine familiare, le sussurrava: “Non vorrai disturbare?”

Pur non volendo, le scappò un sorriso. Quante risate si faceva Olivia quando lei menzionava l'idea di disturbare! Le rispondeva sempre: “Ma no, che assurdità! Tu non mi disturbi quando mi telefoni o mi vuoi vedere. Potresti chiamarmi anche alle tre di notte, per quel che mi riguarda!”


Le sarebbe bastato pochissimo per risentire quella risata, ma era come se le mancasse la forza di farlo, e, in fondo, sapeva bene il perché.


* * *



Parla al vento, parla al cielo

parla ad un uomo con dei motivi

e fammi sapere cos'hai trovato


Più passava le sue giornate in compagnia degli adolescenti e più Matilde si rendeva conto che gli anni del suo liceo erano un mondo perduto. I ragazzi a cui insegnava quell'anno leggevano altri libri, ascoltavano altra musica, guardavano altri film e portavano ben altri vestiti. “Beh” pensò sbuffando “chi mi assicura che io sia stata un'adolescente come la maggior parte delle altre?”



Il liceo classico non aveva portato in dono a Matilde un ragazzo serio e posato come avrebbe voluto sua madre, ma un'amica: Olivia.


Il loro era stato un legame speciale fin dall'inizio. Lei era minuta, dimostrava ben meno della sua età, aveva dei lunghi capelli rossi sempre combinati in fantasiose acconciature, vestiva prevalentemente di rosa e nero e andava pazza per le boybands dell'epoca. Era brava a scuola almeno quanto lei, ma il sabato staccava da tutto e girava per il centro insieme ad una compagnia del suo paese costituita da elementi quantomeno bizzarri. Con lei Matilde aveva sperimentato la bellezza del lasciarsi andare un po', del ridere per sciocchezze, del parlare senza paura di quello che veramente la appassionava. Quanti pomeriggi e serate avevano condiviso!


Ancora sorrideva, se ripensava alle chiacchierate nella camera di hotel a Firenze, durante la gita del terzo anno. Olivia, che difendeva sempre con accanimento la teoria della “bellezza interiore” delle persone, aveva pensato bene di dimostrarlo prendendosi una cotta per il più brutto della classe accanto, che ovviamente li accompagnava in gita. Tuttavia, accettava di farsi prendere in giro da Matilde e dalle altre compagne di classe.


La loro amicizia era stata indubbiamente una splendida avventura... fino all'estate prima dell'ultimo anno.


* * *



Posso farmi forza e cantarti una canzone

ma non voglio andare così lontano

e ti ho buttato giù

ti conosco dal profondo del cuore

e tu non sai nemmeno da dove cominciare

parla a te stesso, parla alle tue lacrime

parla con l'uomo che ti ha messo lì

e non aspettare che il cielo si schiarisca


Alessio era piombato nella sua vita dapprima discretamente, e poi come un fulmine. All'inizio era semplicemente il ragazzo gentile che prendeva il pullman con lei e frequentava l’istituto tecnico vicino al suo liceo; ben presto, però, era diventato l'oggetto dei suoi pensieri notturni, dei suoi sogni, delle sue fissazioni.


Fin dall'inizio dell'adolescenza la costante paura di non trovare un uomo e di restare sola e senza uno scopo nella vita l'aveva perseguitata. Matilde non pensava ad altro che a lui ed a cosa avrebbe potuto essere tra loro due, ed era convinta di essere più che mai vicina al suo obiettivo.


Era stato così che, quando Alessio le aveva proposto di mettersi insieme, aveva accettato, mandando al diavolo tutti e tutto: i suoi principi fatti di eleganza, riservatezza, di teorie come in amor vince chi fugge; sua madre, la cui inflessibilità iniziava, finalmente, a starle stretta; persino Olivia, che in amore era molto più pratica e razionale di lei, e – Matilde ne era certa – non avrebbe visto bene questo azzardo improvviso, considerato quanto poco lei ed Alessio si conoscevano.

Se non si fosse buttata in quel momento, probabilmente se ne sarebbe pentita per sempre.


Sfortunatamente per lei, le cose erano andate male. La “storia” era naufragata prima ancora di iniziare.

Subito dopo essere stata lasciata da lui, triste, disperata ed abbattuta, aveva fatto la prima cosa che le aveva dettato il cuore: aveva alzato la cornetta ed aveva telefonato a Olivia. Matilde le aveva raccontato tutto ciò che le aveva taciuto in quei mesi: le sue speranze, le sue delusioni, la sua paura. Olivia l'aveva ascoltata ed era stata comprensiva. Matilde non lo sapeva ancora, ma quella sarebbe stata la loro ultima chiacchierata davvero sincera.


Giorno dopo giorno, il pensiero di essersi mostrata troppo debole, di essersi aperta fin troppo, di aver fallito si era fatto strada dentro di lei. Ogni mattina, quando apriva gli occhi, non pensava più con metodo a tutto quello che doveva fare prima di andare a scuola, come suo solito. Si sentiva, al contrario, un peso che le schiacciava il petto, come se una mano invisibile la costringesse a restare sdraiata, immobile, senza quasi respirare. Arrivava a scuola adirata e triste, e non c'era niente che la irritava di più che vedere Olivia sorridente e con la testa tra le nuvole, che estraeva dallo zaino il necessario, mentre sicuramente ripensava all'ultima festa con gli altri suoi amici.


Ripensandoci, dopo molti anni, si vergognava di quello che aveva fatto. Avrebbe cancellato ogni suo singolo gesto, ogni parola cattiva.


In quei mesi, però, le era sembrato quasi naturale – e se ne spaventava ancora – allontanare Olivia. Aveva avuto come la percezione che la sua amica di sempre non avesse davvero gli strumenti per capire, lei che aveva sempre avuto delle storielle da poco che si erano risolte in una rottura senza rancori ed una buona amicizia.

Forse, però, con il senno di poi, il problema era stato esattamente il contrario. Olivia era dotata di una sensibilità spiccata, ed avrebbe intuito che dietro al rifiuto di Matilde c'era una questione più complessa. Matilde non aveva voluto permettere ad Olivia di conoscere il mostro che la schiacciava e che la stava trascinando in un tunnel nero.


* * *



Ti ho guardato così a lungo, ho urlato il tuo nome

non so che altro potrei dire


Dopo la Maturità, Matilde aveva rischiato di impazzire: l'Università la faceva sentire più sola che mai, e, in un momento di sconforto, aveva persino richiamato Alessio. Aveva cercato in tutti i modi di rincorrere quell'amore che, secondo lei, le era stato ingiustamente strappato... finché un giorno non si era guardata dentro per davvero ed aveva deciso che prima dei ragazzi che le giravano intorno, prima delle false amiche che la lodavano senza conoscerla veramente, la persona a cui dedicare attenzioni era lei stessa.


Era venuta a patti con il suo mostro, ed aveva incontrato molte difficoltà, ma, con calma, era riuscita, se non a sconfiggerlo, almeno ad isolarlo.


* * *



Matilde aveva coronato il suo sogno di essere un'insegnante, e la scuola dove stava lavorando le aveva portato in dono delle nuove amicizie. Si sentiva in pace con se stessa.

Quel giorno, però, come le era capitato altre volte, le mancava Olivia e quello che era stato il loro rapporto.


Era passato troppo tempo per potersi ancora accusare ed attribuire la colpa a vicenda: i loro veri nemici erano stati l'ambiente ormai soffocante dell'ultimo anno di liceo, le compagne malfidenti e pronte a dividerle, il loro desiderio di chiudere la porta delle superiori e iniziare un nuovo capitolo.


Quella sera avrebbe lasciato aperta la finestra di camera sua. Il rumore della pioggia l'avrebbe cullata durante la notte, e, chissà, i suoi pensieri avrebbero potuto volare verso casa di Olivia.


Un giorno, forse, si sarebbero riviste e avrebbero riso insieme, di nuovo e con il cuore.



Lascerò la mia finestra aperta

perché sono troppo stanca, la notte, per chiamare il tuo nome

sappi solo che sono qui, sperando

che tu entri insieme alla pioggia.



FINE




Come in with the rain è una canzone dell’album Fearless, il secondo di Taylor, uscito proprio nel 2008, anno della mia Maturità (potete ascoltarla qui). Come forse qualcuno sa, tra tutti i suoi dischi la mia predilezione va storicamente per Speak Now del 2010 e per la coppia Folklore/Evermore del 2020, però confesso che da quando ho visto il film dell’Eras tour e mi sono emozionata durante il set di Fearless… mi sono resa conto di quanto questo album, come ha detto anche Taylor, mi “riporti alle scuole superiori”. Questa canzone descrive un momento di stallo nostalgico e mi sembrava perfetta per questa storia.


Mi rendo anche conto che queste pagine, tutto sommato, non sono uscite dalla mia penna in un momento casuale, e non è solo perché i vari mass media in questo periodo stanno giocando con l'effetto nostalgia di noi millennials. Uno dei dispiaceri più grandi della mia adolescenza è stato senz'altro l'allontanamento di un'amica alla quale io ero genuinamente convinta di aver teso una mano. Col tempo ho capito che non si tratta di dinamiche solo adolescenziali.


In ogni caso, con questa storia, al di là delle mie esperienze, volevo “salutare” in modo un po’ romanzato quei ragazzi che sono rimasti là, in un liceo di provincia, quando i Blue e Robbie Williams erano il meglio del meglio per una ragazza, gli 883 erano “dei miti” senza che nessuno ci desse dei vecchi nostalgici come avvenuto in tempi recenti, la gita con la scuola era ancora un’occasione di scoperta per tanti di noi perché il mondo era molto meno “globe trotter”, il sabato pomeriggio si andava tassativamente in centro a ritrovare vecchi e nuovi amici, i social network non erano stati ancora inventati, e stendiamo un velo pietoso su vestiti e trucchi “alla moda”…

Chissà, forse, ora che ho riaperto il cassetto, non mi basterà avervene parlato oggi. Ma per ora mi va bene così.


Concludo lasciandovi i link ad una mia dilogia di racconti romance che hanno per protagonista un’altra insegnante, Luna:


- Incontrami a Siviglia (Link)


- La casa stregata (Link), ambientato proprio in novembre



Grazie ancora per la lettura, al prossimo post :-)


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