Un tour virtuale della mostra al Mudec
Cari lettori,
l’autunno ha portato un po’ di mostre a Milano, così eccoci di nuovo alle prese con i nostri “Consigli artistici”!
Dopo aver salutato l’estate con la chiusura dell’esposizione gratuita del contemporaneo Valerio Adami ed esserci addentrati in atmosfere più cupe con Munch, oggi conosciamo meglio un’artista che ha incarnato appieno tanti aspetti del Novecento, la franco-americana Niki De Saint Phalle.
Artista vissuta tra il 1930 ed il 2002, qui in Italia è nota soprattutto per aver creato le statue del Giardino dei Tarocchi a Capalbio (in Toscana). Al Mudec di Milano, in via Tortona, è invece protagonista di una mostra che ha aperto ad inizio ottobre e ci accompagnerà fino a febbraio.
Forse perché quando vado a vedere artisti che già conosco so un po’ più cosa aspettarmi, ma devo dire che stavolta sono rimasta davvero senza parole per l’originalità ed il coraggio di quest’artista, che per me non ha solo incarnato lo spirito del tempo da tanti punti di vista, ma ha anche precorso i tempi.
Come mio solito, vi porto con me tra le sale della mostra, e spero di farvi scoprire qualcosa di speciale!
Contro le guerre e le imposizioni religiose
Le prime opere di Niki de Saint Phalle subiscono l’influenza dei movimenti pacifisti che prendono piede dopo la Seconda Guerra Mondiale ed acquistano una grande importanza mediatica a partire dagli anni ‘60. Una delle sue prime opere propone tutto ciò che viene “sepolto sotto la terra” dalle guerre, a partire dalle armi di chi viene sconfitto, passando per oggetti cari che un soldato si porta sempre con sé, fino ad arrivare al cuore stesso di chi non c’è più.
Con la serie delle “Cattedrali” Niki De Saint-Phalle aderisce con grande decisione ai primi movimenti di stampo anticlericale. La maggior parte delle “chiese” che crea incollando ad una tela bianca svariati oggetti e tante piccole sculture sono inizialmente candide, ma destinate a tingersi di ben altro colore. L’artista, infatti, gira l’Europa mettendo in scena delle performance durante le quali spara vernice rossa sulle sue stesse opere. Anche a Milano, nella galleria Vittorio Emanuele, mette in atto una di queste esibizioni, creando tutto lo scandalo che si può immaginare nella città del Duomo.
La sua opera più impressionante di questa serie, secondo me, è un vero e proprio polittico dorato… in versione “dissacrata”. I crocifissi e le statue di santi trovano posto accanto a veri e propri mostri, armi da fuoco, cadaveri seppelliti in fosse comuni, un enorme pipistrello che nasconde bombe a mano tra le sue ali – forse ad indicare tutte le guerre che la Chiesa ha voluto nel corso della storia – e persino una treccia d’aglio per scacciare vampiri. Un’opera decisamente forte e destinata a colpire lo spettatore.
La prima femminista intersezionale?
Niki De Saint Phalle è nata nel 1930 ed è stata una mia quasi coetanea durante il ‘68 e la nascita della prima ondata femminista. Con le sue compagne di lotta condivide tante idee cardine di quel periodo, primo tra tutti il concetto di matrimonio come “trappola”.
In questo senso, la sua opera più esplicativa è sicuramente la statua di una sposa a cavallo, che non viene ritratta come una donna felice, bensì come una sorta di “cavaliere dell’Apocalisse” a cavallo di un nero destriero che porta sul suo manto tantissimi oggetti, simboleggianti le conseguenze del matrimonio (più negative che positive).
Nella sala che ospita la statua c’è anche uno schermo che riproduce il video di un’intervista in cui il giornalista accusa Niki De Saint Phalle di aver prodotto un’opera poco femminile e lei lo rimette a posto in modo magistrale :-)
A mio parere, però, Niki De Saint Phalle va oltre le pur fondamentali e rivoluzionarie idee della prima ondata femminista. Potremmo dire che è una femminista intersezionale ante litteram. Questo termine non è stato coniato prima del XXI secolo, eppure delle sue interviste che vengono proiettate alla mostra evidenziano come già negli anni ‘70 e ‘80 il suo impegno per la parità di genere andasse di pari passo con la lotta contro il razzismo.
L’artista è in parte statunitense ed ha assistito a fin troppe discriminazioni contro gli afroamericani: sostiene con forza l’idea che, se femminismo e antirazzismo “viaggiassero insieme”, potrebbero muovere il mondo.
Per questo motivo ella crea le sue Nana, statue di donne che ricordano moltissimo le matriarche dell’arte primitiva, e sono in buon numero di colore nero. La mostra ne è piena, dalle più piccole a quelle giganti, come queste “Tre Grazie” dagli abiti fatti di specchi.
Forse è proprio per la sua capacità di guardare già oltre che Niki De Saint Phalle non abbandonerà mai la lotta femminista, nemmeno quando nuove ondate metteranno in dubbio i concetti con cui ella è cresciuta. Fino ai primi anni 2000 ella lotterà contro Bush e le sue politiche antiabortiste, creando anche una litografia molto esplicativa.
Il Giardino dei Tarocchi
Fin dalle sue origini artistiche, Niki De Saint Phalle è molto attratta dall’Italia. Un suo collage dei primi tempi, per esempio, si ispira ai grandi quadri medioevali che ritraggono una città intera vista dall’alto.
Il Giardino dei Tarocchi omaggia quella che per l’artista è una tradizione folkloristica italiana. Ritrarre la Stella, la Luna, la Giustizia come donne magiche e potenti le dà la possibilità di riprendere alcune delle idee che ella ha comunicato creando le Nana.
La Stella, ad esempio, si affaccia su quella che potrebbe sembrare una sorta di piscina ed è in realtà il cielo stellato. Da notare come all’artista piaccia molto utilizzare il materiale specchio, in linea con altri artisti suoi contemporanei.
Ci sono tutti Tarocchi più famosi: l’Appeso, la Giustizia, la Luna. La mostra ospita delle miniature preparatorie, che hanno anticipato ed accompagnato il progetto. Le statue del Giardino, invece, hanno ben altra dimensione!
In giro per il mondo
Una problematica non indifferente degli anni ‘80 e ‘90 è la lotta contro l’AIDS. Anche Niki de Saint Phalle prende parte alla campagna informativa con moltissime fotografie e delle enormi ed originali sculture che ritraggono dei profilattici colorati.
L’attrazione per l’Africa non cessa mai: alcune sue statue sembrano proprio imitare l’arte locale. Il continente che ha dato vita ai primi esseri umani e l’ispirazione tratta dalla scultura primitiva vanno di pari passo.
Nei suoi ultimi anni, l’artista rivolge il suo interesse verso il Messico ed in particolare verso il culto dei morti che esercita questa nazione. Questo teschio – palla da discoteca è un po’ inquietante, lo ammetto, ma ha una sua bellezza.
Dopo Capalbio, ella decide di dare vita ad un nuovo giardino di statue, questa volta in California, e dall’ispirazione messicana. L’ultima sala della mostra ospita dei coloratissimi Totem che, proprio come nel caso dei Tarocchi, sono stati creati nella fase preparatoria.
Ci sarebbe tanto ancora da dire ma non voglio svelare troppo!
Non so se sono riuscita a rendere l’idea con le mie foto, ma vi assicuro che si tratta di un’esposizione sorprendente, colorata, in qualche modo audace. Alcune sale della mostra vi lasceranno a bocca aperta! Sono veramente felice di aver conosciuto una personalità così importante del Novecento e credo che in un’ora e mezza di mostra mi abbia insegnato tanto. Vi anticipo già che quel giorno ho visto un’altra esposizione di un grandissimo artista, ma ve ne parlerò tra qualche settimana per alternare un po’ gli argomenti sul blog.
Nel frattempo, fatemi sapere se vi ho incuriosito! Avete tempo fino al 16 febbraio per fare un salto al Mudec…
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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