Dai "Preferiti del mese", una raccolta di componimenti per la stagione
Cari lettori,
buon autunno! Questa settimana entriamo ufficialmente in una stagione che non è proprio la mia preferita, ma che ultimamente ho imparato ad apprezzare di più.
Proprio come ho fatto in estate, per "L'angolo della poesia", ho pensato di proporvi una raccolta delle poesie autunnali che vi ho proposto in questi anni nella rubrica "Preferiti del mese".
Ho cercato di andare un po' per ordine: prima il congedo all'estate ed i cieli limpidi di settembre, poi l'arrivo dell'autunno vero e proprio con foglie e frutti, infine le atmosfere novembrine ed il ricordo di chi non c'è più.
Spero che le mie scelte vi piacciano!
Ricordo di Maria A., di Bertolt Brecht
Un giorno di settembre, il mese azzurro,
Tranquillo sotto un giovane susino
Io tenni l’amor mio pallido e quieto
Tra le mie braccia come un dolce sogno.
E su di noi nel bel cielo d’estate
C’era una nube ch’io mirai a lungo:
Bianchissima nell’alto si perdeva
e quando riguardai era sparita.
E da quel giorno molte molte lune
trascorsero nuotando per il cielo.
Forse i susini ormai sono abbattuti:
Tu chiedi che ne è di quell’amore?
Questo ti dico: più non lo ricordo.
E pure certo, so cosa intendi.
Pure il suo volto più non lo rammento,
Questo rammento: l’ho baciato un giorno.
Ed anche il bacio avrei dimenticato
Senza la nube apparsa su nel cielo.
Questa ricordo e non potrò scordare:
Era molto bianca e veniva giù dall’alto.
Forse i susini fioriscono ancora
E quella donna ha forse sette figli,
Ma quella nuvola fiorì solo un istante
E quando riguardai sparì nel vento.
Fotografia dell’11 settembre, di Wislawa Szymborska
Sono saltati giù dai piani in fiamme -
uno, due, ancora qualcuno
sopra, sotto.
La fotografia li ha fissati vivi,
e ora li conserva
sopra la terra verso la terra.
Ognuno è ancora un tutto
con il proprio viso
e il sangue ben nascosto.
C’è abbastanza tempo
perché si scompiglino i capelli
e dalle tasche cadano
gli spiccioli, le chiavi.
Restano ancora nella sfera dell’aria,
nell’ambito di luoghi
che si sono appena aperti.
Solo due cose posso fare per loro -
descrivere quel volo
senza aggiungere l’ultima frase.
In un tappeto d’acqua, di Thomas Bernhard
In un tappeto d’acqua
ricamo i miei giorni,
i miei dei e i miei malanni.
In un tappeto di verde
ricamo i miei dolori rossi,
i miei mattini azzurri,
i miei borghi in giallo e le mie fette di pane e miele.
In un tappeto di terra
ricamo la mia caducità.
Ci ricamo dentro la mia notte
e la mia fame,
il mio cordoglio
e la nave di guerra delle mie afflizioni
che scivola in mille acque,
nelle acque dell’inquietudine,
nelle acque dell’immortalità.
La bellezza di quando, di David Maria Turoldo
La bellezza di quando la pioggia
batte sul tetto del cascinale, e tu
in pace con l’universo:
a ricordare gli amici
e i tempi andati,
e le speranze e gli amori
che ornavano i davanzali!
Poi la gioia del tuono
a rischiarare i campi
e tutta la corona dei monti.
Foglie, di Giorgio Caproni
Quanti se ne sono andati…
Quanti.
Che cosa resta.
Nemmeno
il soffio.
Nemmeno
il graffio di rancore o il morso
della presenza.
Tutti
se ne sono andati senza
lasciare traccia.
Come
non lascia traccia il vento
sul marmo dove passa.
Come
non lascia orma l’ombra
sul marciapiede.
Tutti
scomparsi in un polverio
confuso d’occhi.
Un brusio
di voci afone, quasi
di foglie controfiato
dietro i vetri.
Foglie
che solo il cuore vede
e cui la mente non crede.
Autunno, di Corrado Govoni
Io canto te, o grave autunno:
con la tua frutta squisita,
che pende dai rami brulla
come una felicità compita;
le monotone piogge
che rigano le gote dei pallidi vetri
e intirizziscono l’anime;
le implacabili nebbie
che sfuman come un inodoro incenso
e restringono attorno a noi il mondo,
ed i nobili corvi
sempre vestiti a lutto stretto;
i poveri campo santi,
pieni di corone variopinte,
tristi girandole di fiori sulle tombe.
Senza rimpianti cadono le foglie.
Sonnecchia il sole
sulle deserte soglie.
Ma perché il cuore si duole?
Perché l’anima si rattrista?
Veder cadere le foglie, di Nazim Hikmet
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
soprattutto se sono ippocastani
soprattutto se passano dei bimbi
soprattutto se il cielo è sereno
soprattutto se ho avuto, quel giorno,
una buona notizia
soprattutto se il cuore, quel giorno,
non mi fa male
soprattutto se credo, quel giorno,
che quella che amo mi ami
soprattutto se quel giorno
mi sento d’accordo
con gli uomini e con me stesso.
Veder cadere le foglie mi lacera dentro
soprattutto le foglie dei viali
dei viali d’ippocastani.
Ci sono sere che vorrei guardare, di Giovanni Raboni
Ci sono sere che vorrei guardare
da tutte le finestre delle strade
per cui passo, essere tutte le rade
ombre che vedo o immagino vegliare
nei loro fiochi santuari. Abbiamo,
sussurro passando, lo stesso sogno,
cancellare fino a domani il sogno
opaco, cruento del giorno, li amo
anch’io i vostri muri pallidamente
fioriti, i vostri sonnolenti acquari
televisivi dove i lampadari
nuotano come polpi, non c’è niente
che mi escluda tranne la serratura
chiusa che esclude voi dalla paura.
Adesso che il tempo, di Patrizia Cavalli
Adesso che il tempo sembra tutto mio
e nessuno mi chiama per il pranzo e per la cena,
adesso che posso rimanere a guardare
come si scioglie una nuvola e come si scolora,
come cammina un gatto per il tetto
nel lusso immenso di una esplorazione, adesso
che ogni giorno mi aspetta
la sconfinata lunghezza di una notte
dove non c’è richiamo e non c’è più ragione
di spogliarsi in fretta per riposare dentro
l’accecante dolcezza di un corpo che mi aspetta,
adesso che il mattino non ha mai principio
e silenzioso mi lascia ai miei progetti
a tutte le cadenze della voce, adesso
vorrei improvvisamente la prigione.
Portami lungo viali vuoti…, di Boris Ryžij
Portami lungo viali vuoti,
parlami di qualche sciocchezza,
pronuncia vagamente un nome.
I lampioni piangono l’estate.
Cespugli di sorbo. Una panchina umida.
Amore mio, resta con me fino all’alba,
poi lasciami.
Rimasto come un’ombra offuscata,
vagherò qui ancora un po’, ricorderò tutto,
la luce accecante, il buio infernale,
io stesso fra cinque minuti sparirò.
Quel che mi duole non è, di Fernando Pessoa
Quel che mi duole non è
Quello che c’è nel cuore
Ma quelle cose belle
Che mai esisteranno.
Sono le forme senza forma
Che passano senza che il dolore
Le possa conoscere,
O sognarle l’amore.
Come se la tristezza
Fosse albero e, una ad una,
Le sue foglie cadessero
Tra il sentiero e la bruma.
Voci, di Costantino Kavafis
Ideali amate voci
di coloro che sono morti o come i morti
sono per noi perduti.
A volte ci parlano in sogno
a volte esse vibrano dentro.
E con il suono, per un istante l’eco fa ritorno
della prima poesia di nostra vita -
come lontana nella notte una musica che dilegua.
Queste sono le mie scelte poetiche per l'autunno appena cominciato!
Fatemi sapere quali di questi componimenti vi sono piaciuti di più...
Grazie per la lettura, al prossimo post :-)
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