giovedì 28 novembre 2024

I PREFERITI DI NOVEMBRE 2024

 Tutto quello che mi è piaciuto in questo mese




Cari lettori,

eccoci giunti anche alla fine di novembre!

Un mese che per me è sempre stato uno dei più impegnativi e complessi. Quest’anno per certi versi è stato diverso, ma comunque non proprio leggero. Il 2024 è stato un anno pieno ma tosto per vari motivi e questo periodo autunnale non ha fatto eccezione: la sensazione prevalente, sia nel pubblico che nel privato, è stata quella di essere stata ripetutamente “cornuta e mazziata”. In più in questo periodo si è aggiunta una lunga trafila di controlli sanitari di routine (tutto ok fortunatamente).


Insomma, per fortuna che ci sono anche le cose belle della vita. Come dicevo quando vi ho recensito Inside Out 2, senza lo spiritello di Gioia che riconquista il timone, non so bene come avrei affrontato un po’ di cose quest’anno. “Sapete quant’è dura essere positiva tutto il tempo?” Ecco, mi sa che ho imparato a capirlo. Ma datemi retta, alla fine ne vale la pena.


Quindi riepiloghiamo insieme questo mese appena trascorso, tra libri, film, musica, poesia e foto!



Il libro del mese



L’Odissea è un classico senza tempo che tutti conoscono o hanno studiato almeno una volta a scuola. Eppure si tratta di una storia talmente universale che sembra che le cose da dire su di essa non si esauriscano mai.


È quello che dimostra Alessandro D’Avenia con questa bellissima ricostruzione – saggio dal titolo Resisti, cuore.


Sarebbe piuttosto inutile raccontare la trama di questo libro: l’autore riprende il poema omerico e lo ripercorre dall’inizio alla fine, facendone uso come “base” per tantissime riflessioni che vanno dal personale al filosofico, passando per il sociale.


L’introduzione alla storia è di carattere didattico: D’Avenia, che prima di essere scrittore è insegnante di Lettere da diversi anni, ha l’abitudine di leggere per intero l’Odissea nel corso di un anno scolastico. Un’impresa che, dal mio punto di vista, sembra titanica: siamo così abituati alla lettura commentata con parafrasi ed analisi che consideriamo un successo riuscire a leggere 12 canti su 24 nel corso dell’anno. Eppure, se si procede con una lettura spedita e drammatizzata, portando avanti contemporaneamente un lavoro di analisi su quei temi da cui didatticamente non si può proprio prescindere, D’Avenia ci dimostra che l’impresa è possibile.


L’autore afferma di essere molto legato al poema omerico, in quanto quest’opera ha fatto parte in modo significativo del suo percorso di studi ed è stata anche la protagonista del suo dottorato in letteratura greca. Questo è un aspetto che, in un certo senso, abbiamo in comune: anche io ho riletto per intero il poema quando mi è stato assegnato l’argomento per la tesi della Magistrale, lo spettacolo teatrale Odyssey di Bob Wilson, che altri non è che una trasposizione contemporanea dell’opera (ve lo racconto meglio qui).


Dopo un’introduzione coltissima e piuttosto tosta da affrontare – ma che, credetemi, offre tanti spunti interessanti anche per chi già sente di conoscere il poema – l’autore inizia a ripercorrere l’opera proprio dalla prima pagina in avanti. Non mi sembra il caso di ri – raccontare la storia conosciutissima di Odisseo, ma, recensendovi questa lettura, vorrei fare delle riflessioni con voi.



La prima parte di Resisti, cuore, nel raccontare nuovamente i saluti alla ninfa Calipso ed il naufragio sulle sponde dove gioca Nausicaa, si concentra parecchio sulla concezione del dolore. L’autore si racconta molto, parlando della famiglia numerosa, della depressione del padre e dei suoi momenti di crisi. Odisseo, in questi capitoli, rifiuta due realtà che potrebbero sembrare ideali: la vita felice ed immortale con Calipso e l’operosa quiete del regno dei Feaci. (Sul personaggio di Calipso, se vi interessa, ho scritto qualche anno fa un breve racconto, che trovate a questo link). E fa questo perché l’Odissea è sostanzialmente la storia del ritorno a casa, che poi è un ritorno a noi stessi. Almeno per le persone più mature, com’è appunto il protagonista.

Al contempo, però, ci sono due figure di giovanissimi – in cui forse l’autore rivede i suoi studenti – che compiono un viaggio, sia fisico che metaforico: Telemaco e Nausicaa non sopportano più di “stare immobili”, sentono di doversi muovere e di compiere così uno scatto di crescita, l’uno viaggiando per terra e mare cercando notizie del padre, l’altra andando al fiume da sola con le ancelle e preparando il corredo nuziale.

Ecco, quando ho iniziato a scrivere la tesi su Odyssey la mia relatrice mi aveva detto che lei aveva trovato una sua chiave di lettura, ma me l’avrebbe detto alla fine della stesura, perché io avrei dovuto trovare la mia. Ebbene, sembra incredibile, ma la mia chiave di lettura, da buona studentessa, assomigliava molto a quella di Telemaco e Nausicaa, mentre quella della mia relatrice ricordava molto da vicino quella di Odisseo e dell’autore.



La parte centrale, quella in cui Odisseo racconta le sue peripezie, è la più coinvolgente del poema e, da un certo punto di vista, anche di questo saggio. Ogni mostro o personaggio che il protagonista si trova ad affrontare è spunto di volta in volta per una riflessione diversa e fortemente attuale. I mangiatori di Loto fanno pensare al rischio di vivere in modo consumistico, passando da una distrazione all’altra. Il furbo inganno che permette di salvarsi dal Ciclope è la vittoria definitiva del linguaggio contro il silenzio e l’oblio, della cultura contro l’ignoranza e la forza bruta. Sconfiggere ed abbracciare la maga Circe, per un uomo, significa accettare la parte femminile che c’è dentro di sé, prima di ritornare dalla donna amata e farla rientrare nella propria vita. Ma è il capitolo dedicato al regno dei morti che più mi ha colpito. Non saprei come spiegarvi quanto mi sono rivista in un particolare passo, quindi ve lo trascrivo così com’è:


Ogni tanto penso a ciò da cui ottengo, come Achille, un po’ di gloria: scrivere, insegnare, raccontare a teatro… e lo metto alla prova: come me le porto nella tomba queste cose? Mi aiutano a non morire? E allora tutto mi appare nella sua vera luce: un gioco, il gioco con cui gli uomini si consolano a vicenda con un applauso. […] Achille riconosce a Ulisse il coraggio di fare una cosa da cui lui in fondo è fuggito: affrontare la morte rimanendo vivo, senza nessuna garanzia di successo. E allora continuo a scrivere, insegnare, raccontare avendo messo a fuoco il fine: non la gloria, ma il compimento di un destino.”


E proprio di destino si parla tanto anche nella terza ed ultima parte di questo saggio, quella dedicata al ritorno ed al riconoscimento di Odisseo da parte degli altri personaggi: il fedele cane Argo, il figlio Telemaco che ora è pronto ad accogliere la guida paterna, il porcaro Eumeo. Ma è solo quando Penelope riconosce Odisseo, al termine di tante peripezie e dopo avergli sottoposto l’inganno del talamo nuziale, che il protagonista può dirsi davvero a casa. Ci sono pagine bellissime sul concetto d’amore, ma non faccio altri spoiler, perché vale davvero la pena di leggerle al momento giusto, dopo aver ripercorso tante sofferenze insieme ad Odisseo ed all’autore. Tante le riflessioni anche sul concetto di “straniero” - e secondo me dovremmo proprio imparare dagli antichi – e sull’amicizia.


Ho trovato anche interessante lo spunto sociologico sulla suddivisione tra civiltà “fredde” (che rifiutano l’evoluzione, tendendo a restare uguali a se stesse) e “calde” (che invece si adattano con il tempo). L’autore, nel fare questa distinzione, contrappone, secondo me correttamente, i Greci antichi – che hanno accettato molto poco le rispettive diversità e sono finiti per combattersi tra di loro – alla nostra civiltà contemporanea. A me, ripensando ad uno dei miei romanzi preferiti, Un infinito numero di Sebastiano Vassalli (lo so, amici, ce l’ho sempre in mente, è il mio “impero romano”, che vi devo dire), è venuto qualche pensiero a proposito delle differenze tra Etruschi e Romani. Ma è solo un’idea, magari se ci fosse tra noi qualche esperto di culture orientali o africane avrebbe molti altri spunti da proporci.



Ecco, mi fermo qui perché la recensione – come mi aspettavo – è andata per le lunghe, e non vi ho nemmeno dovuto raccontare la trama. Ma credo che un singolo post non riesca a racchiudere tutto quello che mi ha insegnato questo libro. È una delle letture più belle di quest’anno (e non solo): mi ha emozionato in modi che non mi aspettavo, perché ha aperto delle finestrelle dei miei ricordi che forse tenevo chiuse da un po’ troppo, ed anche quello che è caro nel cuore ogni tanto va “arieggiato”, come si suol dire. Mentre leggevo questo libro mi sono sentita proprio nel mio mondo e non vi nascondo che sono scese anche delle lacrime.


La vita ci porta a fare viaggi inaspettati, alcuni anche molto lontani rispetto al nostro luogo di partenza, alcuni difficili, qualcuno sorprendentemente piacevole. La nostra strada è lunga e tortuosa, e speriamo che duri ancora tantissimo. Ma quanto è bello, a volte, risentire proprio l’odore di casa, il profumo della nostra Itaca.



Il film del mese


Il regista Luigi Comencini è un padre solo, che divide la vita e la quotidianità con la figlia Francesca, una bambina curiosa e sognatrice.


Egli porta la figlia al lavoro con sé, in particolare sul set di Pinocchio, una trasposizione di un classico che fa felice tutta la famiglia. Francesca, però, è molto inquieta: rovina le inquadrature correndo per il set, vuole recitare come comparsa nel Paese dei Balocchi ma non risponde ai comandi degli addetti ai lavori, ha una terribile ed irrazionale paura della “bocca del pescecane” in cui finisce Pinocchio (e questa immagine le tornerà in mente anche in alcuni momenti cruciali della sua vita adulta).


Nonostante queste difficoltà, però, il rapporto a due tra padre e figlia è sereno, ed in tanti momenti c’è una grande armonia. Purtroppo le cose cambiano nel momento in cui Francesca inizia a frequentare l’ultimo anno di liceo. Compagnie sbagliate, insicurezze, interessi che cambiano da un momento all’altro, una preoccupante simpatia per gli estremismi politici, ribellioni insensate (come imbrattare i muri di casa), la costante sensazione di “non essere capace di fare niente”: tutto concorre a far sentire Francesca in un baratro, ed il padre Luigi è sempre più in ansia ogni giorno che passa.


Quando gli anni di piombo portano con sé il loro carico di morti per eroina, e tra di loro c’è un ex fidanzato di Francesca che l’ha iniziata alla droga, Luigi decide che la figlia non può più stare a Roma, e pazienza se questo significa mettere in secondo piano la sua carriera. Un viaggio a Parigi lungo “il tempo che ci vuole” potrebbe essere l’unica strada per ritrovare la serenità perduta, anche se Francesca è sempre più arrabbiata e disperata e Luigi inizia ad essere vecchio e stanco.



Se dovessi spiegarvi il motivo per cui ho scelto Il tempo che ci vuole come film del mese, direi che l’ho trovato talmente bello e ben fatto da vincere una mia vera e propria arrabbiatura che mi è montata dentro la sala. In altre parole, ad un certo punto sono diventata una iena, e poi ho cercato di calarmi nei personaggi con proverbiale senso dell’umorismo pirandelliano e mi sono calmata.


Premessa: questo film è di Francesca Comencini, regista, che racconta il rapporto con il padre Luigi romanzandolo, immaginando che la loro fosse una piccola famiglia composta di due unità. Sappiamo che in realtà la famiglia Comencini è una realtà molto più allargata, ed affermata nel mondo del cinema.


Il punto è che, anche sospendendo l’incredulità e seguendo la storia del rapporto padre-figlia, io Francesca l’ho proprio detestata, ad un certo punto. 

Perché, sapete com’è, è anche un po’ facile fare la ribelle, non studiare, cambiare interesse e vocazione ogni giorno, divertirsi in modo sconsiderato da 18enne… quando dall’altra parte c’è un padre che non solo ti ama alla follia e farebbe di tutto per te, ma è importante e famoso e, quando hai finito di fare i capricci, ci mette cinque minuti a “piazzarti”, anche se sei senza titoli e senza talento. Sia negli anni '70 che - ancora di più - ai giorni nostri.


In altre parole, Francesca per buona parte del film è una viziata che non si rende conto dei doni immensi che ha avuto dalla vita (ed il più grande non è il privilegio sociale: è proprio questo padre devoto che lei continua a maltrattare), ed a me ha fatto saltare anche i nervi che non ho. Poi però, quando i due sono arrivati a Parigi, ho cercato anche di vedere l’altro lato di lei: quello di una ragazza schiacciata dalle aspettative, perché la fama del padre è fin troppo ingombrante. È difficile, è difficilissimo, ma d’altra parte il suo è un atteggiamento tipico delle persone che lanciano un grido d'aiuto: ha costretto il padre ad assumere un ruolo da caregiver, per poi rifiutare le sue cure e farlo sentire in colpa. E ad un certo punto se ne renderà conto.


Nonostante tutto, il film per me rimane da vedere, non solo per questo viaggio tra le emozioni, ma anche per le inquadrature, le metafore, l’interpretazione di Fabrizio Gifuni. È sicuramente un film d’arte, l’omaggio ad un grande nome del nostro cinema.



La musica del mese



Novembre a scuola di danza è un mese ancora tranquillo: fino a Natale facciamo i nostri esercizi di routine, studiamo passi nuovi, ci perfezioniamo… in attesa di ripartire a gennaio con i veri e propri balletti.


Però novembre è un mese in cui le stagioni teatrali (balletti compresi) sono molto ricche, anzi, in qualche caso riaprono proprio, dopo una lunga pausa d’estate ed inizio autunno. Un musical che riscuote sempre successo è West Side Story (potete ascoltare una della canzoni più popolari qui), protagonista della mia variazione del 2019. Il più particolare di tutti i miei assoli, dal momento che un po’ di mie compagne di danza sono salite sul palco con me a fare le “comparse” del mini momento musical. È stato davvero bello coinvolgerle: ogni anno di più mi rendo conto che, nonostante il tempo che passa con conseguenti new entries e saluti, e le nostre età diverse, siamo una buona squadra…




Anche le sale da ballo al chiuso riaprono dopo tanti mesi estivi. Sempre tra le mie variazioni, ce n’è un’altra speciale: il Modern tango. L’ho portata sul palco due volte: nel 2009 (ed era la mia seconda variazione da sola) e poi nel 2018, per i 40 anni della scuola. Potete ascoltare la musica a questo link.



La poesia del mese



Per il mese di novembre, che tiene per sé la sua malinconia prima di cedere il passo alla gioia festosa di dicembre, ho pensato ad un componimento di Elio Pecora, dal titolo Nelle tue palme dischiuse.


Nelle tue palme dischiuse

lascia ch’io posi stasera

questo mio sonno di lacrime.

Né sei più tu chi diceva

andremo… sempre...” Tu vai

incontro ad altre parole

per strade che non conosco

ed io rimango a pensare

se tutto fu gioco.



Le foto del mese



Il 1 novembre abbiamo festeggiato Halloween in famiglia. È una festa che piace… praticamente solo a me, però già dall’anno scorso abbiamo inaugurato la tradizione di prendere una torta decorata nella nostra pasticceria di famiglia, visto che ne fa di molto belle. Questa è una sorta di cheesecake con biscotto alla mandorla, crema di mascarpone e composta di lamponi… con dita di biscotto e casette di zucchero!




Domenica 3 sono tornata al Teatro Carcano dopo un po’ troppo tempo per vedere La coscienza di Zeno (ve la racconto a questo link). Sono arrivata in anticipo per ritirare i biglietti, così intanto che aspettavo mi sono goduta una bella passeggiata in zona Statale!




La prima metà del mese (in particolare il ponte di Santi e Morti) è stata più clemente, e non sono mancate le passeggiate al parco. Devo dire che sono riuscita a catturare qualche angolo suggestivo, e nel frattempo ho preso tutto il sole che c’era. Da metà mese è calato un gelo imprevisto dalla Scandinavia, insieme a tanta nebbia, e quindi niente, benvenuto inverno…




Il weekend del 23 e 24 novembre è tornata a trovarci la mia amica Luana dall'Inghilterra, così abbiamo potuto passare un po' di tempo insieme. Non ho ripreso la nostra merenda in centro per non disturbare la gente, però posso dirvi che i protagonisti sono stati i macarons, una nostra passione! 



Giusto per anticipare le atmosfere dicembrine, un pomeriggio ho fatto i miei soliti biscotti di frolla con cioccolato fuso, che sono stati molto apprezzati :-)





E così questo weekend salutiamo novembre! Io ho già iniziato a mangiare, come vedete.

Solita comunicazione di servizio, che chi mi conosce bene ormai si aspetterà.

Settimana prossima i post sul blog saranno ancora regolari, perché vorrei condividere con voi un paio di letture ed una mostra che ho visto in questo periodo.

Da lunedì 9, però, partiremo con il nostro solito “Christmas Countdown”, e se tutto va come spero ho in serbo per voi dei consigli di lettura natalizi e/o fiabeschi, un racconto che mi auguro vi faccia entrare nell’atmosfera, un booktag invernale e forse anche un bello spettacolo da raccontarvi. Come al solito, poi, i post durante le vacanze di Natale saranno dedicati al recap a tema libri di fine 2024, ai preferiti di dicembre con un confronto sulle nostre giornate di festa, ed ai buoni propositi letterari per il 2025.

In queste settimane inizio sempre a pensare con entusiasmo a questo periodo speciale per il blog e spero che anche quest’anno potremo vivere insieme sia l’atmosfera prenatalizia che le feste.

Nel frattempo, raccontatemi il vostro novembre e consigliatemi qualche libro, film o altro, se vi va!

Grazie per la lettura, al prossimo post :-)



1 commento :

  1. Ciao Silvia, ricordo che qualche settimana fa mi avevi parlato del libro di D'Avenia con grande entusiasmo: è un autore del quale non ho mai letto nulla, ma prima o poi mi piacerebbe recuperare! Che "bella" la torta... quasi quasi per il prossimo anno ne cerco una anche io di questo tipo ;-) Aspetto di leggere i tuoi post natalizi, sempre molto carini e curati :-)

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