Storytelling chronicles: maggio 2020
Cari
lettori,
appuntamento
di maggio con la rubrica di scrittura creativa “Storytelling
chronicles” creata da Lara del blog "La nicchia letteraria"!
Per
questo mese, dopo aver considerato l’idea di scrivere tutte un
racconto in prima persona, abbiamo deciso di lasciare tema libero.
Io, tuttavia, mi sono fatta ispirare dall’idea di scrivere qualcosa
da un determinato punto di vista ed ho provato ad immedesimarmi in
una bambina.
Il mio racconto si intitola “Io e la mia Gigia” e
spero che vi piacerà!
Io e la mia Gigia
La
mia compagna fedele, l’amica che non mi tradirà mai, la mia gatta.
Ha
una brutta ferita, davvero spaventosa! La sua pancia è squarciata.
Mi guarda con i suoi occhietti, che di solito sono tanto furbi e
vispi: oggi sono offuscati da un tremendo dolore che, secondo me, si
sforza di sopportare.
Io
continuo ad osservarla, ad accarezzarle le zampine che tremano in
modo incontrollato, a dirle di rimanere con me. Lei è l’unica
confidente che ho e non potrei sopportare di perderla.
Gigia
mi capisce, ne sono sicura: è forte, tenace e ne ha passate tante. A
dire la verità, è sempre stata un po’ birichina: spesso la trovo
sotto la voliera degli uccellini mentre cerca di “attentare” alle
loro vite, più di una volta ho dovuto tirarla fuori da sotto il
furgoncino di papà (si nasconde lì perché è attratta dal motore
caldo) prima che qualcuno la mettesse in moto e qualche volta è
sparita per tutta la notte, lasciandomi nella mia cameretta a
rigirarmi nel letto per la preoccupazione.
Cerco
di farmi forza e di ripetermi che Gigia è una vera guerriera e che
questo terribile incidente non sarà l’ultimo della sua lunga ed
onorata carriera di gattina, ma il mio occhio continua a cadere sul
terribile squarcio e non so proprio come abbia fatto a ridursi così.
In
cascina abbiamo solo mucche, maiali, conigli, pochissimi cavalli che
vengono tenuti in scuderia e trattati come un tesoro prezioso: quale
di questi animali potrebbe mai procurarle una simile ferita? Sembra
quasi l’impronta di un artiglio. Qui sull’aia davanti a casa c’è
qualche gallina, che non potrebbe far male a Gigia neanche volendo:
per di più sono grassi esemplari che appena la vedono fanno quasi
l’uovo per la paura che hanno di qualunque micio e delle sue zampe
unghiate.
L’unico
“sospettato” potrebbe essere Ricky, il nostro cagnolone, ma sento
che non è stato lui. Ricky, un meticcio di taglia medio-grande che
abbiamo portato a casa qualche anno fa, è già un po’ vecchiotto.
Per anni ha fatto “la guardia” (si fa per dire) alla villetta di
una nostra conoscente, un’anziana vedova, anche se si limitava a
pascolare per il giardino ed a scodinzolare a tutti gli umani che
passavano, illudendosi di risultare minaccioso. Quando purtroppo la
signora è andata in Cielo, abbiamo tenuto noi Ricky. Lui si è
adattato senza problemi al passaggio dai quartieri residenziali alla
campagna, è rimasto un cane buono come il pane, ma ha conservato la
sua predilezione per le signore di una certa età e questa mattina,
come suo solito in estate, è stato tutto il tempo sotto il portico
accanto a mia nonna, che cerca di non soffrire troppo il caldo stando
all’ombra e sferruzzando maglioncini di cotone “per le fresche
serate di agosto” (convinta lei…).
È
ormai un’ora che guardo la pancia di Gigia, sentendomi sempre più
impotente. Ho una gran paura che la mia gattina questa volta abbia
esagerato e sia incappata in qualche attrezzo agricolo in funzione.
Si tratta di uno squarcio troppo grosso per essere causato da un cane
arrabbiato o da un cavallo spazientito.
Ho
provato a convincere mia mamma a chiamare il veterinario, ma lei mi
ha risposto che papà ed i miei zii e cugini lo fanno venire qui
soltanto se la mucca non riesce ad avere il vitellino, se il cavallo
è stato male, se qualche malattia infettiva ha fatto morire
rapidamente le galline… Purtroppo i cani ed i gatti non sono
altrettanto importanti, per loro. Ce ne sono così tanti in campagna!
Uno in più, uno in meno…
Io
però non voglio arrendermi. Lei è Gigia, la mia gattina, la mia
compagna di giochi e la mia confidente. Sono l’unica bambina qui: i
miei fratelli Giuseppe e Gianni sono grandicelli ed aiutano mio padre
a lavorare nei campi, così come i miei cugini Andrea ed Ernesto.
Fino
a due anni fa, mi divertivo con Lucilla, la sorella maggiore di
Andrea. Lei era maestra in una delle classi della mia scuola e sia
all’andata che al ritorno facevamo insieme la strada in bicicletta.
Lei mi ha insegnato a togliere le due piccole ruote di sostegno e non
mi ha mai sgridata. Eravamo sempre tanto allegre, insieme! Lei mi
raccontava favole durante il viaggio; teneva da parte un pacchettino
con due panini alla marmellata e me ne porgeva uno prima di entrare a
scuola; mi teneva sulle ginocchia durante le lunghe domeniche di
pioggia, insieme bevevamo il latte caldo.
Purtroppo,
però, tutto questo è durato soltanto per i primi due anni delle
elementari. L’estate in cui ho fatto gli esami di seconda Lucilla
si è sposata con un professore ed è andata a vivere in città, a
mezz’ora di macchina. Ha cambiato anche posto di lavoro e noi la
vediamo solo qualche domenica ogni tanto.
Forse,
proprio per questo motivo, il Natale subito dopo il suo matrimonio, i
miei genitori, vedendomi un po’ triste, hanno pensato di farmi una
sorpresa. Io mi aspettavo il solito dono: una minuscola bambola di
pezza in aggiunta a quelle degli anni precedenti (che io cerco di
conservare gelosamente) e qualche piccolo dolciume.
È
stato davvero grande il mio stupore nel vedere una scatola di cartone
con dei piccoli buchi che...miagolava! Appena tolto il coperchio, ho
trovato lei, un batuffolo grigio e peloso. Sul suo bellissimo musino,
incorniciato da tante striature dal grigio chiaro al nero, spiccavano
due grandi occhi verdi dalle pagliuzze dorate. Era davvero il più
bel regalo che Babbo Natale mi avesse mai fatto nei miei otto anni!
Fino
ad allora, non avevo mai avuto una particolare preferenza per i
gatti. Tra i tanti che spesso passavano per la nostra cascina in
cerca di qualche avanzo di cibo, l’unico micio che era sempre in
casa nostra era Romeo, un esemplare dal bellissimo pelo marrone e dal
carattere pessimo, almeno con me. Da piccolina provavo ad
avvicinarlo, ad accarezzarlo, ma quello mi guardava con aria di
sufficienza e si allontanava facendo ondeggiare la coda. Quando era
in vena di coccole, andava da mio fratello Giuseppe, con il quale
aveva una speciale intesa. Con me, invece, era proprio malmostoso,
antipatico ed orgoglioso.
In
quel giorno di Natale ormai lontano, Gigia mi aveva
dimostrato di essere di tutt’altra pasta. Non appena uscita dalla
sua scatola, avendo ritenuto di esserci stata per troppo tempo, aveva
fatto un balzo e, con una certa tenacia, aveva
raggiunto il presepe che era
stato allestito su un mobile
della sala e, dopo essersi divertita a tirare giù tutti gli
alberelli con la sua zampetta, aveva preso
tra i denti una povera pecorella e l’aveva lasciata di fronte a me,
pronta a ricevere moltissime coccole per essere stata una brava
cacciatrice.
Non
più tardi di una settimana dopo, quando tutti festeggiavamo l’ultima
notte dell’anno, avevo dovuto portarla via dal vassoio di affettati
che mia mamma aveva preparato e che lei osservava con uno sguardo
molto goloso, anche se era ancora cucciola e spesso mangiava solo
latte. Quella sera, mentre gli adulti stappavano una bottiglia di
spumante e brindavano ripetendo “Buon 1966!”, Gigia ed io ci eravamo strette nel lettino, perché avevamo entrambe un po’ di paura
dei rumori e dei festeggiamenti che provenivano dalla strada (lei più
di me, perché era piccola).
È
stato solo l’inizio di due anni e mezzo di felicità insieme a lei,
ed ora che è di nuovo estate, tra un mese compirò dieci anni e
tutti iniziano a dirmi che sono una “bambina grande”, mi sento
responsabile per lei. Se la mia famiglia non ritiene necessario far
venire il veterinario per un gattino, vorrà dire che la porterò io.
È
vero che abito in campagna, però conosco un po’ il paese. Vado
a scuola tutti i giorni e qualche volta mi è capitato di tornare in centro al
pomeriggio, insieme alla mamma, per comprare l’occorrente per la
scuola. Qualche domenica, quando i miei fratelli avevano qualche anno
in meno, abbiamo fatto una passeggiata in centro, guardando le vetrine dei negozi. Una volta, a cena, ho sentito mio padre dire
che il veterinario era diventato ricco: i miei fratelli hanno
detto che si è sistemato in
paese, in un negozio proprio come quelli con la vetrina che abbiamo
visto noi.
È
ancora primo pomeriggio, tutti gli uomini sono nei campi, mia nonna è
già uscita e si è messa
sotto il portico con
il fedelissimo Ricky. Solo
mia mamma si è trattenuta in casa per sistemare un po’ la casa
dopo pranzo, ma credo (e oggi spero davvero) che andrà a
sistemare il nostro magazzino per far spazio al grano da macinare. È
un caldissimo luglio e tra poco ci sarà la mietitura.
Come
previsto, mia mamma entra in camera e, dopo aver dato una carezza a
Gigia (anche lei le vuole bene!), mi dice che oggi posso stare qui
con la mia gatta invece che aiutarla a riordinare, e poi richiude la
porta. Aspetto di sentirla scendere le scale e chiudere la porta per
non far entrare troppo caldo. È il momento di iniziare con il mio
piano!
Tolgo
il vestitino che sto indossando e metto quello buono, insieme alle
scarpette di vernice, sperando che non si rovini niente. In una delle
taschine laterali infilo il borsellino con tutto quello che mi è
rimasto delle piccole mance che ricevo dalla nonna ogni domenica e
dagli altri parenti quando capita. Non so se e quanto il veterinario
vorrà essere pagato, ma forse si accontenterà dei miei spiccioli…
in fondo, come diceva mamma, un gatto non ha un gran valore.
Con
grande cautela, avvolgo Gigia in alcuni stracci, anche
se quello che appoggio sotto la pancia si sporca subito di sangue,
e la copro con uno scampolo di lana, perché, nonostante la
temperatura,
continua a tremare.
Scendo
le scale con attenzione con in braccio la mia gattina e, uscendo,
percorro un pezzetto del portico che circonda casa nostra. Mia nonna
è tutta china sul lavoro a maglia e cerco di passare davanti a lei
silenziosamente, anche se so che è mezza sorda. Per fortuna, lei non
si accorge di nulla e neanche Ricky si mette ad abbaiare. Passo dopo
passo, mi avvicino ad una piccola rimessa dove lasciamo qualche
attrezzo agricolo e le biciclette, adagio Gigia nel cestino dove di
solito metto i libri per la scuola e… partenza!
È
la prima volta che faccio il tragitto casa-scuola in piena estate.
Durante l’inverno, Gianni mi accompagna con il furgoncino di
famiglia e, se la strada è davvero ghiacciata, io e mia mamma ci
svegliamo prestissimo e camminiamo fino al paese tenendoci per mano,
in modo che io non scivoli. Quando è ancora autunno, o è ormai
primavera, è piacevole sentire l’aria frizzante della mattina e
coprire rapidamente il tratto di strada in bicicletta. Nel
momento in cui torno a casa,
poi, sono così felice ed affamata che non mi importa se le
temperature hanno iniziato a salire rispetto
a qualche ora prima.
Ora,
però, il sole brucia, sembra che ti voglia divorare. Gigia miagola
piano, segno che anche a lei probabilmente dà fastidio il sole sulla
testa. Sto sudando nel mio abitino buono, non si sente nulla a parte
il frinire delle cicale ed il paese sembra non arrivare più.
Dopo
una pedalata che mi pare lunghissima, inizio a vedere la chiesa, la
mia scuola, la piazza principale. Una volta arrivata al centro
storico inizio a guardarmi intorno, e scorgo subito il bar ed il
ristorante. Decido di percorrere la via che faccio di solito con mia
mamma e, come ricordavo, la cartoleria è il primo negozio sulla
sinistra. Il calzolaio, la
bottega della sarta, una piccola libreria, il panificio, la
drogheria… non mi sembra di scorgere da nessuna parte il negozio
dal veterinario e sto per tornare
indietro e tentare un’altra via,
quando, all’improvviso...eccolo lì!
Lascio
la mia bicicletta vicino al negozio, prendo in braccio Gigia che
protesta debolmente ed apro la porta. Mi ritrovo subito in mezzo ad
una sala d’attesa fin troppo vivace. Una signora con un tailleur
grigio perla ed una veletta nera che copre in parte i capelli sale e
pepe tiene tra le braccia un piccolo cane che ansima e fa saettare in
giro i suoi occhietti. Un ragazzo alto, magro, vestito di nero, con
due spessi occhiali, guarda con apprensione un gatto tigrato steso
sul pavimento accanto a lui, che miagola con una certa disperazione.
Una signora elegante, con i capelli rossi a caschetto e un abito blu
che mia mamma adorerebbe, cerca di trattenere un cane da caccia, che
abbaia furibondo, evidentemente infastidito dall’esistenza degli
altri due pazienti.
Sono
appena riuscita a trovare un angolo tranquillo per me e Gigia quando
la pesante porta di legno in fondo allo studio si spalanca. Riconosco
subito il veterinario, che spesso è venuto da noi, ed anche lui
incrocia subito il mio sguardo.
“Giulietta!
Ma che fai qui,tutta sola? Che cosa mi hai portato?” mi chiede
stupito, indicando l’involto in cui ho fasciato Gigia.
Guardare
il sorriso bonario di quest’uomo, rendermi conto che potrebbe
essere l’unica speranza per la mia amica e che, anche se sono così
piccola, sono riuscita a portarlo da lui, non so perché, ma mi fa
scoppiare, all’improvviso, in un pianto disperato.
“Dottore”
mormoro tra una lacrima e l’altra “questa è la mia micia, ha uno
squarcio nella pancia, per favore, per favore, mi aiuti, forse si può
fare qualcosa!”
“Uno
squarcio? Fammi vedere” mi risponde senza scomporsi e con sorriso
incoraggiante.
Seguo
il dottore nello studio ed insieme posiamo Gigia sul tavolo di
metallo. Lei è spaesata, mi guarda confusa, forse vorrebbe solo
riposare. Io le prendo la zampina e la guardo negli occhietti
cercando di comunicarle quella calma e quella tranquillità che non
ho nemmeno io.
Il
dottore inforca gli occhiali ed osserva silenziosamente la pancia di
Gigia, poi solleva con lentezza lo sguardo e mi dice: “Hai fatto
bene a portarla qui. A volte capita che i gatti, se passano la notte,
guariscano da soli, ma non sempre succede. Adesso ricucirò la pancia
della tua micina. E starà bene presto, vedrai. Intanto prendi
questa” aggiunge tirando fuori una moneta dalla tasca del camice
“vai a prendere qualcosa al bar in piazzetta, ci metterò un po’
e non è un bello spettacolo”.
Appena
uscita dallo studio, mi scuso con gli altri tre proprietari per
essere passata loro davanti, ma loro hanno visto le condizioni di
Gigia e si rivelano molto comprensivi.
Quando
mi chiudo dietro la porta del negozio e mi ritrovo di nuovo ad
osservare la strada di prima, però, tutto il sollievo mi si dipinge
sul viso: Gigia guarirà! Devo festeggiare!
La
vetrina del bar della piazza mi sembra l’ingresso del Paese dei
Balocchi. Potrei prendere una cioccolata, un caffelatte con i
biscotti come quello che bevevo con Lucilla… il carretto dei
gelati! Io li adoro… ed è davvero troppo tempo che non ne mangio
uno. Ho in tasca proprio cento lire, la somma giusta per una coppa a
due gusti. Tra la stracciatella che piace tanto a Gianni, il caffè
che prende sempre mia madre ma per me è troppo amaro ed il limone
che talvolta si concede la nonna… alla fine scelgo il cioccolato,
il mio preferito, e la crema con le amarene.
Mentre
sono seduta al bar, osservo le signore di città a passeggio con i
loro bambini. Ormai è metà pomeriggio e molti, come me, si fermano
per un gelato. Alcuni, addirittura, attraversano il centro storico
con la macchina. Macchine vere!, penso stupita guardando una Fiat 600
bianca, il sogno di Giuseppe.
Noi
abbiamo soltanto un vecchio furgoncino con due posti ed un rimorchio
all’aperto per mettere la farina, le uova, le verdure che vendiamo
in paese, o per portare a casa la legna per l’inverno.
Continuo
a guardare meravigliata le persone che fanno le loro commissioni e mi
rendo conto che, anche se sono una bambina grande, sono stata un po’
egoista. Non è corretto premiare solo me stessa...anche Gigia ha
sopportato tanto!
Non
so bene che cosa potrebbe piacere ad una gatta, a parte il cibo ogni
giorno ed un tetto sulla testa, e poi devo ancora pagare il dottore,
ma alla fine mi viene un’idea da poche lire. Dalla sarta trovo un
pezzetto di nastro rosso ed un simpatico campanellino. Così Gigia
non sembrerà più randagia, ma avrà un collare tutto suo e sarà
ancora più bella!
Terminato
il mio giro, rientro nel negozio del veterinario e mi rendo conto che
ci sono altri pazienti e che non c’è più il ragazzo con il gatto
tigrato. Che sia entrato nello studio del dottore? Allora,
forse...l’operazione è finita!
Pochi
minuti dopo ho la risposta alla mia domanda. La porta dello studio si
apre nuovamente ed escono il ragazzo ed il suo micio, il primo con
un’aria molto più serena e sollevata, il secondo finalmente
silenzioso.
Dietro
di loro c’è il dottore, che mi fa segno di entrare. Ora che sono
di nuovo qui, mi sento un po’ in apprensione: sarà andato davvero
tutto bene?
...ed
ecco lì la mia Gigia, addormentata su una vecchia poltrona dello
studio! Avvicinandosi a lei, si nota la fila di piccoli punti sulla
pancia. La ferita è stata ricucita, e di sicuro deve averle fatto
male, eppure sembra serena.
“...è
sotto anestesia”, mi dice il dottore. Gli chiedo che cosa
significhi quella parola misteriosa e scopro che Gigia è stata
addormentata per non sentire il dolore e che tra poco si sveglierà.
“Vedrai,
domani sarà come nuova. Ora, quando si sveglia, avvolgila bene come
prima, perché potrebbe sentire ancora un po’ di freddo, anche se
fuori fa caldissimo, e portala a casa.”
Rimango
ancora un po’ nello studio accanto a Gigia, mentre il dottore fa
entrare gli altri padroni con i loro animali. Un volpino
particolarmente vivace nota la gatta addormentata ed inizia ad
abbaiare, ma per fortuna smette subito.
Mentre
il dottore sta mettendo a tacere il vispo volpino aprendogli la bocca
e controllando la dentatura, sento un inconfondibile miagolio.
...la
mia Gigia è sveglia! È proprio lei, con i suoi occhi ora un po’
appannati, il suo sorriso dolce ma spaventato, un po’ di
spaesamento perché si trova in un luogo sconosciuto. Sono così
felice che la stringo al petto, la coccolo e per poco non piango di
nuovo.
Più
tardi, quando il veterinario ha finito di esaminare il cagnolino,
apro timidamente il mio borsellino e chiedo al dottore se gli possono
bastare trecento lire, ma lui sorride nuovamente e mi risponde che ha
operato Gigia volentieri e non vuole nulla.
“Dovresti
proprio tornare a casa, ora, Giulietta” mi ammonisce, invece “tua
mamma non ti avrebbe mandato da sola fin qui, quindi sei uscita senza
permesso, vero?”
Annuisco
guardando il pavimento, in preda all’imbarazzo. Il veterinario
sembra capire. “So che in campagna i cani ed i gatti sono
considerati un po’ poco, perché non sono utili ad un contadino
quanto una mucca, un maiale o un cavallo. Sai che ti dico? Dovresti
portare qui tua mamma, o uno dei tuoi fratelli. Ormai nei paesi e
nelle grandi città ci sono sempre più persone che tengono in casa
uno di questi animali...e dovresti vedere come li accudiscono! Alcuni
sono trattati meglio dei bambini! … Ma forse oggi te ne sei accorta
guardando i pazienti del mio studio, vero?”
Quando
sono entrata lì ero troppo preoccupata per pensarci, ma ora che lui
me lo fa notare mi rendo conto che non sono poi così strana… non
sono l’unica a considerare la mia gatta come una confidente. Tutte
le persone che c’erano con me nello studio erano preoccupate per i
loro amici del cuore.
“Gigia
è la mia amica” gli rispondo infatti con semplicità.
“Lo
so bene. Ora però vai!”
Il
ritorno a casa mi sembra così diverso dall’andata! Il mio cuore è
leggero e mi vien quasi voglia di cantare. Tutto, dalla piccola
capanna in mezzo al prato alla mia destra ai campi di granturco alla
mia sinistra, passando per il ponticello sopra un torrente le cui
rive sono punteggiate da papaveri, mi sembra un bellissimo angolo di
mondo da esplorare con la mia Gigia. Lei non è felice quanto me:
forse la ferita le fa male. Il dottore mi ha spiegato che per un po’
si sentirà come se qualcuno le stesse tirando la pancia, che le
verrà la tentazione di grattarsi con la zampetta e che io dovrò
impedirglielo. Fatto sta che è un po’ agitata, mal sopporta gli
scossoni che sta subendo stando nel cestino della bicicletta, si
rigira nell’involto di stracci e coperte come se all’improvviso
le desse fastidio e miagola con insistenza, come ogni volta che ha
fame ed io cerco di finire i compiti prima di darle da mangiare.
Non
appena arrivo a casa, però, la musica nella mia testa si spegne. Mia
mamma è in piedi davanti all’ingresso, con una mano sulla bocca e
la faccia di chi si è preoccupato a morte per ore. Accanto a lei,
sotto il patio, ci sono la nonna e Ricky, che sembrano impietriti.
...purtroppo
non ho potuto evitare una bella sgridata, anche se l’avevo messa in
conto. Prima mia madre mi ha detto che sono una bambina troppo
discola, che anche se sono cresciuta non devo fare queste pazzie, che
alla nonna stava per venire un infarto ed anche a lei. Poi è andata
ad avvisare mio padre del ritorno e lui ha aggiunto che non sta per
niente bene che una bambina vada in città da sola, che ho disturbato
inutilmente il dottore per “un gatto qualunque” e che la prossima
volta che si incontrano lo pagherà per il disturbo.
Risultato:
niente bicicletta per due settimane, né da sola né in compagnia, e
niente dolciumi per ben due domeniche!
Anche
se rimango sempre male se mamma e papà mi sgridano, questa volta me
lo aspettavo. Sapevo che avrei infranto le regole, ma l’ho fatto
per un motivo che per me è tra i più importanti al mondo.
Ora
non mi resta che mettere un po’ di cuscini sullo scampolo vicino al
mio letto dove Gigia dorme di solito, adagiarla, convincerla a
mangiare (non sarà difficile, visto che in cucina ha già tentato di
afferrare una fettina di salame) e sperare che guarisca del tutto.
Il
dottore ha mantenuto la sua promessa: è di nuovo mattina e Gigia è
come nuova! Certo, la ferita ricucita si vedrà ancora per un bel
po’, ma già prima che io scenda a fare colazione lei salta,
miagola, si rotola… sembra tornata a vivere!
In
cucina prendo la mia solita tazza di latte con qualche pezzetto del
pane di ieri. Intingo qualche bocconcino e lo do alla mia amica, che,
come sempre, apprezza.
Dieci
minuti dopo siamo già in uno dei nostri posti preferiti: il
pezzettino di orto che c’è subito di fronte alla porta sul retro.
Si tratta di un fazzoletto di terra di cui si occupa solo mia mamma.
Ci sono erbe aromatiche di ogni tipo, dal rosmarino alla salvia,
dalla menta al timo. Lei le coltiva con tanta cura e le usa per la
sua cucina. È un piccolo spazio, delimitato da qualche tralcio di
vite e da un muretto basso che io definisco “il Paradiso della
lucertola”, perché in questa stagione è popolato da fin troppi di
questi animaletti, con i quali io non vado troppo d’accordo.
Mentre
osservo la mia bellissima Gigia, con il suo nuovo collare rosso, che
salta dal muretto alle piante aromatiche inseguendo una lucertola
dietro l’altra, non posso fare a meno di pensare che anche mamma e
papà mi sembravano più sollevati dopo lo spavento che arrabbiati.
Se fossi andata in paese solo per divertirmi e spendere senza
avvertirli, di sicuro la punizione sarebbe stata più severa, e forse
nessuno mi avrebbe salvato da un paio di sberle. Sotto sotto, anche
loro vogliono bene alla mia micia e sanno che, se per una volta ho
fatto una piccola pazzia, è stato solo per salvarla.
“E
tu, Gigia, sei felice di stare in questa famiglia dove tutti ti
vogliono bene?”
“Miao!”
FINE
Come
sempre, aspetto i vostri commenti! Fatemi sapere se questo omaggio
agli anni ‘60 ed ai nostri amici animali vi è piaciuto…!
Ne
approfitto per ringraziarvi di cuore per le bellissime parole che
avete dedicato ai racconti di marzo ed aprile. Sono rimasta stupita
dal riscontro così positivo, grazie ancora!
Vi
invito a leggere anche i racconti delle altre blogger che hanno
partecipato alla rubrica questo mese. Grazie per la lettura, al
prossimo post :-)
È un bellissimo racconto. Mi hai fatto ricordare il mio gatto di quando ero bambina e il mio micio dell’età adulta, quello che mi ha fatto compagnia per ben vent’anni e che a due anni stava per morire per una rara malattia. Ricordo il viaggio in auto con la veterinaria verso una clinica specializzata, ricordo il sollievo nel viaggio di ritorno: il gatto avrebbe avuto una possibilità se avessimo incominciato con un’alimentazione particolare; quante emozioni, così ben descritte da te.
RispondiEliminaComplimenti Silvia.
sinforosa
Ciao Sinforosa! Grazie mille, sono felice che il racconto ti sia piaciuto :-) Ti ho anche riportato alla mente un vecchio ricordo! I nostri amici animali a volte ci fanno preoccupare… ma ci danno anche tanto amore!
EliminaCara Silvia, questi racconti mi affascinano sempre.
RispondiEliminaCiao e buona settimana con un forte abbraccio e un sorriso:-)
Tomaso
Ciao Tomaso, sono contenta che le mie storie ti piacciano! Buona settimana anche a te :-)
EliminaBello Silvia. Ora scrivo il mio racconto di fantasia.
RispondiEliminaLa signora e l'orso marsicano:
RispondiEliminaSi svegliò di soprassalto. Aveva sentito dei rumori strani in casa. Tese l'orecchio e i colpi si ripeterono. Tonfi, più che colpi. Come se qualcosa di grande fosse caduto per terra.
Cercò il cellulare per chiedere aiuto ma si ricordò di averlo dimenticato in cucina. Prese allora la torcia, si fece coraggio e si alzò. Perlustrò l'alloggio ma niente era fuori posto. Le finestre chiuse, i vetri integri, l'uscio chiuso a doppia mandata... mistero!
O forse no. Forse aveva solo sognato.
Per calmarsi bevve un bicchiere di acqua fresca e tornò a dormire. Giunta sulla soglia della camera da letto si bloccò impietrita.
Abitare in una villetta nel Parco Nazionale d'Abruzzo è bello, ma si può incontrare l'orso marsicano. Ora stava li, ai piedi del letto, e la situazione non era per niente tranquilla. Accanto a lei c'era un armadietto con una scatola di compresse di un sonnifero che prendeva causa la sua insonnia. Idea! Vuotò tutta scatola, frantumò le pasticche e insieme al miele formando un impasto molto invitante. Mise il tutto in un piatto e lo fece arrivare vicino all'orso. Il bestione ingoiò tutto e dopo un'ora si accasciò per terra russando. Lei prese il cellulare, chiamò la guardia forestale e l'orso venne trasportato nel vicino Ospedale di Avezzano dove i medici praticarono una potente lavanda gastrica.
Ciao Gus! Grazie mille per aver preso parte anche tu alla rubrica con un racconto tuo, mi fa davvero piacere che nei commenti ci possa essere anche creatività personale! La situazione che racconti è capitata davvero a dei nostri connazionali abruzzesi… io credo che morirei di paura! Meglio gli orsetti di peluche...
EliminaHai inserito una bambina, hai inserito un gatto e beh questa storia non poteva che piacermi tantissimo con queste preamboli iniziali.
RispondiEliminaComplimenti Silvia per come hai gestito perfettamente la storia entrando nella testa di una bimba che ama il suo animaletto, tra loro si crea un legame speciale che l'adulto non comprende completamente e tu sei stata bravissima a renderlo reale.
E poi quest'ambientazione passata l'ho trovata così vera che mi sembrava di essere lì.
Visti i miei gusti personali posso dire che questa finora è la mia storia preferita per questa rubrica e proprio attraverso questo appuntamento mensile sto scoprendo quanto sia veramente brava a scrivere
Ciao Susy! So che bambini e gatti sono tra i tuoi soggetti preferiti e speravo che la storia ti sarebbe piaciuta :-)
EliminaPurtroppo negli anni '60 tanti adulti, pur amando gli animali, non si occupavano di cani e gatti con la stessa dedizione nostra. Ricordo che anche i miei nonni mi raccontavano dei tanti animali che erano in cascina e dei gatti e cani che giravano dall'una all'altra. Giulietta non ha solo la purezza dei bimbi ma appartiene già ad un'altra generazione che vede in modo diverso gli "amici animali".
Grazie ancora per i complimenti e le belle parole!
Ciao Silvia, complimenti per il racconto, mi è piaciuto molto leggere questa storia: ho apprezzato soprattutto il legame speciale tra la bimba e la sua micia, oltre che l'ambientazione, che hai reso in modo davvero molto realistico! Brava :-)
RispondiEliminaCiao Fra! Speravo che la storia ti sarebbe piaciuta… tu, come Susy, sei un'altra appassionata di gatti! Sono contenta che l'ambientazione anni '60 sia realistica :-) Grazie per i complimenti!
EliminaBel racconto.
RispondiEliminaMi chiedo se non sia, in qualche modo, autobiografico.
Ciao Claudia! Proprio AUTObiografico no… ma di famiglia sì. Ho pensato soprattutto alla cascina del mio nonno materno ed a mia madre quando era piccola! Quindi in un certo senso avevi intuito correttamente...
EliminaMi piace molto, perché sono stato in ansia fino alla fine.
RispondiEliminaHai trovato il modo di raccontare un piccolo dramma ma, contemporaneamente, hai fatto una panoramica di tutto ciò che vive Giulietta.
Una bellissima storia vintage e country.
Moz-
Ciao Moz! Hai condiviso l'ansia di Giulietta per la gattina, in fondo era un po' quello che volevo, ahah :-) Direi che "vintage" e "country" sono due aggettivi adeguati per definire la storia! Sono comunque contenta che ti sia piaciuta :-)
EliminaCiao Silvia. Il tuo racconto mi è piaciuto davvero tanto. E' scritto bene, in maniera scorrevole e pulita (a parte qualche ripetizione e una D eufonica). Hai raccontato una storia nella quale mi sono rivista: avendo vissuto in campagna, benché molto più di recente, rispetto agli anni sessanta, ho toccato con mano la poca considerazione che si ha per gli animali "non produttivi". Anche io e mio fratello dovevamo rivolgerci al veterinario di nascosto per i nostri gatti. Hai creato una protagonista molto credibile, dotata di quell'intraprendenza che solo i bambini possono avere, in virtù dei loro principi semplici, ma potenti. Mi è piaciuto tanto anche il veterinario, che ha saputo rinunciare al proprio guadagno per premiare il buon cuore di Giulietta. Ce ne fossero! Il tuo è un quadro molto realistico, che sa emozionare, e sei riuscita ad aggiungere alla vicenda principale molti elementi interessanti. Complimenti e alla prossima!
RispondiEliminaCiao! Pensando a quello che tu e altri mi avevate detto l'altra volta, ho cercato di eliminare queste benedette d...se ne ho messa una sola è già un progresso, ahah :-) Avevo sentito più di una storia sui gatti "considerati poco" in campagna, anche meno dei cani, perché "ce ne sono tanti"... non sapevo che fosse successo anche a te, io sarei stata super preoccupata al tuo posto! Quanto al veterinario, ho pensato ad un "progressista" che promuove l'idea degli animali non solo produttivi ma anche da compagnia.
EliminaComunque grazie per i complimenti e per i tuoi commenti sempre precisi e dettagliati :-)
Complimenti per questo racconto Silvia, è molto veritiero ed emozionante. Infatti mi ha ricordato una disavventura che è capitata al gatto randagio del mio quartiere. Un giorno l'ho trovato con la coda squarciata, probabilmente aveva avuto un incidente, così io e mia zia l'abbiamo portato subito dal veterinario. È stato operato (ora ha la coda monca) e dopo è stato trasportato al gattile per la riabilitazione perché lasciarlo in strada era troppo rischioso. Gli abbiamo praticamente salvato la vita! 😊
RispondiEliminaCiao Vanessa! Leggendo i commenti ho notato che è capitato a molti di voi, come a Giulietta, di correre dal veterinario con una bestiola in pericolo… tu e tua zia siete state davvero di buon cuore! Di sicuro a questo micio un po' sfortunato avete regalato una nuova vita :-)
EliminaComunque sono davvero contenta che il racconto ti sia piaciuto, grazie mille!
Che racconto dolcissimo. Approvo assolutamente la tua scelta sull'epoca e sui protagonisti. Anche io, come Susy, ho un debole per i bambini e gli animali, quindi non potevo che apprezzare la tua storia. Non vado, invece, matta per le frasi tra parentesi, ma questo è gusto personale, per altro non ho nulla da dire. Il tuo stile mi piace, hai una scrittura semplice e scorrevole. Grazie per questo viaggio nel passato! 😊
RispondiEliminaCiao Tany! Grazie mille per le tue belle parole, sono davvero contenta che il mio racconto ti piaccia! Anche io di solito cerco di non esagerare con le frasi tra parentesi… stavolta, tra un pensiero ed una precisazione, forse ne è scappata qualcuna in più. Vedo che gli anni '60 ed i gatti piacciono un po' a tutti, quindi sono contenta della mia scelta di tema ed ambientazione! :-)
EliminaCiao Silvia! Che dire, la tua immedesimazione è stata perfetta! Mi hai fatto vivere in ogni riga di questo racconto le emozioni attraversate dalla protagonista, te lo giuro: ho iniziato la storia trattenendo il respiro (amo i gatti e anche solo il pensiero di ritrovarne uno dei miei nelle condizioni di Gigia mi ha messo i brividi) e l'ho finita sorridendo con Giulietta per la storia conclusasi a lieto fine. Apprezzo moltissimo il tuo modo di scrivere e la capacità che hai di portarci sempre indietro nel tempo con uno stile semplice ma mai banale, super scorrevole e super piacevole da leggere. È splendido fare un tuffo nel passato insieme ai protagonisti delle tue storie! Hai scritto proprio un bel racconto: complimenti! :) Ci rileggiamo al prossimo, Stephi
RispondiEliminaCiao Stephanie! Anche io inorridisco ogni volta che sento di cani o gatti investiti o trattati male... forse per questo mi è venuta l'idea di salvare una bestiola sfortunata almeno sulla carta! Ti dirò, portarvi indietro nel tempo piace anche a me: le storie che mescolano passato e presente, magari al femminile, sono sempre state tra le mie preferite. Sono molto contenta che tu apprezzi il mio stile, grazie mille per tutti i complimenti! :-) A presto!
EliminaChe dolce racconto ho appena terminato di leggere! Ho ancora gli occhi lucidi e il cuore che batte forte per l'emozione. Mi sembrava di essere all'interno della storia, percepire l'afa, respirare l'odore di un'epoca lontana ma non troppo. Hai reso in maniera magistrale, con uno stile fluido e d'impatto, le sensazioni di una bimba tanto attaccata al suo micetto. Una fotografia avrebbe reso di meno e non è semplice farlo! Usare le parole per dipingere è un dono e secondo me in questo racconto lo hai messo a frutto in maniera splendida. Mi hai emozionata tanto tanto tanto. Complimenti!!!
RispondiEliminaScusa per il commento "poco tecnico" ma quando scrivo di getto sull'onda dell'emozione mi viene difficile concentrarmi su questi aspetti e il messaggio che vorrei far passare è proprio quello emozionale... Ancora bravissima!
Ciao Anne Louise! Per me è davvero una grande soddisfazione ricevere un commento così pieno di emozioni come il tuo. Sono felicissima di aver trasmesso bene l'atmosfera ed i sentimenti dei personaggi. Anche io, scrivendo, ho cercato di "fuggire" un po' in un'estate che profuma di libertà, benessere e nuove promesse, e sono contenta che questo mio intento si sia notato. Non c'è nulla di cui scusarsi, anzi, mi hai fatto felice! Grazie ancora per le belle parole :-)
EliminaCiao Federica! Hai ragione, per Giulietta, che ha solo dieci anni, non è stato facile disobbedire ai suoi, ma l'amore per Gigia ha prevalso! Forse sto venendo a capo del problema delle d, ahah :-) Mi sono resa conto che se non si trovano tra due vocali uguali, ma diverse, appesantiscono un po' il tutto. Sono veramente contenta che tu abbia "sentito" sia le atmosfere che l'amore per gli animali, grazie mille per le belle parole! :-)
RispondiEliminaUn altro racconto con un bambino come personaggio principale *-* Niente, mi sciolgo, e non per il caldo XD
RispondiEliminaQuanto è dolce Giulietta :3 E il suo prendersi cura di Gigia è tenerissimo! Si nota subito che è una bambina "grande" capace di prendersi cura della sua migliore amica fino in fondo, portandola da sola dal veterinario per accertarsi che stia bene :3 Mi ha ricordato molto quando ero piccola io e avevo ancora con me il mio cagnone <3 Anche se l'ambientazione temporale è ovviamente diversa dal periodo della mia infanzia -sono vecchia, ma non così vecchia ahahah-, i sentimenti sono sempre gli stessi: un animale, sebbene la sua natura sia davvero diversa dalla nostra, entra nel cuore del suo padrone senza lasciarlo mai più. È inevitabile, quasi quanto respirare :D Perciò, ti si spezza il cuore quando capita loro qualcosa... È comprensibile, quindi, la preoccupazione e l'ansia della nostra giovane amica riguardo l'incertezza del domani di Gigia :(
Sono contenta che sia finita bene -avevo bisogno di un lieto fine, qui ahah- e sono ancora più felice che tu abbia raccontato ancora uno squarcio di passato, come avevi fatto ne "La staffetta" :3 Vivido e decisamente in linea con la realtà dell'epoca! Brava :*
Ciao Lara! Sì, ho immaginato Giulietta come una bimba già "grande", che si prende le sue responsabilità, come quella della sua gatta. Io sono più un tipo da cani, ma condivido con te tutte le emozioni di cui hai parlato a proposito dei nostri animali domestici. Ho pensato che gli anni '60, il benessere e il cambiamento fossero uno sfondo adeguato, soprattutto dopo un racconto dedicato alla guerra. Grazie ancora per tutti i complimenti!
EliminaCiao Silvia.
RispondiEliminaHo letto il tuo racconto e devo farti i complimenti. Mi hai fatto sorridere in diversi punti. Mi è piaciuto molto il fatto che hai fatto parlare una bambina perché l’intero mondo è completamente diverso attraverso gli occhi di un bambino innocente. I piccoli dettagli che nota, il modo in cui parla dei grandi, l’importanza che dà alle piccole cose.
Ho anche intravvisto un po’ di solitudine in questo racconto, la bambina mi è sembrata terribilmente sola. È vero che vive in un’epoca diversa e quindi non ci sono tutte le facilità di oggi, tuttavia il fatto che la sua unica amica fosse la gattina mi ha messo un po’ di tristezza.
Nel complesso il racconto è scritto bene, un linguaggio lineare e semplice addato a una bambina. L’unica cosa che ho notato sono degli spazi in più qua e la oppure la loro mancanza, ma nulla di grave.
A presto.
Ciao Christine! È vero, Giulietta è un pochino sola, perché è l'unica piccola in una famiglia di grandi, tutti hanno tanti impegni di lavoro in cascina e quando finisce la scuola non vede più nemmeno le sue coetanee! Descrivere gli anni '60 attraverso i suoi occhi mi è sembrato simpatico... Controllerò gli spazi allora, grazie per la segnalazione!
EliminaCiao Silvia. Sono Silvia di Silvia tra le righe. Il tuo racconto è davvero meraviglioso. Complimenti. Scrivi benissimo e mi hai fatto emozionare tanto. È una storia dolcissima, che in parte mi ha ricordato la mia infanzia. Quanta tenerezza in questo racconto. A presto. Silvia
RispondiEliminaCiao Silvia, grazie mille per le belle parole! Ho visto che questo racconto ha risvegliato ricordi d'infanzia in tanti, e mi fa piacere! Grazie ancora, alla prossima!
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